Nei nostri ultimi post avevamo affrontato una serie di temi interconnessi (dalla visita di Biden in Europa, alle previsioni sul futuro di quest’ultima, alla Via della Seta, fino al modo di scrivere la storia). Una serie di prese di posizione forse estreme, scoordinate ed estemporanee. Nel corso dello scorso week-end, molte delle nostre ipotesi, anche quelle appena accennate, si sono però rivelate azzeccate, dimostrando che esiste uno spazio politico e culturale per posizioni molto personali come le nostre, le quali hanno forse qualche chance di avere un seguito in questa confusa transizione europea.
1.La crociata incompiuta di Biden
Esattamente come prevedevamo, la crociata si è rivelata molto meno aggressiva e meno incisiva quanto previsto, visto che si è conclusa con una parziale apertura alla Russia, testimoniata innanzitutto dall’ l’O.K. americano al North Stream 2 (ma a quale titolo gli USA avrebbero potuto continuare a impedire un rapporto commerciale così importante fra due Stati sovrani? E come potrebbe l’Europa garantirsi approvvigionamenti energetici stabili, economici, e sostanzialmente sostenibili ambientalmente se non dalla Russia? Dallo Shale gas? Dal carbone polacco? Dai gasdotti che passano dal Donbass, dal Caucaso o dal Kurdistan?)
In realtà, anche se non lo si dice, agli USA non dispiace che l’Europa riallacci il dialogo con la Russia, sperando così di isolare la Cina, come dimostrato dalla proposta del summit Europa-Russia lanciata da Merkel e da Macron. Tra l’altro, tutto il gas venduto agli Europei non è venduto alla Cina, riducendo l’interdipendenza frav quei due Paesi.
Di converso, se l’America rinunzia a interferire nel North Stream 2, a che titolo può ragionevolmente imporre un analogo boicottaggio della Via della Seta?
Non per nulla, il Ministro Wang Yi ha già telefonato a Di Maio per proporgli di ricominciare le attività comuni sulla stessa.
Nello stesso tempo, prendiamo atto che perfino un periodico tipicamente atlantista come Panorama ha dato ospitalità a un articolo, senz’altro equilibrato, ma che dice le stesse cose che diciamo noi: “Il mondo si riapre a più scenari, la storia non va più a senso unico. Ma all’ insorgenza di outsider popolari reagisce l’Apparato mondiale, l’ Establishment tecno-finanziario-multinazionale e le caste politico-culturali-finanziarie dei singoli Paesi.”
Marcello Veneziani perviene così in sostanza alla nostra stessa conclusione: “E se al ripristino dell’ Occidente si debba preferire un mondo multipolare di aree sovrane che trovano punti di accordo? E se il destino italiano ed europeo fosse quello di interagire in autonomia con l’America e la Russia, senza schiacciarsi su una delle due?”
2.Scontri militari e politici in Europa
Neppure la previsione che l’area europea rischi di trasformarsi in un campo di battaglia di schegge impazzite è risultata fuori luogo.
Intanto, 4 mesi fa si era concluso, con la conquista da parte asera del Nagorno Karabagh, la guerra più che trentennale fra Armenia e Azerbaidjan, la quale, insieme ai moti di Danzica e all’invasione dell’Afghanistan, era stata la scintilla che aveva provocato la fine dell’impero sovietico. Essa aveva infatti dimostrato che, se due repubbliche federate potevano impunemente farsi la guerra fra di loro, né l’Unione Sovietica era più uno Stato, né il Patto di Varsavia era più un efficiente alleanza militare.Si sta verificando così, nell’indifferenza generale, un nuovo, impressionante esodo di Armeni, simile a quell’ altro, ancora non sanato, dei Serbi dalla Krajina, e per fortuna non comparabile a quello forzato del 1914-15, il “Genocidio Armeno”.
L’armistizio era stato raggiunto grazie alla Russia, non più unilateralmente filo-armena, bensì neutrale, anche per mantenere buoni rapporti con la Turchia, vicina all’ Azerbaidjan, e la Russia sta seguendo passo passo l’attuazione degli accordi. Inoltre, si sta completando nel Nagorno-Karabagh un tratto della ferrovia turca Kars-Baku, che può essere considerata un segmento della Via della Seta, senza che nessuno protesti.
Gli Armeni fuggono bruciando le proprie case e trascinando via, con auto e furgoni, perfino gli alberi, come a suo tempo i Serbi della Krajna. Come mai a questo esodo forzato i media non hanno dato lo stesso spazio di quello dedicato ai richiedenti asilo? Forse perché la Russia neo-zarista si sta imponendo come una forza pacificatrice dove là dove l’ Unione Sovietica aveva fallito. Quando non è nell’ interesse propagandistico della strategia euroatlantica, fenomeni di così ampia portata vengono bellamente ignorati.
Ancor più recentemente, in controtendenza rispetto all’atteggiamento aperturista di Biden, la Marina Inglese ha tentato di affermare la propria presenza tramite crociere delle proprie navi da guerra al largo della Crimea (in parallelo a quelle nel Mar della Cina), ricevendo (forse) qualche cannonata da parte dei Russi. Alla faccia della “Pace Perpetua”, stiamo tornando alle deportazioni di popolazioni (1870-1948), alle Guerre dell’ Oppio (1839-60) e di Crimea (1853-56).
Ma è in campo politico che l’Europa si sta spaccando puntualmente in blocchi contrapposti: pro e contro il dialogo con la Russia e/o con la Cina; pro o contro l’Ungheria; Nord contro Sud; Regno Unito contro tutti.
3.Sostanza statuale del Vaticano
Avevamo indicato, nei precedenti post, fra i soggetti attivi dal punto di vista geopolitico, il Vaticano.
Il giorno dopo, è stata presentata al Governo italiano, la nota vaticana in cui si è fatta valere la sussistenza, nel Ddl Zan, di un profilo di violazione del Trattato del Laterano, che garantisce alla Chiesa la libertà di opinione, là dove il decreto in questione potrebbe essere interpretato nel senso ch’esso vieterebbe la critica all’ “ideologia gender”.
Il bello che, dopo poche, pallide proteste, la nota vaticana ha dato luogo ad un intenso lavorio parlamentare per risolvere i problemi da essa sollevati. Con ciò riconoscendo la forza del Vaticano quale Stato sovrano, quale organismo internazionale e parte contraente della Repubblica Italiana.
Contestualmente, non si è potuto verificare il preconizzato incontro con il Papa del Presidente Biden, che, come è noto, è cattolico, ma è aspramente criticato dall’ episcopato americano, in quanto “pro choice” (cioè favorevole a lasciare alle donne la libertà di abortire). Questo mancato incontro fa il paio con quello con Pompeo, inviato a Roma dal precedente presidente americano.
Senza entrare qui nel merito di queste mosse, mi limito a notare che l’ultima, da molti contestata, configura un passo in avanti, da parte del Vaticano, nel presentarsi come un soggetto geopolitico a tutto tondo, e indipendente da ogni pressione esterna. Tale pretesa è, a nostro avviso, del tutto giustificata, innanzitutto dal fatto che la Città del Vaticano è uno Stato riconosciuto da tutto il mondo e intrattiene rapporti diplomatici con tutti i Paesi, ma, soprattutto, che la Chiesa Cattolica è l’unica chiesa avente un’organizzazione centralizzata e capillare presente a livello mondiale, sì che anche le altre religioni le riconoscimento un ruolo rappresentativo e di leadership del movimento ecumenico. Come tale, essa interviene, anche con accenti dissonanti, in tutte le grandi questioni del mondo, e, in primis, nella nascente conflittualità fra gli USA e le potenze eurasiatiche.
Se si riconosce in pratica un ruolo geopolitico, spesso centrale, ai GAFAM, ai BATX e alle ONG, che vengono consultati in sede di modifica delle norme che li riguardano, e a loro volta chiedono spesso, anche in modo aggressivo, modifiche di tali leggi, come sarebbe possibile non riconoscere questo ruolo alla Chiesa Cattolica?
Si dice che, in tal modo, la Chiesa violerebbe la laicità dello Stato. Ma quest’ultima è disciplinata (e quindi, ovviamente, delimitata) dai Patti Lateranensi (opera di Mussolini) come successivamente modificati (per opera di Craxi), e recepiti nella Costituzione (grazie a Togliatti). Fra gli Stati e le Chiese, sempre e dovunque, vige una situazione di compromesso, perché non è possibile tracciare una linea precisa là dove finisce la politica e comincia la religione. Inoltre, nel caso in questione, credo che chiunque – Stato, organizzazione o cittadino che sia-, possa appellarsi a un principio costituzionalmente riconosciuto, come la libertà di opinione, in quasi tutto il mondo, e, ciò, anche con un’azione di tipo politico, come riconosciuto a qualsiasi organizzazione e ONG.
Infine, non si capisce perché tutti i distinguo che si fanno nei confronti delle religioni “classiche” (non solo quella cristiana, ma anche quella islamica, che ha ormai in Europa milioni di aderenti), non si fanno anche nei confronti delle “nuove religioni”, quali quella di Internet e quella “dei diritti”. Con la scusa che esse non sarebbero “religioni”, non si pone ad esse alcun limite, di modo che esse possano tranquillamente soppiantare quelle “tradizionali”, ristrette da lacci e lacciuoli (cfr. Laicité à la Francaise).
4. “Regenbogenfahne”
Nel fare ciò, il Vaticano ha toccato un altro dei punti dei nostri blog della scorsa settimana, vale a dire il peso soffocante che il “politically correct” e il “pensiero unico” stanno acquisendo nelle società occidentali, sì che attendiamo solo che qualche forza organizzata prenda l’iniziativa per avviare una sollevazione generale contro il conformismo generalizzato nel nome delle tradizionali libertà che l’ Occidente e l’ Europa affermano affannosamente (ma poco credibilmente) di perseguire, violandole invece continuamente di fatto.
A questo proposito, può essere sembrato, a taluni, irriverente aver paragonato, nei nostri post, il sistema politico attuale alla ex DDR, con la sua “Blockpolitik” , facendo indirettamente riferimento anche al mito della Rivolta Anabattista (violentemente combattuta, non solo dai Principi Tedeschi, ma, soprattutto, da Lutero e da Zwingli, che consideravano estraneo alla Riforma il suo chiliasmo materialistico e immanentistico e i suoi risvolti terroristici), ma, invece, esaltata dal nazionalsocialismo (che dedicò a Florian Geyer una divisione di SS), e poi dalla DDR (che costruì un grandioso memoriale sullo Schlachtberg a Frankenhausen e creò una “brigata contadina”con lo stesso nome e un campo di addestramento dei “Pionieri” dedicato a Muentzer). Nel precedente post, avevamo inserito l’immagine di una bandiera della DDR incrociata con una Regenbogenfahne, la “bandiera arcobaleno”, che i più ignorano fosse stata originariamente il simbolo degli Anabattisti (come rivelato, forse casualmente, dall’ edizione del Giugno 2021 di “Geschichte”, ma che comunque appare, nel monumento di Stolberg, nelle mani di Muenzer).
La “Bandiera arcobaleno”, come del resto tanti altri simboli politici (come ad esempio l’aquila bicipite, la stella rossa, il saluto romano), ha una storia successiva altrettanto tortuosa. Infatti, dopo essere stata assunta come simbolo del movimento italiano per la pace fondato da Lucio Capitini e dell’ opposizione alla guerra in Irak, è divenuta, rimodellata (con 6, anziché 7, strisce: chissà perché?), la bandiera del movimento LGTB, quella che si è tentato inutilmente di proiettare sullo stadio di Monaco prima della partita con l’ Ungheria.
Il movimento di Muentzer, presentato dalle storiografie comunista e nazista essenzialmente come di rivolta sociale, aveva assunto, con la presa di Muenster, i risvolti di una violenta palingenesi chiliastica, con una teocrazia sul modello veterotestamentario e un regime di condivisione di donne e beni e pratiche di purificazione degli eletti (roghi di libri, riti catartici collettivi, espulsioni, ecc.).
Gli Anabattisti avevano chiamato Muenster Nuova Sion e se ne erano proclamati re. Avevano imposto la totale comunione dei beni, al punto di proibire la chiusura delle porte delle case perché chi era nel bisogno potesse prendere ciò che gli serviva quando lo desiderava. Era stato abolito il denaro, ed ogni bene prezioso fu espropriato dai governanti per la causa. Ogni libro, ad eccezione della Bibbia, era stato bruciato, mentre chi si opponeva veniva eliminato. Venne imposta una poligamia forzata: nessuna aveva diritto di restare nubile. Il rifiuto della donna equivaleva alla morte sulla pubblica piazza
C’è veramente qualcosa di strano nell’ammantarsi ,nella bandiera di Muentzer di tutta l’Europa protestante, quando i protestanti, e soprattutto i “principi della nazione tedesca” sobillati da Lutero, furono i nemici implacabili degli Anabattisti. In effetti, molte delle vicende odierne hanno ancora l’andamento tipico di una guerra di religione, dove il richiamo, ossessivo e non argomentato, ai “nostri valori”, o, per altri, ai “valori non negoziabili” (che si rivelano spesso quelli delle eresie più estreme) rivela la potente presenza di una non trasparente “teologia politica”. Tra parentesi, come ha scritto Rémi Brague, parlare di “valori” è limitativo, perché presuppone ch’essi valgano solo soggettivamente: sicché i “valori europei”, mentre pretendono di essere universali, in realtà sono quelli di un’infima setta, che è riuscita a prevalere sulle altre. Il discorso “maistream” occidentale sta muovendosi lungo una sorprendente curvatura dei “fanatici dell’ Apocalisse” , che difficilmente avrebbero approvato, né i fondatori della Riforma, né quelli dell’Unione Europea (come per esempio il futuro beato Schuman), e che non è, comunque, in linea con le esigenze attuali di opposizione al dominio delle macchine intelligenti, ma, anzi, lo favorisce.
Alcune, fra le controversie di cui sopra, si riallacciano a concezioni settarie del sacro, tipiche dell’era della Rivoluzione industriale e degli Stati Nazione. Guardando le cose da un’ottica ben più ampia, millenaria e mondiale, il sacro, come c’insegna Jan Assmann, è tollerante perché è pluralista. Come scrive su “La Stampa” Umberto Galimberti, esso è addirittura indifferenziato, al punto da non distinguere fra il Bene ed il Male. Tenere il sacro fuori dalla vita dei popoli è impossibile. La “religione” che ci era familiare e a cui tutti pensano costituiva in realtà un fragile compromesso, che evitava tanto il carattere tragico del sacro antico, quanto un’irruzione del sacro chiliastico, ben più violente di quelle paventate dai laicisti. Rotti gli argini delle “repressive” teologie razionali, torniamo ora al “Dio Invitto”, come descritto nell’omonimo libro di Altheim dedicato all’imperatore/dio/sacerdote Elagabalo.
5.L’attualità del nostro impegno culturale
In un momento in cui, per il pressapochismo della Conferenza sul Futuro dell’Europa, per l’indifferenza a tutti i livelli per i problemi reali, e, infine, per le prepotenze degli Stati Uniti e dei GAFAM, si potrebbe pensare che qualunque impegno serio a favore del nostro Continente sia condannato all’insuccesso, queste piccole vittorie intellettuali nella tempestiva lettura degli eventi contemporanei ci incoraggiano a proseguire nella nostra opera di studio e informazione. Da modesti pensieri possono nascerne grandi azioni.
Tra l’altro, è in corso di pubblicazione sui temi qui trattati un profluvio di nuovi libri, sui quali vi relazioneremo sinteticamente.