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FINALMENTE, LA RIVOLUZIONE EUROPEA!?

La dichiarazione del Movimento Europeo per i Trent’anni di Maastricht (Newsletter del 7 Febbraio 2022)

Macron da Putin

L’EDITORIALE in oggetto contiene, sorprendentemente, il lodevole, e non usuale, proposito di avviare una “Rivoluzione Europea”, partendo da un’”Operazione Verità”.

E, in effetti, questa si sta rivelando l’unica via per raggiungere gli obiettivi dichiarati da sempre, ma mai seriamente perseguiti, dall’eterogeneo insieme degli Europeisti:

1)un’Europa unita;

2)il multilateralismo sul piano mondiale;

3)la sovranità europea;

4)la competitività dell’Europa con USA e Cina.

L’approccio funzionalistico, nato nel primo Dopoguerra  sotto l’influenza americana, e mai abbandonato da allora, non poteva, né può neppure ora, portarci a questi risultati, perché i suoi obiettivi erano, e sono, diversi:

a)l’inserimento dell’ Europa nel sistema americanocentrico (Huntington);

b)il salvataggio delle obsolete classi dirigenti degli Stati nazionali e la prevenzione della nascita di una classe dirigente alternativa (Brzezinski);

c)la divisione permanente dell’Europa fra Est e Ovest (dottrina Brezhniev);

d)il contingentamento dell’ economia europea in modo che non possa mai superare quella americana (Trotzkij).

Oggi però, come affermano i Movimenti Europei, “L’intero pianeta è interessato da processi che, in maniera sempre più interdipendente e con velocità crescente, ne mettono in discussione l’assetto geopolitico…”,vale a dire  proprio questo assetto politico americanocentrico.

Di conseguenza, all’Europa  si presenta ancora una volta un’occasione per tentare di perseguire  quei quattro obiettivi condivisi, sfuggendo momentaneamente al controllo delle grandi potenze, rovesciando le classi dirigenti conniventi, unificando il Continente e permettendo finalmente il libero sviluppo della sua economia, cultura, finanza, innovazione sociale, digitale, aerospaziale e  difesa…, oggi subordinati al Big Business d’Oltreoceano.

Ma, il documento prosegue, “Questi processi interdipendenti, se non governati da autorità sopranazionali, provocheranno devastazioni degli assetti istituzionali anche nelle democrazie più progredite del pianeta:…i problemi messi in luce nel saggio di Ida Magli (‘il depauperamento dei popoli, privati di tutto quello che ne costituisce il valore: la patria, la lingua, i confini, l’identità, il futuro, la responsabilità individuale’) sono stati esaltati dalle nuove sfide di fronte alle quali si sono trovate le nostre società”.

Anche se Ida Magli (un’ ottima antropologa conservatrice citata nell’Editoriale) aveva  sbagliato, come chiarito nell’ Editoriale stesso,  le sue profezie apocalittiche, la sostanza delle cose  resta egualmente negativa: “Amplificata dalla rivoluzione tecnologica e digitale, la globalizzazione ha sconvolto in questi anni gli equilibri più di quanto si immaginasse, causando una rapida redistribuzione internazionale del lavoro, delle ricchezze e degli investimenti…. l’Unione europea è apparsa incapace di agire, vittima del suo gradualismo, delle risibili risorse finanziarie (tutto il contrario della ‘enorme massa di denaro che passa attraverso Bruxelles’) del bilancio UE gestito da una euro-burocrazia che costa ad ogni cittadino europeo 1.40 Euro al mese e di un forte potere dei governi nazionali in settori chiave per la gestione di problemi a carattere nazionale.”

Si impone ora di ripartire con un progetto diverso, non più gradualistico perché le scadenze ci sono dettate ormai dai nostri interlocutori extraeuropei: Metaverso (che ricatta la UE fin da subito), Made in China 2025(in corso), Endless Frontier Act (in via di approvazione in America).

La Nation Security Commission on Artificial Intelligence, pietra di paragone per l’ Europa

1.Una colpevole, pluridecennale, negligenza

L’ Editoriale  parte affermando che “La velocità delle trasformazioni negli ultimi venticinque anni (google è nato proprio nel 1997 mentre l’uso pubblico del World Wide Web fu deciso dal CERN il 30 aprile 1993)”” avrebbe reso difficile qualunque previsione”, ma, poi, precisa che tali previsioni in Europa non si fecero perché la cultura mainstream era male ispirata :” da pregiudizio o dal ‘compito delle scienziato (di) fare diagnosi e prevedere il decorso degli avvenimenti col minimo scarto possibile’”.

Questi cecità, miopia e mutismo sono spiegabili sia con i traumi da cambiamento di regime,  con la subordinazione ai blocchi, con la distruzione della borghesia intellettuale, con l’obsolescenza delle ideologie otto-novecentesche e con la difesa a oltranza di posizioni acquisite nell’editoria, nell’ Università, nei media.

In realtà, questo futuro tecnologico, pluricentrico e conflittuale era già stato studiato ad abundantiam fra il 1946  e il 1953 dalle Conferenze Macy, e illustrato fin da allora dalle opere di Horkheimer e Adorno (1947), di Asimov (1949) e di Anders  (1956).

Altiero Spinelli e Eric Przywara avevano contestato fin dall’ inizio l’impostazione funzionalistica ed economicistica delle Comunità Europee. La necessità che l’Europa investisse in nuove tecnologie era stata enunziata da Servan-Schreiber fino dal 1968; la questione ucraina era già presente nella petizione a Cernienko di Dziuba, Antonov e altri, del 1969, e, poi, in un pamphlet di Sol’zhenitsin del 1989; il crollo dell’ Unione Sovietica era stato profetizzato da Amal’rik fino dal 1970. La crisi ecologica era stata denunziata nel 1972 dal Club di Roma; mentre e Manuel de Landa aveva scritto nel 1991 sulla guerra nell’ era delle macchine intelligenti, e, nel 1999, Qiao Liang e Wang Xiangsui, della “guerra senza limiti”.Gorbachev aveva parlato nel 1988 di una “Casa Comune Europea”, e Putin nel 2001 aveva proposto al parlamento tedesco di continuare e completare l’opera di Kohl. Ora, invece, data la sordità degli Europei, ha finito per riallacciarsi a Bismark.

Infine, nel 2003, i guru dell’ informatica avevano teorizzato la guida di Google sull’ America e, nel 2003,  la Singularity e sul mondo, e, Assange(2006), Snowden(2013) e Schrems (2015) hanno illustrato a tutto il mondo quanto i GAFAM condizionino biologia, cultura, politica ed economia. Ancor oggi, Zuckerberg si permette di minacciare l’Unione Europea se finalmente desse attuazione alle due sentenze Schrems della Corte di Giustizia. Dice che Facebook lascerà l’ Europa: benissimo! Finalmente nasceranno i social europei. E’ così che sono nati i BATX, e la Cina à divenuta leader mondiale dell’ ICT.

Tuttavia, una classe dirigente culturalmente fossilizzata, “bibéronnée dans les campus américains”(Le Monde Diplomatique), settaria e opportunista, non aveva dato fino ad oggi alcun riscontro a questi chiari avvertimenti. Come scrive l’ Editoriale,”L’illusione degli Stati europei che ritengono di attraversare , immuni, gli sconvolgimenti planetari ai quali assistiamo rinchiudendosi nell’ ottocentesca dimensione nazionalista sarà spazzata via, non solo dai flussi migratori africani e asiatici, ma anche dal progredire degli stati continentali”.

Ecco un altro tabù finalmente superato: gli Stati-civiltà. Gli “stati Nazionali” sono un’invenzione ottocentesca, che non va confusa né con le “nazioni ancestrali”(Eisenstadt), di carattere culturale,  esistenti da tempo immemorabile (Israele, Grecia, Italia, Gallia/Francia, Germania), né con gli Stati Continentali (USA, Cina, India), che esercitano oggi, ed eserciteranno sempre più (grazie alla tecnologia), quella funzione egemone che nel secolo scorso avevano avuto gli Stati nazionali.

Questo deve aiutarci a riconsiderare il federalismo europeo nella storia e nella cultura politica.

Il federalismo europeo “realmente esistito” non è mai stato federalismo fra “Stati Nazionali”. Storicamente e concettualmente, esso si riallaccia al tribalismo dell’ Europa preistorica, alle poleis, agl’Imperi medievali e moderni, al feudalesimo, alle teorie di Grotius, Althusius, Pufendorf, Vergnaud, Proudhon, Cattaneo, gli Alt-konservative, le Milletler, l’Ausgleich, l’Austro-marxismo, la teoria sovietica e jugoslava delle nazionalità, Alexandre Marc, Jovan Djordjevic, Guy Héraud…Anche se in modo meno percettibile, anche l’ Europa ha avuto il suo “Tian Ming” (la Translatio e Renovatio Imperii), il che le permette di divenire anch’essa un nuovo tipo di Stato Continentale. Non più una “loose confederation” di Stati nazionali (non “sovrani” perché soggetti agli USA), bensì una “Multi-Level Governance” (Bruno Frey, Walter Eucken Institut), fra NATO, OSCE, Unione Europea, Unione Eurasiatica, Regno Unito, Macroregioni Europee, Nazioni Europee, Euroregioni, Regioni, Città, dove la lealtà fondamentale dei cittadini, e i poteri d’imperio (cultura, tecnologia, esercito), devono spettare all’ Europa (importa poco se la chiamiamo “Res Publica”, “Imperium”, “Congregatio”, “Unione”, “Confederazione”, “Federazione”)

Il generale Donovan, fondatore, al contempo, della CIA e dello American Committee for for a United Europe

2.L'”Operazione Verità”

Oggi, tutti i pregiudizi e i tabù di questi decenni (dalle “magnifiche sorti e progressive” all’ignoranza sulle nuove tecnologie, dal filosovietismo storico della sinistra all’indifferenza per la perestrojka e per la nuova Russia, fino alla retorica del “Superstato”), sono stati oramai smascherati dai fatti stessi, e la sfiducia nella classe politica ha raggiunto l’apice con le diatribe che hanno circondato l’elezione del Presidente della Repubblica italiana, e con il procedere in ordine sparso degli Europei in quella crisi ucraina che riguarda proprio l’Europa (e nessun altro).

Il momento culminante di questo discredito è stato costituito infatti dalla smentita,ieri, da parte dello speaker presidenziale russo Peskov, delle dichiarazioni trionfalistiche di Macron: “Considerata la situazione attuale, Mosca e Parigi non possono aver definito alcun accordo – ha affermato – È semplicemente impossibile. La Francia è sia un Paese Ue, con la Presidenza di turno, che della Nato, alleanza di cui però non detiene la leadership che è di un altro Paese. Quindi di quale accordo stiamo parlando?”

L’Europa non è sovrana né nei confronti dell’ America, né nei confronti degli Stati membri: non ha gli strumenti, né nell’ ordinamento interno, né in quello internazionale, per decidere alcunché. Ce lo dice la Russia (Russkaja Federacija), che questi strumenti li ha, in quanto unica vera federazione plurinazionale esistente in Europa (22 Repubbliche Autonome). Più chiaro di cosi?! 

D’altronde, i primi lavori per creare le Istituzioni europee erano stati condotti…(ad Harvard!),  dal Gruppo di studi sul federalismo guidato da Robert R. Bowie, docente alla Law School, e Carl J. Friedrich, docente alla Harvard University, che lavorava in stretta collaborazione con il Comitato di studi per la Costituzione europea creato su iniziativa di Paul-Henri Spaak. Di qui un certo anacronismo del dibattito in Europa, basato sull’America del 18° Secolo (Hamilton), ben diversa dall’ Europa del 20° (e ancor più del 21°). Quegli studi  erano stati raccolti nel volume Studi sul federalismo, che, come affermò Spaak, «rappresentano il contributo degli amici americani sulla fondamentale opera giuridica che si spera di realizzare. l’American Committee per l’Europa Unita, sotto la guida autorevole e devota di William J. Donovan, dopo aver ottenuto il generoso aiuto della Fondazione Ford ed esser stato informato del lavoro che si stava compiendo in Europa, organizzò […] un importantissimo centro di ricerche […].».

Quindi, “Oportet ut scandala eveniant”. Finalmente, il Movimento Europeo sembra fare ammenda di un troppo lungo periodo di sudditanza culturale e politica verso l’”establishment”, riaggiustando il tiro quanto al significato storico dell’integrazione europea ”nella prospettiva di rinsaldare la secessione secolare con l’ Oriente e il Mediterraneo”: quindi, sì all’ Euroislam, alla Via della Seta, alla Casa Comune Europea?!

Come afferma brillantemente l’editoriale, un’”Operazione verità”, che  spezzi le rigidità culturali del 20° secolo, riscoprendo la vera storia dell’ Identità Europea, dalle grandi correnti fondatrici preistoriche (Gimbutas, Anthony), alle teorie politiche classiche (Ippocrate, Erodoto, Socrate, Platone, Aristotele, Dante, Machiavelli), al Barbaricum (Modzelewski), ai progetti medievali e premoderni di federazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, Saint-Pierre, Kant, Voltaire), agli autori  alieni al “mainstream” occidentale (de Las Casas, Kierkegaaard, Baudelaire, Nietzsche, Huxley, Eliot, Pound, Eliade),  fino a Paneuropa, Galimberti, Weil, e allo studio della reale meccanica con cui è nata l’integrazione postbellica (l’American Committee for the United Europe,ACUE; la Dichiarazione Schuman scritta in realtà da Monnet; il ruolo di Mitrany, di Acheson….…). D’altra parte, anche il Partito Indiano del Congresso era stato fondato dagl’ Inglesi.

Il Movimento Europeo, che, al di là della storia, nutre la sacrosanta pretesa d’ incarnare la volontà di unità degli Europei, vorrebbe ora forse finalmente assumere quel ruolo propulsivo che da sempre gli sarebbe spettato: ”un vasto movimento di opinione ben al di là dell’ associazionismo europeista, una alleanza di innovatori che nasca dal mondo dell’economia e del lavoro, della cultura e della ricerca, delle organizzazioni giovanili e del volontariato coinvolgendo tutti coloro che vivono l’utilità dell’ integrazione europea e pagano le conseguenze dei costi della non-europa in vista di una fase costituente che dovrà evitare il rischio di una ‘grigia conclusione’ della Conferenza sul futuro dell’ Europa e aprire la strada ad una Comunità federale.”.

Tutto ciò è riassunto nell’Editoriale. Ci permettiamo qui d’interpretare  i suoi propositi in senso estensivo. Quindi:

-collegarsi con gl’intellettuali europeisti per fondare una Weltanschauung alternativa alla tecnocrazia americana imperante (l’”operazione verità”);

-dibattere “con chi ci sta” strategie atte ad accelerare l’unità dell’Europa entro i tempi strettissimi imposti dalla transizione digitale e dall’evoluzione istituzionale in USA e in Cina (in contemporanea con l’iter parlamentare dell’Endless Frontier Act americano,  l’analisi dei pericoli della “Singularity”; prima dell’ estate, una valutazione complessiva di ciò che sta veramente accadendo in  Europa; entro il 2022 , un piano  per la prosecuzione della Conferenza; entro il 2023, un progetto di  revisione dei Trattati; prima delle Elezioni Europee, la ridiscussione degli assetti di sicurezza del Continente ; entro il 2035,termine per l’attuazione dell’Endless Frontier Act, il dialogo con gli altri Stati continentali sul futuro delle tecnologie; entro il 2049, centenario della RPC, la costruzione di una federazione mondiale tecno-umanistica e pluralistica, secondo quanto ipotizzato per esempio da Coudenhove Kalergi);

-parlare direttamente ai cittadini per pretendere, anche dalle piazze, l’avvio di una siffatta azione europea proattiva da parte di Istituzioni, Stati e partiti, in alternativa alla “grigia conclusione” della Conferenza, di cui ha parlato Mattarella, e che, a cinque mesi dalla scadenza, è già sotto gli occhi di tutti.

Come giustamente affermato dall’Editoriale, il compito immediato è quello di creare “un vasto movimento di opinione ben al di là dell’ associazionismo europeista, una alleanza di innovatori”.

Chi ha da proporre idee a questo proposito ci scriva a questo indirizzo:

 info@alpinasrl.com

UN MOVIMENTO EUROPEO SOVRANISTA A GUIDA AMERICANA? UN CONTROSENSO

 

“come si fa a essere sovranisti italiani se poi arriva un americano a dirci che dobbiamo essere sovranisti americaniBannon può stare tranquillamente a casa sua, non abbiamo bisogno di interferenze americane”(Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo)

Come ha scritto giustamente Scalfari, “in quest’estate così variabile, molte cose in politica sono cambiate. O meglio, gli attori e gli spettatori  (loro e noi) hanno messo a fuoco una realtà… che non è più la stessa di prima”. In particolare, aggiungo io, ci si accorge che, oggi, nella politica europea, tutto “gira” intorno ai due temi, fra di loro strettamente collegati, della sovranità e dei rapporti con America e Cina, così come noi avevamo anticipato da più di un decennio, in particolare con libri come il recente “DA QIN”, e approfondito nel precedente post.

Questi temi condizionano oramai teologia e cultura, geopolitica ed economia.

L’arrivo di Steve Bannon alla manifestazione “Atreju” all’Isola Tiberina lo stesso giorno in cui il Vaticano siglava l’accordo con la Cina ha fatto precipitare le opposte posizioni, al punto che addirittura lo stesso Presidente del Parlamento europeo, di solito così inamidato, ha finalmente usato una frase “forte”, tratta dal nostro libro DA QIN, “sovranità europea”!.

Peccato che, proprio su questi due temi, oggi tutti recitino a soggetto, senz’alcun filo conduttore. Il compito che ci siamo auto-attribuiti è proprio quello di contribuire a  ricercare questo filo d’Arianna, a favore di tutti gli Europei.

Dedicheremo ben presto adeguato spazio ai nuovi rapporti fra Vaticano e Cina e all’azione in corso in quel Paese da parte del Ministro dello Sviluppo Economico.

  1. I “sovranisti” gettano la maschera: corsa alle adesioni a “The Movement”

Mentre i movimenti politici “tradizionali” e gl’intellettuali organici si arrovellano su come presentarsi alle elezioni europee del 2019 e sostenere l’urto dei sovranisti, questi ultimi hanno realizzato da soli un autogoal  che, se ben sfruttato, potrebbe risolvere come d’incanto i problemi dei partiti tradizionali. Si tratta dell’adesione in massa, da Salvini a Le Pen a Meloni, al nuovo, misterioso,  movimento “The Movement”, organizzato, con  non meglio precisati fondi americani,  dall’ex ufficiale di marina ed ex collaboratore di Trump Steve Bannon “per coordinare i movimenti populisti nel Parlamento europeo”, e addirittura per erogare a Roma corsi di formazione ai giovani cattolici: quello che chiameremo per semplicità “il Piano Bannon”.  Come contenuti del coordinamento e dei corsi: le trite elucubrazioni dei teocon e dell’eccezionalismo americano.

Tutto questo in un momento in cui i rapporti fra Trump e gli Europei dovrebbero essere al minimo storico, e, quindi, allearsi a un amico di Trump non dovrebbe portare una grande popolarità.  Ricordiamo che il Presidente americano è riuscito in un anno, con dazi e sanzioni, a fare alzare di due punti il PIL americano e ad abbassare deliberatamente di 1 punto quello europeo, essendo l’Europa colpevole, a suo avviso di avere “approfittato dell’America”(vale a dire operato più abilmente sui mercati). Di fronte alla lapalissiana constatazione del deliberato boicottaggio da parte di Trump, tutte le altre considerazioni sull’ andamento delle varie economie nel mondo diventano prive di senso. L’unica vera leva che fa e disfa la “ricchezza delle nazioni” è, oggi più che mai, il “keynesismo militare”: l’ intervento pubblico accoppiato alla potenza delle armi. Questo è ciò che praticavano già i precedenti presidenti americani, per esempio finanziando con il DARPA lo sviluppo del Web, manovrando per porre sotto controllo l’industria automobilistica europea o l’estrazione petrolifera irachena, o per impedire la nascita di un cacciabombardiere europeo di 5° generazione. Solamente, non lo dicevano, e, anzi, predicavano il pacifismo e la cooperazione.

Né l’ “Europeismo”, né il “sovranismo” possono evidentemente consistere nell’ accettare supinamente queste prepotenze, bensì dovrebbero portare a svolgere azioni eguali e contrarie, volte a ricostituire un equilibrio. Del resto, la necessità di reagire al “contingentamento dell’Europa” è stata fuggevolmente  evidenziata dal Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, ma quest’ultimo è stato subito zittito non appena ha proposto di passare dalle parole ai fatti, creando uno “swift europeo” per aggirare le sanzioni americane all’ Iran. Tanto sono forti ovunque le lobby filoamericane.

Altro che ”sovranismo”! Invece di contrastare l’aggressività di Trump, che ci definisce tutti come dei nemici, che aspira a distruggere l’Unione, che umilia e ridicolizza il presidente della Polonia, un suo fedelissimo alleato che va a promettergli due miliardi per costruire un “Fort Trump” in Polonia, certi leader sovranisti vorrebbero pervertire i rispettivi movimenti, annegandoli in un ambiguo calderone filo-americano e trumpiano, quello che Bannon ha definito “i patrioti dell’ Occidente”. L’obiettivo sarebbe quello di contribuire a trasferire la lealtà dei cittadini, dall’ Europa, all’ America, e, poi, di  dirigere i nostri governi attraverso la manipolazione dei voti e il ricatto ai politici, come fatto in America da Obama e Trump (Cambridge Analytica), per creare nel Parlamento Europeo una maggioranza “sovranista” (ma in realtà pilotata dall’ America).

Tra l’altro, le “élites” che ancor ieri Bannon ha esposto in forma anonima all’odio popolare non hanno nulla a che fare, come invece vorrebbe far credere, con le sbiadite figure ai vertici dell’Unione. Esse hanno, invece, nomi e cognomi: Kurzweil, Zuckerberg, Bezos, Pinchai; gestiscono migliaia di miliardi prelevati dalle nostre tasche; sono tutti negli Stati Uniti, dove, protetti dalle leggi americane e dall’ “advocacy” dell’Amministrazione, manipolano le elezioni di tutto il mondo.

A 73 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, appare, non soltanto sconcertante che gli Stati Uniti continuino a comportarsi con l’Europa come con un Paese nemico e occupato, continuando a “coordinare” ufficialmente delicatissime funzioni come il web o l’organizzazione dei gruppi politici al Parlamento europeo, ma addirittura kafkiano il modo in cui ciò avviene. Si noti che, proprio in questi giorni,  il Presidente Trump è sotto inchiesta in America per aver anche solo permesso che alcuni suoi collaboratori parlassero con la Russia durante la propria campagna elettorale. Invece, da noi in Europa è normale che gli Americani fondino a Bruxelles un’organizzazione apicale di partiti europei, con il preciso intento di scardinare l’Unione influenzando pesantemente le elezioni (con metodi tipo Cambridge Analytica). Movimenti simili, ma molto più blandi (le NGOs), sono presenti tanto negli Stati Uniti, quanto in Russia, ma, in ambo i casi, devono registrarsi come “agenti stranieri”. Nulla di tutto ciò qui da noi (salvo l’obbligo, tanto deprecato da tutti, imposto in Ungheria di seguire un’analoga procedura per una delle università di Soros). Chissà che il Parlamento Europeo non si decida a varare una regola simile per l’ Europa.

E’ ben vero che le ingerenze degli Stati Uniti sono state determinanti sull’ Europa fino dalla fondazione degli Stati Uniti :dall’influenza di Franklin e Jefferson sulla Rivoluzione Francese (cfr. Annie Crépin, Benjamin Franklin et Thomas Jefferson. Aux sources de l’amitié franco-américaine. 1776‑1808), al ruolo di Allen Dulles nell’incarico di governo di Hitler (cfr. Sutton, Wall Street and the Rise of Hitler), poi ancora, alla nascita del Movimento Europeo, finanziato dall’OSS di Dulles e dalla CIA di Donovan , fino, addirittura, all’origine dell’Unione Europea, deliberata al Congresso americano su iniziativa del Senatore Fulbright (Aldrich ,OSS, CIA and European unity: The American committee on United Europe). Ma, almeno, quelle cose si facevano in America e con un po’ di discrezione (tant’è vero che ancor oggi nessuno lo sa), mentre ora tutto si fa in pieno giorno, in piena Bruxelles, e addirittura sull’Isola Tiberina, culla della civiltà romana! E, soprattutto, si sperava che, passato il dopoguerra, l’Europa sarebbe divenuta indipendente e l’America avrebbe smesso di tenere simili comportamenti.

Risulta comunque chiaro che certi nostri “sovranisti” non perseguono nessuna sovranità, bensì agiscono come l’ennesima longa manus degli Stati Uniti per continuare a “contingentare l’Europa”, come previsto già da Trockij più di 100 anni fa, nonostante che viviamo oramai in un nuovo mondo multipolare. Per altro, anche Trockij era stato uno dei più cospicui “suggeritori” americani in Europa, come ricorda sempre lo stesso Sutton in Wall Street and the Rise of Bolshevism.

L’insistenza del nuovo populismo sul “potere al popolo” ci ricorda perciò quella del generale persiano Mardonio, che, come ricorda Erodoto, quando ebbe riconquistato la Ionia, vi aveva imposto dei regimi democratici, molto più facilmente controllabili dall’ esterno che le non le chiuse aristocrazie greche, capaci di produrre dei leaders militari eccezionali: prima, un Leonida, poi, un Alessandro. D’altronde, lo stesso Erodoto ci ricorda che, proprio per questo motivo, la democrazia era stata scartata, dopo ampio dibattito, come forma di governo della Persia stessa.

Bannon non si comporta, per altro, neppure  diversamente dal suo connazionale ed arcinemico George Soros (a cui per altro testimonia amicizia e stima), né dall’imam turco-americano Fethi Gülen, solo con slogans apparentemente opposti. D’altra parte, Bannon è un americano di origini irlandesi, e quindi erede delle equivoche vicende dell’eresia americanista e del maccarthismo. Come faceva il vescovo Ireland, Bannon censura il liberalismo dei cattolici europei, ma è tutto ligio a quello americano. Il suo comportamento è anche coerente con quello del Governo irlandese, che per l’ennesima volta ha rifiutato di incassare i 13 miliardi di crediti fiscali verso Google aggiudicatigli dall’Unione Europea.   E i “sovranisti” si stanno comportando, nei confronti dell’America, nello stesso modo dei partiti europei tradizionali (che andavano tutti a Washington a prendere ordini), o dei generali golpisti turchi. La sostanza è comunque sempre la stessa: qualunque siano le  ideologie conclamate, avremo sempre un “superiore sconosciuto”, un finanziatore e un capo americani, e dovremmo attenerci alla stessa politica: tecnocrazia; colonizzazione culturale ed economica; tributi, occulti o meno, come i contributi NATO, acquisto forzato di armi americane, imposizione di  dazi e sanzioni che danneggiano l’ Europa; tempestiva uccisione delle imprese europee che minaccino quelle americane; drenaggio di informazioni, di capitali e di posti di lavoro attraverso le industrie del web; mancata ottemperanza, con connivenze a tutti i livelli, a tutte le sentenze che diano torto a un soggetto americano…

 

E’ vero, c’è proprio un complotto (una “conspiracy”): è quello plurisecolare dell’America contro l’ Europa, e i sedicenti “sovranisti” ne sono solo  i complici più recenti. Altro che “Europa contro Europa”, come annunzia il manifesto di “Atreju”! Piuttosto,  “America contro Europa”.

Scontate quindi le critiche, per altro giustissime, di +Europa: “Che hanno da guadagnare l’Italia, l’Ungheria, la Francia sovranista che immagina Marine Le Pen, a ritrovarsi ciascuno per conto proprio di fronte ai dazi di Donald Trump? E a nessuno viene il sospetto che Bannon – lo stratega elettorale di Trump – ci tenga tanto a sfasciare l’Unione Europea proprio perché è l’argine più forte contro i diktat commerciali di questa amministrazione americana? De Gaulle si rivolterà nella tomba allo spettacolo di una soi-disant nazionalista francese come la Le Pen, subordinata agli interessi americani. Ma che avrà mai ‘sto Bannon, allora, per mettere tutti in fila i sovranisti europei? “

Per fortuna, la scelta di allinearsi con Trump è assai poco condivisa anche in tutto lo spettro della destra in Europa. In tutti i campi assistiamo, e probabilmente ancora assisteremo, a delle prese di posizione forse sorprendenti.

Appropriato e dignitoso il commento del Presidente del Parlamento Europeo Tajani (PPE, ex monarchico), insolitamente (e motivatamente) aggressivo: «Io sono un sovranista europeo. Quando arriva un signore come Steve Bannon a dirci cosa dobbiamo fare per distruggere l’Europa, rispondo: caro signor Bannon, tornatene a casa. Se vuoi fare il turista, fa il turista. Ma è meglio che stai zitto”. Importante anche il garbato rifiuto di Weiland (AfD, Alternativa per la Germania):” “Sono perplesso su questo intervento di un soggetto straniero. Suppongo che non abbia il polso dell’ identità culturale del popolo europeo.”Novità ragguardevole: “Adesso, perfino  l’AfD parla dell’ “identità culturale del popolo europeo”! .

La subordinazione all’ America crea divisioni perfino fra i leader dei Paesi di Visegrad, con Duda ch’è andato andato a Washington a implorare Tusk di creare una nuova base americana proprio mentre Orban stava firmando con Putin a Mosca un accordo per la costruzione in Ungheria di una centrale nucleare russa. Il tutto si è tinto poi d’un colore kafkiano quando, pochi minuti dopo l’incontro, Trump ha pubblicato un Tweet con una foto che ritrae il tavolo dello stesso Trump, con il Presidente seduto con fare imbronciato, e Duda che firma stando in piedi davanti a lui simulando un grande sorriso. Come per smentire tutti i convenevoli e dichiarare sprezzantemente che i Polacchi sono dei semplici vassalli. Cosa per fortuna fatta rilevare da Walesa e altri politici polacchi, che hanno descritto tutto ciò come un’offesa per il popolo polacco. Ma è un offesa al popolo polacco il fatto stesso di andare a Washington a pregare il Presidente di difendere la Polonia (da che cosa, poi?), quando invece la Polonia si è sempre fatta vanto di essere essa (come nel caso di Sobieski), il difensore dell’ Europa, tanto che la sua classe portante (la gentry) era chiamata “szlachta”, che significa “i combattenti”, per il suo ruolo eminentemente militare.

Credo che continuare a umiliare, come fanno, a turno, l’America e i burocrati di Bruxelles, i più orgogliosi popoli d’ Europa (Russia, Polonia, Ungheria e Turchia) non resterà certo senza conseguenze.

Nel frattempo, si sta combattendo la battaglia della “Nuova Via della Seta” il boicottaggio della quale, secondo Bannon, costituisce il nocciolo della politica di Trump, a suo dire da lui stesso iniziata e promossa. Intanto, Di Maio sta  inaugurando ufficialmente l’ adesione dell’ Italia alla Nuova Via della Seta. Anche l’accordo siglato lo stesso giorno della presenza di Bannon a Roma, fra Cina e Vaticano fa parte di questo ampio panorama.

2.Come opporsi?

Gli oppositori del “Piano Bannon” avrebbero dunque, a mio avviso, facile gioco nel prevalere semplicemente evidenziando le incongruenze di cui sopra,  non cadendo, come invece stanno facendo Scalfari e +Europa, nell’ ingenuità di riproporre per la millesima volta le arroganti banalità delle ideologie sette-ottocentesche, e addirittura dei partiti della 1° e della 2° Repubblica, ma, invece,  recependo  quanto vi è di autentico nelle istanze sovraniste (il “sovranismo europeo” di cui parla Tajani), collegandovi in modo coerente delle posizioni autonome dell’ Europa su vari temi: tecnica, economia, sussidiarietà, economia, della cultura…, così come abbiamo proposto in concreto in molti libri di Alpina (p.es., “100 tesi sull’ Europa”), e riproporremo presto in forma aggiornata.

Con il patrimonio ideale maturato da Alpina e Diàlexis, crediamo di poter fornire contributi importanti a tutti gli schieramenti, oggi così confusi sui principali temi oggi in discussione, e, in particolare:

 

(i)“autonomìa” e principio di sussidiarietà

Secondo l’“europeismo” dell’ “establishment”, costituirebbero superate forme di tribalismo il “voler essere padroni a casa propria”, come pure il ritenere che i territori siano tutti caratterizzati da una loro specifica identità. Una delle             principali colpe del “sovranismo” sarebbe dunque quella di sostenere che gli “Stati nazionali” sarebbero  la sede naturale della spontaneità e della libertà dei popoli, mentre invece l’integrazione europea costituirebbe una innaturale e inutile cessione di sovranità.

Tuttavia, come scriveva giustamente Massimo Cacciari su “l’Espresso”, gli “europeisti”di quel genere sono “corresponsabili in pieno della catastrofe culturale, etica e politica che attraversiamo. Ci sono invece ‘europeisti’, a partire dal XVIII secolo , ben prima di molti dei ‘padri fondatori’, che ne hanno (invano?) coltivato un’ immagine di ‘arcipelago’: uno spazio composto da realtà ben distinte, da tempi distinti, e tuttavia in navigazione gli uni verso gli altri, senza alcuna velleità egemonica o omologante.”

Constatazione, questa,  fondamentale perché  nuova negli ambienti dell’ establishment: il riportare “la nascita dell’Europa” a Monnet, Schuman, De Gasperi, Adenauer e Spinelli ha costituito, in questi 60 anni, una vera e propria violenza alla storia da parte del “Pensiero Unico”, foriera di un sicuro fallimento, perché un progetto senza profonde radici non può stare in piedi, e un progetto fondato su presupposti mendaci, ancora meno. In particolare, assolutizzare come modello per l’Europa il mondo dell’immediato dopoguerra (quello del sedicente “Miracolo Economico”) significa identificare l’integrazione europea con l’egemonia americana sui nostri Stati Membri, negando ogni rilevanza alla millenaria storia propria ai popoli d’Europa.

In realtà, come spiegato, fra l’altro, nel mio libro “10000 anni d’identità europea”, fin dal 1300 si erano susseguiti progetti d’integrazione europea, sostanzialmente coerenti con gli uni e con gli altri, e che, in particolare, a partire da Proudhon  e dal “federalismo integrale”, avevano per oggetto proprio una federazione pluralistica a più livelli, erede dell’habitus politico pluralistico risalente fino alle tribù pre-romane, all’Impero, al “Concerto delle Nazioni” e alla Santa Alleanza: quella che oggi viene chiamato “multi-level governance”. Una siffatta idea di “sovranità dei popoli europei” preesiste all’ Unione Europea, e che, anzi, costituisce il nocciolo duro di quella millenaria identità che Tocqueville, ispirandosi a Platone, chiamava “l’Antica Costituzione Europea”

Contrariamente a quanto pensano gli autori “mainstream”, ciò che contraddistingue fin dall’ inizio l’”ethos” degli Europei è stato infatti proprio il suo “tribalismo”, il suo ragionare per “stirpi” (i “Bne Jishrael”; gli Eraclidi; la Gens Julia), per città; etnie (Achei, Dori, Ioni, Eolici…; Latini, Sanniti, Siculi…; Franchi, Goti, Svevi, Sassoni…); per “nationes” (non esistono solo gli “Stati-Nazione” ottocenteschi…). Era stato proprio quel  “tribalismo” a sostanziare il governo “repubblicano” classico, in cui ogni “stirpe”(genos=gens,phyle=tribus) poteva avere la propria voce,  così facendo dei Greci quel popolo guerriero, fiero della propria “autonomia”, descrittoci da Ippocrate e da Erodoto. Roma, con le sue “gentes”, i suoi “ordines”, i suoi “municipia”, le sue “coloniae”, i suoi “socii”, aveva costituito la massima dilatazione sione possibile dell’ idea di “città-stato” e del suo “tribalismo”, e il Sacro Romano Impero l’esempio più estremo di un “arcipelago” di poteri, con i “Due Soli”, l’Imperatore “primus inter pares”, alcuni regni soggetti all’ imperatore, altri solo al Papa, altri del tutto sovrani; gli ordini religiosi e cavallereschi; i Cardinali; lo Stato della Chiesa; i signori territoriali; le leghe di città; i principati ecclesiastici; i monasteri; le università; i feudatari; le diocesi; le città, le corporazioni, le parrocchie, i cavalieri; le botteghe…

Ancora nel ‘500, Machiavelli definiva l’Europa come “alcuni regni e infinite repubbliche”.

(ii)l a globalizzazione: un’idea extra-europea

L’alternativa a quest’Europa intesa, per dirla con Cacciari, come “un arcipelago” è costituita dall’impero provvidenziale, di cui abbiamo avuto esempi anche in Europa (per esempio, l’ Unione Sovietica), ma il cui archetipo è stato quello persiano. Esso ha come suo obiettivo “la pace universale”, che, come afferma Serse nel racconto di Erodoto, può realizzare il suo dominio soltanto conquistando tutta l’Europa. Cosa che i Greci, nel loro senso tribale del “limite”, giudicavano come una hybris, un peccato contro gli dei dell’Olimpo (ch’erano gli dei delle differenze). In questo senso, i combattenti delle Termopili, di Platea e di Salamina acquisiscono già allora, indirettamente, il ruolo di “rappresentanti dell’ Europa” (vedi il “sogno di Atossa” ne“I Persiani” di Eschilo). Del resto, sempre secondo Erodoto, non meno eroicamente si erano comportati “gli Sciti”, l’unico altro popolo europeo menzionato dallo storico di Alicarnasso.

E, in effetti, come inciso sulle tombe imperiali di Behistun e di Naqs-i-Rustam, l’imperatore persiano, combattendo contro i “deva”, gli dei stranieri ed ostili del politeismo,  eseguiva la volontà di Ahura Mazda, accelerando l’avvento del “Frasho Kereti”, l’ Apocalisse. Oggi, l’erede di questa concezione mazdeista della storia è l’impero americano, mosso febbrilmente dall’idea messianica della “Fine della Storia” e dell’ espansione della democrazia e del mercato nel mondo intero, con il suo esercito unico nella sua smodatezza, ed immagine  speculare dell’ armata multinazionale pluri-milionaria che Serse osserva (piangendo) sfilare al guado dell’ Ellesponto. Anche l’esercito americano chiede incessantemente a tutti i Paesi, in cambio della pace, la concessione “di acqua e terra”, vale dire di basi navali e marittime. Questo paradossale parallelismo è stato messo in rilievo da Tom Holland nel suo splendido libro “Persian Fire”: “Quando il Presidente Bush parla dell’ ‘Asse del Male’, la sua visione di un mondo diviso fra le forze rivali della luce e dell’ oscurità deriva in ultima analisi da Zarathustra, l’antico profeta dell’ Iran…”, secondo cui“una rinvigorita monarchia globale avrebbe garantito la pace mondiale”.

 

(iii)”autonomia” e spirito marziale

Il carattere tribale dell’Europa antica non era stato per altro di ostacolo alla sua capacità di difendersi e, addirittura, di contrattaccare vittoriosamente, contro i Persiani: gli Ateniesi si rivolgono, per un comando unitario, agli Spartani, e questi riuniscono gli alleati Peloponnesiaci, finché Leonida, il re degli Spartani, compie il miracolo delle Termopili. Anzi, come non mancano di sottolineare Ippocrate ed Erodoto, è proprio l’ “ethos” dei Greci “autonomoi”, che combattono per se stessi, ad essere superiore a quello dei Persiani, che combattono per il loro re, e, conformemente al messaggio della Pizia, deve prevalere. Al di là e al di sopra dell’”ethos” civile, ambedue i popoli sono animati da  opposti pathos religiosi: i Greci (esempio tipico, Leonida) ,aspirano all’ “apotheosis” individuale, realizzata attraverso gesta gloriose in battaglia, mentre i Persiani combattono una battaglia apocalittica collettiva per la vittoria del Bene contro il Male.

L’essenza dell’ “autonomìa” dei Greci è resa icasticamente e performativamente dalla filosofia e dalla letteratura. Per Eraclito, “Pólemos è padre di tutte le cose , di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi (frammento 53)”. La guerra ininterrotta fra le poleis, che tanto stupisce Mardonio, verte proprio su questo: i vincitori sono liberi, i perdenti schiavi. Anche Archiloco ci offre un impressionistico, anche se enigmatico, bozzetto di sé stesso, come un guerriero tutto sostanza e di poche parole: “èn dori mén moi màza memàgmne, én dori d’òinos ìsmarikòs, pinò d’én dori kèklimenòs” (=”in armi inumidisco la focaccia, in armi bevo il vino d’Ismaro, appoggiato alla mia lancia”).

Più tardi, i Greci, riuniti intorno ad Alessandro, conquisteranno addirittura l’Impero Persiano, portando in Oriente la civiltà greca, ma anche acquisendo caratteri imperiali, che si trasmetteranno a tutti i successivi imperi europei. Questo modello di un’alleanza “tribale” contro gl’imperi provvidenziali si ripeterà costantemente nella storia europea, con le Crociate, con la resistenza anti-napoleonica….A Leonida succederanno Riccardo Cuor di Leone, il Principe Eugenio, Sobieski, Suvorov e Körner.

Il preteso carattere pacifico degli Europei costituisce dunque una vecchia  “fake news”, ch’è servita fino ad oggi ad evitare che i nostri connazionali approfondissero il discorso circa l’egemonia americana e ne traessero le conseguenze. Tuttavia, dopo quest’ultima “invasione di campo”, è divenuto sempre più difficile evitare che sempre più smettano, come hanno fatto Tajani e Heiko Maas, di “porgere l’altra guancia”, e rendano finalmente pan per focaccia.

3.Anti-globalizzazione

Ancor oggi, il “tribalismo” costituisce ovunque nel mondo il primo passo verso un atteggiamento antagonistico nei confronti delle “astratte finalità omologanti”  della globalizzazione occidentale, di cui parla Cacciari: tribù e confessioni religiose in  Medio Oriente; Stati e caste in India; “repubbliche autonome” nello spazio post-sovietico e autonomismi in Spagna, Regno Unito e Italia. Soltanto nel nome di questi tribalismi si riesce ancor oggi, seppure a sprazzi, a mobilitare i popoli contro la globalizzazione: la rivoluzione sciita iraniana; la lotta dei taliban contro Sovietici e Americani; i Catalani che tengono il referendum non ostante le violenze della polizia…A questi fenomeni, non già all’omologante complesso informatico-militare americano, né alle retoriche buonistiche dell’ Europa, vanno  dunque accostate le antiche poleis greche.

Certo, presi uno per uno, gli odierni “tribalismi”, in particolare in Europa, “manifestano tutta la propria impotenza non dico a contrastare, ma a “dialogare” con le potenze economico-finanziarie e finiranno per esserne mille volte più sudditi dell’Europa semplicemente commerciale e-monetaria”(Cacciari).Ed è per questo che, mentre, sul piano teorico, si potrebbe anche credere alle promesse di Salvini e Meloni, che oramai non intenderebbero  più distruggere l’ Europa, bensì governarla con una lega di tutti i “sovranisti”, tuttavia, il fatto ch’essi abbiano contestualmente aderito a “The Movement” e che abbiano votato al Parlamento Europeo a favore delle Big Five non lascia certo sperare sul fatto l’Europa “sovranista” sarà più aggressiva contro la globalizzazione di quanto lo sia stata fino ad ora quella dei suoi avversari.

Nonostante le sue giuste intuizioni, Cacciari cade, a sua volta, nel vizio di tutti i politici e intellettuali vicini ai partiti “tradizionali”, ipotizzando semplicisticamente che un’alleanza di tutti gli “anti-sovranisti” (proprio quelli che qualche riga prima aveva così severamente fustigato) possa sconfiggere quella “deriva” pseudo-sovranista. E’ chiaro per altro perfino a lui che oggi ci vorrebbe un movimento che non negasse il “tribalismo”, bensì che lo potenziasse, e, in tal modo, lo superasse. Questo movimento non potrebbe tentare di riproporre con parole nuove le ideologie otto-novecentesche  fallite da gran tempo, ma dovrebbe prendere atto della nuova realtà, caratterizzata dal dominio delle macchine intelligenti e dall’ erosione del potere occidentale.

Il dominio delle macchine intelligenti svuota infatti di per sé i concetti, che ancor ieri erano fondamentali, di “Stato nazionale”, di “libero mercato”, di  “democrazia rappresentativa” e di “diritto sociale”, richiedendo invece nuove parole d’ordine, come “enhancement”, “guerra delle intelligenze”, “stato d’ eccezione”, “solidarietà europea”. L’erosione del potere occidentale fa sì che la ricerca delle soluzioni nen sia più confinata nell’ universo geografico e concettuale dell’ “Occidente”, ma possa e debba spaziare fra una pluralità di soluzioni alternative, vecchie e nuove, esistenti o ipotizzate, comprensiva di soluzioni imperiali, meritocratiche e direttoriali.

Occorrerà comunque scendere in campo non soltanto nel dibattito fra sovranisti e anti-sovranisti, bensì anche all’ interno dei dibattiti di ciascuno dei due campi, per mostrare le incongruenze dei due pretesi schieramenti, e costruire, con i rottami di questi, una Terza Via: il Sovranismo Europeo.