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SOLIDARIETA’ CON GL’INTELLETTUALI AMERICANI CONTRO LA DITTATURA DELL’INTOLLERANZA CULTURALE

Il Balch (Bellamy) Salute non fu inventato in Europa, ma in America, e fu modificato solo durante la IIa Guerra Mondiale

Il manifesto di 150 intellettuali americani (fra i quali Chomsky, Fukuyama, Zakaria, Khanna e Rushdie) contro la dittatura del  “politicamente corretto” costituisce l’ennesima conferma della fondatezza di tutta la nostra battaglia culturale, basata sull’ idea che l’errore fondamentale della Modernità consista nella pretesa, limpidamente enunziata da Lessing, dal Primo Programma Sistemico dell’Idealismo Tedesco e dai sansimoniani, che la secolarizzazione delle religioni monoteistiche avrebbe permesso l’attualizzazione dell’insieme delle loro promesse escatologiche. Da quella scelta, a mio avviso logicamente vuota, sono scaturite le contraddizioni della Moderntà, sempre più insostenibili innanzitutto per gl’intellettuali, che sono chiamati a spiegarla e giustificarla, contraddizioni che stanno venendo al pettine con la Singularity, la crisi ecologica e sanitaria e la rivincita delle  culture siniche, indiche, medio-orientali e indio-americane.

Secondo Lessing, Hegel, Saint Simon, Comte, e Enfantin e il mainstream culturale che a essi, spesso senza saperlo, s’ispira, la coincidenza, nell’immanenza, fra l’Essere e il Bene, avrebbe permesso di superare la finitezza, la soggezione alla natura, la separatezza degli uomini e ogni forma di costrizione. Come nelle idee dei Manichei e dei Pelagiani condannate da Sant’Agostino,  Progresso, tecnica, libertà e giustizia sarebbero divenuti una cosa sola. Come si esprime oggi Kurzweil, con la cosiddetta “Singolarità”, il Progresso avrebbe prodotto la “Quasi-Immortalità”, e, conformemente all’ Agenda delle Nazioni Unite  2030, si sarebbero estirpati tutti i mali dell’Umanità, a cominciare dalla povertà e dalle “ineguaglianze”. Le vecchie Grandi Narrazioni sarebbero confluite in un’unica Memoria Condivisa, dove tutte le brutture del passato (mitologia, violenza, autoritarismo, stereotipi) sarebbero state superate nel “Regno della Libertà”. A questo punto, come affermava già l’Apocalisse, non sarebbe sostanzialmente più successo nulla (la “Post-Histoire”di Arnold Gehlen).

Francis Fukuyama è passato dalla “Fine della Storia” alla critica del post-umanesimo

1.L’esplosione delle contraddizioni della Modernità

L’insostenibilità di quel millenarismo immanentistico era divenuta evidente già al pempo della IIa Guerra Mondiale. Eppure, già alla vittoria contro il preteso “Male Assoluto” dell’Asse si era accoppiato l’eguale e contrario Male Assoluto della Bomba Atomica. Con l’indipendenza d’ India e Israele, l’affermazione del principio dell’autodeterminazione dei popoli aveva cominciato a dimostrare la sua contraddittorietà, con la contrapposizione degli opposti buoni diritti di hindu e islamici, arabi e israeliani. Non molto dopo, le “democrazie” intervenivano con la forza per impedire l’autodeterminazione di popoli come quelli vietnamita e iraniano. L’industrializzazione forzata portava alla crisi ecologica, mentre la diffusione del suffragio universale aveva come immediata conseguenza l’ascesa di governi islamici, imperialistici o nazionalistici (come era stato, a suo tempo, dei partiti bolscevico, fascista e nazista).

Oggi, l’inesauribile contraddittorietà della Modernità si sta rivelando in tutta la sua ampiezza, in primo luogo attraverso la conflittualità generalizzata della società americana:

-la vittoria della tecnica sta portando alla società del controllo totale (Echelon, Assange, Prism, Google Analytica ,Big Data, riconoscimento facciale, Great Digital Firewall) e all’obsolescenza programmata dell’Umanità (Kurzweil, Miortvaja Ruka);

-la condanna del colonialismo sta portando al crollo del mito della libertà occidentale, e quella del patriarcato alla paralisi della stessa riproduzione sessuata; 

-la pretesa della democraticità della cultura sfocia nella persecuzione sistematica dell’intelligenza e nell’ apoteosi di ogni forma di tracotanza plebea.

Di fronte al linciaggio quotidiano e ai licenziamenti per soddisfare la piazza, anche il “mainstream” intellettuale, che aveva prosperato per secoli grazie alla connivenza con tutte le forme di potere via via dominanti, si vede finalmente costretto a passare all’ opposizione. Infatti, oggi, per sopravvivere professionalmente, non basta più, soprattutto in America, dichiararsi di destra o di sinistra, ma occorre soprattutto schivare ogni e qualsivoglia questione scomoda. E, siccome la società occidentale sta finalmente esplodendo sotto il peso delle sue contraddizioni, ogni questione di sostanza  è divenuta, non soltanto, scomoda, ma, addirittura,  scottante. Qual è, per i nostri contemporanei, il fondamento della morale? Quali sono le ragioni delle innegabili differenze fra gli uomini? L’eguaglianza è compatibile con un buon governo? Si può governare in modo partecipato la società dell’equilibrio nucleare, dei “big Data” e di Prism? Come può un Paese di 300 milioni di abitanti dettare legge a un’Umanità di 7 miliardi?

In realtà, un volta data risposta a questi interrogativi, ben poco resterebbe in piedi del cosiddetto “Occidente”, che si fonda proprio sulla  messa in sordina di tutte quelle questioni.

Di conseguenza, i poteri costituiti sono tutti in grande agitazione; vedono nemici da tutte le parti, e se la prendono con il mondo della comunicazione, che non riesce più a svolgere i suoi tradizionali compiti di mistificazione, perché ciascuna delle parti in conflitto (Trump, iconoclasti, fondamentalisti, suprematisti, tecnomani, fanatici dei “diritti”) rappresenta non già una risposta, ma parte del problema.

Si rispolvera da parte di tutti l’elogio dell’ “onesta menzogna”, l’unica che, forse, permetterà di gestire quel guazzabuglio.

Fareed Zakaria e la crisi della “liberaldemocrazia”

2. L’impossibilità di aderire a uno qualsiasi degl’idoli della Modernità

Il rifiuto di prendere posizione, che è alla base della protesta dei firmatari del Manifesto, trova infatti la sua radice prima nel fatto che per nessuna di quelle domande esiste una riposta veramente persuasiva, e comunque valida sempre e dovunque. Perciò, la pretesa delle varie “sette” occidentali , dai fondamentalisti ai laicisti, dagli occidentalisti agli egualitaristi, dai quietisti ai  tecnomani, dalle femministe ai pauperisti, dai suprematisti bianchi ai vittimisti di ogni genere, che vi siano dei “Valori non negoziabili”(i loro) ,viene   smentita proprio dall’evoluzione stessa di quei movimenti. I  fondamentalisti, che cent’ anni fa vituperavano la democrazia perché incompatibile con le verità eterne della Religione, sostengono oggi, in sostanza, che l’unica verità eterna è proprio la democrazia, divenuta, nel frattempo, miracolosamente, “cristiana”. I laicisti, che, cent’anni fa, propugnavano l’assoluta libertà di pensiero, hanno promulgato nel frattempo un’infinità di leggi memoriali e di reati d’opinione, di cui si è perduto addirittura il conto. Gli occidentalisti ch’ esaltavano il valore della democrazia formale, ai presidenti comunque eletti Putin, Erdogan e Morsi, preferivano i non eletti Gorbaciov, Atatuerk e al-Sissi. Gli egualitari, che ieri esaltavano gli operai come gli uomini del futuro, oggi stanno dalla  parte di un ceto medio di “parvenus” e di “déracinés” che nulla  ha a che fare, né con il progresso tecnico-scientifico, né con la rivoluzione sociale. I quietisti, che cent’anni fa volevano  il mantenimento a qualunque costo delle forme ottocentesche di proprietà, oggi difendono “quota 100” e la finanza internazionale. I tecnomani, che sono i veri responsabili della crisi ecologica, oggi non fanno altro che parlare di “Green New Deal”. Le femministe che ieri difendevano le donne sfruttate dal capitalismo, oggi forniscono il pretesto, con “Me Too”, per i ricatti e le vendette di squallide attricette arriviste.  I pauperisti, che esaltavano, nei “poveri di spirito”, i destinatari del Regno dei Cieli, oggi vorrebbero invece ”estirpare la povertà”. I suprematisti bianchi, che credevano che la superiorità della razza dipendesse dal suo spirito guerriero, oggi s’identificano con un “degenerato” sottoproletariato americano. Alla fine dello spirito sacrificale, teorizzata qualche decennio fa da René Girard, si è contrapposta di fatto, proprio da allora, l’apoteosi del sacrificio da parte di Palestinesi, Pasdaran, al Qaida e  ISIS.

Come credere ancora a questi variopinti teorici del nulla?

La frenesia di assoggettare gl’intellettuali ai variopinti  slogan del potere deriva dalla consapevolezza del vuoto concettuale di tutte le tendenze cntemporanee, presagio della perdita del controllo da parte della “Società dell’ 1%”.

Parag Khanna, fra la Svizzera e Singapore

3.La storia moderna è una Grande Cospirazione? 

In definitiva, la Modernità si regge sulla deliberata imposizione al popolo, attraverso un’intelligencija addomesticata, di una serie di” valori non negoziabili” che, da un lato, non trovano, né troveranno mai, attuazione (perché irrealistici), e, dall’ altra, sono in stridente contrasto con il “dubbio sistematico” di Cartesio, con il “Pari” di Pascal, con la “Critica della Ragion Pura” di Kant, con il “prospettivismo” di Nietzsche e con la Dialettica dell’ Illuminismo di Horkheimer e Adorno ( autori a cui le élites aderiscono, ma riguardano bene dal comunicare all’ esterno, anzi, di cui reprimono la comunicazione).

Per ovviare a queste contraddizioni, già Platone aveva affermato il dovere di mentire da parte degli Archontes, e Averroè aveva tentato di risolvere il problema distinguendo fra i “filosofi”, che avrebbero dovuto parlare solo al “principe”, e i teologi, che avrebbero dovuto parlare al popolo.

Oggi si pretenderebbe che gl’intellettuali, a fronte dei loro privilegi, nascondano in eterno e a tutti quelle contraddizioni della Modernità, per permettere ai governanti di irreggimentare il popolo secondo quei valori a cui essi per primi non credono affatto, e che in realtà calpestano selvaggiamente, anche se per lo più di nascosto. Ciò è, però, alla lunga, tecnicamente impossibile anche con la migliore buona volontà (per i moltiplicarsi infinito degli strumenti di comunicazione), sì che gl’intellettuali sono oramai posti in una situazione professionalmente insostenibile.

Questa situazione viene, come abbiamo visto, da lontano, ma è strettamente legata soprattutto all’ irruzione dell’America nella storia mondiale, e al carattere costitutivo, per essa, dell’ ipocrisia puritana. E’ perciò normale che la rivolta si scateni innanzitutto in America. Colombo aveva “scoperto” l’America dichiarandosi erede dei profeti biblici e delle Crociate, e come prima cosa vi aveva portato la schiavitù (e aveva fatto tagliare letteralmente la lingua a coloro che conoscevano la sua vera storia e ne parlavano). Carlo V e De las Casas avevano osteggiato, nel nome della concezione imperiale cristiana, la schiavizzazione dei nativi americani, ma, per ovviarvi, vi avevano importato gli schiavi africani.

Come afferma neanche tanto copertamente la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, la Rivoluzione Americana, che afferma controfattualmente che tutti gli uomini sono nati eguali, era stata creata per impedire al Re d’Inghilterra di estendere all’America l’abolizione della schiavitù, decretata dalle corti inglesi, di restituire, come aveva fatto, i territori indiani, e di conservare il culto cattolico e il diritto romano ai sudditi francesi della Luisiana e del Canada. La Tratta Atlantica e il “Trail of Tears” erano stati sostenuti, fra gli altri, dai Padri Fondatori degli Stati Uniti, da Voltaire, da Kant, da Tocqueville e, perfino, da Carlo Marx, il quale si rendeva benissimo conto che solo grazie ad essa l’ Occidente aveva potuto realizzare quell’ “accuumulazione primitiva” che le aveva permesso di primeggiare sui Continenti, e, quindi, di realizzare la rivoluzione borghese, prodromo di quella socialista.

Franco Cardini, un intellettuale europeo a tutto tondo

4.Ripartire dall’ intelligencija indipendente.       

Le contraddizioni dell’Occidente, insostenibili per la stessa “intelligencija” americana, costituiscono la premessa per la rivincita di quattro secoli d’intellettualità indipendente che, della sua indipendenza, era stata costretta a subire tutte le conseguenze, come Sully, costretto a nascondere le proprie opere, De Maistre isolato dagli stessi sovrani che intendeva servire, Nietzsche finito pazzo, Zweig suicida, Pound inviato in manicomio per salvarlo da una condanna a morte, Coudenhove-Kalergi finito fra le opere proibite per avere teorizzato senza infingimenti le necessità, anche spiacevoli, dell’ integrazione europea, De Finetti mai pubblicato per aver osato sfidare il principio di causalità….

Per capire questa millenaria persecuzione contro l’attaccamento degl’intellettuali alla verità, occorre ricordare senza complessi che già il RgVeda, la prima opera “teologica” della storia, insinuava il dubbio che non vi fosse alcun Creatore, come pure che il Dio del Sinai si autodefiniva così: “io sono quel che sono” e che il padre della Chiesa Tertulliano affermava senza mezzi termini “credo quia absurdum”.  Occorre por mente anche al fatto che De Sade, Baudelaire e Flaubert erano stati condannati per la loro ostilità elitaria  alla pruderie moralistica borghese, e che tutta l’intellettualità dei primi del Novecento (Nietzsche, Freud, Jung, Mosca, Michels, Pareto, Tigher, Rensi, Boas, Pirandello, Kafka, Huxley, Burgess, Pound, Céline, Lévy-Strauss, Herskowits)  non ha fatto altro che demitizzare la “grande narrazione” occidentale, progressista e razionalista.

Si tratta, come voleva Lukàcs, di una follia collettiva volta alla “distruzione della Ragione”, oppure della necessaria critica al “miti della Modernità”, più falsi di quelli dell’Antichità perché dotati di una pretesa di verità obiettiva, e più pericolosi perché fondati su un’irrealistica aspirazione alla  perfezione terrena?

Le culture che si stanno costruendo in tutto il mondo in opposizione al pensiero unico della Globalizzazione Occidentale si trovino esposte a rischi inauditi (fine dell’ Umano, dominio delle Macchine Intelligenti), e non debbono, quindi, limitarsi a riproporre vecchi clichés.  Trattandosi comunque  di affrontare realtà eterne, adombrate già nei miti dei” 44.000 Kalpas”, della Pashupatastra, del Diluvio Universale, dell’ Apocalisse, è a quegli archetipi universali che finiranno per riallacciarsi. Poi, fra quegli archetipi così elevati e i nostri problemi inediti e irrisolti si dovranno contestualizzare le grandi esperienze dei pensatori del passato: le teofanie  delle Religioni del Libro;  i grandi Maestri orientali, ma anche i vertici della “Cultura Alta” moderna, come Goethe, Leopardi, Nietzsche, Anders, che si sono erano già confrontati con i temi centrali della politica culturale contemporanea, come le Illusioni, il Patto col Diavolo, l’obsolescenza dell’ Umano e il Superuomo.

Le società del passato, monarchiche, totalitarie o conservatrici, avevano concesso paradossalmente a questi dibattiti più spazio che l’attuale pretesa “società aperta”. Basti pensare ad opere come “La Servitù volontaria”, “Justine”, “Les liaisons dangéreuses”, “Al di là del Bene e del Male”, “L’ Europa Vivente”, “Praktischer Idealismus”, “Lettera a un religioso”, “Citadelle”….

Antoine de Saint Exupéry, l’ufficiale poeta

5.Per una cultura europea di liberazione

Alla prepotenza del “mainstream” culturale, politico e mediatico chiuso all’autentico dibattito, occorre contrapporre un mondo di pensiero, di dibattito e di azione indipendenti. L’Europa, se pretende, come afferma,  di porsi quale “trendsetter” del dibattito sul futuro, dovrebbe concepirsi innanzitutto quale tutore, in un mondo obiettivamente difficile, di questo mondo intellettuale indipendente, non già, come è stato fin d’ora, la roccaforte delle peggiori imposizioni culturali dell’Occidente, come quella di espungere dalla vera storia d’Europa tutto ciò che precede la IIa Guerra Mondiale, oppure ciò che attiene al carattere bellicoso degli Europei e a quello violento degli Americani.

Per fare ciò, essa dovrebbe liberarsi da quella soggezione culturale verso l’America che, attraverso l’interiorizzazione  dei miti fondanti  di quest’ultima (i culti della tecnologia, dell’appiattimento valoriale, dell’”uomo qualunque”), ci ha portati, attraverso Saint Simon e Mazzini,  Gramsci e Popper, ad accettare il politicamente corretto (teoria dello sviluppo, liberalizzazioni, sessantottismo, leggi memoriali, reati di opinione, ideologia “gender”), e, di conseguenza, all’incapacità di produrre risultati culturali autonomi, utili all’ umanità.

Contrariamente all’ America, dovrebbe essere fattibile in Europa usare nuovamente tutti i concetti europei oggi tabù, come relatività, indeterminazione, identità, differenze, verità in senso extramorale, “paideia”, “elite”, “epistocrazia”, “autoaffermazione”. Ma, soprattutto, gl’intellettuali dovrebbero venire liberati dalle schiavitù della “memoria condivisa”, della cooptazione nelle vecchie consorterie, della soggezione alla politica, ai “gatekeepers”, ai finanziatori….

Un’Europa politicamente autonoma dovrebbe avere, come punta di diamante, quegl’ intellettuali indipendenti (anche se nati o vissuti altrove), capaci di dare il loro contributo al dibattito avviato coraggiosamente da intellettuali americani, e comunque aperto in tutto i mondo, circa la lotta alla società del controllo totale. E’ una vergogna che l’Europa abbia ufficialmente rifiutato di dare asilo ad Assange e a Snowden (con tutto ciò che ne è derivato).

Ospitare in Europa tutti gl’intellettuali dissidenti (senza distinzione di ideologia e di provenienza) sarebbe l’unico modo concreto per continuare la tradizione di libertà tipica dell’ Europa (Ippocrate, Leonida, Catone, Alfieri, Dante, Foscolo, Nietzsche, Galimberti, Weil, Nàgy, Màleter, Sol’zhenitsin, ecc…), e, nello stesso tempo, dare all’Europa una reale forza politica e culturale, per affermarsi quale “trendsetter” nella lotta contro la società del controllo totale.

Julian Assange, prigioniero politico in Inghilterra

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