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PROPOSTE DEL MOVIMENTO EUROPEO PER LA PACE IN UCRAINA

PROPOSTE DEL MOVIMENTO EUROPEO PER LA PACE IN UCRAINA

Riportiamo qui di seguito le proposte di cui sopra, con in seguito un nostro commento:

“Noi riteniamo che l’Unione europea, confermando il pieno sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà e del diritto all’ inviolabilità del suo territorio insieme all’impegno alla ricostruzione del paese, dovrebbe iniziare a riflettere sulle ipotesi per un avvio di un dialogo indispensabile al raggiungimento di un “cessate il fuoco” e poi dell’inizio di un processo che porti ad una pace duratura ai suoi confini essendo chiaro che la definizione delle condizioni per un accordo appartengono in primo luogo alle autorità  dell’Ucraina e cioè al suo governo e al suo parlamento che sarà rinnovato nelle elezioni legislative che avranno luogo entro l’estate del 2024.

A nostro avviso le ipotesi per l’avvio del dialogo dovrebbero essere basate sui seguenti cinque elementi che potrebbero costituire un embrione di un “piano di pace” dell’Unione europea inserito nel quadro di una visione complessiva della cooperazione e della sicurezza sul continente che potrebbe assumere la forma di un accordo o di un trattato che si ispiri al metodo dei negoziati che condussero nel 1975 alla Dichiarazione di Helsinki e poi nel 1990 alla Carta di Parigi:

  –   La garanzia della integrità territoriale e della inviolabilità delle frontiere dell’Ucraina definite in occasione della sua indipendenza nel 1991 alla caduta dell’Unione Sovietica;

  –  L’attribuzione alle regioni di Donec’kLuhans’k e della Crimea dell’autonomia secondo un modello federale e ispirandosi all’esempio degli accordi De Gasperi-Gruber applicati all’Alto Adige con l’Accordo di Parigi del 5 settembre 1946;

  –   L’adesione dell’Ucraina all’Unione europea al termine dei negoziati di adesione, sulla base delle condizioni stabilite dall’art. 49 del Trattato sull’Unione europea e nel quadro del processo di allargamento ai paesi candidati dei Balcani Occidentali e dell’Europa orientale (Moldavia e Georgia) che prevede:

  • l’accettazione piena e integrale dei principi contenuti nel preambolo del Trattato di Lisbona ivi compreso il processo di una unione sempre più stretta le cui basi dovranno essere gettate entro la prossima legislatura europea superando lo stesso Trattato di Lisbona secondo un metodo democratico costituente,
  • il rispetto dei valori comuni definiti nell’art. 2 e dello Stato di diritto insieme al primato del diritto dell’Unione,
  • il principio della cooperazione leale previsto dall’art. 4 del Trattato sull’Unione europea e della solidarietà previsto dagli articoli 80 e 222 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
  • l’adesione alla Carta dei diritti fondamentali,
  • e l’applicazione dell’art. 42.7 che prevede l’aiuto e l’assistenza degli Stati membri ad uno Stato oggetto di una aggressione armata sul suo territorio conformemente all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite.

  –   L’applicazione all’Ucraina delle stesse condizioni di neutralità adottate al tempo dell’adesione dell’Austria all’Unione europea nel 1995.

  –   In questo spirito e in questa logica la decisione di escludere l’adesione dell’Ucraina alla Organizzazione dell’Atlantico del Nord e alle sue strutture militari.

Questi elementi dovrebbero essere presentati dall’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite secondo l’art. 34.2 del Trattato sull’Unione europea, al Vertice della Nato di Vilnius e al Vertice dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa associandoli alla richiesta di convocare una Conferenza ispirata agli Accordi di Helsinki del 1975 e alla Carta di Parigi del 1990.”

COMMENTI DELL’ ASSOCIAZIONE DIÀLEXIS

Intanto, complimenti al Movimento Europeo per avere ideato soluzioni fuori del coro, senza timore per l’impopolarità. Pur non essendo, ovviamente, soluzioni perfette (perchè concepite come proposte interlocutorie), potrebbero costituire un anticipo di soluzioni più complete e radicali (cfr. punto 2).Quest’idea non appare irrealistica dopo il conferimento da parte del Vaticano del mandato di mediatore a Monsignor Zuppi e con l’avvicinarsi delle elezioni americane.

1.I veri obiettivi delle parti in causa

Il problema è che, come affermato ufficialmente da Russia e Cina prima dell’ avvio dell’ “Operazione Speciale”, l’obiettivo di questa non era tanto o soltanto quello di difendere la Crimea e il Donbass, oggetto dal 2014 di un tentativo di recupero da parte dell’  Ucraina, territori  e che, dopo i referendum e l’incorporazione nella Federazione Russa, devono essere difesi per legge, bensì un nuovo sistema  globale di sicurezza mondiale, fuori dell’egemonia degli USA, che, a loro avviso, starebbero cercando di “strangolare” (con le sanzioni e con l’accerchiamento militare) i Paesi eurasiatici e di impedire le Nuove Vie della Seta in un momento in cui le dinamiche storiche, economiche e politiche, starebbero ponendole al centro della storia. Del resto, gli ultimatum scritti di Lavrov NON erano indirizzati all’Ucraina, bensì a USA e UE,  e vi si chiedeva di confermare per iscritto quelle garanzie “di non allargamento” che Baker  avrebbe promesso a Gorbaciov.

E’ difficile che Russia e Cina desistano dalla “guerra senza limiti”  per ridimensionare l’America, e per garantirsi così la libertà di passaggio negli stretti asiatici ed europei, vitale per il loro sviluppo economico. A meno che America e UE non firmino delle garanzie a questo proposito, come richiesto nel 2021.

Altrettanto difficile che l’America accetti senza colpo ferire di rinunziare alla sua attuale posizione privilegiata (la “Trappola di Tucidide”). Il vertice di Hiroshima non fa che “fotografare” questo scontro in tutta la sua intensità. Le dichiarazioni rese da di Giorgia Meloni sono illuminanti circa gli obiettivi occidentali al vertice.

Indubbiamente, s’imporrebbe anche, come richiesto dal Movimento Europeo,  la rivalutazione in grande scala del concetto di “neutralità” (di tipo “austriaco”, cioè garantita internazionalmente), che dovrebbe estendersi a tutti i territori controversi, ovunque si trovino (per esempio, ai Balcani Occidentali e Caucaso).

Per ciò che riguarda l’Ucraina, la questione delle autonomie territoriali e culturali dovrebbe coinvolgere, a nostro parere, l’intero territorio (come voleva il Partito delle Regioni di Janukovski, che non per nulla era stato deposto con la forza). Infatti, l’Ucraina, come e più degli altri Stati Europei, è una costruzione recente e artificiale (come ad esempio anche il Belgio e la Grecia). Pensiamo a quali forzature sono state fatte per creare la Grecia che conosciamo (di cui, secondo il Fallmerayer, nel 1821, la metà della popolazione non era greca, e fu grecizzata con la forza, così come l’Ucraina viene ora “ucrainizzata”  a viva forza).

L’Ucraina dovrebbe essere, come si diceva un tempo, “federalizzata” sul modello belga (comunità francofona, comunità fiamminga, comunità germanofona, Bruxelles capitale). Così, in Ucraina, vi sarebbero una comunità russofona, una ucrainofona, una rumena, una ungherese, una rutena, e una Kiev capitale…

Ma, più in generale, almeno un terzo dell’ Europa (dall’ Irlanda, alla Scozia, alla Spagna, al Benelux, ai Balcani, alla Turchia, per non parlare dell’ Europa Orientale) dovrebbe costituire una serie di “Territori Federali”, non aggregati a nessuno “Stato Nazionale”. Solo così si garantirebbe la vera identità di quei territori (la Celtia, la Franconia,  i Pirenei, la Macroregione Danubiana, quella baltica, quella caucasica).

Ancora più in generale, lo Stato Nazionale non è l’unità di base ideale di un’ Europa Unita, come ben vedeva per esempio il Federalismo Integrale. Le fantasmatiche “Macroregioni” ed “Euroregioni” corrisponderebbero molto meglio alle identità storiche degli Europei e a una distruzione razional delle competenze in una “multi-level governance”.

Poi, occorrerebbe ricomporre, con questi tasselli, il puzzle di un’ Europa veramente unita e forte sulla scena internazionale.

Infine, la UE dovrebbe concedere di più all’ Est Europa. Il Socialismo Reale non è stato abbattuto dalle Comunità Europee, né dalla NATO, né da Washington, bensì dai Talibani, da Solidarnosc, da Papa Wojtyla, da Gorbaciov e da Eltsin. I loro valori, diversi, debbono entrare a fare parte della cultura comune. I popoli europei orientali si sentono frustrati dall’ essere considerati come dei questuanti e degli eterni imputati. Per questo, si buttano sulle loro glorie passate.

Occorre anche trasferire un po’ di istituzioni a Est (in un domani anche a Kiev, Mosca e San Pietroburgo).

2.Una vera pace (o tregua) fra le Grandi Potenze, può essere basata solo sull’ equilibrio nella intelligenza artificiale.

Però, una vera pace (o almeno tregua),anche per l’Ucraina,  potrebbe farsi solo fra USA, Cina e Russia, e riguardare, come ha detto Kissinger, più che questioni territoriali (forse insolubili), innanzitutto la regolamentazione internazionale dell’Intelligenza Artificiale, che oramai comanda le armi nucleari e la gestione strategica delle guerre (“Hair Trigger Alert”, “Dead Hand”, militarizzazione dello spazio, Cyberguerra). Basti pensare al recentissimo scontro nei cieli di Kiev fra i missili “intelligenti” Patriot e Kinzhal, basato sulla capacità di intercettazione e/o distruzione del sistema avversario.

Come oramai affermano concordemente tutti i grandi esperti di informatica, bloccare l’intelligenza artificiale è il massimo  problema comune dell’ Umanità. La guerra è infatti  lo strumento di cui l’Intelligenza Artificiale si serve per subentrare agli uomini (Manuel de Landa).

Solo con un’azione culturale trasversale, passando attraverso persone come Kissinger o il Papa, si potrebbe arrivare a un accordo sul controllo dell’ intelligenza artificiale, e, con ciò stesso, al controllo sulla possibilità di scatenare una guerra.

Il problema per l’Europa è ch’essa non può partecipare autorevolmente a questo dialogo, perché, dopo la morte di Adriano Olivetti e del Professor Zhu, non ha mai più avuto la minima autonomia digitale, mancando di un proprio centro ideativo in campo informatico.

Se l’Europa vuole poter contare nella configurazione di un accordo siffatto, deve sviluppare al più presto le proprie competenze digitali, innanzitutto con la creazione di un’accademia europea dell’AI di un’accademia militare europea e di un  servizio segreto europeo, poi con l’”upgrrading” digitale dell’ intero sistema produttivo e di difesa: quello che, inascoltati come sempre, abbiamo proposto co i nostro libro “European Digital Agency””Restarting EU Economy” e “Istituto Italiano dell’ Intelligenza Artificiale di Torino”.

ATTUALITA’ NEL XXI SECOLO DI UN  POETA “POLIEDRICO”

Lettura a Torino del Canto IV di Ezra Pound

With usura hath no man a house of good stone
each block cut smooth and well fitting
[…]
with usura
hath no man a painted paradise on his church wall
[…]
no picture is made to endure nor to live with
but it is made to sell and sell quickly”

Annunziamo con piacere una manifestazione di studio su Pound che si terrà a Torino nei prossimi giorni:

EDUCATORIO DELLA PROVVIDENZA

Coso Trento 13 Torino

16 Novembre Ore 18

Luca Borrione: Pound Mitopoeta

Marcello Croce: Guida al IV Conto

Lettura in Inglese di Claudia Cara

Daniele Guoli: presenze poundiane nella letteratura italiana

Cogliamo l’occasione per ribadire l’attualità di questo autore, in un momento in cui:

-la Cina, oggetto dell’interesse primario di Pound,  si trova nuovamente ad essere, come vuole il suo nome,  il Paese centrale nel mondo;

-il primato mondiale della finanza (l’”usura” di Pound) è severamente scosso dalla necessità, da parte degli Stati e delle stesse Banche Centrali, di allentare, dopo il Covid e la guerra,  il morso delle “politiche della lesina”, cosa messa platealmente in evidenza dalla fine dei governi Draghi e Truss.

Pound fu un  poeta americano convinto, con un secolo di anticipo (insieme a Pannwitz, Spengler, Guénon, Eliot, Eliade, Toynbee  ed Evola), che la moderna civiltà occidentale, fondata sull’economia, avesse fatto il suo tempo, e che occorresse cercare ispirazione nelle culture medievali (come quelle dei Comuni italiani e della poesia cortese), e, ancor più, in quelle orientali (soprattutto quella cinese).

1.Il Confucianesimo oggi

Quando si chiedeva a Pound quale fosse la sua religione, egli rispondeva “Da Xue” (vale a dire il “Grande Insegnamento” confuciano). In campo estetico, egli fu un continuatore di Fenollosa, un altro Americano appassionato di letterature orientali (nel su caso, di quella giapponese, che, a suo dire, si prestava al poetare meglio delle lingue europee).

In campo poetico, fu sodale con Eliot, con cui compose “The Waste Land” (“La Terra Desolata”), che anticipa l’attuale visione della crisi ambientale e  del capitalismo della sorveglianza.

In campo politico, fu notoriamente impegnato a favore dell’Asse, e, per questo, soffrì pesanti persecuzioni nel suo Paese d’origine.

2.Le “Cento Scuole”

Quello per cui oggi può essere interessante rileggere Pound è, in primo luogo, la sua capacità e volontà di fare rivivere in Occidente la cultura cinese classica, che, ai suoi tempi, per quanto studiata dai “Nuovi Confuciani”, sembrava in declino nelle Due Cine (pensiamo allo slogan della Rivoluzione Culturale “Pi Kong, Pi Li”: “Criticate Confucio, criticate Lin Piao”).

Oggi, il ruolo, non solo del Confucianesimo, bensì di tutte le “Cento Scuole” cinesi è sempre più riconosciuto, per cominciare, dallo stesso Xi Jinping, sicché si pone urgentemente la questione di conoscerle, cosa ormai indispensabile per comprendere una contemporaneità in cui la Cina è centrale. Pensiamo all’ anticipazione della matematica booliana, su cui insistevano già il gesuita Bouvet, e poi Leibniz,  contenuta nell’ Yi Qing, che ne fanno il precursore dell’informatica. Pensiamo all’”Arte della Guerra” di Sun Zi, anticipatrice della “Guerra senza limiti” teorizzata dai generali cinesi (guerra culturale, digitale, propagandistica, tecnologica, economica, culturale, commerciale, come quella che si sta combattendo ora su tutti i fronti), e, in particolare, quello che sembrerebbe essere oggi l’ideale delle Grandi Potenze: “conquistare l’ecumene senza uccidere nessuno” .

3.Pound e la letteratura comparata

Al di là della Cina, Pound ha rivalutato molte culture europee, come quella provenzale, il Dolce Stil Nuovo, e, soprattutto, Cavalcanti e Dante, di cui volle essere un ideale continuatore già soltanto con la denominazione della sua opera, i Cantos.

Il “Caso Pound” ci pare essere un esempio avanzato di quel “comparatismo” che, secondo Nietzsche, avrebbe dovuto costituire la base del XX° Secolo, “die vergleichende Epoche”. Una gestione ragionevole del mondo devastato dalla 3a Guerra Mondiale (Papa Francesco) e dalle Macchine Intelligenti presuppone, a nostro avviso, una rafforzata cultura universale, al contempo umanistica e tecnica, ma, soprattutto linguistica (come quella di Pound e dei Ru cinesi a cui s’ispirava), per poter realizzare nei fatti quella “poliedricità” che è indispensabile per il dialogo interculturale (sempre Papa Francesco). A titolo di esempio, come comprendere Pound senza conoscere l’Inglese, il Latino, il Cinese classico, il Provenzale, l’Italiano e l’Italiano Medievale, di cui sono intessuti i Cantos?

4.La traduzione  letteraria nell’era del web

Alla perfezione crescente della traduzione automatica, che riduce la funzione dello studio delle lingue quale strumento di comunicazione pratica, fa riscontro un bisogno crescente di conoscere la filologia generale e comparata, nelle sue varie articolazioni e ramificazioni, ivi comprese la comparazione, la filologia storica, la retorica, la metrica, la terminologia. A titolo di esempio, per studiare Pound, non sarà più necessaria una  conoscenza approfondita delle lingue di cui sopra (ma chi l’ha mai avuta?), mentre, invece, sarà utile (e possibile) avere la sensibilità della struttura e della evoluzione delle lingue, in particolare del Cinese e dell’Occitano.

Lo stesso vale per l’Ebraico,  il Greco,  il Norreno, lo Slavo Ecclesiastico, che tanta parte hanno avuto  nell’ evoluzione culturale dell’ Europa, così pure come per l’Accadico, l’Arabo, il Persiano….

Nello stesso modo, non vi è praticamente soluzione migliore, per seguire le pirotecniche citazioni di cui i Cantos sono intessuti, che utilizzare al meglio le risorse della rete. Anche qui, tuttavia, si richiede oramai una base di competenze multiculturali di tutto rispetto, in quanto perfino su Wikipedia i contenuti relativi a temi così diversi come gli Analecta, le letterature greca, romana e medievale, così pure come la storia moderna e contemporanea, sono lacunose, frammentarie, criptiche, e, in ogni caso, poliglotte.

UNA GRANDE PAN-EUROPA, “TRENDSETTER” DELLA LOTTA CONTRO LA SOCIETA’ DEL CONTROLLO TOTALE

Commento agli articoli di Massimo Cacciari e di Vito Mancuso su “La Stampa” dell’11 Aprile 2022.

Come non condividere il disappunto di Massimo Cacciari per la mancata realizzazi+one delle promesse della Ostpolitik nel secolo scorso, che è sfociata nel suo opposto, l’attuale contrapposizione frontale fra Russia e “Occidente”? Chi può dirlo più di me, che ho dedicato parecchi anni della mia vita a tentare di realizzare investimenti europei in Europa Centrale e Orientale con l’obiettivo di realizzare una vera integrazione fra “i due polmoni” dell’ Europa?

Credo però che non ci si debba solo lamentare, bensì  che si richiedano quelle azioni concrete e immediate che invece l’”establishment” ha omesso da ben 40 anni.

1.Le ragioni di un fallimento

Il motivo ultimo  del  fallimento dell’ Europa, e, in particolare, della sua “Ostpolitik” è  un’innaturale l’interiorizzazione dell’antropologia americana, fondata su elementi estranei ed ostili all’ Europa: il millenarismo, il ressentissement verso il nostro Continente, il fondamentalismo e l’ipocrisia puritani, l’eccezionalismo, l’Impero Nascosto, l’esportazione della democrazia, la tecnocrazia,  il dominio della mediocrità, il “politicamente corretto”(cfr. Cotton Mather,il testamento politico di Washington, Emerson, Whitman, Rostow, Brzezinski, Huntington).

Prima dell’affermarsi dell’egemonia americana (cioè nella “Welt von Gestern” di Stefan Zweig), nell’atteggiamento mainstream  europeo (la “Patria Comune del Cuore”, ibidem)prevalevano il realismo di origine paolina, l’elitarismo, il pluralismo, l’egemonia delle culture classiche, la collaborazione fra le classi, il dibattito (e scontro) fra le concezioni del mondo (IIa Lettera ai Tessalonicesi, Machiavelli, Matteo Ricci, Montesquieu, i Grundrisse di Marx, la Paideia di Jaeger, i 9 partiti della 1a Repubblica italiana, il Modello Sociale Europeo).Non vi era ostilità nei confronti dell’ Europa Centrale e Orientale, ma, invece , la cultura mitteleuropea si era praticamente fusa con quella orientale (Leibniz, Diderot, Herder, De Maistre, Liszt, Pannwitz, Diaghilev, Gramsci, Stravinski, Malaparte…). Dopo l’imposizione anche  qui da noi del “politicamente corretto” americano, dominano oramai un moralismo da Esercito della Salvezza, l’esaltazione monocorde delle virtù dell’ America, lo strapotere dei GAFAM, il lassismo pedagogico, che, tutti insieme, portano diritto al “suicidio dell’Europa”(di cui vediamo già ora le non piccole nuove avvisaglie, nell’impotenza a fermare le stragi, nell’ autodistruttività delle cosiddette “sanzioni”, nell’ininterrotto declino economico, nel formarsi di gruppi contrapposti).

L’affermarsi di una tecnocrazia mondiale livellatrice (la “monotonizzazione del mondo”) l’aveva prevista sempre Zweig:”Lo spirito tecnico , che adesso agisce verso l’unità del mondo, è più un modo di pensare del genere umano che del singolo individuo. Questo spirito non ha patria, non ha linguaggio umano, pensa per formule, calcola in cifre, crea macchine, e queste macchine a loro volta – quasi contro il nostro volere – riplasmano noi uomini a sembianze esteriori sempre più simili.”

Una condotta coerente dell’Ostpolitik avrebbe richiesto invece come presupposto, fin dal 1985, una “politica del riconoscimento” delle diverse culture dell’Europa Orientale (come premessa, a sua volta, del riconoscimento del valore del resto del mondo). L’Europa da Lisbona a Vladivostok (voluta da de Gaulle e dalla destra francese e citata da Medvedev) è un territorio così vasto, che inevitabilmente comprende popoli molto diversi, dagli Jacuti (tirati impropriamente  in ballo per Buća) agli Yuppies londinesi, dai Tuvani (come il ministro russo Shojgu), agli Enarques come Macron, dai Ceceni agli Svizzeri, dai Cosacchi ai Napoletani, dai Turchi ai Tedeschi, dai Russi ai Polacchi…Orbene, non si può pensare, soprattutto in un momento storico dominato dall’equilibrio atomico, e, quindi, per definizione, molto teso e conflittuale, di riuscire a trovare, come giustamente richiede Cacciari, un sistema organico di accordi fra Est e Ovest, se non grazie al sommo rispetto e alla piena comprensione degli altri partners.

Questo atteggiamento di rispetto è stato sempre molto raro dovunque, ma particolarmente nell’ Europa Occidentale, caratterizzata dalle contrapposizioni “esistenziali” fra Greci/Romani  e barbari, Ebrei e Goim, Cristiani e Pagani, illuminati e arretrati, Occidentali e Orientali, “democrazie” e “autocraszie”…Pochi intellettuali e politici sono sfuggiti a queste schematiche contrapposizioni: Erodoto, Alessandro Magno, Tacito, Sant’Agostino, Wolfram von Eschenbach, Federico II, Matteo Ricci, Guénon, Saint-Exupéry, Simone Weil….In particolare, l’“Arroganza romano-germanica” (Trubeckoj) verso l’ Europa Orientale risale addirittura allo “Scisma d’Oriente”, si è rafforzata con l’arrivo degli Ottomani, è divenuta frenetica  contro la Santa Alleanza, e si è tramutata infine in maccartismo, russofobia ed islamofobia, saldandosi ora con il chiliasmo della “Fine della Storia” e della Singularity Tecnologica.

2.Il respingimento dell’Oriente e le relative reazioni

Il comportamento della politica europea “mainstream” è stato coerente, nella storia,  con questa impostazione conflittuale: la Guerra di Crimea, l’assalto alla Russia dopo la Ia Guerra Mondiale e al tempo dell’Asse; il rifiuto di ammettere l’URSS, e poi la Russia, nella NATO; la risposta di Prodi, secondo cui la Russia non potrebbe entrare nella UE “perché troppo grande”; le persecuzioni della Serbia e delle minoranze etniche russe; le sanzioni; la costruzione a tavolino  delle Rivoluzioni Colorate e dell’ Euromaidan secondo il manuale di Gene Sharp e agli ordini di Victoria Nuland; l’imposizione agli Europei orientali, prima di aderire alla UE, di far parte della NATO; le complicità con il colpo di Stato militare fomentato dall’America da Gülen…

L’atteggiamento della Russia, della Turchia  (e dell’Ungheria) è stato specularmente conflittuale: dall’alleanza con l’Occidente fino alla morte di Stalin, alla coesistenza pacifica andando da Khrusciov a Elcin, alla paziente sopportazione, fino al 2008, da parte di Putin, per passare alla sfida del 2014, e, nel caso di Erdogan, del 2017; ora, la guerra aperta della Russia (in realtà prima all’ America e alla NATO che non all’ Ucraina), come pure l’atteggiamento indipendente della Turchia e dell’ Ungheria nella crisi in corso.

Si è trattato di un eccesso di legittima difesa? Certamente Tuttavia, i comportamenti violenti e spesso paranoici di tutti i nostri vicini (Serbi e Russi, Turchi e islamici in generale) hanno tutti come minimo una loro ben precisa spiegazione storica, e non sono rivolti contro di noi, ma contro l’ America.

Nikolaj Trubeckoj, linguista eurasiatista

3.Che fare?

Purtroppo, sarà ben difficile, per l’Europa Occidentale, liberarsi da quel suo atteggiamento d’integralismo atlantico, fintantoché,  sul nostro territorio, stazioneranno centinaia di migliaia di soldati americani, e le comunicazioni sociali saranno totalmente controllate dai GAFAM e dalla NSA. Tuttavia, gl’intellettuali europei, e, in particolare, quelli che hanno il coraggio di sfidare, come Cacciari, almeno su qualche piccolo punto, il “Pensiero Unico”, avrebbero il dovere di non limitarsi alle loro continue lamentele, indicandoci anche una linea di azione concreta- prima, concettuale, e, poi, politica-.

Infatti, non è affatto vero che oramai, come afferma Cacciari, non si possa più fare nulla per la Ostpolitik. Intanto, si può e si deve riflettere sugli errori passati. Poi, si può studiare e dibattere, con l’obiettivo di definire un rapporto più paritario, che prescinda dall’ “Arroganza Romano-Germanica” verso i “Discendenti di Činggis Khan” (Trubeckoj), che non sono solo gli Slavi, ma anche i Turchi, gli Ungheresi e tutti coloro che li circondano.

Solo allora sarà possibile ripresentare, come auspica Cacciari e anche noi vorremmo, quel grandioso piano che avevano ideato Gorbaciov e Mitterrand nel 1989, e che oggi viene rimpianto con nostalgia dal Movimento Europeo: la Confederazione Europea, fra, da un lato, l’Unione Europea, e, dall’altro, un’Unione Eurasiatica. Un piano che oggi non può avere  come obiettivo quello di unire le nostre forze per fare avanzare, a livello mondiale, la lotta per la messa sotto controllo società delle macchine intelligenti: quel “crackdown sui BATX” che per ora solo la Cina  è riuscita a impostare vittoriosamente nei confronti delle stesse proprie multinazionali.

L’Unione Europea continua a ripetere che vuol essere il “Trendsetter del dibattito globale”, ma in realtà tiene il sacco ai GAFAM americani con i suoi paradisi fiscali, con la disapplicazione dell’ Antitrust, dell’ Internet Act e delle Sentenze Schrems, con l’outsourcing di tutte le attività delle Istituzioni a Microsoft, con l’egemonia dei GAFAM su GAIA-X e sui “cloud di Stato”, con il bando delle piattaforme russe…

Prendiamo atto che il Movimento Europeo difende questa impostazione, anche se non condividiamo l’idea che sia, a tal fine, necessario un “regime change” nel “Russkij Mir”. Ovvero, forse è proprio necessario, ma non più, e non prima,  di quanto lo sia in Europa Occidentale. Servono infatti idee assolutamente nuove, calibrate alle esigenze di un Umanesimo Digitale.

Shiva dà Pashupatastra
a Arjuna

4.Le logiche  dell’Ipermodernità portano alla distruzione dell’ Umanità

Se vi è un errore condiviso a Est e ad Ovest, questo è ignorare il centrale problema della distruttività della logica occidentale (Severino), girandovi continuamente intorno. Già fin dalla fine della IIa Guerra Mondiale, il più grande pericolo per il mondo veniva additato, da Horkheimer e Adorno,  con la loro “Dialettica dell’ Illuminismo”, nella Modernità; già per essi, il ritorno del mito (nel bene come nel male) era comunque  inevitabile.

Anche l’indipendenza dell’ India, nel 1947,  aveva dato un potente segnale di critica della cultura occidentale. Il vero pensiero di Gandhi a questo proposito è stato sfacciatamente deformato. Basti leggere il suo pamphlet in Gujarati “Hind Swaraj” (“L’Indipendenza dell’ India”), e il suo commento alla Bhagavad Gita, in cui delinea la sua critica allo spirito occidentale.

Fino dal 1962, il Club di Roma aveva avvertito contro la catastrofe ecologica, e, nel 1965, “Odissea nello Spazio” aveva ammonito contro la presa del potere da parte delle macchine intelligenti. Nel 1983, la vicenda del sistema OKO e del Tenente-Colonnello Petrov aveva dimostrato che l’equilibrio atomico non era adeguatamente garantito dai nuovi sistemi di controllo digitale.

Nel   1967 era stato firmato lo Outer Space Treaty, oggi desueto per via della militarizzazione dello spazio. Sulla base delle formulazioni di una Dichiarazione congiunta approvata  nel 1987, nel 1991 le superpotenze avevano adottato un trattato per la proibizione dei missili a medio raggio,  di cui ne vennero smaltiti quasi 2.700.Gli Usa, avevano lanciato le Guerre Stellari per distruggere l’URSS, e, negli anni successivi, avevano accusato più volte la Russia di avere violato l’accordo, sino all’autunno del 2018, quando il presidente Trump  ha annunciato il ritiro degli USA dal trattato. Dal 22 gennaio 2020 è entrato in vigore il Trattato ONU sul divieto di produrre, stoccare e testare le atomiche. Peccato che nessuno degli Stati nucleari, ivi compresa l’Italia, l’abbia firmato.

Tuttavia, l’assenza di adeguati trattati nucleari non costituisce neppure il massimo dei problemi. Nel frattempo, è proseguita la corsa all’ Intelligenza Artificiale, e i 165 codici di etica digitale approvati dagli Enti più diversi non sembrano, “prima facie” idonei a tenere sotto controllo la società delle macchine intelligenti. Si avvicina il momento della “Singularity Tecnologica”, o quanto meno il momento della presa del potere mondiale da parte dei guru dell’ informatica (Zuckerberg, Schmidt, Musk).

L’Europa, la più attiva nella produzione di norme in questo campo, mentre ne rivendica la leadership morale, è in realtà priva di qualsivoglia potere sull’ecosistema digitale e sull’arsenale nucleare detenuti dalle Grandi Potenze.

La Russia insiste sul fatto che, dopo il ripudio dei vari trattati sul disarmo da parte degli USA, e l’allargamento a Est della NATO, non esiste attualmente una soddisfacente architettura di sicurezza in Europa, per cui, nel 2021, aveva richiesto agli USA di negoziare sulla base di due bozze di trattato, che, respinte, sono state il “casus belli” per la guerra in Ucraina.

In realtà, il problema è ben più vasto, e dal punto di vista concettuale, e da quello geografico. Dal punto di vista concettuale, l’intero insieme di sviluppi dell’industria militare e duale (intelligenza artificiale, missili ipersonici, militarizzazione dello spazio), ci sta portando alla soglia della guerra nucleare. D’altro lato, i possibili punti di scontro non si limitano certo  all’ Europa Centrale, ma si estendono allo spazio, all’ Artico e al Mare della Cina, a cui gli USA vogliono estendere la NATO.

La pretesa degli USA di controllare il cosmo si fonde con le fantasie esoteriche di Kurzweil di “decidere che cosa fare dell’ Universo”.

Il vero fatto scatenante della guerra in Ucraina è però stato costituito dal temporaneo sorpasso, da parte di Russia e Cina, sugli Stati Uniti, nell’ area dei missili ipersonici, e dal parallelo sforzo, appena iniziato, da parte degli Stati Uniti, per recuperare la loro precedente superiorità tecnologica. Questo sforzo si sta traducendo nell’Unlimited Frontier Act, in discussione da tempo al Parlamento USA, ma oggetto di una violenta battaglia politica a causa del carattere eversivo del suo interventismo economico rispetto ai canoni tradizionali di un’economia di mercato, e ha generato una serie di documenti ufficiali americani che hanno addirittura reso pubblica questa temporanea debolezza, che soprattutto la Russia sta sfruttando per nulla velatamente.

Proprio i documenti americani hanno evidenziato una “finestra di opportunità” per eserciti avversari per colpire in questi anni.

Il Postumanesimo è una tentazione millenaria, che attraversa Oriente e Occidente. Anche l’attuale mondo missilistico è figlio più della cultura orientale (Cina, Mongolia, Turchia, Cosmismo, Bogostroitel’stvo) che di quella occidentale, dove fu “trapiantata” dal prigioniero von Braun, a sua volta discepolo occulto di Tsiolkowski. Invece, la logica cibernetica è figlia della cultura millenaristica americana, prendendo essa le mosse dalle “Conferenze Macy”. Il loro incontro ha generato la miscela esplosiva che si chiama “post-umanesimo” e l’attuale situazione di “Guerra Mondiale a pezzi”, come l’ha chiamata il Papa.

In pratica, si sta realizzando la profezia degl’inventori della Geopolitica (Mahan, Mackinder, Haushofer), della guerra fra la talassocrazia anglosassone (l’”America Mondo” di Valladao, l’”Impero Nascosto” di Immerhof, l’”Impero Sconosciuto” del Papa), e l’”Heartland” eurasiatico.

Di conseguenza, coloro i quali, come Quirico su “La Stampa” di ieri, ci trasmettono, giustamente, un’immagine feroce del futuro mondiale post-Ucraina, sbagliano, ma per difetto: si tratterà di gestire la “guerra al tempo delle macchine intelligenti” (de Landa), per la quale sarà inevitabile l’accentramento assoluto del comando, politico, economico e militare, come è stato fatto simultaneamente negli scorsi giorni in Russia e in Ucraina, e i robot assumeranno un potere sempre maggiore sotto il controllo, ma solo per ora per ora, dei rispettivi “comandanti in capo”.

Si richiede da subito una maggiore iniziativa da parte di tutti per la creazione di un nuovo sistema mondiale di sicurezza, basato su un umanesimo digitale condiviso a livello mondiale, su nuovi trattati internazionali e un sistema politico globale capace di conciliare il necessario coordinamento fra i popoli con le loro separate identità e con il loro pluralismo interno.

Sarebbe estremamente positivo se le auspicabili trattative per la fine della guerra in Ucraina si allargassero all’ intero spettro dei problemi aperti.

I cittadini di Istanbul difendono la Repubblica

5.L’Eurasia: perno dell’ umanesimo digitale

Come dimostrano i dibattiti in corso, solo gli “Stati Civiltà” si rivelano vocati ad occuparsi delle questioni dell’Umanesimo digitale, perché:

-solo grandi aggregati politici hanno le risorse per creare ecosistemi digitali completi, comprensivi di una cultura digitale, di una classe dirigente adeguata, di grandi reti autonome, di un complesso informatico-digitale e di una capacità negoziale a tutto tondo;

-incorporando, essi, nella loro stessa missione, la parola “civiltà”,  sono automaticamente portati a trasfondere, nello loro politiche, una forma di comprensione concettuale della storia: per esempio, per l’America, il messianismo immanente  dei guru dell’ informatica; per la Cina, una visione relativistica della governance mondiale, fondata sulla sua cultura sincretistica; per l’India, la continuità della concezione della tecnica al di là della faglia Modernità-Premodernità.

Tra parentesi, la  Singularity Tecnologica, nella sua versione distruttiva accennata da Kurzweil,  era stata già descritta, come Pashupatastra,  perfino nel Mahabharata:”Quell’ arma, lanciata da Mahadeva, può distruggere in un microistante (metà del battito di un ciglio) intero Universo, con tutto ciò ch’esso contiene. Nessuno, neppure Brahma, Visnu e le dee Lakshmi, Parvati e Sarasvati, è immune  dai suoi effetti ferali”

Infine l’Europa e il Ruskij Mir condividono la caratteristica di vivere una fase di transizine, in cui le loro identità sono tutt’altro che definite:

-Nel caso dell’Europa, l’ideologia “occidentale” le è stata imposta forzatemente. Come dice Alexander Rar,”gli  Americani le hanno asportato il cervello”, nel senso che essa continua a girare in tondo intorno a vecchie idee solo perché non è libera di cercarne altre (come dimostrano i casi di Olivetti e di Gorbaciov). In concreto, in Europa, l’establishment eterodiretto dai GAFAM, dalle lobbies globaliste, dall’ “America Mondo” ha ristretto la “Finestra di Overton” al punto di chiudersi in un “Pensiero unico”, sintesi del progressismo positivista e del moralismo puritano,  soffocando l’ampio spettro di tradizioni culturali che caratterizzavano l’ Europa e sostenevano la sua forma politica pluralistica tradizionale, impropriamente definita come “democratica” (lo sciamanesimo dei popoli delle steppe, il classicismo delle élites europee, i vari cristianesimi, ebraismi, islamismi, illuminismi, le varie  culture “nazionali” e “locali “ e  “di classe”,le diverse ideologie sette-ottocentesche…).

A sua volta,  nel Ruski Mir (allora, Impero Russo), abbiamo assistito, dall’ inizio del XX secolo, a un completo rovesciamento di fronti. A partire dalla scuola di partito bolscevica a Capri intorno a Gorkij,Lenin e Trockij, concentrata sul  “Bogostroitel’stvo”, la cultura russa (e ucraina) è passata, dal millenarismo dei primi Bolscevichi (come Lunačarskij, Bogdanov e Tatlin), al Socialismo reale, che tentava di conciliare il progressismo marxiano con le realtà nazionali e tradizionali, poi  a un nazional-comunismo spiritualista (come quello di Florenskij e di Gumiliov), fino ad approdare ora alla rivincita piena dell’ “anima russa” neo-zarista e cristiano-ortodossa.

Il nostro compito consiste proprio nell’ andare oltre a tutte queste posizioni di Est e  Ovest, riallacciandoci alle più profonde tradizioni europee: lo scetticismo della più antica filosofia greca (“sol sa chi sa che nulla sa”), le pedagogie classica e cristiana (Paideia, Askesis), la dottrina platonica e aristotelica delle costituzioni…In quelle tradizioni si riconoscono infatti  ambedue i filoni culturali sotterranei dominanti tanto dell’ Est (che si rifanno a Dostojevskij),  e quanto quelli dell’Ovest (che si rifanno a Nietzsche).

L’Europa deve smetterla di reagire pavlovianamente alle crisi indotte da altri, per divenire un soggetto attivo e creativo delle dialettiche mondiali.

I soldati di terracotta e l’unificazione dei popoli della Cina

6.Una ricerca senza limiti di frontiere.

Come si vede, dunque, nessun’area del mondo ha ancora maturato una strategia completa e definitiva per il controllo delle macchine intelligenti. A tutte manca, o la volontà politica, o la base culturale, o la forza tecnologica, o l’autonomia sociale, o la solidità politica. Inoltre, gli Stati Uniti, “santuario”, per volontà dei GAFAM, del progetto post-umano, stanno organizzando una militarizzazione universale, a Est, a Ovest, nello spazio e nell’ Artico (le nuove “Guerre stellari”), proprio per impedire quella messa sotto controllo, che frustrerebbe la loro alleanza con i GAFAM. S’impongono pesanti sforzi, tanto nazionali, quanto internazionali, per contrastare questa militarizzazione dell’ Universo.

Essi si dovrebbero indirizzare verso le direzioni seguenti:

-comprensione culturale delle trasformazioni in corso (l’”Era delle Macchine Intelligenti”);

-recupero delle basi antropologiche necessarie (le culture dell’ Epoca Assiale);

-trasformazione della società nel senso dell’ umanesimo digitale (paideia, askesis);

-rafforzamento dell’ecosistema digitale europeo (la cosiddetta “Sovranità digitale”);

-una strategia tempificata, che vada oltre l’attuale “Bussola Digitale” della UE, assolutamente inadeguata alle dimensioni della sfida;

-collegamento fra la trasformazione interna e le relazioni esterne(superamento dell’ attuale fallimentare PESC);

-riforma giuridica interna ed esterna (nuova Costituzione Europea; Organizzazione Internazionale per il Principio di Precauzione);

-educazione continentale (Accademia Europea).

Se l’ Europa vuole essere, come essa pretenderebbe, il “trendsetter del dibattito mondiale”, bene, si accomodi, troverà il suo bel daffare.

Ne avrebbe tutte le basi culturali (Ippocrate, Socrate, San Paolo, Matteo Ricci, Cartesio, Pascal, Hume, Leopardi, Foscolo, Nietzsche, Jaeger, Saint-Exupéry…), geopolitiche (la sua prossimità ad aree importanti come America, Russia, Medio Oriente), le sue dimensioni demografiche (più di 500 milioni), giuridiche (l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa, l’OCSE).

Deve solo eliminare due “palle al piede”:il pensiero unico e l’ occupazione americana.

Come tutto ciò possa avvenire è, a oggi, difficilmente discernibile, anche perché, apparentemente, tanto l’indottrinamento del “Pensiero Unico”, quanto l’occupazione americana, stanno procedendo a ritmo di corsa. Tuttavia, la situazione, per lo meno, di confusione, che si è creata per effetto della guerra in Ucraina, sta rimescolando i vari fronti (la NATO, la destra, la sinistra) ponendo le condizioni preliminari per l’affermazione di direzioni di tipo nuovo, quali quelle a cui sopra accennavamo. Il fatto stesso che tutti riconoscano che gli equilibri preesistenti non possono essere ricostituiti costituisce già un importante punto di partenza.

Ma anche la divisione fra un fronte settentrionale (Inghilterra, Scandinavia e Intermarium) e di un fronte centro-meridionale (Francia, Germania, Serbia, Ungheria), farebbe sperare alla possibilità di spezzare l’unanimismo filo-atlantico.La Francia, e soprattutto la Germania, se messe di fronte alla loro economia dal blocco del gas russo, non potranno che prendere le distanze dal diktat americano, che ha come obiettivo precisamente la distruzione del concorrente europeo.

In tutto questo, il Russkij Mir giocherà comunque un ruolo centrale, sia che la leadership putiniana continui il suo progetto (con maggiore o minore efficacia), sia che in Russia emerga una nuova leadership (che per ora non si vede, e di cui è quindi impossibile prevedere i piani). In ogni caso, è temeraria l’idea americana che si possano ovunque realizzare progetti di esportazione violenta della democrazia come quella della Germania postbellica. Infatti, abbattuti i Talibani, questi sono ritornati più forti che mai. Abbattuto Saddam Hussein, sono arrivati gli Sciiti. Abbattuto Gheddafi, sono arrivati i Turchi e i Russi…Ucraina e Bielorussia sono anch’essi culle di “uomini forti”, che aspirano a guidare, in un modo o nell’ altro, il Russkij Mir, contrapponendolo all’ Occidente.

Tuttavia, la vera carta vincente sarebbe la “fusion” fra l’Europa e Russkij Mir, in uno “Stato Civiltà” sui generis (La Confederazione Europea), ispirato al tradizionale  particolarismo europeo, esaltato da Ippocrate e Strabone, Dante e Machiavelli, Althusius e Proudhon, Alexandre Marc e Jovan Djordjevich.In tutto questo, l’Ucraina avrebbe un ruolo centrale, trovandosi essa al centro geografico dell’ Europa continentale, e raccogliendo essa le vestigia culturali di molte delle più antiche civiltà.

La tentazione russa di unificare l’ Eurasia con il ferro e con il fuoco, sul modello bismarckiano, provocata dall’ espansionismo americano, è oggi più forte che mai. Dopo tutto, all’ Europa, per potersi chiamare “Stato Civiltà”, erano mancati a suo tempo , a causa del suo radicatissimo pluralismo, un Qin Shi Huang Di o un Ashoka. Anche Bismarck aveva scelto, in ultima analisi, di preservare fino all’ eccesso il pluralismo germanico, nel II Reich, in Austria Ungheria e nell’ Europa Orientale.

Come si potrebbe verificare, in fine una vera “fusione statuale” dell’ Europa? Il caso ucraino non lascia ben sperare sotto questo punto di vista.

Horkheimer, i primi critici della Modernità dopo la IIa Guerra Mondiale

7.Ripudiamo le Retoriche dell’Idea di Europa

I fatti hanno dimostrato che , nell’ attuale crisi ucraina, tutte le pretese “armi” dell’ Europa sono spuntate.

La difesa della pace da parte del Papa si è scontrata con la missione della Russia quale interpretata dal Patriarcato di Mosca, ma anche con il nazionalismo religioso del Governo ucraino e del Patriarca di Kiev.

La NATO è più che mai dominata dall’ agenda americana, e la Politica Estera e di Difesa si riduce a una sola persona, Borrell. Macron, oltre a dover ancora essere rieletto, è già stato liquidato da Putin come privo dei mandati necessari di UE e NATO. Steinmeier è stato declassificato da Zelenski a “potere ostile”.

La UE non ha una sua forza missilistico-nucleare, bensì solo bombe americane sui suoi aerei, e la Force de Frappe della Francia, agli ordini esclusivi del presidente pro-tempore di quest’ultima. Non ha neppure un proprio ecosistema digitale, bensì è controllata dai GAFAM e dalla NSA.

La sua posizione nei confronti dei fornitori di energia (Russia, ma anche Ucraina, Azerbaidjan, Algeria, Libia, Stati Uniti, Medio Oriente) è così subalterna che ogni mossa ch’essa faccia (sanzioni, embargo, messa in concorrenza dei fornitori) si è tradotta in un intollerabile aggravio di costi, in un ulteriore guadagno da parte di tutti i fornitori e in un’ulteriore dipendenza verso America, Russia e Cina.

I risultati di tutte queste debolezze si vedono. Tutti i tentativi d’intervento pacificatore sulla Russia, da parte di tutte le Autorità competenti, sono falliti, e l’Europa è divenuta perfino il capro espiatorio di Zelenski e di Biden.

Se non vuole veramente sparire, l’Europa deve darsi “una spina dorsale”, e questo può venire, proprio per la sua situazione disperata, solo dalla cultura. Innanzitutto, l’Europa deve ripudiare come suicide le “Retoriche dell’ idea di Europa” che sono state fino ad ora dominanti perchè sostenevano il nostro ruolo di succubi di Washington, e che hanno trovato una bella sintesi nell’ articolo di Vito Mancuso “Sacramenti e identità sessuale”.

Che c’entra Mancuso con la geopolitica? Lo dice lui stesso:”Vi è a mio avvio la convergenza di geopolitica e biopolitica……””. La questione nella sua essenza è la medesima, è quella che divide da un lato l’autodeterminazione nel nome della libertà e della sua irriducibile singolarità, e dall’altro la determinazione imposta dalla biologia o dalla tradizione. Che si tratti di un popolo o di un individuo, di geopolitica o di biopolitica, in entrambi i casi la sostanza è rappresentata dallo scontro tra cultura e natura, tra libertà e obbedienza, tra soggetto e istituzione, e dal decidere quale dei due poli abbia più valore. All’autodeterminazione di un popolo che non accetta più il secolare vassallaggio nei confronti di un altro popolo cui lungo i secoli la geopolitica l’aveva consegnato, corrisponde l’autodeterminazione di un singolo che non accetta l’altrettanto pesante vassallaggio cui la biologia da un lato e il costume sociale dall’altro l’avevano a loro volta consegnato. E nel nome dell’autodeterminazione, ovvero della libertà, un popolo e un singolo, il primo a livello geopolitico, il secondo a livello biopolitico, iniziano la loro marcia di liberazione …”

E’, in sostanza,  quella dipendenza del “romanticismo politico” (Carl Schmidt), basato sul “sapere aude” kantiano, denunziata come distruttiva nel  classico saggio “Nationalism” di Elie Kadurie: l’”autoaffermazione”(“Selbstbehauptung”) quale rifiuto della tradizione, che si traduce, oggi, nella subalternità al potere anonimo delle macchine intelligenti. Una tendenza storica sopravvalutata dagl’ ipermodernisti, ansiosi di darsi un “pedigree”, per quanto discutibile. Per esempio, è del tutto falso che il suo iniziatore fosse stato, come afferma Mancuso,  Lutero, che, anzi, fu un feroce avversario delle tendenze anarchiche, per esempio,  degli Anabattisti. Il suo “sola scriptura” non era un invito all’anarchismo, bensì alla tradizione.

La retorica individualistica dell’auto-affermazione costituisce in realtà uno strumento propagandistico del Complesso Informatico-Militare per spianare la strada al post-umanesimo. Gli uomini ridotti a monadi desideranti, aiutati dalla tecnica a trascendere la loro specificità, stanno diventando poco più di un database per il complesso informatico-digitale, che sta creando un’umanità artificiale.  Quel Complesso Informatico- Militare che governa la Mutua Distruzione Assicurata, i Database, le interferenze nelle elezioni, l’espansionismo americano, la cybersecurity, le fake news, i social networks, fino alla vita quotidiana,  mascherandosi  sotto l’etichetta  di “Occidente”. L’ipocrisia puritana copre, con il nome di “patria delle libertà”, la tirannide centralizzatrice dei GAFAM e della NSA.

E’ chiaro che, se l’Europa vuole avere un suo ruolo nel mondo, non può continuare ad essere assoggettata al 100% a questa mostruosa entità, ma deve cercare, come minimo, di separarsi da essa, per esempio, con gli strumenti utilizzati finora dalla Cina (il “crackdown sui giganti del web”).

E, a monte, deve domandarsi realisticamente che, contrariamente a quanto sostenuto dai sedicenti “ingenui” (ma in realtà bugiardi) zelatori della Pace Perpetua, come scrive Corrado Augias, “chi siamo noi per presumere che l’eterna legge del conflitto valida per tutte le passate generazioni non valga anche per la nostra?”

Certo, un compito di difficoltà diabolica. Eppure, solo allora saremmo in grado di difendere noi stessi e l’Umanità intera contro l’onnipotenza dell’Impero Mondiale.

CONTRO I RISCHI ESISTENZIALI DEL XXI SECOLO: COSTRUIRE UN MONDO POLIEDRICO

La costernazione generale dell’establishment per il fatto che gli Stati Uniti abbiano rimpatriato le proprie truppe dall’ Afghanistan ha fatto perdere di vista un aspetto ben più vasto e generalizzato: che, nonostante gli USA abbiano proprie basi militari in tutto il mondo, al punto da ricomprendere, appunto, il mondo intero nelle proprie regioni militari (da cui non è esclusa alcuna parte del globo), essi non coincidono affatto (come giustamente rilevato da Giovanni Paolo II), con le Nazioni Unite, bensì sono solo un “impero nascosto”(Immerwahr) non riconosciuto da nessuno, e la cui effettività è tutt’altro che assodata, ma, anzi, è contestata un po’ da tutti.

Come ha scritto giustamente Cacciari su l’Espresso, “abbiamo affrontato  le crisi medio-orientali e la tragedia afghana alla luce di un bagaglio ormai confuso di idee di democrazia, di costituzione, di procedure parlamentari, distinguendo le forze in campo in base alla  loro distanza dai nostri ’valori’”.

Peccato che poi anche il nostro filosofo dimostri una confusione ancor maggiore là dove parla di “egemonia esercitata (anche attraverso l’ URSS!) da oltre due millenni”. Ma quando mai, l’ “Occidente” ha esercitato un’egemonia sul resto del mondo   prima dell’Ottocento? Ai tempi degl’ Imperi Persiano, Maurya, Han, Tang, islamico, mongolo, ottomano, Qing? A quelli di Buddha, Confucio, Ashoka, Maometto, Averroè, Avicenna, Chinggis Khan, Marco Polo, Akbar?

La pretesa egemonia occidentale, e l’idea stessa di “Occidente” nascono solo con le violente aggressioni contro l’ Algeria, la Cina e l’ India del secolo 19°. Prima di Condorcet, Saint-Simon, Hegel, Marx, Hugo, Mazzini e Kipling, nessuno aveva mai pensato ad un’”egemonia occidentale” nel mondo, dato che gl’imperi cinese, russo e ottomano erano i più estesi, i più ricchi e i più colti, tant’è vero che il Cristianesimo, l’Islam, la Via della Seta, le scoperte tecniche e scientifiche, erano venuti dall’Oriente fino a un paio di secoli fa. D’altra parte, Kircher, Fresnais, Leibniz, Voltaire, Federico II, prendevano a modello la Cina, e Schopenhauer, Blavatskij e Guénon, l’India. Mentre gli Utopisti e Marx si sforzavano di comprendere come potesse essere fatta una società socialista, i Taiping l’avevano già realizzata.

Dirò di più. Il fatto d’ignorare l’influenza dello zoroastrismo, del buddhismo, dei popoli delle steppe, delle culture islamiche, di quelle siniche tramite i Gesuiti, del Sarmatismo e dell’ Eurasiatismo, sulla storia e sulla cultura europee (per esempio, sull’Ellenismo, su Roma, sul Cristianesimo, sul  Rinascimento e l’ Illuminismo, su concetti costituzionali come “dispotismo illuminato” e “Stato Minimo”), impedisce agl’intellettuali “mainstream” di cogliere l’essenza stessa della storia europea, che è stata da sempre parte integrante di una dialettica mondiale, e, in particolare, eurasiatica.

L’incapacità di comprendere il “Socialismo con caratteristiche cinesi”, la “Sovranità Digitale” e  gli “Stati-Civiltà” c’impedisce poi anche di capire dove stia andando la politica contemporanea.

Il periodo di egemonia occidentale non è durato neppure 200 anni. La sua fine, evidenziata in modo spettacolare dai fatti di Kabul, fa intendere anche ai più ottusi che l’enorme castello di finzioni su cui si fondava il preteso “Ordine Mondiale” era basato su un sistema quasi insuperabile di equivoci: presunta vittoria del “materialismo volgare”, quando l’informatica e la quantistica hanno dimostrato in modo plastico la dematerializzazione del mondo; presunta insuperabilità degli “Stati Nazionali”, della Costituzione americana,  dell’ordinamento europeo….

Carro da guerra della cultura di Sintashta

1.Il vero quadro geopolitico odierno

A oggi, esistono, nel mondo, almeno 11 diversi centri di aggregazione geopolitica, di cui 10 non si riconoscono nella pretesa egemonica, ma neppure nella cultura, dell’ America, e, quindi, dell’ “Occidente”.

L’importanza di questi centri tende ad accrescersi soprattutto per via dell’inaudita concentrazione di potere generata dal web, che ha fatto sì che le sorti del mondo vengano decise sempre più in soli 2-3 centri operativi, condivisi fra guru del web e servizi segreti, di  quei Paesi.

Ne consegue che le diverse civiltà del mondo sono vieppiù costrette, se non vogliono essere schiacciate, a dotarsi di organismi statali e industriali giganteschi, capaci di padroneggiare la balcanizzazione del Web. Questa è la vera ragione del fascino esercitato dalla Cina, l’unico Paese che abbia, nel contempo, una popolazione di più di un miliardo di abitanti e un’industria del web fiorente e completamente autonoma.

Tutti i sub-continenti del mondo dovrebbero organizzarsi in Stati-Civiltà come la Cina, detentori del potere culturale, digitale e militare, delegando ad Entità minori (Euroregioni, Repubbliche, Emirati), le questioni di minore impatto, come le politiche economiche e sociali. Anche la questione della democrazia  si comprende solo se si ragiona in relazione ai diversi livelli di governance. E’ chiaro che Biden e Ji Xinping non decidono democraticamente le questioni della pace e della guerra, e se ne vedono le conseguenze. Trump e  Biden non hanno consultato, sull’ Afghanistan, nemmeno gli alleati (e neppure l’opposizione americana). Certo, si possono, e si devono, decidere in modo democratico e partecipato  il bilancio, la programmazione territoriale, l’urbanistica, a livelli inferiori come quelli macroregionali, nazionali, euroregionali, regionali, provinciali, cittadino e di quartiere.

Tentiamo di riassumere  la situazione attraverso la tabella seguente:

nomi delle grandi aree del mondo e Teorici più rappresentativiNumero di abitantiCaratteristiche essenzialiMaggiori divergenze dall’ “Occidente”
1.Anglosfera (Huntington)400 milioni (USA; UK, Canzus)Materialismo Puritanesimo Democrazia Millenarismo 
2.Europa Occidentale (Koudenhove-Kalergi, Spinelli)350 milioni(Iberia, Francia,Scandinavia, Benelux,Germania DSvizzera, Austria, , Italia, Lituania)Pluralismo Elitarismo ComunitarismoMito della cultura “alta” Interventismo statale
3.Europa Orientale (Gumiliov, figlio di Anna Ahmatova)250 milioni (Slavi Orientali, “16+1”,CaucasoParticolarismo Passionalità ComunitarismoOrgoglio Gerarchia
4.Grande Medio Oriente  (Ibn Haldun)1.400 milioni (Turcofonia, mondo iranico, Lega Araba, Sahil, Corno d’Africa, Pakistan, Bangladesh, Asia Centrale, Indonesia)Religiosità Particolarismo PassionalitàAutoritarismo Machismo
5. Subcontinente indiano (Gandhi)1.400 milioni:India, Nepal, Sri LankaReligiosità Particolarismo CasteRaffinatezza Partito forte di governo
6.Cina (Zhang WeiWei, Bell)1.400 milioniSincretismo Tradizionalismo SocialismoPartito comunista Coordinamento centrale
7.Asia-Pacifico (Shiratori)700 milioni (Corea,Giappone, ASEAN,PolinesiaParticolarismo Autoritarismo Laboriosità  Pluralità di Stati  
8.Africa Subsahariana (Senghor)1.100 milioniParticolarismo Tribalismo Primitivismo“Black Privilege Tradizionalismo
9.America Latina (Urarte, inventore della “Patria Grande”)650 milioniParticolarismo Tradizionalismo SolidarismoPluralità di Stati Antimodernismo
10.Israele (Eisenstadt,autore di “Civiltà Ebraica”)10 milioniStato confessionale Costituzione parlamentare Ruolo centrale dell’ esercitoIntellettualismo Clericalismo   
11.Roccaforti comuniste200: Corea del Nord, Vietnam, Cuba, Venezuela)Dittatura Di partito Coordinamento centrale Isolamento intenazionaleRifiuto democrazia parlamentare Egualitarismo

Da questo semplice schizzo, si capisce quanto siano, ancor oggi, diverse le varie società del mondo, e quanto poco realistica sia la pretesa degli Americani (e di parte degli Europei) di voler trasformare tutte le altre parti del globo per adeguarle ai gusti di un’esigua maggioranza, che non raggiunge neppure l’1/% della popolazione mondiale (la “Società dell’ 1%”), con il cosiddetto “processo di Nation Building”, sul modello degli USA, della Grecia, dell’Italia, di Israele, dell’ India, del Pakistan, che, oltre ad essere obsoleto, è anche normalmente sanguinoso).

La civiltà del Gandhara

2.L’atteggiamento autenticamente “universalistico” .

Contrariamente alla retorica “mainsteam”, un autentico universalismo non potrebbe avere la pretesa di annientare le differenze culturali, bensì dovrebbe puntare a trovare ciò che unisce, senza sacrificare ciò che divide.

A questo punto, perché mai stupirsi se la pretesa del “Nation Building” all’ americana sia stata rifiutata nel modo più reciso dall’ Afghanistan, che aveva già respinto precedenti i tentativi di annessione, prima, nel Raj anglo-indiano (la celeberrima battaglia del Khyber Pass), poi, nel blocco sovietico? Con ciò, l’ Afghanistan ha dimostrato nei fatti di essere già non solo una nazione, ma addirittura uno Stato Civiltà, con un’identità culturale, una coesione politica e una volontà di libertà molto superiore a quelle della maggior parte dei Paesi del mondo.

Inoltre, l’Afghanistan appartiene, per cultura, per organizzazione sociale e per costumi, all’area medio-orientale: Islam, alfabeto arabo, abbigliamento, tribù…Ciò che costituisce il vero anacronismo del Medio Oriente nell’attuale società globalizzata (cfr. supra), è la sua tradizionale  frammentazione  confessionale, etnica e linguistica. Questa fa sì che inevitabilmente sorgano senza sosta movimenti rivoluzionari panislamici miranti alla costituzione in Medio Oriente di uno Stato-Civiltà delle dimensioni della Cina, dell’ India o dell’ Europa. In questo senso, il movimento dei Taliban non si distingue dal panarabismo, dal panislamismo, dalle internazionali Shi’ita e Wahabita, da al-Qaida, dall’Isis e perfino  dall’idea americana del Grande Medio Oriente. E’ quindi normale che un movimento indipendentista medio-orientale sia anche sovranista ed espansionista, e che, per questa ragione, sia condannato a scontrarsi con i sovranismi americano, europeo, israeliano, indiano e cinese, con punti di attrito quali le “guerre umanitarie”, il Sahel, la Palestina, il Caucaso, il Kashmir e il XinJiang. Nello stesso modo, il latino-americanismo si scontra con l’americanismo yankee a Cuba e in Venezuela, così come il sovranismo russo si scontra con quello europeo occidentale in Ucraina. E’ infatti impossibile stabilire in modo “obiettivo” se territori “di confine”, come l’Ucraina, la Somalia o il Kashmir appartengano all’ una o all’ altra area civilizzatoria. Eppure, de non altro per banali motivi organizzativi, questa questione va decisa. Inoltre, giacché un possibile Stato Civiltà medio-orientale sarebbe grande come la Cina, e molto più grande dell’ Europa e dell’ America, è del tutto spiegabile perché le attuali grandi potenze vogliano impedirne la nascita in ogni modo.

Infine, l’ Afghanistan è una delle aree del mondo di più antica civilizzazione. Basti ricordare che questa fu l’area attraversata dalle migrazioni indoeuropee verso l’ India (la “Cultura di Sintashta”, del 2000 a.C., D. W. Anthony, The Sintashta Genesis: The Roles of Climate Change, Warfare, and Long-Distance Trade, in B. Hanks e K. Linduff (a cura di), Social Complexity in Prehistoric Eurasia: Monuments, Metals, and Mobility, Cambridge University Press, 2009, pp. 47–73), tanto che, anticamente, esso fu chiamato semplicemente “Aria”, in quanto possibile patria originaria dei popoli indoeuropei; ch’ essa fu il centro degl’imperi del Gandhara ,macedone, Maurya e dei Khushana, e un centro importante d’irradiazione, prima, del Buddhismo, e, poi, dell’ Islam, e, infine, il baricentro degl’imperi Ghaznavide e Ghuride….Perciò, nonostante che gli Afghani a noi appaiano oggi miseri ed arretrati, essi si considerano giustamente i discendenti di quegli antichi popoli guerrieri, simili ai Greci e agli Sciti delle Guerre Persiane. I quali  avevano anch’essi costumi durissimi proprio per il carattere militare delle loro società (schiavitù, “agogé”, maschilismo…).

Essi si considerano anche tutt’altro che incolti, visto che la loro stessa autodefinizione fa riferimento al loro carattere di “studiosi”. La parola persiana “Taliban”, dall’Arabo “Talibuni” (participio presente plurale di “talaba”, “cercare”), significa “ricercatori”, e, per antonomasia, ricercatori della verità attraverso lo studio della teologia islamica. Del resto, l’Afghanistan ha dato i natali a intellettuali di valore universale, come Jalal ad-Din Rumi.

Difficilmente gli Afgani avrebbero potuto, dunque,  accettare di essere assoggettati a un potere lontano e così diverso…I loro stessi costumi estremamente aspri (si pensi alla questione del burqa) si spiegano in gran parte con lo stato di guerra permanente a cui sono stati sottoposti da secoli dai loro vicini, che non hanno mai esitato, per esempio, a rapire le loro donne, come facevano per esempio in modo sistematico i Mongoli.

Su questo, perfino i vari commentatori “mainstream”, di solito così offuscati da comportamenti ideologici viscerali, sono oramai completamente allineati: la motivazione emotiva, religiosa, filosofica o anche solo patriottica dei Talibani, è risultata più forte di qualunque apparato militare burocratizzato. E, soprattutto, l’inaudita “coalition of the willing” raccolta da Bush con l’avallo dell’ ONU era incredibilmente sconclusionata: l’ONU aveva votato in spregio della sua missione; gli USA perseguivano interessi concreti inconfessabili (spirito di vendetta alla cow-boy, boicottaggio della Via della Seta); la NATO stava operando in netto contrasto con il proprio statuto; l’Europa andava in guerra solo per servilismo, e l’”esercito regolare” afghano ha  semplicemente frodato gli Occidentali spillando aiuti enormi senza fare assolutamente nulla.

In particolare, l’ Europa ha violato grossolanamente la sua pur traballante dottrina di Politica Estera e di Difesa, secondo cui, diversamente dagli Stati Uniti, l’ Europa rifiuterebbe l’idea di esportare la democrazia con le armi, come invece si è tentato di fare in Afghanistan almeno a partire dalla morte di Bin Laden, quando si è cambiata senza alcuna motivazione la giustificazione originaria dell’ invasione: dalla cattura di Bin Laden stesso, alla “costruzione di uno Stato democratico”

Era quindi impensabile che quest’enorme Armata Brancaleone potesse sostenere l’attacco del piccolo, ma motivato (e, diciamolo pure, eroico) esercito talibano.

Gli Occidentali hanno cercato di conquistare l’Afghanistan
dal 1800

3.Le incredibili oscillazioni negli atteggiamenti verso i Talibani

Le grandi potenze hanno trattato dunque l’Afghanistan come una lontana provincia da assoggettare ai loro conflitti geopolitici e ideologici, senz’alcun rispetto per la libertà di scelta di quel popolo e per l’antichità della sua civiltà.

E’ così che il fiero popolo afghano è stato in guerra da ben 40 anni contro due diversi occupanti a lor modo “occidentali”: i Sovietici e gli Americani. Fra i motivi del crollo dell’ Unione Sovietica ci fu quasi sicuramente lo smacco subito in Afghanistan, con la conseguente perdita di credibilità dell’ URSS, che si sciolse pochi anni dopo. E’possibilissimo che la stessa cosa accada ora all’ America, visto il repentino cambiamento di atteggiamento di molti politici, non solo islamici, in genere allineati con gli USA. Basti pensare ai nostri Conte e Di Maio, passati, dall’entusiasmo per la Cina ai tempi del MOU, di Geraci e di Tria, al blocco degli accordi con la Huawei, e ora nuovamente ansiosi di dialogare con Cina, Russia, Turchia e Talibani. Basti pensare alla Merkel e a Draghi, ora tutti attenti a coinvolgere Russia e Cina.

Questo zig-zag è tutt’altro che nuovo. La rivolta dei Talibani non avrebbe potuto neppure nascere senza l’appoggio della Casa reale saudita, delle grandi famiglie arabe (come i Bin Laden)  del Governo pachistano, e, soprattutto, di quello americano. Addirittura, quando i Talibani  avevano cacciato i Sovietici, gli Americani avevano sperato per molto tempo ch’essi riuscissero ad infiltrare l’Iran, le Repubbliche ex sovietiche e perfino il Xin Jiang cinese.

Fu solo quando, nel 2001, al-Qaida colpì le Torri Gemelle e diede ospitalità a Bin Laden, che improvvisamente i Taliban divennero il nemico numero uno e gli Usa attaccarono frontalmente il Paese, costringendo una ventina di Paesi (compresa l’ Italia) a partecipare a una colossale guerra di occupazione, con i pretesto di catturare Bin Laden. In realtà, come si vide molti anni dopo, Bin Laden si trovava, non già in Afghanistan, bensì in Pakistan, protetto dai servizi segreti di quel Paese, dove egli venne ucciso dagli Americani senza processo e con i suoi familiari.

Dopo di che, l’America, anziché scusarsi per l’enorme danno provocato all’ Afghanistan occupandolo senza alcun motivo, rimase ancora per un decennio nel Paese, con il nuovo pretesto del “Nation Building”, cioè di trasformare quel Paese agricolo, particolaristico e guerriero, in un Paese moderno di stampo occidentale (cosa che tra l’altro aveva già tentato inutilmente l’ Unione Sovietica).

In realtà, l’obiettivo dell’ occupazione dell’ Afghanistan era quello di avviare il “Pivot to Asia” lanciato da Obama, cioè di circondare Russia e Cina con una catena di Stati dipendenti dagli USA, come Turchia, Kurdistan, Afghanistan, Mongolia, Corea del Sud, Giappone, Taiwan e Vietnam, possibilmente aggiungendovi, grazie all’ ETIM, organizzazione terroristica uighura, anche il Xinjiang. Tra ‘altro, c’ è una singolare concomitanza fra la presa di Kabul da parte dei Taliban e lo stop della campagna mediatica anglo-americana sugli Uighuri.

Fu in quel contesto che Hilary Clinton aveva lanciato l’idea della “Nuova Via della Seta”, che avrebbe dovuto collegare tutti questi nuovi alleati, per disgregare quel blocco di Stati che s’identificano nell’ Organizzazione di Cooperazione di Shanghai.

Come si sa, quest’obiettivo non era poi riuscito proprio per il perdurare delle guerre in Kurdistan, Siria, Nagorno-Karabagh e Afghanistan, e per lo scarso impegno profuso nel progetto dall’ America, poco interessata allo sviluppo di quei territori, naturalmente parte di un mondo eurasiatico potenzialmente concorrente.

Questa contraddizione dell’ America era stata subito rilevata dalla Cina, ben più interessata allo sviluppo socio-economico di tutta l’ Eurasia, la quale ha ripreso subito, con il discorso di Xi Jinping ad Astana nel 2013, l’idea della nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative), investendovi fin da subito tutto quanto necessario. Restava ancora la spina nel fianco, ora eliminata, dell’Afghanistan, così come sono cessate le ostilità In Siria, Kurdistan e Nagorno-Karabagh. La Belt and Road Initiative potrà così svilupparsi indisturbata, come avevamo previsto in un nostro post di qualche mese fa.

La città di Arkaim è la meglio conservata nella Cultura di Sintashta

4.Un nuovo generale ripensamento

Il dissolversi in pochissimi giorni dell’ esercito afghano filo-occidentale, creato e sostenuto per 20 anni dalla coalizione occidentale, e l’incapacità della NATO di portare in salvo almeno i propri cittadini e le proprie armi segrete, se non anche i collaboratori locali, ha provocato dunque un po’ in tutti un’accelerazione di quel distanziamento dagli USA che, prima, era stato solo abbozzato.

 In un mondo di opportunisti, di fronte alla debolezza degli USA, si cerca appoggio altrove. Inoltre, l’eterno, e sempre inconcludente, appello alla Politica Estera e di Difesa Comune europea si fa sempre pressante. E, tuttavia, in questi 70 anni non sono mai stati sciolti i nodi di base della Politica Europea Comune: mancanza (voluta) di un’Identità europea autentica; mancanza di un “Commander -in-Chief” per le emergenze; timore reverenziale verso gli USA, il vero “rivale sistemico” dell’ Europa; mancanza di motivazione dell’opinione pubblica, delle classi dirigenti e del ceto militare.

La realtà è che un’ Europa concepita come l’ultimo avatar del millenarismo immanentistico non è in grado di difendersi dal fondamentalismo, né da quello islamico, né da quello americano, né da quello  di altri Paesi, perché è essa stessa l’erede di correnti minoritarie fondamentalistiche (estranee al “mainstream” europeo): i Pauliciani, i Catari, gli Anabattisti, i “democratici radicali”, i cosmisti, i futuristi, i trockisti,  sempre sconfitte nella storia europea, a seconda del momento,  dalle Monarchie Nazionali, dalla Chiesa cattolica, dai Luterani, dai liberali, perfino dai bolscevichi…

Di conseguenza, quando gl’islamisti, ma anche gli Americani, rivendicano le ragioni astratte ed estremistiche delle loro lotte, le élites europee non osano opporvisi, perché condividono esse stesse lo stesso paradigma: “ritorno” attraverso la lotta politica allo stato originario di perfezione edenica (la “Fine della Storia”) e l’uso “magico” della scienza (gli Hojjatiyyeh e i Bahai).

Per me, invece, l’ Europa non è l’erede di alcun “filone” unitario. Al contrario, essa nasce dall’ incontro fra i cacciatori-raccoglitori, gli agricoltori medio-orientali, i navigatori atlantici e i popoli  nomadi delle steppe. Gli “Europaioi” erano originariamente tribù indoeuroee e semitiche sedentarizzate, indipendenti e guerriere descritte da Ippocrate, che hanno adottato religione, costituzione politica ed alfabeto   dai popoli medio-orientali (come narrato da Erodoto).

Come anticipato da Svetonio e da Tacito, essi si sono fusi con i popoli del Barbaricum, dando vita all’ Europa Cristiana, con la sua lotta per l’eredità dell’ Impero (Macedonia, Roma, Bisanzio, Norimberga, Veliko Tarnovo, Madrid, Mosca, Istanbul, San Pietroburgo, Parigi, Berlino, Bruxelles..).

L’Europa post-cristiana è stata innanzitutto aristocratica (Rochefoucauld, Saint-Pierre, Voltaire, Alessandro I, Nietzsche, Coudenhove-Kalergi), poi relativista (Tilgher, Heysenberg, Pirandelo, De Finetti, Feyerabend), e, infine, elitaria (Spinelli, Galimberti, Olivetti). Nulla essa ha a che fare con l’attuale nichilismo “occidentale”, che nega ogni validità all’ eccellenza (la retorica minimalistica), alla cultura alta (cultura “mid-brow”) alle differenze (“cancel culture”). Come tale, essa non può pretendere di sostituirsi alla leadership americana delò “Progresso”semplicemente rialzando le bandiere dell’omologazione globalistica, dell’egualitarismo, del consumismo. Infatti, le sue vocazioni sono ben altre.

Tuttavia, forse, un qualche “Occidente” ha una sua ragion d’essere in quanto diverso dalle due altre grandi regioni storiche del mondo, l’ Oriente (Asu, Re Ben), con centro a Pechino), e il Sud  (Dar as-Sud, Sudan, con il suo centro intorno all’ Oceano Indiano: Chowduri) . I popoli dell’ “Occidente” hanno un grande senso della Storia, che manca, o è molto diverso, ad Est (l’eternità del mondo), e al Sud (l’infinità dei mondi). Ma, inteso in questo senso esteso, l’ Occidente va dalla Calotta Polare Artica al Mar della Cina, dalla California a Vladivostok. Il suo centro non è a New York, bensì dalle parti di Istanbul. L’Europa può aspirare a succedere nella leadership di questo “Occidente” solo se saprà incarnare questa centralità, fra il millenarismo tecnocratico americano, la religiosità medio-orientale e la “passionalità” dei Popoli delle Steppe (Gumiliov).

Perciò, ben vengano una Politica Estera di Difesa e una Autonomia Strategica dell’Europa, ma solamente se esse si fonderanno sulle premesse teoriche di cui sopra. Per poter realizzare queste premesse, è necessaria una vera rivoluzione culturale, sulla linea della Dialettica dell’ Illuminismo di Horkheimer e Adorno, che comprende tra gli altri Athanasius Kircher, Leibniz, Voltaire, Nietzsche, Coudenhove-Kalergi, Guénon, Eliade…

La Conferenza sul Futuro dell’ Europa avrebbe dovuto dedicarsi proprio a questo compito. Purtroppo, essa è stata deliberatamente “uccisa” da una congiura del silenzio, che ha fatto sì che non se ne parli, né nel mondo politico, né in campo mediatico, né fra gl’intellettuali, né nell’ opinione pubblica. Si teme troppo che questi temi vengano allo scoperto, sovvertendo la “grande narrazione” costruita con tanta fatica intorno all’ Unione Europea, ma che non sta in alcun modo funzionando.

Noi andiamo però avanti imperterriti, portando avanti le nostre istanze, confidenti nel fatto che, a forza d traumi sempre più profondi, l’attuale kafkiano menefreghismo generalizzato sul futuro dell’ Europa non potrà più reggere, venendo travolto dall’ ansia di trovare un significato, una risposta, una guida.

L’impero Ghaznavide

5.Studiare: la cultura europea; quelle extraeuropee; le nuove tecnologie

A causa di quella congiura del silenzio, gli Europei non sanno nulla di opere fondamentali come “Aria, acque e luoghi” di Ippocrate; “Le Costituzioni” di Aristotele; la “Germania” di Tacito; il “De Monarchia” di Dante; il “Discorso  sul Metodo” di Cartesio; “Novissima Sinica” di Leibniz; “Rescrit de l’ Empereur de la Chine” di Voltaire; “Christenheit oder Europa” di Novalis; le “Lettere ai Buoni Europei” di Nietzsche; “Paneuropa”, di Coudenhove-Kalergi; la “Costituzione italiana ed europea di Galimberti”.

Tanto meno si preoccupano di Gilgamesh, dell’ Avesta, dei Classici Confuciani, dell’ Itivuttaka, del Bhagavad Gita, del Corano, delle Muqaddimat, del Datong Shu di Kang You Wei, dell’ Hind Swaraj di Gandhi…Come pure delle arti marziali, dello Yoga, del socialismo con caratteristiche cinesi.

Ma, soprattutto, e sorprendentemente, ancora meno sanno dell’informatica, della cibernetica, del Web, dell’Intelligenza Artificiale, della computazione quantica, del 6G, dell’ economia del web, delle criptovalute…

Come si può pensare che, con questi handicap,  gli Europei possano, non diciamo essere, come pretende la Commissione, i “Trendsetter del Dibattito Mondiale”, ma almeno presenti sulla scena internazionale?

Quindi, ribadiamo, studiare, studiare e studiare, facendo dello studio e della ricerca la prima delle competenze e responsabilità  dell’ Unione Europea.

PROFEZIE CHE SI AVVERANO

La battaglia di Frankenhausen, in cui gli anabattisti issarono la bandiera arcobaleno

Nei nostri ultimi post avevamo affrontato una serie di temi interconnessi (dalla visita di Biden in Europa, alle previsioni sul futuro di quest’ultima, alla Via della Seta, fino al modo di scrivere la storia). Una serie di prese di posizione  forse estreme, scoordinate ed estemporanee. Nel corso dello scorso week-end, molte delle nostre ipotesi, anche quelle appena accennate, si sono però rivelate azzeccate, dimostrando che esiste uno spazio politico e culturale per posizioni  molto personali come le nostre, le quali hanno  forse qualche chance di avere un seguito in questa confusa transizione europea.

Subito dopo la UE e la NATO, Biden ha incontrato Putin

1.La crociata incompiuta di Biden

Esattamente come prevedevamo, la crociata si è rivelata molto meno aggressiva e meno incisiva quanto previsto, visto che si è conclusa con una parziale apertura alla Russia, testimoniata  innanzitutto dall’ l’O.K. americano al North Stream 2 (ma a quale titolo gli USA avrebbero potuto continuare a impedire un rapporto commerciale così importante fra due Stati sovrani? E come potrebbe l’Europa garantirsi approvvigionamenti energetici stabili, economici, e sostanzialmente sostenibili ambientalmente se non dalla Russia? Dallo Shale gas? Dal carbone polacco? Dai gasdotti che passano dal Donbass, dal Caucaso o dal Kurdistan?)

In realtà, anche se non lo si dice, agli USA non dispiace che l’Europa riallacci il dialogo con la Russia, sperando così di isolare la Cina, come dimostrato dalla proposta del summit Europa-Russia lanciata da Merkel e da Macron. Tra l’altro, tutto il gas venduto agli Europei non è venduto alla Cina, riducendo l’interdipendenza frav quei due Paesi.

Di converso, se l’America rinunzia a interferire nel North Stream 2, a che titolo può ragionevolmente imporre un analogo boicottaggio della Via della Seta?

Non per nulla, il Ministro Wang Yi ha già telefonato a Di Maio per proporgli di ricominciare le attività comuni sulla stessa.

Nello stesso tempo, prendiamo atto che perfino un periodico tipicamente atlantista come Panorama ha dato ospitalità a un articolo, senz’altro equilibrato, ma che dice le stesse cose che diciamo noi: “Il mondo si riapre a più scenari, la storia non va più a senso unico. Ma all’ insorgenza di outsider popolari reagisce l’Apparato mondiale, l’ Establishment tecno-finanziario-multinazionale e le caste politico-culturali-finanziarie dei singoli Paesi.”

Marcello Veneziani perviene così in sostanza alla nostra stessa conclusione: “E se al ripristino dell’ Occidente si debba preferire un mondo multipolare di aree sovrane che trovano punti di accordo? E se il destino italiano ed europeo fosse quello di interagire in autonomia con l’America e la Russia, senza schiacciarsi su una delle due?”

Il North Stream è stato completato con la benedizione di Biden

2.Scontri militari e politici in Europa

Neppure la previsione che l’area europea rischi di trasformarsi in un campo di battaglia di schegge impazzite è risultata fuori luogo.

Intanto, 4 mesi fa si era concluso, con la conquista da parte asera del Nagorno Karabagh, la guerra più che trentennale fra Armenia e Azerbaidjan, la quale, insieme ai moti di Danzica e all’invasione dell’Afghanistan, era stata la scintilla che aveva provocato la fine dell’impero sovietico. Essa aveva infatti dimostrato che, se due repubbliche federate potevano impunemente farsi la guerra fra di loro, né l’Unione Sovietica era più uno Stato, né il Patto di Varsavia era più un efficiente alleanza militare.Si sta verificando così, nell’indifferenza generale, un nuovo, impressionante esodo di Armeni, simile a quell’ altro, ancora non sanato, dei Serbi dalla Krajina, e per fortuna non comparabile a quello forzato del 1914-15, il “Genocidio Armeno”.

L’armistizio era stato raggiunto grazie alla Russia, non più unilateralmente filo-armena, bensì neutrale, anche per mantenere buoni rapporti con la Turchia, vicina all’ Azerbaidjan, e la Russia sta seguendo passo passo l’attuazione degli accordi. Inoltre, si sta completando nel Nagorno-Karabagh un tratto della ferrovia turca Kars-Baku, che può essere considerata un segmento della Via della Seta, senza che nessuno protesti.

Gli Armeni fuggono bruciando le proprie case e trascinando via, con auto e furgoni, perfino gli alberi, come a suo tempo  i Serbi della Krajna. Come mai a questo esodo forzato  i media non hanno dato lo stesso spazio di quello dedicato ai richiedenti asilo? Forse perché la Russia neo-zarista si sta imponendo come una forza pacificatrice dove là dove l’ Unione Sovietica aveva fallito. Quando non è nell’ interesse propagandistico della strategia euroatlantica, fenomeni di così ampia portata vengono bellamente ignorati.

Ancor più recentemente, in controtendenza rispetto all’atteggiamento aperturista di Biden, la Marina Inglese ha tentato di affermare la propria presenza tramite crociere delle proprie navi da guerra al largo della Crimea (in parallelo a quelle nel Mar della Cina), ricevendo (forse) qualche cannonata da parte dei Russi. Alla faccia della “Pace Perpetua”, stiamo tornando alle deportazioni di popolazioni (1870-1948), alle Guerre dell’ Oppio (1839-60) e di Crimea (1853-56).

Ma è in campo politico che l’Europa si sta spaccando puntualmente in blocchi contrapposti: pro e contro il dialogo con la Russia e/o con la Cina; pro o contro l’Ungheria; Nord contro Sud; Regno Unito contro tutti.

La guerra del Nagorno Karabakh ha più di 100 anni

3.Sostanza statuale del Vaticano

Avevamo indicato, nei precedenti post, fra i soggetti attivi dal punto di vista geopolitico, il Vaticano.

Il giorno dopo, è stata presentata al Governo italiano, la nota vaticana in cui si  è fatta valere la sussistenza, nel Ddl Zan, di un profilo di violazione del Trattato del Laterano, che garantisce alla Chiesa la libertà di opinione, là dove il decreto in questione potrebbe essere interpretato nel senso ch’esso vieterebbe la critica all’ “ideologia gender”.

Il bello che, dopo poche, pallide proteste, la nota vaticana  ha dato luogo ad un intenso lavorio parlamentare per risolvere i problemi da essa sollevati. Con ciò riconoscendo la forza del Vaticano  quale Stato sovrano, quale organismo internazionale e parte contraente della Repubblica Italiana.

Contestualmente, non si è potuto verificare il preconizzato incontro con il Papa del Presidente Biden, che, come è noto, è cattolico, ma è aspramente criticato dall’ episcopato americano, in quanto “pro choice” (cioè favorevole a lasciare alle donne la libertà di abortire). Questo mancato incontro fa il paio con quello con Pompeo, inviato a Roma dal precedente presidente americano.

Senza entrare qui nel merito di queste mosse, mi limito a notare che l’ultima, da molti contestata, configura un passo in avanti, da parte del Vaticano, nel presentarsi come un soggetto geopolitico a tutto tondo, e indipendente da ogni pressione esterna. Tale pretesa è, a nostro avviso, del tutto giustificata, innanzitutto dal fatto che la Città del Vaticano è uno Stato riconosciuto da tutto il mondo e  intrattiene rapporti diplomatici con tutti i Paesi, ma, soprattutto, che la Chiesa Cattolica è l’unica chiesa avente un’organizzazione centralizzata e capillare presente a livello mondiale, sì che anche le altre religioni le riconoscimento un ruolo rappresentativo e di leadership del movimento ecumenico. Come tale, essa interviene, anche con accenti dissonanti, in tutte le grandi questioni del mondo, e, in primis, nella nascente conflittualità fra gli USA e le potenze eurasiatiche.

Se si riconosce in pratica un ruolo geopolitico, spesso centrale, ai GAFAM, ai BATX e alle ONG, che vengono consultati in sede di modifica delle norme che li riguardano, e a loro volta chiedono spesso, anche in modo aggressivo, modifiche di tali leggi, come sarebbe possibile non riconoscere questo ruolo alla Chiesa Cattolica?

Si dice che, in tal modo, la Chiesa violerebbe la laicità dello Stato. Ma quest’ultima è disciplinata (e quindi, ovviamente, delimitata) dai Patti Lateranensi (opera di Mussolini) come successivamente modificati (per opera di Craxi), e recepiti nella Costituzione (grazie a Togliatti). Fra gli Stati e le Chiese, sempre e dovunque, vige una situazione di compromesso, perché non è possibile tracciare una linea precisa là dove finisce la politica e comincia la religione. Inoltre, nel caso in questione, credo che chiunque – Stato, organizzazione o cittadino che sia-, possa appellarsi a un principio costituzionalmente riconosciuto, come la libertà di opinione, in quasi tutto il mondo, e, ciò, anche con un’azione di tipo politico, come riconosciuto a qualsiasi organizzazione e ONG.

Infine, non si capisce perché tutti i distinguo che si fanno nei confronti delle religioni “classiche” (non solo quella cristiana, ma anche quella islamica, che ha ormai in Europa milioni di aderenti), non si fanno anche nei confronti delle “nuove religioni”, quali quella di Internet e quella “dei diritti”. Con la scusa che esse non sarebbero “religioni”, non si pone ad esse alcun limite, di modo che esse possano tranquillamente soppiantare quelle “tradizionali”, ristrette da lacci e lacciuoli (cfr. Laicité à la Francaise).

Il Vaticano, erede dell’ Impero Romano

4. “Regenbogenfahne”

Nel fare ciò, il Vaticano ha toccato un altro dei punti dei nostri blog della scorsa settimana, vale a dire il peso soffocante che il “politically correct” e il “pensiero unico” stanno acquisendo nelle società occidentali, sì che attendiamo solo che qualche forza organizzata prenda l’iniziativa per avviare una sollevazione generale  contro il conformismo generalizzato nel nome delle tradizionali libertà che l’ Occidente e l’ Europa affermano affannosamente (ma poco credibilmente) di perseguire, violandole invece continuamente di fatto.

A questo proposito, può essere sembrato, a taluni, irriverente aver paragonato, nei nostri post, il sistema politico attuale alla ex DDR, con la sua “Blockpolitik” , facendo indirettamente riferimento anche al mito della Rivolta Anabattista (violentemente combattuta, non solo dai Principi Tedeschi, ma, soprattutto, da Lutero e da Zwingli, che consideravano estraneo alla Riforma il suo chiliasmo materialistico e immanentistico e i suoi risvolti terroristici), ma, invece, esaltata dal nazionalsocialismo (che dedicò a Florian Geyer una divisione di SS), e poi dalla DDR (che costruì un grandioso memoriale sullo Schlachtberg a Frankenhausen e creò una “brigata contadina”con lo stesso nome e un campo di addestramento dei “Pionieri” dedicato a Muentzer). Nel precedente post, avevamo inserito l’immagine di una bandiera della DDR incrociata con una Regenbogenfahne, la “bandiera arcobaleno”, che i più ignorano fosse stata originariamente il simbolo degli Anabattisti (come rivelato, forse casualmente, dall’ edizione del Giugno 2021 di “Geschichte”, ma che comunque appare, nel monumento di Stolberg,  nelle mani di Muenzer).

La “Bandiera arcobaleno”, come del resto tanti altri simboli politici (come ad esempio l’aquila bicipite, la stella rossa, il saluto romano), ha una storia successiva altrettanto tortuosa. Infatti, dopo essere stata assunta come simbolo del movimento italiano per la pace fondato da Lucio Capitini e dell’ opposizione alla guerra in Irak, è divenuta, rimodellata (con 6, anziché 7, strisce: chissà perché?), la bandiera del movimento LGTB, quella che si è tentato inutilmente di proiettare sullo stadio di Monaco prima della partita con l’ Ungheria.

Il movimento di Muentzer, presentato dalle storiografie comunista e nazista essenzialmente come di rivolta sociale, aveva assunto, con la presa di Muenster, i risvolti di una violenta palingenesi chiliastica, con una teocrazia sul modello veterotestamentario e un regime di condivisione di donne e beni e pratiche di purificazione degli eletti (roghi di libri, riti catartici collettivi, espulsioni, ecc.).

Gli Anabattisti avevano chiamato Muenster  Nuova Sion e se ne erano proclamati re. Avevano imposto la totale comunione dei beni, al punto di proibire la chiusura delle porte delle case perché chi era nel bisogno potesse prendere ciò che gli serviva quando lo desiderava.  Era stato abolito il denaro, ed ogni bene prezioso fu espropriato dai governanti per la causa. Ogni libro, ad eccezione della Bibbia, era stato bruciato, mentre chi si opponeva veniva eliminato. Venne imposta una poligamia forzata: nessuna aveva diritto di restare nubile. Il rifiuto della donna equivaleva alla morte sulla pubblica piazza

C’è veramente qualcosa di strano  nell’ammantarsi ,nella bandiera di Muentzer di tutta l’Europa protestante, quando i protestanti, e soprattutto i “principi della nazione tedesca” sobillati da Lutero, furono i nemici implacabili degli Anabattisti. In effetti, molte delle vicende odierne hanno ancora l’andamento tipico di una guerra di religione, dove il richiamo, ossessivo e non argomentato, ai “nostri valori”, o, per altri, ai “valori non negoziabili” (che si rivelano spesso quelli delle eresie più estreme) rivela la potente presenza di una non trasparente “teologia politica”. Tra parentesi, come ha scritto Rémi Brague, parlare di “valori” è limitativo, perché presuppone ch’essi valgano solo soggettivamente: sicché i “valori europei”, mentre pretendono di essere universali, in realtà sono quelli di un’infima setta, che è riuscita a prevalere sulle altre.  Il discorso “maistream” occidentale sta muovendosi lungo una sorprendente curvatura dei “fanatici dell’ Apocalisse” , che difficilmente avrebbero approvato, né  i fondatori della Riforma, né quelli dell’Unione Europea (come per esempio il futuro beato Schuman), e che non è, comunque, in linea con le esigenze attuali di opposizione al dominio delle macchine intelligenti, ma, anzi, lo favorisce.

Alcune, fra le controversie di cui sopra, si riallacciano a concezioni settarie del sacro, tipiche dell’era della Rivoluzione industriale e degli Stati Nazione. Guardando le cose da un’ottica ben più ampia, millenaria e mondiale, il sacro, come c’insegna Jan Assmann, è tollerante perché è pluralista. Come scrive su “La Stampa” Umberto Galimberti, esso è addirittura indifferenziato, al punto da non distinguere fra il Bene ed il Male. Tenere il sacro fuori dalla vita dei popoli è impossibile. La “religione” che ci era familiare e a cui tutti pensano costituiva in realtà un fragile compromesso, che evitava tanto il carattere tragico del sacro antico, quanto un’irruzione del sacro chiliastico, ben più violente di quelle paventate dai laicisti. Rotti gli argini delle “repressive” teologie razionali, torniamo ora al “Dio Invitto”, come descritto nell’omonimo libro di Altheim dedicato all’imperatore/dio/sacerdote Elagabalo.

Se si abbattono le religioni istituite, ritorna il sacro illimitato, come ai tempi
del Despotatus: l’Imperatore dio del Sole

5.L’attualità del nostro impegno culturale

In un momento in cui, per il pressapochismo della Conferenza sul Futuro dell’Europa, per l’indifferenza a tutti i livelli per i problemi reali, e, infine, per le prepotenze degli Stati Uniti e dei GAFAM, si potrebbe pensare che qualunque impegno serio  a favore del nostro Continente sia condannato all’insuccesso, queste piccole vittorie intellettuali nella tempestiva lettura degli eventi contemporanei ci incoraggiano a proseguire nella nostra opera di studio e informazione. Da modesti pensieri possono nascerne grandi azioni.

Tra l’altro, è in corso di pubblicazione sui temi qui trattati un profluvio di nuovi libri, sui quali vi relazioneremo sinteticamente.

LA “VIA DELLA SETA DELLE DEMOCRAZIE”

(O “VERDE”)non esclude, bensì completa la “Belt and Road Initiative”(“Yi Dai Yi Lu”)

Con la loro campagna contro l’adesione dell’Italia alle “Nuove Vie della Seta” e contro il trattato europeo sugl’investimenti, già siglato con la Cina, gli Stati Uniti non sono tuttavia ancora riusciti a impedire seriamente la prosecuzione della fiorente collaborazione dell’Europa con l’area eurasiatica, sviluppatasi  come non mai dopo la pandemia.

Intanto, il giorno prima de G 7, il Governo americano ha tolto le sanzioni alle imprese tedesche che stanno completando il North Stream 2. Quando, poi, si è trattato di discutere (a porte chiuse) sulla Cina, è stato sospeso il WiFi, cosicché fosse impossibile registrare le note di disaccordo. Ma, soprattutto, non si è parlato, né del Xin  Jiang, né del Covid. Infine, Biden è corso a omaggiare Putin, dimostrando così che, invece, gli USA, con i “dittatori” ci possono parlare, eccome. Anzi, gli Europei dovrebbero parlare con “i dittatori” solo attraverso l’ America, che così ne trae tutti i benefici, mentre gli Europei non “cresceranno” mai.

Anche la posizione complessiva del Governo Italiano è stata abilmente sfumata, con vari personaggi politici che smentiscono in vario modo le dichiarazioni apparentemente “atlantiste” di Draghi (il quale a sua volta le fa con una tale asetticità, da far pensare di non crederci affatto).

Queste sono, per noi, buone notizie.

Il nostro Paese si trova da 30 anni in uno stato di decadenza ininterrotta. Il nostro PIL è in costante discesa, tanto rispetto alla media UE che a quella mondiale. I nostri punti di forza tradizionali, come la metalmeccanica, la cultura, la moda, il turismo, arrancano sotto la spinta di concorrenti agguerriti, che ora hanno anche acquisito molte delle nostre aziende più prestigiose, che spesso appaiono solo come dei gusci vuoti. La disoccupazione, soprattutto intellettuale, è alle stelle. In questa situazione, ci stupiamo che i rappresentanti di Istituzioni e partiti, giornalisti e imprenditori, abbiano il coraggio di comparire sugli schermi costantemente sorridenti anche quando annunziano nuovi guai.

Il Paese avrebbe bisogno invece  di un inaudito balzo in avanti, non già per tornare a prima del Covid (che era già crisi), bensì per allinearsi con il resto d’ Europa, sfruttando nuove idee non tradizionali, e conquistando nuovi mercati (contendendoli ad altri). Per fare ciò, non basta battere le strade (ideologiche, merceologiche o geografiche) del passato (che si riducono tutte ad essere dei “followers” degli Stati Uniti), ma bisogna rivoluzionare la struttura di un mercato che, come dimostrano questi decenni, non è sostenibile.

La Cina (e l’ Eurasia in generale) ci hanno offerto, e ci offrono, nuove possibilità di business, attraverso l’export di prodotti del lusso, lo sviluppo congiunto di nuove tecnologie, una crescita esponenziale del turismo, investimenti nelle infrastrutture che ci permettano di posizionarci in modo più autorevole all’ interno delle reti europee, e, infine, la partecipazione congiunta a progetti in paesi terzi. Nei primi mesi del 2021, rispetto ai corrispondenti mesi dell’ anno scorso, l’export verso la Cina è aumentato del 43%.

Del resto, basta guardare  le città, le strade o le ferrovie della Cina per capire quanto spazio ci sia per imprese innovative ed intraprendenti, che oggi soffocano negli angusti mercati euroatlantici.

Tutto cospirerebbe a fare sì che l’Italia assumesse un ruolo di leadership all’ interno delle Nuove Vie della Seta, che sono il veicolo all’ interno del quale si posizionano le nuove iniziative della Cina che a noi interessano, e per le quali l’Italia è particolarmente vocata. Per questo, era assolutamente logico che il Presidente Mattarella, l’allora Primo Ministro Gentiloni, il Ministro degli Esteri Di Maio e il sottosegretario Geraci si attivassero per assumere un ruolo attivo nel progetto, seguendo le strade già percorse da Andreotti, Ciampi, Prodi, Napolitano e tanti altri.

Il Primo Ministro Gentiloni ospite di Xi Jinping al Forum della Via della Seta nel 2017

1.Un vero e proprio boicottaggio dell’ Europa

Paradossalmente, il tanto discusso MOU  sulla Via della Seta, così come fu firmato, aveva ben pochi contenuti pratici. Intanto perché un MOU (Memorandum of Understanding) è per sua natura un documento non vincolante; poi, perché i business a cui siriferiva erano molto inferiori a quelli dei contemporanei business  di Francia e Germania; infine perché, per le pressioni americane, era stato sfrondato di tutti i contenuti più succosi.

Restava solo un fatto simbolico: uno sberleffo platonico all’America, perché negava l’obbligo di allineamento anti-cinese (e anti-russo). Che ora Draghi voglia “rivedere quell’ atto”è grottesco, perché un MOU non è un atto, e, anche nel caso estremo in cui lo si volesse abrogare, lo sberleffo ormai è stato fatto.

L’argomento per frenare, come si fece allora, il era che l’Italia stesse spezzando la solidarietà politica all’ interno dell’ UE. Tuttavia, nel Dicembre scorso, quando era stata poi la UE stessa a siglare con la Cina l’accordo sugli investimenti, Biden disse invece che l’UE aveva fatto male a impegnarsi, perché avrebbe dovuto aspettare il suo insediamento. Ne risulta che gli accordi commerciali degli Europei, tanto uti singuli, quanto come Unione, devono attendere i comodi del Presidente degli Stati Uniti. Alla faccia della “sovranità strategica europea”! Il bello è che, ad accettare tutto questo, sono proprio coloro che, come Gentiloni e Di Maio, erano stati così pronti ad aderire alla Via della Seta. E soprattutto che il nostro più formidabile concorrente, gli Stati Uniti, ha il diritto di sindacare la nostra politica commerciale. Come scriveva Trockij, gli Stati Uniti avrebbero contingentato il capitalismo europeo, con i bei risultati che si vedono.

E ciò che rende tutto ciò ancor più kafkiano è che nessuno dei due documenti “incriminati” ha modificato, di per sé,  la situazione effettiva dell’ import-export, la quale è in gran parte in mano alle imprese, e, semmai, alla burocrazia, sicché il “rivederli” come ha promesso Draghi, non ha alcun senso, perché il loro significato era prettamente politico, mentre il business procedeva per i fatti suoi (anzi, aveva già subito un rallentamento a causa delle polemiche suscitate dagli Stati Uniti).

Il risultato pratico di quest’attività di freno da parte dell’America sui rapporti euro-cinesi e italo-cinesi è stato  solo che gli operatori americani risultano avvantaggiati rispetto a quelli europei dagli esistenti accordi commerciali fra America e Cina stipulati da Trump, proprio quegli accordi che si vuole impedire agli Europei di stipulare. E’ chiaro che, con Biden come con Trump, il principio di base resta “America First”: l’ America deve sempre brillare, se non  rispetto alla Cina, almeno rispetto all’ Europa. Infatti, se la Cina  risulterà “più brava” dell’America, il mondo potrebbe inclinare verso il socialismo, ma, se sarà  l’Europa ad essere” più brava”, essa potrebbe addirittura togliere agli USA la guida dell’ Occidente, e cioè l’unica ragion d’essere di quel  Paese.

Ciò detto, la Nuova Via della Seta (Yi Dai, Yi Lu=”una Strada, una Rotta”) procede indisturbata nonostante le ire americane. Non potrebbe essere diversamente, perché  una sorta di “Via della Seta” era esistita sino dai tempi più antichi, e, d’altronde,  il G7  sta semplicemente tentando di “mettere il cappello” sull’unica Via della Seta oggi esistente, quella avviata dalla Cina.

La Via della Seta non è stata inventata ieri

2.La Via della Seta ha radici nella preistoria

Nonostante tutte le retoriche della globalizzazione, le grandi linee di comunicazione fra Sud e Nord, Est e Ovest, “vecchio” e “nuovo” non nascono con l’espansione occidentale, né, tanto meno, con la caduta del Muro di Berlino, bensì sono vecchie come l’Umanità stessa. Secondo la teoria “Out of Africa”, gli uomini primitivi si erano mossi dal Mediterraneo verso l’Estremo Oriente fra il  70.000 e i 12.000 anni fa. In quest’ultima data, fine della glaciazione wurmiana,  i sapiens s’insediavano in Siberia; qualche millennio dopo, il popolo dei Kurgan si spargeva, da un lato, verso le Steppe Pontiche, e, dall’ altro, verso l’ Asia Centrale, divenendo  un unicum, dalla Penisola Iberica fino al Giappone.

Di quest’era vi sono tracce nei libri sacri indiani e persiani, il Veda  e il Bundahishn, che narrano di una striscia di terra fra il Caucaso e il Tian Shan, l’Airyanam Vaejo, versione nordica dell’ Eden, patria comune degl’Indoeuropei e terra madre dei Persiani.

Queste migrazioni a partire dall’ Asia Centrale saranno poi adottate in  epoche successive, da molti cultori della geopolitica, quale vero e proprio Leitmotif della Storia Mondiale, alternativo alla vulgata euroatlantica oggi da noi dominante: è la teoria dell’ Heartland, resa famosa da Mackinder.

Nel 1° Millennio, gli Assiri e i Persiani costruirono una “Via Regia” fra l’Anatolia e il Golfo Persico (citata da Erodoto e Tucidide), che, collegandosi con la Via Maris egiziana e con il sistema viario dell’ Impero Han, avrebbe costituito una parte centrale della Via della Seta.

3. Fra gl’imperi romano e Han.

L’epoca d’oro della Via della Seta fu forse quella degl’Imperi Romano e Han, che, lungo di essa, si scambiarono anche ambasciate. In quell’ epoca, le flotte romane giungevano fino all’India. L’Ebraismo e il nascente Cristianesimo s’installarono (secondo la leggenda, con San Tommaso), nell’ India Meridionale(Chennai, Kerala), mentre, nel Kashmir, gli Ahmadiyya pretendono ancora di custodire  la vera tomba di Gesù Cristo. Dall’ India partivano anche, verso l’Asia Centrale, la Cina e il Sudest Asiatico, le missioni dei Buddisti. Nel Concilio di Ctesifonte, l’imperatore persiano aveva attribuito alle varie religioni del suo Impero, a cominciare dai Nestoriani, delle sedi in Estremo Oriente.

LA Pagoda di Da Qin, il “Vaticano” dei Nestoriani, a Xi’An

4.Le Migrazioni di Popoli e i Nestoriani

Intanto, dall’ Asia Centrale, muovevano, verso la Cina, l’India, l’Europa e il Medio Oriente, un’infinità di popoli: Unni, Avari, Alani, Bulgari, Magiari, Turchi, Khazari, Mongoli…Dall’espansione di questi popoli, i geopolitici arabi (Ibn Hamdun), poi giapponesi (Emori) e russi (Gumiliov), hanno derivato una concezione della storia eurasiatica quale dialettica fra i popoli nomadi dell’ Asia Centrale e quelli stanziali delle coste, che è stata anche alla base delle teorie di Mackinder.

L’islam si estese verso la pianura del Volga, la Persia e l’Asia Centrale, scontrandosi con l’Impero Cinese sul fiume Talas.

Al tempo della Dinastia Tang, una missione di Cristiani nestoriani, sotto la guida del Patriarca Rabban (Alopen), giunse alla corte di Xi’an, dove presentò all’ Imperatore cinese una sintesi della dottrina cristiana (la “Luminosa Dottrina di Da Qin”), che fu approvata e protetta. I Nestoriani stabilirono la loro sede principale nella Pagoda di Da Qin, e sintetizzarono la loro fede e i loro rapporti con l’ Imperatore in una stele bilingue Siriaco-Cinese. Il libro sacro dei Nestoriani si chiamava “Il Sutra di Gesù”.

A loro volta, i buddisti cinesi si muovevano verso l’India per studiare gli antichi testi sacri, e verso la Corea e il Giappone per diffondere la loro fede.

Dopo una svolta isolazionistica della Dinastia Tang, i Nestoriani si concentrarono in Mongolia. Quando Chinggis Khan estese il dominio mongolo alla Corea, alla Cina, all’Asia Centrale e all’ Europa Orientale, l’impero Yuan rese possibile la prima vera globalizzazione, illustrata dai molti viaggiatori, ambasciatori e missionari europei  che percorsero la Via della Seta,  il più famoso fra i quali è senza dubbio Marco Polo.

La flotta di Zheng He

5.I grandi viaggi d’esplorazione

Alla caduta della Dinastia Yuan, i Ming promossero un grandioso programma di esplorazioni marittime, tanto dell’Oceano Pacifico che di quello Indiano, sotto la guida dell’Ammiraglio Zheng He.

Mentre Cristoforo Colombo, Cortez e Pizzarro colonizzavano le Americhe, Vasco Da Gama e Magellano esploravano l’Oceano Indiano.  I Portoghesi crearono basi in Africa Orientale, Arabia, India e  in Indonesia.

I Gesuiti si specializzarono nell’evangelizzazione dei Paesi orientali, apprendendone le lingue e le culture, fino al punto da risultare, al momento della Controversia dei Riti, più vicini all’ Imperatore della Cina che non al Papa.

Le compagnie commerciali di molti Paesi europei, dall’ Inghilterra  al Portogallo ,alla Francia, agli Stati tedeschi, alla Curlandia, all’ Olanda, alla Danimarca, crearono proprie basi in Oriente, contendendosene il loro controllo. Nel frattempo, la Russia si espandeva nell’ Asia Centrale e in Siberia.

I mercati stranieri in Cina erano confinati a Canton, dove potevano commerciare solo con una corporazione specializzata, i “Co Hong”, mentre, in Giappone, l’accesso era permesso solo agli Olandesi, confinati a Dejima.

Nell’Ottocento, i sansimoniani avevano fatto, delle infrastrutture dell’Asia il loro stesso simbolo.La penetrazione occidentale si approfondì anche grazie alle navi a vapore e alle linee ferroviarie, dando luogo ad un ricco commercio. Von Richthofen coniò l’espressione “Via della Seta” (“Seidenstrasse”). Furono aperti il Canale di Suez, la Ferrovia dell’ Hejaz e  la Transiberiana.

Gl’Inglesi cercavano in ogni modo di penetrare in Cina, soprattutto per il commercio dell’oppio. Nel  1839, in seguito alla confisca, da parte della Cina, di 20.000  contenitori di oppio di commercianti inglesi , scoppiòarono le  Guerre dell’Oppio, che portarono alla installazione in Cina di “concessioni” occidentali.

LO skyline di Pudong (Shanghai)

6.La rinascita nel XXI Secolo

I commerci fra l’ Est e l’ Ovest della massa eurasiatica  erano per altro resi difficoltosi soprattutto dalle turbolenze politiche:  il “Grande Gioco” (la competizione fra Russia e Inghilterra per l’ Asia Centrale), la Rivoluzione Sovietica, la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda.

L’attuale “nuova Guerra Fredda” voluta da Biden si riallaccia sostanzialmente ai tempi del “Grande Gioco”. Anche allora tutti volevano partecipare allo sviluppo economico dello “Heartland”, ma precludendone l’accesso ad altri. Tipica di questa logica l’espressione di Mackinder: “Chi controlla l’Heartland controlla l’ Isola del Mondo (l’Eurasia); chi controlla l’ Isola del Mondo controlla il mondo”. L’”Heartland” comprende la Russia, l’Asia Centrale e quelle aree che ancor oggi sono particolarmente concupite dall’ Occidente, fra l’Iran e il Xin Jiang. Henry Kissinger era riuscito a spostare l’interesse del Grande Gioco verso una visione triangolare della Guerra Fredda, che, a cavallo fra i due secoli, aveva portato a una strettissima interazione fra le economie cinese e americana, che adombrava quella “Fusion” fra USA e Cina ch’era stata preconizzata dall’ Ideologia Taiping.

Nel XXI secolo, con il grande sviluppo delle economie asiatiche, viene nuovamente sentita con particolare forza l’esigenza di riattivare le vie di comunicazione attraverso l’Asia.

Intanto, nel giro di pochissimi anni, la Cina, dopo aver importato all’inizio del secolo le tecnologie delle ferrovie ad Alta Velocità, ha costruito sul proprio territorio più della metà delle linee esistenti nel mondo, collegando con una fittissima ed efficientissima rete la parte orientale e quella occidentale del Paese, e impartendo così un’ulteriore incredibile lezione di efficienza all’ Unione Europea, che aveva cominciato molto prima, ma è ancora ai primordi dell’Alta Velocità.

Tra l’altro, la parte occidentale della Cina (Xin Jiang, Tibet) fa parte dell’ Asia Centrale, e, di conseguenza, avviare i collegamenti rapidi con quell’ area costituisce la premessa per collegare tutta l’Asia Centrale.

L’Unione Europea aveva programmato fin dal 1996 la sua Rete TEN-T, ma non è giunta certo allo stato di avanzamento della Cina. In ogni caso, le reti cinese ed europea, le più sviluppate del mondo, sono evidentemente complementari, e già oggi s’incontrano in Russia. E’ un vero peccato per i Paesi coinvolti che, per discordie politiche, non si riesca a sfruttare queste inaudite sinergie a vantaggio di tutti.

In seguito all’ occupazione dell’Afghanistan, il Governo americano, anche per effetto dalle teorie dei suoi think tank geopolitici (ancora influenzati da Mackinder), aveva sentito il bisogno di collegare i Paesi dell’Asia suoi alleati con nuove linee ferroviarie. Hillary Clinton espresso nel 2011 l’intenzione d’investire in questo progetto (chiamato proprio “New Silk Road”), ma poi l’America non vi aveva dato seguito (anche perché sarebbe impossibile stabilire collegamenti instabili attraverso un Afghanistan non pacificato).Non per nulla, gli USA hanno ora tanta fretta di terminare la guerra afgana.

Solo la Cina aveva fino ad ora preso veramente sul serio il problema della connettività eurasiatica, che la riguarda direttamente,   facendolo divenire l’asse portante della sua politica estera, in campo ideologico, politico, culturale, tecnologico, economico e militare. Infatti, la Cina  concentra in sé un surplus di cultura, di creatività, di tecnologie, di mezzi finanziari, che riesce solo in parte a investire integralmente in patria, ed è quindi naturalmente portata a cercare sbocchi commerciali all’ estero. Di converso, le sue tradizioni culturali universalistiche (Tian Xia) la spingono verso le collaborazioni internazionali, soprattutto verso aree, come quella dell’Asia Centrale, con le quali essa ha una intensa tradizione di rapporti (la Sogdiana, il Bacino del Tarim, l’India Settentrionale).

La Belt and Road Initiative (Yi Dai, Yi Lu=”Belt and Road Initiative”=”BRI”), lanciata dal Presidente Xi Jinping nel suon discorso del 2013 all’ Università di Astana, consiste in un orientamento politico verso la  cooperazione con i Paesi dell’ Asia, dell’ Africa e dell’Europa; in un progetto tecnologico, con lo sviluppo di altre decine di migliaia di chilometri di strade ferrate; di carattere economico, con l’incremento delle infrastrutture, dell’ import-export, delle collaborazioni industriali, dei finanziamenti.

Alla “via settentrionale” (quella terrestre, la “Cintura”), si è presto affiancata quella meridionale (“marittima”, la “Rotta”); poi, quella artica, quella culturale, quella sanitaria, e, infine, quella digitale.

La Cina ha inserito l’obiettivo della Belt and Road Initiative fra quelli prioritari del Partito Comunista, al punto da inserirlo nello statuto dello stesso, allo stesso livello dei pensieri di Mao e di Xi Jinping.

La Belt and Road Initiative, ha già dato vita a varie realizzazioni, quali le linee ferroviarie dirette dalla Cina a molte città europee, la costruzione dei porti di Gwadar e di Djibuti, la ristrutturazione di quelli del Pireo e di Duisburg, le ferrovie etiope e keniota,  il tratto ferroviario da Budapest a Belgrado,  la stazione multimediale di Horgos, l’autostrada Kashgar-Gwadar e quella del Montenegro, e il ponte di Pelješac (Sabbioncello)  in Croazia.

Come si vede, un progetto di modernizzazione che si riallaccia ai sansimoniani e alle ambizioni di organizzazioni come la Banca Mondiale e l’ UNIDO, oggi in disarmo a causa del mutamento delle politiche dell’ Occidente. Non per nulla la Banca Mondiale (pur se dominata dagli USA) aveva dato il benvenuto a questo lato “sviluppista” delle politiche cinesi, battezzandolo “market enhancing view”.

Il rapporto con l’Eurasia: leverage per la sovranità europea.

8.Le ambiguità occidentali

I critici occidentali affermano che i progetti infrastrutturali della BRI non sarebbero utili per i Paesi destinatari,  perché implicherebbero un eccessivo indebitamento; tuttavia, quale progetto infrastrutturale non lo implica? Del resto, è proprio per questo che, nel Dopo-Covid, si sta privilegiando ovunque questo tipo d’ investimenti.

L’ostilità degli Occidentali verso questi progetti deriva dal fatto che essi sono la concretizzazione di quelli che essi stessi avevano coltivato, ma non sono poi stati in grado di sviluppare (e ora tentano di riproporre). Tuttavia, paradossalmente, tranne gli Stati Uniti, tutti i Paesi occidentali  hanno investito nella Banca Internazionale per le Infrastrutture, creata a Pechino dal Governo Cinese per finanziare quei progetti infrastrutturali, e quindi nopn possono lamentarsi di non essere stati coinvolti.

Per contrastarli, gli Stati Uniti e i loro sostenitori hanno usato molti strumenti, come azioni giudiziarie di tutti i generi in Italia e in Ungheria, manifestazioni di piazza a Budapest, attentati terroristici in Pakistan. Tuttavia, il punto forte dei progetti della Via della Seta era ed è che nessun altro li sta realizzando, sicché essi sono stati comunque i benvenuti, perché necessari. Basti pensare all’ autostrada pakistana, al ponte di Pelješac, alle ferrovie africane,  che unificano economicamente Paesi fino ad oggi divisi.

L’Unione Europea, non diversamente dagli Stati Uniti, aveva già discusso, nel 2019, una propria strategia verso l’Asia Centrale, ma non ha, né la motivazione, né i mezzi, né l’efficienza, né la tecnologia dei Cinesi. Oggi, il  lancio, da parte di Biden, dello slogan della “Via della Seta delle Democrazie (o “Verde”) sembrerebbe rivalutare una partecipazione più attiva degli Occidentali ai progetti in Asia Centrale e Africa Orientale. A prescindere dallo scarso affidamento che lo slogan può suscitare visti i risultati minimi conseguiti fino ad ora da Americani ed Europei, il rilancio di iniziative nell’area non potrebbe, se presa sul serio, che sortire effetti positivi per regioni, come l’Asia Centrale, il Caucaso, la Turchia, l’India, lo stesso Afghanistan, il Sud Est Asiatico, che hanno enormi prospettive di sviluppo.

Un discorso a parte merita l’ Africa, che, nel XX secolo, veniva vantata dall’ Unione  quale un esempio riuscitissimo di cooperazione allo sviluppo (i vari Trattati ACP-UE), ed è stata gradualmente abbandonata, in parte per mancanza di fondi e in parte perché la metodologia adottata (quella che viene opposta, in quanto “trasparente”, a quella cinese), non ha mai funzionato, sommersa com’è da burocrazie, pubbliche e private, che ne assorbono la maggior parte degl’investimenti.

Mi chiedo, visto che esistono la Banca Mondiale, l’ UNIDO e l’AIIB, che hanno proprio quest’obiettivo in un’ottica di collaborazione mondiale, perché mai fare dei progetti di sviluppo ostili, col solo obiettivo di danneggiare la Cina? Se l’obiettivo è aiutare i Paesi in Via di Sviluppo, non sarebbe il caso di farlo assieme? E, comunque, cosa succederà quando le ferrovie “democratiche” incontreranno le ferrovie “cinesi”?

Haft Paykar, l’ispirazione della Turandot

9.Una cultura mondiale del  XXI secolo.

Come dimostrato da quanto accaduto a suo tempo con il Giappone, poi il Medio Oriente e la Cina, e soprattutto l’ Afghanistan, gl’interventi troppo ideologizzati e invasivi dell’Occidente, se hanno potuto servire fino a un certo momento per rilanciare questi Paesi, raramente hanno ottenuto l’effetto  sperato di riorientarne le società sul modello “occidentale”. Il Giappone è divenuto prima imperialista, poi, oggi, comunque molto disciplinato e tradizionalista; nel Medio Oriente, non vi è praticamente alcuna società (neppure Israele) che sia costruita secondo il modello “occidentale”; la Cina è, come afferma essa stessa, uno “Stato-Civiltà” che esiste da 5000 anni, con un suo progetto efficientissimo e ben definito, il “socialismo con caratteristiche cinesi”, da cui non intende deviare.

Al contrario, è motivato il sospetto che, qualora gli “occidentali” vengano esposti senza le censure del “mainstream” alla profondità delle culture orientali, sfuggendo così alla gabbia d’acciaio della logica occidentale, possano essere attratti da quelle culture, come lo furono i Gesuiti, Schopenhauer, Guénon, Puccini,Eliade, Pound, Béjart,Panikkar, scalfendo l’inossidabile fede nei valori anglo-americani. Ma che cosa ci sarebbe di male?

Una cosa è chiara: nonostante la frenesia denigratoria da parte dell’Occidente, i  vari “orienti” (Estremo Oriente, Medio Oriente, Europa Orientale) hanno ormai imposto la loro presenza al centro dell’agenda mondiale. Che si tratti delle pretese di contare, in Europa, di Polonia e Ungheria, che si tratti del “neo-ottomanismo” o del neo-zarismo, che si tratti della pluridecennale guerra afghana, della rinascita induista sotto Modi o del post-umanesimo giapponese, l’area eurasiatica sta rubando la scena a quella atlantica. Lo aveva dimostrato perfino il Presidente Obama con il suo “Pivot to Asia”, e lo ha confermato il viaggio in Europa di Biden, febbrilmente concentrato su Cina e Russia.

Certo, dispiace perfino alla Cina di esporsi alla gelosia dell’ America, ma proprio il “socialismo con caratteristiche cinesi”, che ha portato il Paese dalla situazione di un deserto all’ attuale rango di società all’avanguardia tecnologica ed economica mondiale, non potrebbe essere tenuto nascosto neppure volendo (come, taoisticamente, avrebbe richiesto Teng Xiaoping, il cui stesso nome di battaglia dimostra un’incredibile grado di  umiltà).

Di fronte alla realtà di questa “esposizione” , il problema numero uno degli Europei non è, come per gli Americani, quello di contrastare l’ascesa dell’ Eurasia, bensì di trarne delle lezioni. A cominciare da quella che, come intravisto da Foscolo, Nietzsche, Kang You Wei, Guénon, Gandhi, Eliade, Jaeger, Saint-Exupéry, Pound,  Béjart, Zhang Yi Mou, millenarie civiltà come le nostre non possono essere stravolte da un pretenzioso nuovismo, perché hanno basi solidissime, che prima o poi riemergono anche dopo decenni o secoli di forzata alienazione sotto influenze ostili.

Per tutte queste ragioni, per chiunque, ma soprattutto per l’ Italia, “uscire dalla Via della Seta” nel vero senso della parola sarebbe oggi pressoché impossibile: sarebbe come “uscire dal mondo”. E, in effetti, senza il gas della Russia, senza i campi profughi in Turchia, senza le tecnologie Foxcomm  e Huawei, senza il petrolio iraniano, senza le esportazioni in Cina, cosa sarebbe l’Italia? Una colonia ancora più sottosviluppata.

Il riorientamento del nostro sito, che contiene un ampio patrimonio di link dedicati all’Eurasia in generale (“Haft Peykar, la blogosfera dell’ interculturalità”), ambisce a  fornire un tramite per lo sviluppo di questa coscienza culturale nuova. Haft Peykar è un poema allegorico medievale del poeta asero di lingua persiana Nizami-i-Ganjavi, il quale, riprendendo il mito dell’imperatore Sassanide Bahram, ne narra la vicenda erotico-mistica della ricerca di 7 spose, ciascuna rappresentante una parte dell’Eurasia. Una di queste, la slava “Principessa Rossa”, diverrà poi, nella letteratura derivata e in Puccini, l’immortale Turandot.

12 MAGGIO, SALA AVORIO, COLLOQUIO CON Ambasciatore bradanini sulla nuova via della seta

Domenica 12 maggio

Ore 18,30 Salone del Libro – Sala Avorio

Cantieri d’ Europa: Sulle vie della Seta, Quale strategia?

Colloquio con Alberto Bradanini sull’opera collettiva “L’Europa sulle Vie della Seta, Documenti e riflessioni sul rapporto con la Cina”

Con Riccardo Lala e Giuseppina Merchionne

a cura di Alpina, in collaborazione con Movimento Europeo (progetto “Academic agorà for the future of Europe”, cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Erasmus+ – Azione Jean Monnet), ed EGEA

L’adesione dell’Italia alla Via della Seta è al centro del dibattito politico ed economico: quali i vantaggi e i rischi? Esiste una strategia, in Italia o in Europa?

 

 

FIRMATO IL MEMORANDUM OF UNDERSTANDING ITALIA-CINA: Strategia europea per la Via della Seta cercasi disperatamente.

Per fortuna, in occasione della visita del Presidente Xi Jinping in Italia, ha prevalso, alla fine, il buon senso, e il Governo italiano ha firmato senza indugio l’MOU predisposto in esito al lavoro della Task Force Cina del Ministero dello Sviluppo Economico (cfr .ALLEGATI).

Sono state tacitate così le voci trasversali secondo cui l’MOU non risponderebbe agl’interessi nazionali, italiani o europei, e addirittura comporterebbe rischi per la sicurezza nazionale.

Premesso che:

1)sta diventando sempre più difficile distinguere fra interessi individuali, di classe, regionali, nazionali, europei e dell’Umanità, quel che bisogna ricercare è un giusto ed efficace equilibrio fra i vari livelli;

2)che, dal punto di vista della sicurezza, l’Italia si trova già ora nella situazione peggiore possibile, essendo essa eterodiretta da una potenza che, come gli USA, ha non soltanto interessi, ma addirittura percezioni del mondo, radicalmente diverse da quelle dell’Italia stessa,

a me sembra che, non solamente l’MOU, bensì la pretesa e criticata adesione occulta al “Beijing Consensus” (abbandonando il “Washington Consensus”), non potrebbero fare altro che migliorare l’attuale, disperata, situazione del nostro Paese.

Vediamo intanto i diversi vantaggi dell’ MOU firmato a Roma il 22 u.s.:

1)Vantaggi culturali

L’avanzare delle macchine intelligenti sta svuotando completamente la sostanza stessa dell’umano, situazione grave soprattutto per un Paese, come l’Italia, che è stato deliberatamente tenuto fuori da qualunque aspetto determinante nello sviluppo dell’informatica. L’intervista di Edward Snowden del 19 marzo a “La Repubblica” è eloquente a questo riguardo: gl’Italiani verrebbero trattati, dalla comunità americana dell’intelligence, “come bambini”. Inoltre, quando si pensa alle eccellenze dell’ Italia nella storia, nella cultura, nel modo di vivere, nella religione, si pensa sempre ad aspetti radicalmente contrapposti all’ attuale Società delle Macchine Intelligenti.

Solo la Cina non ha mai cessato di attribuire ufficialmente all’Italia questo suo valore storico, accomunandola per 1500 anni, sotto il nome di Da Qin, ”la Grande Cina”, all’ Impero Romano e al Cristianesimo, come ha fatto ancora a Roma il Presidente Xi Jinping. Ancor oggi la Cina ha fatto ricorso all’ Italia per redigere il suo Codice Civile. D’altra parte, la Cina è anche  l’unico Paese che tributi quotidianamente un ossequio formale ai propri “classici”, citati incessantemente (con tanto di note filologiche), dal Presidente Xi Jinping nei suoi discorsi, e spiegati alla televisione con apposite trasmissioni. Sarebbe come se i discorsi dei nostri uomini politici fossero un incastro di citazioni di Bibbia, Omero, tragedie e filosofi greci, De Bello Gallico, Divina Commedia, ecc…

Anche sulla base di questo culto condiviso per la “classicità” intesa nel senso più ampio, con 300 milioni di turisti cinesi che si muovono ogni anno attraverso il mondo, esiste un enorme margine per creare una potentissima industria turistica e culturale congiunta italo-cinese, cosa a cui i nuovi accordi fanno per altro più di un accenno. Basti pensare che l’MOU prevede addirittura di creare in Cina una piattaforma italo-cinese dedicata alla promozione del modo di vita italiano. D’altronde, queste cose in Cina non sono nuove. Basti pensare alla ex concessione italiana di Tianjing, che è stata trasformata in una “Italian Style City”.

2.I vantaggi economici

L’ attuale recessione, innescata dai dazi di Trump, che attanaglia ogni giorno di più, non solo l’Italia, ma tutta l’Europa, a cominciare dalla Germania, non riguarda solo gl’indicatori attuali, bensì si estende alla mancanza di progetti e al pessimismo generalizzato, ma soprattutto, come ha messo a nudo la vicenda del viaggio di Xi Jinping, all’assenza di un’ ”advocacy” europea  unica, che negozi   gli accordi economici a vantaggio dell’ intera Unione, e, infine, alla dichiarata volontà di Trump di contingentare la produzione e l’export europei per ripristinare la primazia americana (“America first”).

Si noti che il documento sfornato dalla Commissione un paio di giorni prima del viaggio di Xi non risolve il problema, perché, se tenta di rendere la vita più difficile ai negoziatori extraeuropei, non risolve il problema di fondo, vale a dire che i  negoziatori europei che dovrebbero fronteggiarli semplicemente non esistono. Infatti, chi potrebbe discutere con Xi di tutte le materie di cui egli è competente: cultura, difesa, diritto, economia, ecc..? Non certo il Presidente del Consiglio Europeo, né quello della Commissione, né l’ Alto Rappresentante per la PESC…

In questa situazione, l’Italia e l’Europa si trovano in un vicolo cieco, in cui sono costrette a trovare qualche elemento nuovo, per rovesciare un trend che inevitabilmente li sta  condannando. In questa situazione, coltivare rapporti privilegiati con la maggior potenza economica del mondo può fornire vantaggi fondamentali, quali la possibilità di reperire finanziamenti internazionali, nazionali e internazionali(AIIB), pubblici e privati, che negli ultimi anni sono divenuti difficilissimi in un contesto occidentale, dati i vincoli UE e l’atteggiamento ostile delle agenzie di rating; un accesso agevolato al mercato e alle tecnologie cinesi, oggi spesso più avanzate di quelle americane, per non dire quelle europee (5G, web, computer quantici, aerospazio).

Nel caso dell’Europa, il vantaggio è stato dimostrato plasticamente dall’acquisto, in un solo blocco, da parte della Cina, di 290 aerei dall’ Airbus, l’unico “campione europeo” realmente esistente, proprio durante quel viaggio a Parigi che avrebbe dovuto vedere la sconfessione della Via della Seta da parte del tandem franco-tedesco. Tra l’altro, anche il gran daffare intorno alla reciprocità e al “golden power” è merito della Via della Seta. Prima, quando i possibili investitori erano solo gli Americani, non c’era alcuno zelo nel difendere l’economia nazionale.

Nel caso dell’ Italia,i  vantaggi legati  all’ MOU sono altrettanto evidenti.

Come non si stancano di lamentare gli esperti di trasporti, il principale problema dei porti italiani è che la maggior parte delle merci, anche per il Norditalia, transitano da Rotterdam e Amburgo perché i nostri porti sono insufficienti. Tuttavia, l’Italia è più vicina alla Cina di quanto non lo sia il Mare del Nord. Ora che i Cinesi sembrano intenzionati a portare traffico e soldi a Genova e a Trieste, il problema non si dovrebbe più porre, e tutto il sistema logistico italiano, dai TAV del Norditalia, agl’interporti, ne saranno agevolati. In questo, come in molti altri casi, ci volevano i Cinesi poer fare prevalere il buon senso contro le opposte illogicità degli Europei: il furbesco privilegio degli uni e la beota faziosità degli altri. Sarà vero che l’ Imperatore della Cina ha un Mandato del Cielo?

 

  1. I vantaggi politici

A maggior ragione, se e nella misura in cui l’influenza dell’America, attraverso l’ideologia, la diplomazia, i dazi,  ha come suo obiettivo quello di neutralizzare la forza dell’Europa, tutte le energie che controbilancino, nella cultura, nelle relazioni internazionali, nel commercio, quell’influenza, non possono che essere salutari per la forza dell’ Europa. Non è vero quindi che l’influenza cinese comprometta la nostra identità e sovranità: al contrario, le grandi comunalità che uniscono la nostra cultura con le altre dell’ Eurasia (fedeltà ai valori dell’“Epoca Assiale”, culturalismo, meritocrazia, comunitarismo) costituiscono una leva per  contrastare l’omologazione anti-cultuale della “cultura mainstream” e per rialzare il nostro “standing” in Italia e in Europa, con un richiamo costante al nostro passato, non certo inferiore, anche se non superiore, a quello degli altri grandi imperi millenari (cinese, indiano, persiano…).

Quello che vale per l’Europa vale a maggior ragione per l’Italia: trascinata lontano dalle sue radici classiche e cattoliche per immergerla nella più sguaiata modernità (diseducazione generalizzata, mercificazione, cementificazione); privata con stratagemmi o con la violenza dei suoi migliori capitani d’industria (Olivetti e Mattei); spogliata delle sue migliori imprese, ridotte a “spezzatino” per la gioia dei concorrenti.

3.I pericoli  della Via della Seta

Le due aree su cui si sta tentando di raggiungere un accordo fra Europa e Cina sono, da un lato, un trattato generale sugli investimenti (che dovrebbe sostituire gli esistenti trattati commerciali di tutti gli Stati membri), e, dall’ altra, la “piattaforma di connettività”, dedicata in particolare alla Via della Seta.Tutti argomenti non trattati dall’ MOU italiano (né dal previsto MOU francese), in quanto di competenza della Commissione.

Nei confronti dell’Italia, si ripetono gli ammonimenti che sono già stati agitati nei confronti dei Paesi afroasiatici che già sono impegnati nella Via della Seta:

a)la “trappola del debito”: i partner della Cina, realizzando le infrastrutture a credito, finirebbero  per addossarsi un onere finanziario inaccettabile. L’MOU non parla affatto di finanziamenti, bensì di collaborazioni, di forniture, di servizi. Si tratta infatti dei business più svariati: forniture chiavi in mano dall’ Italia alla Cina; collaborazioni culturali, commerciali e tecnologiche, dove semmai l’Italia incassa e la Cina paga;

b)la “svendita degli assets strategici”. Ma qui non si sta, non dico svendendo, ma neppure vendendo, niente. Semmai, si è già venduta, qualche anno fa, la Pirelli. I porti di Genova e di Trieste non sono in vendita. Semmai, si tratta di potenziarli per ospitare il traffico con la Cina .Invece, mi risulta che siano controllati dall’ America e da molto tempo alcune industrie veramente strategiche, come certe aziende aerospaziali, le reti informatiche, l’industria automobilistica…Quanto alle acciaierie, le abbiamo vendute ai Russi e agli Indiani, e un provider telefonico, addirittura a un Egiziano..

c)lo spionaggio elettronico: lo spionaggio elettronico ai danni degli Europei è condotto, alla luce del sole, in base ad accordi semisegreti, dai 16 servizi segreti americani fin da quando esiste l’ elettronica. Quando era scoppiato lo scandalo Prism, Obama l’aveva riconosciuto apertamente, sostenendo che gli Stati Uniti non avevano alcuna intenzione di smettere. Inoltre, i servizi segreti cinesi spiano da tempo con molto successo gli Stati Uniti, provocando tra l’altro la rottamazione di tutti i più recenti progetti dell’industria americana in quanto copiati dai Cinesi prima ancora della loro realizzazione. Ne consegue che i Cinesi, attraverso gli Stati Uniti, hanno già accesso a tutti i segreti tecnologici e militari dell’Italia. La supremazia tecnologica Huawei e la fornitura del materiale da parte di quest’ultima potrebbe avere, semmai, il vantaggio d’ interrompere lo spionaggio americano.

d)la sicurezza: Oggi, l’Italia e l’Europa sono tutt’altro che sicure. Fare affidamento sull’armamento atomico dell’America, che, come ripete Trump, non vede l’ora di disimpegnarsi, è una pura finzione. In realtà, sono gli Europei ad essere costretti a spendere somme ingentissime per supportare un sistema di difesa che serve esclusivamente gli interessi americani, e che in caso di guerra lascerebbe l’Europa automaticamente in balia delle rappresaglie nemiche (per esempio contro le nostre basi dove sono stazionate le testate nucleari americane). L’America ci minaccia di cambiare il nostro ruolo nella NATO? Ma noi nella NATO ci siamo solo per fornire gratis più di 100 basi, accollandoci, così, un rischio nucleare che non ci spetterebbe. Un ruolo meno importante di così non riesco a immaginarlo.

e)La tutela dell’ economia nazionale:La legislazione di protezione nel campo degli appalti e degl’investimenti esteri avrebbe dovuto essere adottata da settant’anni. Tuttavia, non è questa che può proteggere l’Europa dalla presenza di concorrenti o partners più forti. L’Europa si protegge solo divenendo essa stessa più forte al suo interno, con una cultura civica autentica, con una leadership forte almeno quanto quella dei concorrenti, con il coordinamento di tutte le energie del Paese, come previsto dalla nuova dottrina americana di difesa, con un “deep State” sostanzioso, coeso, tonico e motivato culturalmente.

Lo stesso dovrebbe valere anche per l’Italia, solo che, quando gli Stati di medie dimensioni, come quelli europei, pretendono di essere “sovrani” nello stesso senso in cui lo sono degl’imperi di  un miliardo e mezzo di abitanti, fanno la fine del re delle rane, che si gonfiò fino a scoppiare (come abbiamo dovuto toccare con mano nella 2° guerra mondiale).

e)La mancanza di reciprocità: Come i giornali tedeschi hanno fatto rilevare, l’incapacità di Merkel ad esprimere a Xi Jinping le attese obiezioni è derivata dalla mancanza di alternative Non è, infatti,  che i Cinesi oppongano alle importazioni degli Europei ostacoli burocratici maggiori della media. E’ che gli Europei hanno poco da offrire ai Cinesi, oggi come ai tempi di Lord McCartney. E hanno poco da offrire perché non hanno le dimensioni richieste per un mercato grande come quello cinese. Inoltre, non hanno neppure quell’ ambizione di esportare che anima invece i Cinesi, forse per reazione all’espansionismo europeo del passato. Nel ‘500, erano infatti gli Europei a costruire basi navali all’ estero, come per esempio nello Stato delle Indie Orientali, portoghese, e presso la Compagnia delle Indie Orientali (inglese), lungo tutta  la Via Marittima della Seta. Ora, i Cinesi vogliono fare lo stesso cammino, ma all’inverso.

Per questi motivi, Angela Merkel, accorsa a Parigi, non ha saputo fornire esempi di richieste di  reciprocità non andate a buon fine. Forse a i Tedeschi è stato vietato di fabbricare le Volkswagen e le Mercedes in Cina? Anzi, le auto tedesche sono le più vendute. Hanno mai chiesto di finanziare porti in Oriente? Secondo lo Spiegel, i Tedeschi non vorrebbero neppure finanziare i porti italiani, ma non possono opporsi a che lo facciano  i Cinesi di loro spontanea iniziativa.

Allegato n. 1

MEMORANDUM D’INTESA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE SULLA COLLABORAZIONE NELL’AMBITO DELLA“VIA DELLA SETA ECONOMICA” E DELL’ “INIZIATIVA PER UNA VIA DELLA SETA MARITTIMA DEL 21° SECOLO”

Il Governo della Repubblica Italiana ed il Governo della Repubblica Popolare cinese (di seguito definite “le Parti”) mossi dall’intento di approfondire la cooperazione bilaterale concreta;

Accogliendo con favore l’organizzazione del “Belt and Road Forum for International Cooperation”, tenutosi a Pechino nel maggio 2017;

Riconoscendo l’importanza ed i benefici derivanti da un miglioramento della connettività tra Asia ed Europa ed il ruolo che l’iniziativa “Belt and Road” può svolgere a tale riguardo;

Richiamando il Comunicato congiunto della Tavola Rotonda dei Leader al “Belt and Road Forum for International Cooperation”;

Richiamando il Piano d’Azione per il rafforzamento della cooperazione economica, commerciale, culturale e scientifico-tecnologica tra Italia e Cina 2017-2020,adottato a Pechino nel maggio 2017;

Richiamando il Comunicato congiunto della Nona sessione del Comitato intergovernativo Italia-Cina, tenutasi a Roma il 25 gennaio 2019 e l’impegno ivi espresso per promuovere il partenariato bilaterale in uno spirito di mutuo rispetto, uguaglianza e giustizia, con modalità reciprocamente vantaggiose, nell’ottica di una rafforzata solidarietà globale;

Consapevoli del comune patrimonio storico sviluppato lungo le vie di comunicazione terrestri e marittime tra l’Europa e l’Asia, nonché del tradizionale ruolo dell’Italia quale terminale della Via della Seta marittima;

Rinnovando il comune impegno all’osservanza degli scopi e dei principi espressi nella Carta delle Nazioni Unite ed alla promozione di una crescita inclusiva e di uno sviluppo sostenibile, in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;

2Richiamandoaltresì gli obiettivi stabiliti dall’Agenda Strategica di Cooperazione UE-Cina 2020 e i principi che guidano la Strategia UE per la Connettività tra Europa ed Asia adottata nell’ottobre 2018;

hanno raggiunto i seguenti intendimenti:

 

ParagrafoI:Obiettivi e Principi guida della Collaborazione

  1. Le Parti si adopereranno insieme nell’ambito dell’Iniziativa “Belt and Road” al fine di tradurre i rispettivi complementari punti di forza in reciproci vantaggi per una collaborazione concreta ed una crescita sostenibile, sostenendo le sinergie tra l’iniziativa “Belt and Road” e le priorità identificate nel Piano d’Investimenti per l’Europa e le Reti di Trasporto Trans-Europee, tenuto conto delle discussioni in corso in seno alla “Piattaforma di connettività UE-Cina”. In tal modo, le Parti intendono anche rafforzare i rapporti politici, i legami economici e gli scambi diretti tra i due popoli. Le Parti rafforzeranno la collaborazione e promuoveranno la connettività regionale in un contesto aperto, inclusivo e bilanciato, vantaggioso per tutti, così da promuovere la pace, la sicurezza, la stabilità e lo sviluppo sostenibile nella regione.
  2. Le Parti promuoveranno la collaborazione bilaterale sulla base dei seguenti principi:

(i)Guidate dagli obiettivi e dai principi della Carta delle Nazioni Unite, le Parti lavoreranno per lo sviluppo e la prosperità comuni, per una più profonda fiducia reciproca e una collaborazione di mutuo vantaggio;

(ii)Nel rispetto delle rispettive leggi e regolamenti nazionali ed in conformità con i rispettivi obblighi internazionali, le Parti si sforzeranno di promuovere il regolare sviluppo dei loro progetti di collaborazione;

(iii)Le Parti esploreranno possibili sinergie e assicureranno coerenza e complementarietà con i meccanismi di collaborazione bilaterali e multilaterali e con le piattaforme regionali di cooperazione già esistenti.

 

 

ParagrafoII:Ambiti di Collaborazione.

3Le Parti collaborerannonei seguenti settori:1.Dialogo sulle politiche.Le Parti incoraggeranno sinergiee consolideranno la comunicazione e il coordinamento. Promuoveranno inoltre il dialogo sulle politiche relative alle iniziative di connettività e sugli standard tecnici e regolamentari. Le Parti si adopereranno congiuntamente nell’ambito della Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), al fine di promuovere la connettività, in conformità con gli scopi e le funzioni dellaBanca.

2.Trasporti, logistica e infrastrutture. Entrambe le Parti condividono una visione comune circa la necessità di migliorare il sistema dei trasporti in un’ottica di accessibilità, sicurezza, inclusione e sostenibilità. Le Parti collaboreranno nello sviluppo della connettività infrastrutturale, compresi aspetti quali le modalità di finanziamento, l’interoperabilità e la logistica, in settori di reciproco interesse (quali strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia–incluse le energie rinnovabili e il gas naturale -e telecomunicazioni). Le Parti esprimono il loro interesse a sviluppare sinergie tra l’iniziativa “Belt and Road”, il sistema italiano di trasporti ed infrastrutture-quali, ad esempio, strade, ferrovie, ponti, aviazione civile e porti-e le Reti di Trasporto Trans-europee(TEN-T).Le Parti accolgono con favore le discussioni in seno alla “Piattaforma di connettività UE-Cina” tese a migliorare l’efficienza della connettività tra Europa e Cina. Le Parti collaboreranno al fine di facilitare lo sdoganamento delle merci, rafforzandola cooperazione per trovare soluzioni di trasporto sostenibile, sicuro e digitale, nonché nei relativi piani di investimento e finanziamento. Le Parti sottolineano l’importanza di procedure di appalto aperte, trasparenti e non discriminatorie.

3.Commercio ed investimenti senza ostacoli. Le Parti si adopereranno al fine di accrescere investimenti e flussi di commercio in entrambe le direzioni, così come la collaborazione industriale bilaterale, nonché la collaborazione nei mercati di Paesi terzi, attraverso l’individuazione di modalità utili a favorire una reale ed efficace collaborazione reciproca. Le Parti ribadiscono la comune volontà di favorire un sistema commerciale e di investimenti libero ed aperto, contrastare squilibri macroeconomici eccessivi e opporsi all’unilateralismo e al protezionismo. Nel quadro dell’Iniziativa “Belt and Road”, le Parti incoraggeranno una collaborazione commerciale ed industriale trasparente, non discriminatoria, aperta e libera; procedure di appalto aperte;la messa in opera di un level playing field ed il rispetto per i diritti di proprietà intellettuale. Le Parti esploreranno modalità di collaborazione e di partenariato più strette che siano reciprocamente vantaggiose e che comportino anche il miglioramento della cooperazione Nord-Sud, Sud-Sud e triangolare.

4.Collaborazionefinanziaria.Le Parti rafforzeranno la comunicazione ed il coordinamento bilaterali in tema di politiche fiscali, finanziarie e di riforme strutturali, al fine di creare un ambiente favorevole alla cooperazione economica e finanziaria, anche attraverso l’istituzione del Dialogo Italia-Cina a livello finanziario tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze della Repubblica Italiana ed il Ministero delle Finanze della Repubblica Popolare Cinese. Le Parti favoriranno partenariati tra le rispettive istituzioni finanziarie per sostenere congiuntamente la collaborazione in materia di investimenti e finanziamenti, a livello bilaterale e multilaterale enei confronti di Paesi terzi, nel quadro dell’iniziativa “Belt and Road”.

5.Connettività people-to-people. Le Parti cercheranno di ampliare gli scambi interpersonali, sviluppare la rete di città gemellate, valorizzare il Forum Culturale Italia-Cina per la realizzazione dei progetti di gemellaggio tra siti italiani e cinesi registrati dall’UNESCO quali patrimoni dell’umanità. Esse promuoveranno forme di collaborazione, tra le rispettive Amministrazioni, sui temi dell’istruzione, dellacultura, della scienza, dell’innovazione, della salute, del turismo e della previdenza pubblica. Le Parti promuoveranno scambi e collaborazioni tra le rispettive Autorità locali, i mezzi di comunicazione, think-tank, le università e tra i giovani.

  1. Cooperazione per lo Sviluppo verde. Le Parti sostengono pienamente l’obiettivo di sviluppare la connettività seguendo un approccio sostenibile e rispettoso dell’ambiente, promuovendo attivamente il processo di transizione globale verso lo sviluppo verde, a bassa emissione di carbonio e l’economia circolare. In questo spirito, le Parti collaboreranno nel campo della protezione ecologica ed ambientale, dei cambiamenti climatici ed in altri settori di reciproco interesse. Le Parti scambieranno opinioni sullo sviluppo verde e promuoveranno attivamente la realizzazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e l’Accordo di Parigi sui Cambiamenti climatici. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare della Repubblica Italiana parteciperà attivamente alla Coalizione Internazionale per lo Sviluppo Verde nell’ambito dell’iniziativa “Belt and Road”, avviata dal Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente della Repubblica Popolare Cinese e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP).

 

ParagrafoIII:Modalità di Collaborazione1.Le modalità di collaborazione possono includere–ma non saranno limitate a:(i)Scambi di visite ad alto livello e discussioni nel quadro dei meccanismi di scambio governativi e non governativi già esistenti. Le Parti amplieranno lo scambio di informazioni in vari settori e tramite molteplici canali, allo scopo di aumentare la trasparenza ed incoraggiare la partecipazione da ogni settore della società.(ii)Esplorare la possibilità di avviare programmi-pilota in settori chiave, scambi e cooperazione economica, ricerca congiunta, capacity building, scambi di risorse umane eformazione.2.Le Parti individueranno modelli di collaborazione reciprocamente vantaggiosi al fine di promuovere l’attuazione dei principali progetti previsti nell’ambito dell’iniziativa “Belt and Road”. Le Parti seguiranno principi di mercato, promuoveranno la collaborazione tra capitale pubblico e privato, incoraggeranno gli investimenti e il sostegno finanziario attraverso modelli diversificati. Entrambe le Parti rinnovano il proprio impegno verso investimenti sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale ed economicamente fattibili.

3.Le Parti esploreranno congiuntamente opportunità di collaborazione in Italia ed in Cina e discuteranno della collaborazione nei Paesi terzi. Le Parti si impegnano in favore di modalità di collaborazione vantaggiose per tutti i partecipanti e di progetti che apportino benefici a Paesi terzi, sostenendone le priorità in termini di sviluppo e di bisogni delle popolazioni locali, in maniera sostenibile ed efficace dal punto di vista fiscale, sociale, economico ed ambientale.4.Le competenti Autorità delle Parti possonofinalizzare inteseper la collaborazione in settori specifici e per la creazione di appositi meccanismi di collaborazione.

 

ParagrafoIV:Meccanismi di collaborazione Le Parti utilizzeranno a pieno i meccanismi bilaterali già esistenti al fine di sviluppare la collaborazione nell’ambito dell’iniziativa “Belt and Road”.Il Comitato Governativo Italia-Cinasarà utilizzato per monitorare progressi e seguiti

 

ParagrafoV:Divergenze Interpretative Le Parti risolveranno amichevolmente eventuali divergenze interpretative del presente Memorandum d’Intesa mediante consultazioni dirette.

 

ParagrafoVI:Leggeapplicabile Il presente Memorandum d’Intesa non costituisce un accordo internazionale da cui possano derivare diritti ed obblighi di diritto internazionale. Nessuna delle disposizioni del presente Memorandum deve essere interpretata ed applicata come un obbligo giuridico o finanziario o impegno per le Parti. L’interpretazione del presente Memorandum d’Intesa deve essere in conformità con le legislazioni nazionali delle Parti nonché con il diritto internazionale applicabile e, per quanto riguarda la Parte italiana, con gli obblighi derivanti dalla appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.***Il presente Memorandum acquista efficacia alla data della firma. Il presente Memorandum rimarrà valido per un periodo di cinque anni e sarà automaticamente prorogato di cinque anni in cinque anni, salvo che una Parte vi ponga termine dandone un preavviso scritto di almeno tre mesi all’altra Parte.

Fatto a Roma il 22 marzo 2019, in due originali, ciascuno in lingua italiana, cinese e inglese, tutti i testi facenti ugualmente fede. In caso di divergenze interpretative, prevarrà il testo in lingua inglese. Per il Per il Governo della Repubblica Italiana Governo della Repubblica Popolare Cinese

 

 

 

LISTA DELLE INTESE COMMERCIALI PRESENTATEA VILLA MADAMA

1.CDPIntesa di partenariato strategico tra Cassa Depositi e Prestiti S.p.A (CDP) e Bank of China LimitedBank of ChinaAD Fabrizio PalermoPresidente Chen Siqing

2.ENI Memorandum of Understanding sul partenariato strategico tra ENI S.p.A. e Bank of China LimitedBank of ChinaAD Claudio DescalziPresidente Chen Siqing

3.AnsaldoEnergiaIntesa di collaborazione tecnologica sul Programma di Turbine a Gas tra Ansaldo Energia S.p.A. e China United Gas Turbine Technology Co.-UGTCChina United Gas Turbine Technology Co. UGTC (controllata da SPIC–State Power Investment Corporation)AD Giuseppe ZampiniPresidente Qian Zhimin

4.Ansaldo EnergiaContratto per la fornitura di una turbina a gas AE94.2K per il progetto Bengang tra Ansaldo Energia S.p.A., Benxi Steel Group Co., e Shanghai Electric Gas Turbine Co.Shanghai Electric Gas Turbine (SEGT) e Benxi Steel Group (BSG)AD Giuseppe ZampiniPresidentedi SEGT Huang Ou Chairman di BSG Chen Gizhuang

5.CDP, SNAMMemorandum of Understandingtra Cassa Depositi e Prestiti S.p.A (CDP), Snam S.p.A. e Silk Road Fund CoSilk Road FundAD di CDP Fabrizio PalermoAD di SNAM Marco AlveràGeneral Manager di Silk Road Fund Wang Yanzhi

6.Agenzia ICE Intesa di cooperazione strategica tra Agenzia ICE e Suning.com Group Coper la realizzazione di una piattaforma integrata di promozione dello stile di vita italiano in CinaSuning.com Group Co., Ltd.Presidente Carlo Maria Ferro Presidente Zhang Jindong

7.AdSP del Mare Adriatico OrientaleAccordodi cooperazione tra Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale –Porti di Trieste e Monfalcone e China Communications Construction Company(CCCC)China Communication Construction CompanyPresidente Zeno D’AgostinoPresidente Song Hailiang

8.AdSP del Mar Ligure Occidentale /Commissario Straordinario per la Accordo di cooperazione tra il Commissario Straordinario per la Ricostruzione di Genova, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure China Communication Construction Company Presidente PaoloSignorini Presidente Song Hailiang

Ricostruzione di Genova Occidentale e China Communication Construction Company (CCCC)

9.Intesa SanpaoloMemorandum of Understanding tra Intesa Sanpaolo S.p.A. ed il Governo Popolare della città di Qingdao Governo Popolare della città di QingdaoAD Carlo MessinaVice Sindaco Liu Jianjun

10.Gruppo Danieli Contratto tra Danieli & C. Officine Meccaniche S.p.A. e China CAMC Engineering Coper l’installazione di un complesso siderurgico integrato in AzerbaijanChina CAMC Engineering CoPresidente Gianpietro Benedetti Presidente e Direttore Generale Luo Ya

 

 

 

 

LA LETTERA DI XI JINPING AGLI ITALIANI , che cita “il Regno di DA QIN”

PUBBLICHIAMO QUI DI SEGUITO LA LETTERA AGLI ITALIANI DEL PRESIDENTE XI JINPING IN VISITA NOSTRO PAESE.

SEGNALIAMO CHE, PROPRIO ALL’ INIZIO, IL PRESIDENTE RICORDA CHE I PAPPORTI FRA I DUE PAESI RISALGONO AI TEMPI DELL’IMPERO ROMANO E DEELLA DINASTIA HAN, QUANDO ERA STATA CONIATA, PER RIFERIRSI A ROMA, ALL? ITALIA, ALL’ IMPERO E ALL’ EUROPA, IL TERMINE “DA QIN”, “GRANDE CINA”.

La Cina e l’Italia sono rispettivamente emblema della civiltà orientale e occidentale e hanno scritto alcuni dei più importanti e significativi capitoli della storia della civiltà umana. L’Italia è la patria dell’antica civiltà romana e la culla del Rinascimento e il suo patrimonio di grandi monumenti, di capolavori artistici e letterari è ormai diffusamente noto in Cina. I contatti tra le due grandi civiltà, cinese e italiana, affondano le loro radici nella storia. Già più di duemila anni fa, l’antica Via della Seta ha permesso il collegamento tra l’antica Cina e l’antica Roma, nonostante le grandi distanze che le separavano. La dinastia Han inviò Gan Ying in missione alla ricerca di ciò che chiamavano «Da Qin» o «Grande Qin» che si riferiva proprio all’impero romano, mentre nei componimenti del poeta Virgilio e del geografo romano Pomponio Mela si trovano molteplici citazioni del «Paese della seta». In seguito, il «Milione» di Marco Polo scatenò la prima «passione per la Cina» della storia occidentale e il suo autore divenne un pioniere dei contatti tra la cultura orientale e quella occidentale, modello a cui si ispirano ancora oggi gli ambasciatori dell’amicizia.

La visita di Xi Jinping: «Un patto strategico con l’Italia»

Giunti all’epoca moderna, seguendo le orme lasciate dai predecessori sulla strada dell’amicizia, i rapporti bilaterali tra Cina e Italia hanno vissuto molti rinnovamenti che hanno portato sempre nuove opportunità. Nel 1970 la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica Italiana hanno instaurato le relazioni diplomatiche, e nel 2020 ne celebreremo il 50esimo anniversario. Dopo l’allacciamento delle relazioni diplomatiche, a prescindere da quali tempeste hanno interessato la scena internazionale, i due Paesi sono stati un esempio di cooperazione di mutuo vantaggio basata su fiducia reciproca e sulla stretta cooperazione tra Paesi con sistemi sociali, background culturali e fasi di sviluppo diversi. L’amicizia tradizionale tra Italia e Cina è solida ed è riuscita a rinnovarsi sempre nel corso della sua lunga storia divenendo una colonna portante per il rapido e stabile sviluppo dei rapporti bilaterali.

L’amicizia tra Italia e Cina si radica in una ricca eredità storica. I contatti in più di duemila anni hanno gettato le basi del rispetto reciproco e dell’apprendere l’uno dall’altro, della fiducia reciproca e della mutua comprensione, concetti che si sono trasformati nei garanti stabili e continuativi della tradizionale amicizia che ci accomuna. Di fronte alle evoluzioni e alle sfide del mondo contemporaneo, i due Paesi fanno appello alla loro preziosa e lunga esperienza e immaginano insieme gli interessanti scenari capaci di creare un nuovo modello di rapporti internazionali basati sul rispetto reciproco, sull’uguaglianza e la giustizia e sulla cooperazione di mutuo vantaggio, costruendo un futuro condiviso dell’umanità.

L’amicizia tra Italia e Cina si condensa in una forte fiducia strategica. I leader dei due Paesi hanno sempre guardato e sviluppato i rapporti bilaterali con un approccio strategico e una visione lungimirante. Da quando, nel 2004, i due Paesi hanno istituito il partenariato strategico globale bilaterale, gli incontri ai massimi livelli tra Roma e Pechino hanno avuto un ruolo di guida e di promotori dei rapporti bilaterali e di sempre mutua comprensione e fermo sostegno di fronte agli interessi fondamentali e alle questioni di grande rilevanza per ciascuno. Questo li ha resi il saldo supporto che ha garantito lo stabile e duraturo sviluppo dei rapporti bilaterali.

L’amicizia tra Cina e Italia si manifesta nella cooperazione concreta. Cina e Italia si considerano a vicenda partner importanti per il commercio e gli investimenti e vantano una forte convergenza di interessi. Nel 2018, l’interscambio commerciale bilaterale ha superato la soglia dei 50 miliardi di dollari e gli investimenti bidirezionali cumulativi hanno superato i 20 miliardi. Il Made in Italy è divenuto sinonimo di prodotti di alta qualità, la moda e l’arredamento italiani incontrano pienamente il gusto dei consumatori cinesi; la pizza e il tiramisù piacciono ai giovani cinesi. I due Paesi hanno raggiunto traguardi importanti nella cooperazione in ambiti come i satelliti e l’aviazione civile; la Settimana Cina-Italia della Scienza, della Tecnologia e dell’Innovazione, le pattuglie congiunte tra le forze dell’ordine e le attività di formazione calcistica sono state accolte molto positivamente dai popoli dei due Paesi.

L’amicizia tra Cina e Italia si tramanda in forti scambi culturali. I popoli cinese e italiano hanno sempre mostrato grande interesse nello studio della cultura l’uno dell’altro. Un professore cinese iniziò a tradurre la Divina Commedia di Dante all’età di settant’anni e l’opera si rivelò talmente ardua che solo dopo 18 anni, sul letto di morte, riuscì a completarla. In Italia i sinologi sono numerosi e hanno svolto il ruolo di ponte nei rapporti tra Cina ed Europa a partire dalla prima grammatica della lingua cinese scritta per l’Occidente da Martino Martini a «Italia e Cina» di Giuliano Bertuccioli e Federico Masini: tutti hanno aiutato a far rimanere sempre viva la passione per la sinologia nella penisola italiana.

Il noto scrittore italiano Alberto Moravia ha scritto: «Le amicizie non si scelgono a caso ma secondo le passioni che ci dominano». Il mondo odierno sta subendo profondi cambiamenti mai visti in un secolo, di fronte a ciò la storia ci affida la responsabilità di innalzare i rapporti sino-italiani e portarli a un nuovo livello e di tutelare insieme la pace, la stabilità e di far crescere la prosperità. Io desidero, con questa mia visita, di tracciare, insieme ai leader italiani, le linee guida dei rapporti bilaterali e di condurli nella nuova era.

Siamo pronti, insieme alla controparte italiana, a sviluppare ulteriormente il partenariato strategico globale, a stringere maggiormente i legami ai massimi livelli e a rafforzare la cooperazione a tutti i livelli tra i nostri governi, parlamenti, partiti ed enti locali; a rafforzare la comunicazione politica, a promuovere la fiducia e i matching strategici, a continuare a comprendere e a sostenere a vicenda gli interessi e i temi più cari alla controparte e a gettare le basi politiche dei rapporti bilaterali.

Siamo pronti, insieme alla controparte Italiana, a costruire insieme la Belt and Road — la Nuova Via della Seta, sviluppando appieno i punti di forza storici, culturali e geografici che la cooperazione tra i due Paesi sotto l’egida della Belt and Road può portare. Impegnandoci a collegare l’idea di interconnessione e connettività propria dell’iniziativa Nuova Via della Seta ai progetti italiani di «costruzione dei porti del Nord» e «investire in Italia» al fine di creare una nuova era per la Belt and Road in settori come la marina, l’aeronautica, l’aerospazio e la cultura.

Siamo pronti, insieme alla controparte italiana, ad ampliare i settori della cooperazione fattiva. La Cina continuerà ad ampliare la sua apertura con strumenti come l’organizzazione, su base annuale, di eventi come la China Import Expo che permettono di condividere le grandi opportunità che il mercato cinese presenta con i Paesi del resto del mondo, Italia compresa. Italia e Cina possono sviluppare il potenziale di cooperazione in settori come la logistica portuale, il trasporto marittimo, le telecomunicazioni e il medico-farmaceutico e incentivare le rispettive aziende ad avviare progetti di cooperazione nei mercati terzi per realizzare una cooperazione di mutuo vantaggio e che risponda agli interessi di tutti.

Siamo pronti, insieme alla controparte Italiana, a stringere ancora di più i contatti in ambito umanistico-culturale. Cina e Italia, in quanto Paesi che detengono il maggior numero di siti Unesco al mondo, vantano ricchissime risorse turistiche e culturali. I due Paesi devono rafforzare i gemellaggi tra i loro siti Unesco e incoraggiare la co-organizzazione di mostre d’arte ed esposizioni dei patrimoni culturali, la co-produzione di opere cinematografiche e audiovisive da parte degli istituti e organizzazioni culturali. Dobbiamo consolidare l’insegnamento delle nostre lingue, promuovere gli scambi tra persone in modo da apportare un nuovo e maggiore contributo alla diversità culturale mondiale e all’incontro, all’apprendimento reciproco tra universi culturali diversi.

Siamo pronti, insieme alla controparte Italiana, a rafforzare il coordinamento sull’agenda internazionale e in seno alle organizzazioni multilaterali. La Cina è disponibile per consolidare la comunicazione e la sinergia con l’Italia in seno alle Nazioni Unite, al G20, all’Asem e all’Organizzazione Mondiale del Commercio su tematiche come la governance globale, il mutamento climatico, la riforma dell’Onu e del Wto e altre questioni rilevanti, al fine di tutelare gli interessi comuni, promuovere il libero scambio e il multilateralismo e proteggere la pace e la stabilità mondiale e consentire uno sviluppo fiorente.

Ripercorrendo la storia degli ultimi 50 anni è evidente come i rapporti sino-italiani abbiano radici profonde e abbiano già ottenuto numerosi risultati. Guardando alla nuova era, la cooperazione sino-italiana ha un futuro roseo e prospettive di sviluppo ampie. Il popolo cinese è ansioso di unire le forze con gli amici italiani per coltivare insieme il terreno dei rapporti bilaterali e far sì che possa giungere a una nuova e più ricca fioritura e che l’amicizia tra Cina e Italia possa rinnovarsi costantemente.

CONVEGNO DEL 16 FEBBRAIO SULLE PROSPETTIVE DELLA VIA DELLA SETA PER IL PIEMONTE

        Il primo Pendolino,  treno italiano ad alta velocità

Convegno presso il Centro Studi San Carlo sulle opportunità per il Piemonte della Nuova Via della Seta

Sabato 16 febbraio, presso il Centro Studi San Carlo, si è svolto il convegno, organizzato da Rinascimento Europeo e dalla Casa Editrice Alpina, dedicato al tema: “Nuova Via della Seta, Prospettive per il Piemonte”.

Si sono date appuntamento otto personalità che, sotto angolature diverse, sono latori di messaggi  importanti per la comprensione della complessa tematica, contribuendoal tentativo di  sblocco della situazione piemontese delle infrastrutture, incancrenitasi per l’atteggiamento di retroguardia di un certo numero di autorità e forze politiche.

Ha introdotto i lavori  Riccardo Lala, manager, editore e scrittore, il quale ha illustrato il perché dell’abbinamento dei due temi, Via della Seta e Alta Velocità, precisando che l’obiettivo è quello di far comprendere come, mentre la Cina, in quindici anni, è passata dal semplice acquisti di un singolo treno ad alta velocità (il tedesco Maglev), a una situazione di quasi monopolio a livello mondiale, con 20.000 chilometri circa di ferrovie ad alta velocità sui 36.000 totali nel mondo intero, il Piemonte, che era stato all’ avanguardia (con il primo Pendolino realizzato nel 1964), rappresenta ora il fanalino di coda, non essendo riuscito, nello stesso periodo, neppure a realizzare un centinaio di chilometri di alta velocità fra Torino e Lione.

L’avvocato Stefano Commodo, portavoce dell’Associazione Culturale Rinascimento Europeo e padrone di casa, ha ricordato che la responsabilità del ritardo non è solamente dell’attuale governo, del Movimento Cinque Stelle e del movimento No TAV, bensì anche dell’Amministrazione della Regione, che non ha fatto abbastanza per accelerare l’iniziativa. Ha perciò auspicato che un cambio di guida nel governo della Regione possa portare finalmente alla realizzazione dell’opera.

Francesco Balocco, Assessore ai Trasporti, Infrastrutture e Opere Pubbliche della Regione Piemonte, ha invece ricordato quanto fatto dal governo regionale nell’ ambito della complessa dialettica in corso, in tema di alta velocità, fra Unione Europea, governo nazionale, regione e amministrazioni locali, rivendicando il ruolo propulsivo anche dell’attuale giunta.

Bartolomeo  Giachino, già sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, organizzatore delle due manifestazioni in Piazza San Carlo a favore della Torino-Lione, e attualmente presidente del movimento “Sì Lavoro, Sì Tav”, ha ricapitolato il punto di vista del suo movimento circa l’importanza centrale dell’opera per il rilancio dell’ economia piemontese, ricordando che, ai tempi della sua presenza al dicastero dei Trasporti, l’ Unione Europea aveva approvato una struttura dei Corridoi Transeuropei che prevedeva l’incrocio di ben tre di essi nella Pianura Padana. Inoltre, ha sottolineato l’importanza delle due manifestazioni “Sì Tav” nel cambiamento del clima politico, nonché, in particolare, il ruolo svolto dal movimento per sollecitare l’attenzione per questo tema del vice-primo ministro Salvini.

L’avvocato Cesare Italo Rossini, Presidente della Fondazione SLALA, Sistema Logistico Integrato del Nord-Ovest d’Italia, ha illustrato, da un lato, il ruolo svolto dalla sua fondazione a supporto delle amministrazioni locali, e, dall’ altro il ruolo centrale del Porto di Genova e dell’area logistica di Alessandria nel progetto della Via della Seta.

Riccardo Ghidella, Presidente Nazionale dell’UCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, ha ricordato che né un progetto dell’importanza della Nuova Via della Seta, né tanto meno della Via della Seta Europea, può certo essere gestito efficacemente sul solo livello nazionale. Inoltre, ha deprecato l’assenza, da parecchi decenni, di una politica industriale dell’Italia.

Sua Eccellenza Alberto Bradanini, già Ambasciatore d’Italia a Pechino, ha aperto una preziosa finestra sulla realtà di quel fondamentale Paese, nonché sulle logiche che presiedono alla realizzazione dall’ iniziativa Yi Dai Yi Lu – in primis, quello della necessità del finanziamento, o anche solo di un co-finanziamento- per poter partecipare ai progetti generati dall’ iniziativa stessa.

Marzia Casolati, Senatrice della Lega e Segretaria della 14a Commissione Permanente (Politiche dell’Unione Europea), ha riepilogato la posizione del suo partito, rivendicando una coerenza nel tempo della sua linea politica e l’impegno personale in tal senso dell’Onorevole Salvini.

Il convegno si è concluso con l’intesa di continuare a seguire questo scottante tema con successive iniziative, in particolare in connessione con il prossimo Salone del Libro.

Pubblichiamo qui di seguito il discorso integrale di R.Lala al convegno.

 

Confronto fra le tre modalità di trasporto Europa-Asia

“Ringrazio l’amico Stefano Commodo per avermi offerto l’opportunità d’ introdurre questa mattinata, a cui tengo molto, essendo io un po’ il colpevole dell’idea  di tentare di mettere insieme i due temi, quello delle infrastrutture e quello della Nuova Via della Seta, idea che caldeggio da tempo, vale a dire fin da quando avevo presentato, tra l’altro, sempre in questa sala,  il libro ‘Da Qin’.

Per quanto i due temi possano sembrare, a prima vista, lontani, un esame più attento mostrerà la loro stretta connessione.

1.Obiettivi del convegno e del mio intervento.

Nelle mie aspettative, l’iniziativa di oggi dovrebbe avere la funzione di avviare un lavoro di approfondimento ancor più spinto su ambedue i versanti, opera che dovrebbe essere scaglionata nel tempo, con particolare riferimento al Salone del Libro 2019, nell’ambito del quale la mia società sta promuovendo una serie di ‘cantieri’. Cantieri che dovrebbero sfociare in precise iniziative: editoriali, imprenditoriali, consulenziali e politiche, nella direzione del rilancio della nostra presenza nel mondo, e, in primo luogo, in Eurasia.

Esse si articoleranno su due fronti, fra di loro connessi: quello dell’inserimento delle infrastrutture del Piemonte nella Nuova Via della Seta, e quello dell’utilizzo di quest’ultima quale veicolo per rafforzare la nostra economia, la nostra cultura e il nostro peso in Italia e nel mondo.

2.Confronto fra Europa e Cina

Anche nella mia biografia, i due temi sono strettamente legati. Già nel 1977, vale a dire ben 41 anni fa, mi ero recato a Canton per il Gruppo CIR, e, a partire dal 1982, vale a dire 36 anni fa, avevo partecipato alle trattative commerciali con Germania, Slovenia, Finlandia e Portogallo, negoziando l’esportazione in tutt’Europa del Pendolino, il nostro vecchio e misconosciuto treno piemontese ad alta velocità, realizzato sperimentalmente fin dal 1976 sotto la guida dell’ Ing.Di Majo. Quanto alla nuova linea Torino-Lione, essa era stata proposta in un documento delle Ferrovie Francesi già nel 2000. Nella stessa data, il Ministero cinese delle Ferrovie aveva proposto la costruzione della linea ad alta velocità Pechino-Shanghai, con la sola differenza che, contrariamente alla Torino-Lione questa era stata però poi veramente realizzata, in soli 3 anni, con un unico enorme cantiere, e rappresenta da 7 anni, con i suoi 180 milioni di passeggeri, la tratta ferroviaria più trafficata del mondo.

3.Imprescindibilità della conoscenza per poter decidere sull’ economia

Già questo semplice confronto storico conforta la mia convinzione che occorra una rinnovata centralità, per l’economia, dell’elemento cognitivo, superando i frusti pregiudizi ideologici. In questa rinnovata centralità dell’aspetto cognitivo della progettualità nel settore delle infrastrutture rientra anche l’idea di un’analisi costi-benefici, raccomandata, per prima, dalle Corti dei Conti francese e dell’Unione Europea.

Mi avvicino così al tema di oggi: il rapporto fra le scelte infrastrutturali e le connessioni con l’Eurasia, quale elemento centrale dell’economia per i prossimi anni, visto al di là delle opposte partigianerie, alla luce della geopolitica, dell’economia e della tecnica. Questa centralità è dimostrata il peso che sta sempre più assumendo, nelle dialettiche internazionali, proprio il progetto della Nuova Via della Seta, della cui importanza ci si sta rendendo conto sempre più, anche grazie alle opposte pressioni esercitate sull’ Italia da parte degli USA e della Cina, e alle violente schermaglie in proposito fra i nostri stessi leader politici. Progetto della Via della Seta che ruota appunto intorno alle nuove infrastrutture, fisiche e virtuali, che, nel mondo contemporaneo, al contempo interconnesso e multipolare, sono entrambe essenziali.

Per tutto questo, ho sentito con piacere citare, da parte del senatore Giachino, nella manifestazione SI TAV di Piazza Castello, la Nuova Via della Seta quale contesto più appropriato per comprendere i problemi di Torino, e, in particolare il significato globale della linea Torino-Lione. Credo infatti che la Nuova Via della Seta costituisca oggi, per tutto il mondo, il principale contesto entro cui si possono sviluppare nuove iniziative economiche alternative alla stagnazione universale.Infatti, essa è ben di più di una semplice, per quanto rivoluzionaria, linea ferroviaria, così come l’aveva concepita il geopolitico già nell’Ottocento von Richthofen, o di un’iniziativa del Governo Cinese, così come l’ha descritta la mozione approvata nel 2018 dal Congresso del Partito Comunista Cinese. Essa comprende altresì un intero settore marittimo, una sua parte immateriale e culturale e un contesto geopolitico generale.

Se il Piemonte, l’Italia e l’Europa non sapranno ritagliarsi il loro spazio in questo nuovo mondo, saranno condannati a passare, dalla stagnazione, alla recessione, e, da questa, al sottosviluppo e alla destabilizzazione. Infatti, le altre opportunità di mercato, in Italia, in Europa e in Occidente, vanno drammaticamente restringendosi, come ben sa chi produce e vende beni o servizi.

La necessità di percorrere vie nuove è dunque imposta dai dati sull’economia italiana che confermano che il nostro Paese, storicamente all’ avanguardia nel commercio mondiale (dalle città marinare a Marco Polo, dai grandi navigatori alle tecnologie informatiche, ferroviarie e spaziali), è da decenni sempre più assente dalla scena internazionale, anche e soprattutto per ciò che concerne i nuovi business. Ricordiamo a questo proposito soprattutto l’arenarsi del progetto della Olivetti dei primi personal computer già fino dagli anni ’60.

4.La disinformazione sull’ alta velocità e l’alta capacità

Ci si comporta come se quello della Torino-Lione fosse l’unico treno ad alta velocità progettato nel mondo, mentre, al contrario, già il Pendolino, che abbiamo diffuso in tutta Europa a partire dal 1988, era un treno ad alta velocità, e, soprattutto, mentre esistono già, nel mondo, più di 50.000 chilometri di linee ferroviarie ad alta velocità, di cui circa 2/3 nella sola Cina. Inoltre, la tratta Torino-Lione non è certo l’unica linea ad alta velocità che si sia arenata in Europa in interminabili battaglie di retroguardia.Un grave aspetto di tale disinformazione è  costituito dalla falsa impressione che la battaglia pro o contro la nuova linea Torino-Lione costituisca, per così dire, la frontiera di uno scontro epocale fra una nuova e una vecchia economia, mentre si tratta in realtà di un ramo di quell’ingentissima rete ferroviaria mondiale di treni ad alta velocità, dove l’area delle Alpi Occidentali costituisce oggi uno dei punti morti non coperti dalle maglie ormai fittissime di quella rete.

Occorre tuttavia prendere nota, di un fatto, per la nostra regione, altamente preoccupante: vi sono da molte parti pressioni per tagliare fuori l’ Italia dalla Nuova Via della Seta, sfruttando proprio le nostre incertezze circa la Torino-Lione e il Terzo Valico. In occasione della visita a Pechino del Cancelliere austriaco Kurtz, sono state fatte circolare mappe in cui la tratta europea della Via della Seta aggirerebbe l’Italia. 5.Una Via della Seta europea? La stessa Corte dei Conti Europea aveva stigmatizzato nel 2018 questa confusa situazione.  L’Alta Rappresentante per la Politica Estera e di Difesa Federica Mogherini ha proposto una “Via della Seta Europea”, fondata sui principi della concorrenza negli appalti, dei diritti dei lavoratori, ecc…,e alternativa (e/o complementare) a quella ‘cinese’. Tuttavia, se non ci sarà un impegno finanziario e politico dell’ Europa, tale progetto non si potrà realizzare. E’ fuori luogo parlare di un preteso ‘imperialismo cinese’, perché la Cina sta semplicemente riempiendo i vuoti che l’Europa non ha avuto, né l’intelligenza, né il coraggio, di riempire. 

Grazie alle mie pregresse esperienze, sono convinto più che mai che, per ovviare alla cronica recessione della nostra economia, non bastino certo gli strumenti per così dire tradizionali, come gl’ investimenti anticiclici, gli aiuti all’ export, il sostegno al reddito e ai consumi (strumenti di cui non possediamo neppure più la leva principale, cioè la capacità d’ indebitamento), bensì occorra riorientare coraggiosamente la nostra economia verso direzioni fino ad ora insufficientemente esplorate, ma che appaiono oggi molto promettenti.  Ne citerò solo tre: i business verso l’Eurasia, il turismo extraeuropeo, l’industria digitale.

6.I business verso l’ Eurasia: costruzione delle infrastrutture ed export

Al di là della Via della Seta, tutta l’Asia, dalla Siberia all’ Iran, dalla Siria all’ India, è sempre stata un’area di business importante per l’Italia. E’ perciò paradossale che proprio ora che l’Asia è divenuta più attrattiva, l’Italia rimanga indietro per una serie di errori di carattere politico.

I politici nazionali ed europei paventano che, invece, tanto come generatrici di appalti, quanto come  facilitatrici del business, le due Nuove Vie della Seta favoriscano soprattutto le imprese cinesi. E, in effetti, a oggi, l’89% dei progetti è stato attribuito a queste ultime. Questo è legato innanzitutto al meccanismo di finanziamento, che è basato prevalentemente sul credito e su risorse cinesi. Del resto, anche i tanto esaltati Piano Marshall e aiuto europeo allo sviluppo erano stati disegnati precisamente per favorire le imprese americane, e, rispettivamente, europee, grazie al finanziamento vincolato dei progetti. L’obiettivo della Cina è fare sì che quei Paesi possano spendere di più, comprando ovviamente merci cinesi, ma quest’ultimo corollario non è sancito certo da nessuna legge, sì che tutti gli esportatori intraprendenti ed appoggiati dai loro governi ne potranno usufruire.Per partecipare a questo business, occorre partecipare anche, e in modo sostanziale, al suo finanziamento e alla sua promozione: passare, dal ruolo di paesi beneficiari, a quello di Paesi promotori e finanziatori. Non solo con il denaro, ma anche con le idee.

Certo, con attori colossali quali lo Stato, i fondi e le grandi imprese cinesi, occorrono, per poter dialogare alla pari, strutture di pari consistenza (come sarebbe stato il gruppo Siemens-Alstom in preparazione, e com’è l’Unione Europea). Invece, oltre a boicottare i campioni europei, le risorse europee esistenti, come il fondo EFSI della BEI, vengono gestiti con reticenza, anche per via dell’erraticità delle politiche europee verso la Cina e la conflittualità fra le politiche dei vari Stati membri, che non permettono una negoziazione a tutto tondo con la Cina stessa, che ci permetta di essere con quest’ultima dei partners strategici, non già dei rivali o degli spettatori inerti.

7.140 milioni di turisti da conquistare (1% delle visite-1,5 milioni).

Un altro settore in cui si potrebbe e si dovrebbe fare di più è quello del turismo. Già le statistiche della Banca d’Italia e del Governo sono inaffidabili. Facendo la media fra le due, si può ritenere che i turisti cinesi che vengono in  Italia siano l’1,5%del totale (1 milione e cinquecentomila). Dato l’interesse particolare dei Cinesi per l’Italia e per l’Europa, e l’incremento esponenziale dei viaggi all’ estero (che raggiungeranno presto i 300 milioni), un maggiore coordinamento e miglioramento delle infrastrutture dovrebbero dare risultati interessanti. Mancano però una narrativa e un’informativa coerenti, e solo queste aggiungerebbero attrattiva alla destinazione “Italia”. L’Italia di oggi, che vuole ridurre lo spazio per le lingue classiche per sostituirle con l’Inglese, non è certo fatta per attrarre chi viene qui per respirare l’atmosfera di Roma, di Pompei e di Siracusa.

8.Alleanze tecnologiche.

La principale impresa hi-tech europea è la Huawei (la maggior depositante di brevetti all’ Ufficio Europeo brevetti), mentre il maggior numero di brevetti in Italia è di Ansaldo Energia, partecipata dai Cinesi al 40%. Queste circostanze hanno fatto sì che l’Italia, Paese che tradizionalmente depositava pochi brevetti, abbia aumentato di molto i suoi depositi.

Il Gruppo Huawei è anche il maggiore depositante presso l’Ufficio Brevetti Europeo, e l’esistenza di un importante centro di ricerca Huawei a Segrate costituisce una prima, embrionale, forma di alleanza tecnologica fra Italia e Cina, che ora Trump vorrebbe spezzare. E tuttavia, quella delle alleanze con le imprese cinesi di alta tecnologia è l’unica soluzione per uscire dalla sudditanza asfissiante verso le Big Five, e produrre in Italia della ricerca innovativa.

9.La manifestazione al Salone del Libro e la rete di professionisti

Prima di dare la parola a Stefano Commodo, padrone di casa e moderatore, vorrei fare un sintetico riferimento, per evitare di essere accusato di un atteggiamento sterilmente critico, alle iniziative che la mia organizzazione ha in corso per avviare una riscossa contro tutti gl’inconvenienti sopra registrati:

1)una pubblicazione sulla Via della Seta nell’ ambito della collana Evrazija, con cui daremo seguito al libro DaQin, dedicato in generale ai rapporti fra Europa e Cina;

2)Un convegno su Europa e Eurasia nel corso del Salone del Libro;

3)Una rete di professionisti e d’intellettuali, forniti delle necessarie esperienze e competenze nei vari settori (politico, finanziario, di business, giuridico, linguistico, culturale), i quali, in connessione con le due iniziative di cui sopra, si rendano disponibili a Enti e imprese italiane, per studiare, organizzare, acquisire, gestire e realizzare business connessi al progetto, come appalti, investimenti diretti, joint ventures…”

 

 L’ing. Mario Chou, capo-progetto cinese dell’ Ing. Olivetti,

scomparso in circostanze misteriose