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PER RIFORMARE, OCCORRE STUDIARE!Commento alle proposte del Movimento Europeo circa la Conferenza sul Futuro dell’ Europa

Dopo 70 anni d’integrazione post-bellica, per fronteggiare la massa crescente di problemi derivanti dalla caduta del Muro di Berlino, dal fallimento del Trattato Costituzionale del 2003,dalla Brexit, dall’arresto dell’allargamento e dall’avvento dell’ Intelligenza Artificiale, l’Unione Europea necessiterebbe comunque di una profonda riforma.

Per giunta, la vita dello spazio  Europeo in questo periodo non  fa oggetto di una tranquilla evoluzione, bensì di una traumatica involuzione:

-disgregazione ideologica e geopolitica (rifiuto da parte della Svizzera; Brexit; conflitti con gli Slavi Orientali, con Visegrad e la Turchia)

-gravissimo ritardo tecnologico (completa assenza di un’industria digitale europea degna di questo nome);

disoccupazione alle stelle (vedi gli scandalosi obiettivi del summit sociale di Porto);

-nuove povertà, anziché eliminazione di quella estrema;

-mancanza di sovranità (cfr. CAI, GAFAM,North Stream);

-letargia decisionale (cfr. tempi tecnici del Recovery Plan-Next Generation);

-privilegi ingiustificati (Big Pharma, GAFAM, Statuto delle truppe americane);

-lontananza dai cittadini (livelli bassissimi di partecipazione, prevalenza di autorità non elette).

violazioni dei “diritti umani” (“guerre umanitarie” in contrasto con il diritto internazionale, violazione sistematica della “Rule of Law” europea in materia digitale (Schrems, contratti Microsoft, spionaggio Danimarca), confusione normativa in materia di migrazioni, delitti di opinione, divieto di simboli religiosi, persecuzione giudiziaria dell’indipendentismo catalano, statuto di “non cittadini” nei Paesi baltici; espropriazione della minoranza serba della Krajina…);

-incoerenze sul tema dei “diritti civili” (Paesi di Visegràd).

Facendo seguito a nostre precedenti proposte, meno articolate, per la Conferenza sul Futuro dell’Europa, precisiamo qui di seguito il punto di vista dell’Associazione Culturale Diàlexis.

Dalla documentazione delle Istituzioni relativa alla Conferenza, risulta chiaro che non si ha alcuna intenzione di modificare significativamente l’insoddisfacente status quo sopra descritto, e, anzi, si persevera in un illogico atteggiamento di compiacimento autoreferenziale, che non risponde, né a risultanze obiettive, né alle convinzioni di cittadini e osservatori, bensì solo all’ autoreferenzialità della “Società dell’1%”. Ciò che scandalizza non è in rallentamento di un processo in marcia oramai da secoli, bensì la mancanza di idee nuove e di creatività. Il primo ad esserne deluso è il Movimento Europeo in Italia, che scrive:“Are the gates of the European Institutional Construction Site closed for citizens?”; “ Is the Conference descending into farce?”

Infatti:

a)non c’è, nei documenti della Conferenza neppure una traccia di riflessione “sul futuro” (intelligenza artificiale, multipolarismo, conquista dello Spazio);

b)non sono state aperte possibilità serie di intervento, né ai cittadini, alle associazioni, né alla cultura, e neppure ai partiti, e addirittura neppure al Movimento Europeo(risultando così chiaro che c’è la volontà d’imporre una soluzione prefabbricata, basata come sempre su un compromesso al ribasso fra Stati membri e Istituzioni).

Nonostante ciò, e forse proprio a causa di ciò, questa costituisce un’occasione d’oro per il Movimento stesso, per riqualificarsi in senso “rivoluzionario”, come collettore delle istanze di tutti i soggetti esclusi, preparando, con questi ultimi,  dei “cahiers de doléances” da sottoporre alle Istituzioni-

I.IL RUOLO DEL MOVIMENTO EUROPEO

Oggi, il Movimento ha un ruolo subordinato nei confronti delle Istituzioni, dei partiti e delle grandi organizzazioni sindacali, perché, coerentemente con una scelta  fatta 75 anni fa, esso ritiene che la politica in Europa debba essere fatta dai grandi partiti di massa di origine ottocentesca (liberale, cristiano-sociale, socialista, comunista). Oggi, in realtà, quei partiti, o non esistono più, o sono frantumati e dispersi all’ interno di “partiti europei” che non portano più neppure gli stessi nomi (Partito Popolare, Socialisti e Democratici, Renew), inoltre, hanno un notevole peso partiti prima inesistenti (Verdi, Conservatori, Identitari), e tutti insieme conducono politiche sincretiche e irriconoscibili all’ interno del “mainstream occidentale” politicamente corretto.

In questa situazione, paradossalmente, l’unico ad aver mantenuto delle idee-forza rimaste almeno parzialmente conformi alle problematiche del mondo contemporaneo è il Movimento Europeo:

uno Stato Europeo più forte di quello attuale (la “Federazione”, che potrebbe corrispondere agli altri cosiddetti “Stati-civiltà” che dominano la geopolitica contemporanea, e dove si potrebbe concentrare il fuoco dell’innovazione tecnologica e sociale);

il multipolarismo (il “federalismo mondiale”, in netto contrasto con l’idea di un’esclusivistica “Comunità euro-atlantica”);

-la politica estera e di difesa comune (con l’idea, conclamata ma mai avviata, della “Sovranità Strategica Europea”, in evidente contrasto con l’idea di una “guida americana” quale sostenuta da Biden);

-un’idea concreta di “Modello Sociale Europeo” fondato sul “Dialogo Sociale” e sulla partecipazione dei lavoratori quale esistente in quasi tutto il Continente (i “Comitati Aziendali”).

Spetterebbe dunque ad esso indicare il cammino ai partiti, non già viceversa.

Inoltre, giacché le stesse  idee-forza erano state concepite ben 100 anni fa (cfr. “Paneuropa”), in una situazione radicalmente diversa (addirittura prima della 2° Guerra Mondiale), esse avevano  cominciato fin da subito ad essere riviste (prospettiva di vittoria degli Alleati, abbandono dell’ apertura alla Russia, accettazione delle Comunità Europee…). Da molto tempo, però, queste idee non vengono più aggiornate, nonostante l’intelligenza artificiale, il crollo del Muro di Berlino, il Pensiero Unico, i BRICs, la Brexit….

Occorre perciò almeno aggiornare l’idea della ricerca della pace dell’ Abate di Saint Pierre alla luce dell’ Equilibrio del Terrore e del Rischio Esistenziale; la Carta dei Diritti alla luce dell’incombente conformismo digitale; l’egemonia franco-tedesca alla luce dello spostamento del baricentro europeo verso Oriente….

Tale linea di pensiero aggregante un insieme progettuale coerente dovrebbe riunire i  diversi filoni di riflessione : identità culturale, transizione digitale, evoluzione geopolitica, “multi-level governance”.

L’Asklepieion di Cos, dove Ippocrate scrisse “Arie, Acque, Luoghi”, la più antica e la più azzeccata teoria dell’ identità europea.

II.UNA BASE COGNITIVA FORTE QUALE PRESUPPOSTO DI RIFORME STRUTTURALI.

Il mainstream post-umanista (erede di messianesimo, utopia, occidentalizzazione e  modernizzazione), che ha gestito la transizione all’ Intelligenza Artificiale, sta esercitando una censura implacabile sul filone del  pessimismo tecnologico che, partendo da Huxley, passando per Anders, Asimov, Joy, Hawking, Rees, Assange e Snowden, ci ammonisce contro il “Rischio Esistenziale” implicito nel “Superamento dell’ Umano”.  Di fronte all’ attuale biforcazione fra due promesse messianiche -l’”Esportazione della Democrazia” degli USA e la“Comunità di Destino Condiviso”della Cina-, l’Europa sembra voler proporre in alternativa un proprio  non meglio definito “Umanesimo Digitale”,  relativamente al quale l’Unione  si candida ad essere il “Trendsetter del dibattito mondiale”. Infatti, l’Europa critica tanto la transizione digitale guidata dai GAFAM, quanto quella guidata dal Partito Comunista Cinese.

Pur non essendo consono a un’Europa multiculturale e multipolare ingerirsi nelle scelte di civiltà degli altri Continenti, l’Europa deve poter partecipare senza interferenze esterne alla formazione delle normative internazionali decisive, come quelle sul controllo delle nuove tecnologie, sulla limitazione degli armamenti, sulla preservazione dell’ambiente e sulla pace nel mondo, al fine di potersi sviluppare in modo coerente con la propria cultura.

Tale ruolo presupporrebbe però una forza, ideale e tecnologica, che l’Europa oggi non ha, e quindi richiede una trasformazione rivoluzionaria (di cui la Conferenza dovrebbe essere l’inizio) che la ponga in grado di dialogare alla pari con gli Stati-Civiltà, “saltando” (“leapfrogging”) le fasi di sviluppo intermedie ch’essa non ha vissuto: le “Conferenze Macy”, la “corsa allo Spazio”, il DARPA,l’ “Ideologia Californiana”, il “Wangluo Zhuquan”,l’ “Unione del Civile e del Militare”, ecc..).

Per fare ciò, dal punto di vista concettuale, l’ Europa deve superare l’attuale visione puramente formalistica dell’”etica digitale”, volta a far salva, pur nella Società del Controllo totale, l’apparenza delle libertà borghesi (come nel GDPR e nell’ Antitrust), per disegnare invece realisticamente un “tipo di uomo” della società delle macchine intelligenti che recuperi, in forma nuova, i valori dell’ Epoca Assiale (vitalità, comunità, spiritualità, pietas, eccellenza, partecipazione):le virtù nell’ Era dell’ Intelligenza Artificiale.

Dal punto di vista tecnologico, l’Europa deve costruire, fondandosi sulle esperienze altrui, un ecosistema digitale sovrano finalizzato al controllo sulle macchine intelligenti, e fondato sulla liberazione, grazie a queste ultime, delle proprie energie vitali, da incanalare, attraverso una “governance” appropriata, nella meditazione, nella coltivazione del Sé, nella ricerca intellettuale, nella dialettica politica, nell’amministrazione del sistema. Ciò richiede una gestione europea centralizzata dell’intero ecosistema tecnologico (l’”Agenzia Tecnologica Europea”); la moltiplicazione d’ iniziative di autonomia tecnologica europea sul modello di GAIA-X; l’”upgrading” a livello di filiera e di fondi sovrani del sistema di up-skilling tecnologico; l’aggregazione in rete  delle imprese automatizzate con nuove forme di affiliazione, di para-subordinazione e di cogestione.

I Paesi Baltici si spacciano per la roccaforte delle libertà in Bielorussia, ma, unici nel mondo,
hanno una precisa categoria di “non-cittadini” a cui negano i diritti civili.

III.GUADAGNARE  TEMPO  FINO ALLE ELEZIONI EUROPEE

Per questo motivo, il meccanismo e la tempistica previsti per la Conferenza sono inadeguati. Occorre sviluppare con riunioni, papers e libri bianchi, un’intensa attività di approfondimento autonomi del Movimento, sui temi seguenti:

Le Comunità Europee nascono come “L’Europa dei Giudici”

1)una struttura istituzionale funzionale alla transizione digitale-ecologica, attraverso forti organi progettuali centrali (un’ Agenzia tecnologica Europea, parallela alla Fondazione RenAIssance del Vaticano, al National Artificial Intelligence Board americano e all’ Istituto Fraunhofer tedesco).

Infatti, le strutture statuali non sono eterne, bensì debbono rispondere alle esigenze storiche della società (gestire un’economia agraria, favorire la nascita dell’industria, gestire la transizione digitale). L’esperienza dimostra che  quest’ultima richiede ovunque la presenza di forti Stati continentali, capaci di controllare gli sviluppi dell’ Intelligenza Artificiale, negoziare con le Grandi Potenze, tenere a bada i GAFAM e i BATX, escludere la sorveglianza di massa di potenze straniere, finanziare la ricerca e sviluppo, proteggere le proprie multinazionali e svolgere un’azione di advocacy in loro favore. E’ significativo a questo proposito come, in una prima fase, la Cina abbia copiato il deep State, il DARPA, i GAFAM, ed ora siano gli USA ad ispirarsi espressamente all’ “Unione del Civile e del Militare” tipica dell’ approccio cinese.

Senza un forte Stato europeo che svolga tutte quelle funzioni, l’Europa è condannata al sottosviluppo (caduta del tasso di redditività delle imprese, mancanza di innovazione, colonizzazione culturale ed economica, disoccupazione, crisi sociali, ingovernabilità). Questa situazione rende meno determinante la questione istituzionale europea, perché l’esperienza di USA e Cina dimostra che buona parte di questi processi, piaccia o no, si svolgono in una dialettica strettissima fra Enti amministrativi e multinazionali, mentre i processi istituzionali legali non  sono in grado di seguire la complessità e la rapidità di questi processi. Rende invece necessario lo studio attento dei meccanismi della collaborazione civile-militare e progetti come quello dello NSCAI americano, fondati essenzialmente sull’ idea di uno “stato d’ eccezione tecnologico”.

2)La sovranità strategica europea quale presupposto e risultato della transizione digitale-ecologica.

A partire dall’ inizio della presidenza Macron, era sembrato che si stesse diffondendo, a tutti i livelli, la consapevolezza che, in un mondo dominato dalle multinazionali del web, una trasformazione epocale quale la transizione digitale ed ecologica non può essere realizzata concretamente se l’Unione non dispone delle leve per controllare la società europea: un’ autonoma cultura economica e politica; proprie multinazionali; leve giuridiche importanti in materia di sicurezza, di programmazione, di antitrust, di aiuti di Stato (la cosiddetta “Sovranità Strategica Digitale”).

Purtroppo, con il passare degli anni, si è visto che l’Europa si allinea invece sistematicamente sulle posizioni degli Stati Uniti e dei “Five Eyes”, che, dopo Brexit, sono divenuti un clone degli Stati Uniti; che tutte le vantate azioni contro i GAFAM (dal GDPR all’ antitrust, alla web tax), non stanno affatto procedendo, come  stigmatizzato dal Parlamento Europeo, dall’ Antitrust e dall’EDPB.

Una seria riforma dell’Unione dovrebbe partire da una ridefinizione degli obiettivi strategici della stessa , che non possono essere pappagallescamente quelli degli Stati Uniti: dalla rivisitazione di Gaia-X per renderla veramente conforme al GDPR; all’ applicazione effettiva delle tasse sui GAFAM, decise da molti anni ma sempre sospese per le proteste dell’ America.

3)L’aggiornamento del modello sociale europeo e della cultura europea per la preparazione della società delle macchine intelligenti

Un altro tema su cui si gioca la credibilità dell’ Unione è il Modello Sociale Europeo. Modello sociale che era originariamente diverso da quello americano, perché, come scriveva Marx nei Grundrisse, il capitalismo si era sviluppato, non già, come in America, autonomamente (o meglio, dalla pulizia etnica e dallo schiavismo), bensì da un sistema feudale con profondi legami solidaristici.  Legami confermati da idee come “”sobornost’”, “Gemeinschaft”, “corporativismo”,Comunità,  “partecipazione”, “cogestione”, “concertazione”, agitati da Vogelsang, Toniolo, de Kuyper, Tönnies, Spirito, Fanfani, Olivetti, Wallon, Capitant, Ichino. Tuttavia, da oramai molti anni, quest’ elemento organicistico, senza venir meno (ed, anzi, perfino espandendosi dal punto di vista formale per l’emulazione della Germania e per la narrativa delle Chiese), è passato in realtà in secondo piano, sopraffatto da una visione assistenzialistica e pietistica della socialità come “compassione” verso gli “ultimi”. E’ venuto meno il concetto centrale del sistema sociale europeo, il lavoro come elemento non secondario dei diritti civili, dello “ius activae civitatis”, sancito soprattutto dalla Costituzione italiana (mai attuata su questo punto come su tanti altri), dalla Betriebsverfassungsgesetz tedesca e dal Wet op de Ondernemingsraden olandese. Se l’idea mitteleuropea d’ impresa co-gestita (tipici esempi, la Volkswagen, l’Airbus, la Siemens, la Daimler, la BMW) è oggi purtroppo sempre più rara a causa della decadenza delle grandi imprese europee, che ne riduce il numero (ma occorrerebbe vedere che cosa succede in gruppi come Stellantis), e se l’impresa del futuro sarà probabilmente l’impresa digitale “a rete”,  occorre ideare una transizione societaria orientata alla “federazione”  di ciascuna  filiera sul modello GAIA-X, regolamentata da “governances” rigorose, e articolata in una rete di medie e piccole imprese con nuove forme di associazione capitale-lavoro, fornitrici degli specifici servizi digitali.

L’Europa postbellica non è stata pacifista

IV.AREE PRIORITARIE DI RIFLESSIONE

Per rendere  concepibili i progetti di trasformazione di cui al punto precedente, sono necessari preliminarmente, a nostro avviso,  i seguenti supplementi di indagine a livello politico e tecnico, da concretizzarsi in appositi documenti:

-impatto dell’ intelligenza artificiale sulla cultura, sulla geopolitica, sul diritto costituzionale, sull’antropologia, sulla politica, sull’ economia e sulla società;

-strutturazione  fattuale (“costituzione materiale”)dell’attuale “multi-level governance” europea (società dell’ 1%, multinazionali, ONU, NATO, Unione Europea, BCE, macro-regioni, Stati membri, regioni, città);

-presupposti storico-culturali dell’ Unione Europea (tradizioni classiche e religiose, concetto di “Pace Perpetua”  nel costituzionalismo europeo pre-moderno, funzionalismo vs. federalismo, apogeo e crisi delle ideologie, questione linguistica e identità europea);

-trasmutazione dei principi umanistici nella società dell’automazione totale (valori “spessi” e valori “sottili”; la prospettiva apocalittica; gl’insegnamenti della futurologia e della fantascienza) .

L’Europa non possiede un’industria digitale, e dipende dalle Grandi Potenze

1)Impatto dell’ Intelligenza Artificiale

L’ Intelligenza Artificiale costituisce un cambio di paradigma nelle società umane (dall’Umanità formata dalla Natura a un’Umanità formata da se stessa; da una società “fisica” a una società virtuale; dalla dialettica Stato-Persona a quella algoritmo-essere umano; dagli Stati territoriali agli imperi virtuali; dal lavoro umano al controllo umano sulle macchine; dalla memoria collettiva ai Big Data; dall’ opinione pubblica ai social networks…

Al fine di configurare l’Europa di domani, questo nuovo scenario va conosciuto e padroneggiatom in modo critico e problematico, in modo da dare risposte adeguate alle nostre tradizioni culturali, e contribuire così in modo attivo (Trendsetter) al dibattito mondiale.

Mladic è stato condannato per Srebrenica, ma neppure i Caschi Blu europei sono innocenti

2) Rivoluzione nella “Costituzione materiale”

L’ordinamento giuridico comunitario è nato come “l’Europa dei Giudici”. Come tale è stato solo parzialmente diritto positivo, e per gran parte una costruzione fondata sui “principi giuridici comuni degli Stati Membri”. Inoltre, lungi dall’ essere un ordinamento monistico, racchiuso in se stesso, esso è aperto alla sociologia (la “società europea”), alla giurisprudenza dei valori (“ i nostri valori”), il diritto comparato (i principi degli Stati Membri), il diritto internazionale (i trattati), il diritto sovrannazionale (ONU, NATO, OSCE, UNESCO, Consiglio d’ Europa, Banca Mondiale…), i diritti interni (le “competenze concorrenti”), le normative interprofessionali, la “lex mercatoria”, ecc…

Per poterlo riformare, occorre prima censirlo (cosa che oramai non si potrà fare completamente se non con l’informatica giuridica), poi elaborandone una teoria, e, infine, studiandone una riorganizzazione che, in base a una nuova versione del principio di sussidiarietà, distribuisca le norme ai livelli più appropriati.

Data l’importanza e l’urgenza delle attività in corso, preghiamo i nostri lettori di segnalarci i loro interessi, le loro  osservazioni, le loro obiezioni e le loro proposte, da inserire nei nostri programmi, e soprattutto il Movimento Europeo di aprire al più presto un dibattito su questi temi.

Matteo Ricci, pioniere di una visione europea postmoderna
e multiculturale

3)I Presupposti culturali dell’ integrazione europea nel XXI secolo

L’integrazione europea è essa stessa una “Grande Narrazione”, che tende a divenire il “mainstream” dell’ Unione Europea. Questa “Grande Narrazione” ha una storia, che parte dai teorici dell’impero romano e del Sacro Romano Impero, per passare alle varie teorie della “Pace Perpetua”, di Paneuropa, del manifesto di Ventotene e della Dichiarazione Schuman. Verso la fine del XX secolo, si privilegiava il benessere dovuto al “modello sociale europeo”; più recentemente, si enfatizza una certa visione dei “diritti di nuova generazione”, con particolare enfasi per quelli digitali.

Il fatto stesso che la giustificazione teorica dell’Unione Europea si sia modificata nel tempo dimostra ch’essa è storica e contingente, e come tale va rivisitata costantemente. Oggi, le pretese di rappresentare la “Pace Perpetua”, “Stato sociale” e “difesa dei diritti” sono state scalfite dai fatti. Gli obiettivi dell’ Unione debbono essere ricalibrati alla luce del “rischio esistenziale”, del multipolarismo, della cyberguerra, della transizione ecologica, dei valori post-materialistici e dell’“epistocrazia”. 

Nell’ UE continuano molte violazioni dei diritti umani e civili che, se compiute altrove, susciterebbero valanghe di sanzioni

4)Trasmutazione dei principi umanistici

La cultura europea moderna, a partire dal Primo Programma Sistemico dell’Idealismo Tedesco, per passare a Nietzsche, a Heidegger, a Buber, a Teilhard de Chardin, a Jünger, a Kurzweil, vive in una prospettiva apocalittica, in cui comunque il significato delle cose non può rimanere lo stesso ch’esso era prima della rivoluzione tecnologica.

Alla prova del dominio delle macchine intelligenti, valori sempre invocati dal Mainstream europeo rischiano, come rilevavano già Nietzsche e Saint-Exupéry- di rivelarsi inattuabili – anzi, di fare da copertura al loro opposto-. La “misericordia” rischia di divenire la copertura dell’ignavia; l’”umanesimo”, dell’assistenzialismo burocratico; l’”eguaglianza”, dell’omologazione, la “libertà”, della manipolazione occulta, la “democrazia”, di una vera e propria  messa in scena; i “diritti”, delle discriminazioni a rovescio; la “pace”, di una guerra infinita sotto le menzognere insegne dell’aiuto umanitario.

Indipendentemente dalla tecnica legislativa prescelta, occorre una ridefinizione dei diritti civili alla luce dell’intelligenza artificiale, che realizzi concretamente libertà e solidarietà in un mondo dominato dalle macchine.

La Carta Europea dei Diritti dovrebbe enfatizzare i diritti di libertà contro la Società del Controllo Totale

V. APPELLO AL MOVIMENTO EUROPEO

Come sin vede dall’ esemplificazione qui fatta dei singoli temi, occorrerebbe un lavoro serio e di lungo periodo, assolutamente alieno all’ approccio molto sbrigativo adottato dagli Stati Membri e dalle Istituzioni.

Per questo motivo, ribadiamo la nostra adesione alla proposta del Movimento Europeo, che i lavori della Piattaforma della Conferenza sul Futuro dell’ Europa proseguano fino alle prossime elezioni europee, trasformandosi in un comitato promotore, che sottoponga le proprie proposte ai partiti e ai candidati, con la speranza che il prossimo Parlamento si assuma un ruolo costituente, avvalendosi anche dei lavori preliminari svolti con la Piattaforma.

A questa proposta, aggiungiamo anche quella che il Movimento Europeo si faccia tramite, a livello europeo, di iniziative di ogni genere volte ad approfondire i temi qui indicati, al fine di pervenire alla scadenza delle prossime elezioni europee con un bagaglio completo di proposte e di argomenti adeguate alla scadenza del 2024, quando tanto i progetti cinesi di “Made in China 2025”, quanto quelle americane della Commissione NSCAI, si saranno oramai sostanzialmente realizzati, sicché nessuno potrà trincerarsi dieto al fatto di non sapere, o alla pretesa che una politica autonoma del digitale sia impossibile per degli Stati di dimensioni continentali. Come abbiamo cercato di illustrare in questa nota, tutto il dibattito europeo ne dovrebbe risultare sconvolto, secondo le linee direttrici che raccomandiamo con questa nota.

Desideriamo, con la presente, fornire al Movimento Europeo e ai nostri lettori, suggerimenti e materiali utili per questo impegnativo periodo di attività. Stiamo preparando nuove manifestazioni ed opere dedicate specificamente alla Conferenza.

Associazione Culturale Diàlexis

La questione linguistica dopo Brexit non è procrastinabile.

LINKS:

1)Alla Piattaforma dei Cittadini: futureu.europe.eu#

2)Alle proposte già inserite nella Piattaforma:

Role of the European Movement within European Institutional framework

Role of the European Movement within European Institutional framework – Idee – Democrazia europea – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Agenzia Europea per la Tecnologia Agenzia Europea per la Tecnologia – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Accademia digitale europea Accademia digitale europea. – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Agenzia Internazionale Per Il Principio Di Precauzione (https://futureu.europa.eu/processes/OtherIdeas/f/8/proposals/1458)

Trattati Internazionali sulle armi autonome (LAWS)( Trattati Internazionali sulle armi autonome (LAWS) – Idee – Altre idee – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Legge organica sull’ intelligenza artificiale

Legge organica sull’ intelligenza artificiale – Idee – Altre idee – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

European Digital Champions

European Digital Champions – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Regolamento organico per le piattaforme digitali  Regolamento organico per le piattaforme digitali – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Codex Juris Technologici

Codex Juris Technologici – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Accademia Militare Europea

Accademia Militare Europea – Idee – L’UE nel mondo – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

A European Intelligence Service

A European Intelligence Service – Idee – L’UE nel mondo – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

A European Group of Strategical Reflection

A European Group of Strategical Reflection – Idee – L’UE nel mondo – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

A Multi-level Task Force for European Constitutionalism

A Multi-level Task Force for European Constitutionalism – Idee – Democrazia europea – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Basic Points of a Constitutional Frame for Europe’s Multi-level Governance

Basic Points of a Constitutional Frame for Europe’s Multi-level Governance – Idee – Democrazia europea – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Rewording the European Charter of Rights

Rewording the European Charter of Rights – Idee – Democrazia europea – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

A Task Force Concerning the Linguistic Regime of the Union

A Task Force Concerning the Linguistic Regime of the Union – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Motore di Ricerca Europeo

Motore di Ricerca Europeo – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Piattaforma Commerciale Europea

Piattaforma Commerciale Europea – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Piattaforma social europea

Piattaforma social europea – Idee – Trasformazione digitale – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Publishing, Movies and Tourism about European Culture

Publishing, Movies and Tourism about European Culture – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

 Piattaforma della cultura e identità europee

Piattaforma della cultura e identità europee. – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Curricula europei

Curricula europei – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

European Philosophical Academy

European Philosophical Academy – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

European Philological Academy

European Philological Academy – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

A European Theological Academy

A European Theological Academy – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

Accademia Superiore Europea

Accademia Superiore Europea – Idee – Istruzione, cultura, gioventù e sport – Conference on the Future of Europe (europa.eu)

3)Agli eventi già realizzati:

COME GUARIRE LA MALATTIA DELL’ EUROPA (COME CURARE LA "MALATTIA DELL' EUROPA"? – Eventi – Altre idee – Conference on the Future of Europe);

4)Ai volumi già  pubblicati sugli argomenti pertinenti alla Conferenza, e, in particolare:

a)10.000 anni d’Identità Europea, Primo Volume, Patrios Politeia ,Torino, 2006 (cfr amazonaws.com);

b)Re-starting EU Economy via Technology-intensive Industries(cfr. Microsoft Word – Economy 22 settembre.docx (amazonaws.com);

c)Codex Juris Technologici (cfr Corpus Juris Technologici – Riccardo Lala, Associazione Culturale Diàlexis – Alpina – 9788890247064 (streetlib.com);

d)European Technology Agency (cfr PaginedaRiccardoLalaEUROPEANTECHNOLOGYAGENCYpreview_aefbf634-8bee-44e3-b424-786c7a6bde6d.pdf (amazonaws.com);

e)L’Istituto Italiano per l’ Intelligenza Artificiale di Torino(cfr L’Istituto per l’Intelligenza Artificiale di Torino – Documentazione e Riflessioni (amazonaws.com).

f) Es Patrida Gaian (Es Patrida Gaian – AA VV – Associazione Culturale Diàlexis – Alpina – 9788834120330 (streetlib.com)

g)Il ruolo dei lavoratori nell’ era dell’ intelligenza artificiale

(anteprima_9c541f10-3c5e-4be2-9353-bd9e2059470b.pdf (amazonaws.com)

Data l’importanza e l’urgenza delle attività in corso, preghiamo i nostri lettori di segnalarci i loro interessi, le loro  osservazioni, le loro obiezioni e le loro proposte, da inserire nei nostri programmi, e soprattutto il Movimento Europeo di aprire al più presto un dibattito su questi temi.

LETTERA APERTA A MASSIMO CACCIARI. AMARE L’EUROPA; NARRARE L’EUROPA

 

 

Caro Professore,

Appena terminato un Salone del Libro in cui la nostra casa editrice si è prodigata in modo speciale per fare avanzare il dibattito sull’Europa, la lettura del Suo articolo su “L’Espresso” del 19 u.s., “Patria Europa”, così vicino alle nostre preoccupazioni, mi ha stimolato a prendere posizione come segue sul tema della comunicazione dell’Europa, nella speranza di contribuire così a un dibattito autentico nella cultura “alta” anche su questo , centrale, tema.

Intanto, a me sembra che ciò che Lei ha scritto molto bene in quell’articolo, cioè che “..non si vince una grande battaglia politica e ideale come l’unione federale dell’Europa senza un’idea intorno ai suoi fini, e cioè al cammino che ha di fronte, ovvero alla sua missione o destinazione”, chi non fosse obnubilato da pregiudizi ideologici  o da interessi particolari, lo avrebbe potuto comprendere  già perfino a partire dal 1957, data di firma dei Trattati di Roma. Invece, proprio nella “Dichiarazione Schuman” si parlava di “realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”, un cammino fatto di “piccoli passi” senza una precisa meta finale (il “funzionalismo” deprecato, tra gli altri, da Spinelli e da Przywara).  La cultura europea sta forse cominciando a comprendere il vicolo cieco in cui si è messa in quel modo la politica, anche se, purtroppo, l’incertezza circa l’obiettivo finale, anziché svanire, sembra oggi addirittura infittirsi. Eppure, quelli erano gli anni in cui in America si tenevano le cosiddette “Conferenze Macy” sul futuro delle scienze e della tecnologia, nell’URSS venivano lanciati nello spazio gli Sputnik e Gagarin, e Asimov e Lem scrivevano i loro insuperabili romanzi distopici. Certo, lo stato di obiettiva depressione della politica europea in seguito alla 2° Guerra Mondiale e alla divisione di Yalta giustificavano il tono minimalistico dei discorsi europei, ma una cultura che annoverava personaggi come Heidegger e Russell, Croce e Heysenberg, Einstein e Anders, avrebbe dovuto prevedere quali sarebbero stati i veri temi con cui i vertici dell’Europa si sarebbero dovuti prima o poi a scontrare. E invece, ancor oggi, il “rischio esistenziale” non è ancora entrato nel cuore del dibattito  politico.

Nonostante quella scelta funzionalistica (e, quindi, implicitamente materialistica e minimalistica) dei Padri fondatori, le idee idonee a “narrare la Patria europea” esistevano già da tempo, seppur solo “in nuce”, disperse  attraverso la cultura alta, e si sarebbero potute ricostruire, nelle loro grandi linee, semplicemente “collegando i puntini” contenuti, come in un grande rebus, nelle opere dei grandi autori che citerò qui di seguito.Intanto, già all’ epoca dei Trattati, alcuni, come Simone Weil, Husserl, Jaspers, Heidegger, Anders, Guardini e  Przywara, ci avevano avvertiti che, come Lei ha scritto in modo pregnante, “fine dello spirito europeo non è lo sviluppo di scienza, tecnica, economia in se stesse, il mero incrementum scientiarum, bensì la sua connessione con il sistema delle libertà”. E infatti, fin dai primordi della cultura europea,  come per esempio  nelle opere  di Ippocrate e di Erodoto, era stato considerato come insito nell’identità europea (la “physis ton Europaion”) il fatto d’ identificarsi con la libertà un po’ selvaggia di Leonida, contro il progetto di conquista dell’Europa e di stabilizzazione universale incarnato dalla Persia di Serse (vedi il discorso di quest’ultimo riportato  nelle Storie e le iscrizioni funerarie di Behistun e Naqsh-e-Rustam, che anticipano i programmi di tanti imperi successivi, da quello romano, a quello sovietico,  a quello americano).

Nello stesso modo, era stato chiarito proprio allora (per esempio nell’opera di Federico Chabod) che, all’amore per la libertà politica, si collega, nell’ identità europea, la ricerca della verità, da ritrovarsi innanzitutto nell’autenticità con se stessi. Insomma, il motto dell’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso”. Non per nulla, è l’oracolo stesso a profetizzare che ”la grande rocca gloriosa verrà devastata dai discendenti di
Perseo, oppure questo non avverrà, ma la terra dei Lacedemoni piangerà la
morte di un re della stirpe di Eracle.”
La morte per la libertà della patria quale esempio estremo di coerenza con se stessi e di dedizione alla libertà. Quello che tanto viene esaltato nel mito della Resistenza, ma che oggi nessuno sarebbe propenso a imitare.

1.Un sistema informatico mondiale: il vero nemico della libertà

Innanzitutto , oggi il  “mondo della libertà” è messo in pericolo quanto mai prima nella storia, non solo in Europa, ma nel mondo intero, non già dai diversi sistemi politici e sociali (i quali sono tutti ancora fondamentalmente “umanistici” e/o “culturali”: vedi Lévy Strauss e Luc Ferry), bensì proprio dalla “gabbia d’acciaio”, prima teologica, poi giuridica,  poi ideologica, e, infine,  tecnologica, che ci si siamo costruiti addosso con l’economia, l’industria e la tecnocrazia, che costituisce lo sbocco ultimo da sempre implicito in qualsivoglia progetto di “Fine della Storia”. Non vi è quindi alcuna contraddizione fra la tesi (oramai divenuta luogo comune) dell’egemonia della finanza internazionale e quella, da me qui ripresa, dell’egemonia della tecnica, l’una essendo la continuazione naturale dell’altra. La postulata condizione finale di assenza di conflitto (la “Pace Perpetua”) non può infatti essere raggiunta semplicemente con una qualche forma di eterodirezione “soft” della società da parte dei “poteri forti”, bensì solo eliminando la fonte prima dei conflitti, vale a dire l’Uomo. L’orrore per il “Diverso” è solo il primo passo verso la negazione della pluralità delle Persone, a favore del carattere seriale dei cyborg e degli androidi (la “vergogna prometeica”). Come avevano previsto Max Weber, Horkheimer e Adorno e Arnold Gehlen, l’apparato tecnico e amministrativo non è dunque uno strumento di libertà, bensì, vincolando l’uomo a prassi e a meccanismi consolidati, costituisce una fonte di omologazione e di entropia, che distrugge la libera creatività, e lo stesso slancio vitale, portando all’ eterna ripetizione di standard già dati (i pretesi “principi etici di progettazione” delle macchine intelligenti). C’è di più: con la “trasfusione senza spargimento di sangue” dei profili umani nell’Intelligenza Artificiale (De Landa) si  finisce per congelare, e quindi per eternare, i pregiudizi del XXI secolo, così come il sistema “OKO”, fortunatamente bloccato una notte dell’’83 dal maggiore Petrov, pretendeva di incarnare senza sbavature la dottrina nucleare del PCUS. La più importante di tutte le decisioni della storia dell’umanità, quella circa lo scatenamento della guerra totale, è stata così delegata da gran tempo a sistemi elettronici automatizzati, lo “Hair trigger alert”, al quale è stata affidata, da tutte le grandi potenze (quindi, sempre al di fuori dell’Europa), la reazione al primo attacco nucleare dell’avversario. In una simile situazione, a meno che non intervengano nuovi, stringenti, accordi internazionali (di cui solo l’ Europa può farsi propugnatrice), la distruzione reciproca mondiale per effetto di una “Cernobyl militare” è praticamente assicurata. La controprova del carattere centrale della militarizzazione della società e della sua cura per la segretezza e la manipolazione delle informazioni è costituita dall’accanimento con cui si sta perseguitando Julian Assange, reo di avere reso palese il carattere onnipervasivo del sistema di controllo del complesso informatico-militare. L’indifferenza dell’Europa (sempre così attenta ai diritti umani là dove essa non può farci nulla) verso la persecuzione di Assange che ha luogo nell’ Inghilterra della Brexit, che sta ancora eleggendo i suoi Europarlamentari, fa perdere di credibilità al richiamo all’amore per la libertà che si leva dall’establishment politico e culturale, nonché all’esaltazione acritica della tradizione costituzionalistica inglese. All’accordo “Five Eyes” spetta dunque una superiorità costituzionale rispetto all’Habeas Corpus?

Una volta che  decisioni come quelle militari siano state delegate alle macchine, tutto l’insieme dei comportamenti umani tenderà sempre più ad essere subordinato al fine di agevolare il “proprio” sistema di Hair trigger alert, per farlo prevalere sul sistema nemico: dal controllo di massa del comportamento della popolazione, all’infiltrazione delle reti di comunicazione amiche e nemiche, alla disinformazione delle opinioni pubbliche…Che altro s’ intende quando si afferma che ovviamente ogni decisione in vari campi dev’essere subordinata alle esigenze della “sicurezza”? Occorre innanzitutto evitare che possano nascere dei protagonisti autonomi, che esercitino in modo obiettivo, e perfino eroico come il maggiore Petrov, quel ruolo di critica del sistema che perfino l’Armata Rossa aveva affidato ad “analisti militari” indipendenti come quest’ultimo.

Come facciamo dunque a sentirci liberi se tutto il flusso delle opinioni pubbliche è condizionato a tavolino dai big data e dagli spin doctors dei sistemi informativi delle grandi potenze, se ciascuno di noi è monitorato giorno e notte dal sistema (attraverso i cellulari, i personal, i social…) per spiarne le più recondite movenze e per condizionarlo di conseguenza? In queste condizioni, perdono di senso i tradizionali strumenti della libertà di stampa, di parola, le stesse elezioni. Non per nulla, è il carattere stesso dei cittadini che è alla fine pervertito dal minimalismo, dal conformismo e dall’ autocensura, portando all’ inconcludenza di ogni discorso e alla supina accettazione del “destino della tecnica” e delle cosiddette “lezioni della Storia”.

La “perdita di democrazia”, di cui taluni incolpano il populismo, altri l’Unione Europea, altri ancora l’egemonia culturale della sinistra, trae in realtà ovunque la propria origine prima proprio dall’ inevitabile centralizzazione delle decisioni richiesta dalla delega al sistema informatico-militare della gestione  della cosiddetta “guerra senza limiti” già in corso fra i grandi blocchi continentali, che non lascia spazio, né a un reale pluralismo, né a un aperto dibattito.

Se anche la UE ha la tendenza a centralizzare progressivamente le decisioni più importanti come le politiche della ricerca, dell’informazione, finanziaria, estera e di difesa, è  perché essa  deve confrontarsi quotidianamente con USA, Cina e Russia; in queste ultime, il potere “politico” si centralizza e si personalizza a sua volta per contrastare, chi il deep State,  chi gli oligarchi,  chi la burocrazia…Quando Federica  Mogherini deve rispondere alle missive minatorie delle sottosegretarie americane alla Difesa, è sola; non può convocare il Parlamento Europeo (ormai a fine mandato) o i Parlamenti nazionali, come pretenderebbero i politici di tutti gli orientamenti. Si potrà porre freno a queste tendenze solo con la ricostituzione di una classe dirigente dotata di “virtus”, come quelle del mondo classico, indispensabile da sempre per una gestione collegiale della Res Publica, ispirata da un ethos e non da incentivi materiali, capace di superare indenni anche i periodi dello “stato d’eccezione” come questo delle Macchine Intelligenti.

Per questo la polemica contro la pretesa “dittatura di Bruxelles” è fuori luogo: se riferita a oggi, quando la UE, con meno dipendenti del Comune di Torino e con risorse inferiori all’ 1% del PIL europeo, non può fare praticamente nulla, ma anche  se riferita a un futuro in cui un’eventuale federazione europea, diretta da una nuova classe dirigente, per fare “più Europa”, dovrebbe, non già sovrapporsi agli Stati membri, bensì occuparsi di ciò che gli Stati membri non hanno mai fatto: una politica culturale; una difesa tecnologica; una programmazione operativa; la creazione di “campioni nazionali”; una politica monetaria proattiva.

2.La missione dell’Europa

All’Europa spetterebbe dunque, all’ interno di questa sfida mondiale, grazie al suo tradizionale attaccamento alla libertà, una  specifica “missione” prioritaria: quella d’ inventare (o reinventare) una cultura capace di tenere a freno le pretese totalitarie del sistema macchinico, opponendo ad esse la “prassi liberante” propria dell’Umano (Burgess, Kubrick, Barcellona). Tuttavia, l’attuale cultura occidentale, imperniata sul sansimonismo, sull’etica puritana, sui miti deterministici dell’”intelligenza collettiva” e del “lavoratore”, non è la più adatta a generare questo nuovo tipo di uomo, signore e padrone del mondo macchinico. L’Europa si trova perciò oggi in un vicolo cieco.

L’attuale debolezza politica, culturale e militare del Continente non può costituire una scusa, ma, anzi, deve costituire uno stimolo per l’impresa memorabile di “rovesciare il tavolo”. Per essere all’altezza della situazione, la cultura deve ritornare ai valori “assiali” della saggezza, della filosofia, dell’“humanitas”, che l’accomunano alle altre antiche civiltà, contrapposti al “banauson ergon” (quel “lavoro bruto” che oggi si identifica con le macchine intelligenti, mentre il lavoratore-macchina sta finalmente sparendo dall’orizzonte). Un compito ciclopico che, anche in questo caso, è destinato a travolgere tutte le prospettive di corto respiro che si fronteggiano nei dibattiti politici sul futuro della società europea. Nel fare ciò, la cultura, oltre a rileggere in una luce nuova le idee classiche di “eu zen” e di “kalokagathia” e quella cristiana di “askesis”, dovrebbe aprirsi a quelle confuciane, di “junzi” e di “ren”:come Lei scrive,  ”etiche nel senso più profondo e radicale del termine: non qualche massima morale, ma insieme di consuetudini, costumi, forme di vita, che sembrano quasi affondare in passati immemorabili, dentro ai quali abitiamo.”.

Solo educando il carattere umano come si faceva in Grecia, a Roma o nei monasteri asiatici e cristiani, non già tentando, come si sta facendo oggi, di trasferire nelle macchine principi astratti (come i codici etici) che neppure noi umani riusciamo ad applicare, si potrà evitare la presa del controllo delle macchine sugli uomini e l’estinzione dell’Umano. L’Unione Europea è già oggi, certamente, un elemento di resistenza contro questo progetto totalitario, e lo sta dimostrando con la legislazione sulla privacy, con le multe ai grandi operatori, con la lotta all’ erosione fiscale. Tuttavia, l’energia impiegata in questa lotta prometeica è troppo modesta rispetto all’unicità del compito, e, soprattutto, manca a monte un modello culturale forte che supporti l’intera azione dell’Unione: il “mito della Patria Europa”, di cui parla il Suo articolo. L’azione europea su questo tema appare episodica, marginale e decontestualizzata rispetto a tanti altri temi, certamente meno urgenti che non il “Rischio Esistenziale” (Hawking, Martin Rees).

Ma, soprattutto, l’Europa  di oggi è talmente arretrata, rispetto a USA, Cina, Russia, India, Israele e Giappone, per ciò che concerne la cultura e la tecnologia informatica (intelligenza artificiale, cyberguerra, internet, intelligence, ingegneria genetica….), da non disporre neppure dei necessari strumenti di sperimentazione (come per esempio i Big Data); figuriamoci se essa è in grado di costruire un’alternativa agli attuali approcci verso l’informatica, o addirittura di imporli agli altri. Lo sforzo che l’Europa deve compiere in questo campo nei prossimi pochissimi anni è prometeico, e richiederebbe un suo specifico “mythomoteur”. Ecco quello che, a mio avviso, costituisce, come Lei scrive, “forse un valido mito per la sua rifondazione”. Del resto, i miti sono inevitabilmente congiunti a un’etica eroica, indispensabile per questo sforzo disperato (Foscolo, Carlyle).

Questa sarebbe l’unica interpretazione concreta di quell’impegno totale per la formazione permanente alla rivoluzione digitale che tutti invocano, ma nessuno attua, non avendone compreso, né la vera posta, né i necessari contenuti e sacrifici. Non è infatti l’integrazione europea a mancare di fascino, bensì la classe dirigente in essa coinvolta. Se essa prendesse a cuore con un’etica eroica la rivoluzione digitale e quanto la circonda, si conquisterebbe quell’aura che aveva circondato, nella vita come nella fiction, i protagonisti delle prime imprese spaziali sovietiche e americane.

3.Il posto dell’Europa fra i grandi Subcontinenti

Intanto, è ben vero che i valori dell’Epoca Assiale (Jaspers) sono comuni a tutte le grandi civiltà del mondo, e questo è il significato vero da dare al concetto di “universalità” e di “diritti umani”. Come Lei scrive, “…il loro valore, nel senso più reale, materiale del termine, è ancora ben riconoscibile, in America come in Russia, in Cina come in India.” Tuttavia, la specificità dell’Europa è quella di rivendicare, all’interno della comune lotta contro il totalitarismo delle macchine intelligenti, una particolare attenzione per la tutela della libertà personale e comunitaria. Purtroppo, in un mondo in cui, tanto la cultura tecnologica, quanto il controllo del web, sono in mano alle Big Five dell’informatica, e al di fuori dello spazio di controllo europeo, non bastano, né le sterili invocazioni di sacri principi, né una sofisticatissima rete di norme UE. Solo se gli Europei si battessero con spirito prometeico per contestare quel controllo, quell’auspicabile “curvatura europea” dei valori universali uscirebbe finalmente dal mondo delle sterili declamazioni. Infatti, il Caso Schrems ha messo in evidenza che anche i migliori principi del diritto europeo restano lettera morta se i nostri dati sono immagazzinati fuori dell’Europa.

Se esistono, infatti, anche fuori dell’Europa- per esempio in America e in Cina- forze che si muovono di fatto a favore della tutela dell’Umano contro l’onnipotenza delle macchine, tuttavia solo l’Europa ha posto e pone ancor oggi la libertà al centro delle questioni sociali dell’informatica. In America, dove pure è nato il movimento dei “whistleblowers”, lo spirito di libertà è soffocato dall’etica puritana, dal “politicamente corretto” e dal senso ossessivo della missione dell’esportazione della democrazia. La Cina, come tutti i Paesi socialisti,  manifesta in modo paradossale e parossistico (per esempio attraverso il sistema del “credito sociale”) proprio quelle tendenze liberticide che in America sono occultate sotto lo smalto del mercato e della “rule of law” (il “totalitarismo invertito”), tendenze ch’ essa ha clonato e clona sempre più nel suo sforzo ciclopico di superare l’Occidente per recuperare la propria autonomia anche spirituale (Zhongxue wei ti, xixue wei yong 中学为体,西学为用; come direbbe René Girard: “rivalità mimetica”).La libertà è stata tradizionalmente concepita in Cina come una liberazione collettiva con un moto atemporale verso il Datong, la Grande Armonia, ma, per raggiungere quest’ultima, s’impongono nel frattempo le dure leggi dei Legisti. Certo, la Cina costituisce anche, oggi, in pratica, con il suo formidabile sistema informatico, il principale baluardo oggettivo contro l’imposizione in tempi brevi della Singularity (unione di umano e macchinico) da parte delle Big Five (Baidu contro Google, Alibaba contro Amazon, Hwawei contro tutti). Infatti, se la Singularity non riesce ad essere unica, non è tale: non realizza, cioè, la fusione in un’unica entità dell’intero sistema pensante mondiale; quindi, non può sopprimere totalmente l’Umano. Il sopraggiungere dell’informatica cinese sta dunque dando a tutto il mondo il tempo per riorganizzarsi contro la dittatura delle Big Five.

Tuttavia, solo un’Europa molto più forte sui piani politico, militare e tecnologico, ma soprattutto culturale, potrebbe interloquire autorevolmente con le Grandi Potenze anche e soprattutto su questi delicatissimi aspetti. Se e nella misura in cui riuscirà a imporre un dialogo e un accordo internazionale, essa avrà realizzato la sola forma possibile e necessaria oggi (e filosoficamente difendibile) della “potenza assimilatrice delle proprie idee”,  da Lei auspicata.

E certamente solo un’Europa vittoriosa sul fronte dell’interfaccia uomo-macchina potrebbe prendersi serenamente cura della propria identità – e, innanzitutto, della propria poliedricità-, che va ben al di là delle “diverse nazioni e le loro lingue”, bensì comprende anche il pluralismo delle  religioni, culture, ideologie, ceti sociali, regioni, città. Gli Europaioi di Ippocrate e di Erodoto sono, infatti, oltre che gli amanti della libertà, anche il popolo federale per eccellenza. La Grecia ne era il modello (con i suoi dialetti omerico, esiodeo, arcado-cipriota, ionico, attico, dorico, eolico); con le sue leghe (peloponnesiaca, delio-attica, ionica,  tebana, cretese, etolica…);con le sue poleis e i suoi koinà. Ma  gli autori classici esaltavano anche i popoli vicini, in particolare gli “Sciti” e i “Sarmati”, in quanto animati dallo stesso amore per la libertà.

 

  1. Come narrare la Patria Europea

Per narrare, come Lei propone, la Patria Europea, s’impone, come pensava già Freud, la liberazione, dalle retoriche dell’idea di Europa, dell’autentica identità europea. Identità che, come Lei scrive, non definisce “né radici, né confini, né dimore dove poter essere ‘in pace.” Quindi, l’esatto contrario della retorica dell’Europa come Fine della Storia e come strumento di “stabilizzazione”. Grazie all’ Europa, la Storia deve poter continuare, anche se alcune sue tendenze avrebbero voluto farla finire. Questo indispensabile mito dell’Europa baluardo della diversità, e quindi del conflitto, “costruito sull’ interrogazione, il dubbio, la ricerca” ci impone di liberare da censure e tabù vaste aree della nostra cultura. A mio avviso, occorre innanzitutto non vergognarci della cultura europea quale essa è, buona o cattiva ch’essa sia;  non volerla addomesticare e censurare per renderla accettabile ai poteri del momento, ai gusti dell’elettorato oppure, ancor peggio, a una lobby che pretenderebbe che il “mito della Patria Europea” sia identico a quello dell’America.

Nello stesso modo, proprio perché l’Europa è una Patria, non già una setta, essa non è di nessuno Stato in particolare (per esempio, non del duo franco-tedesco), non di una Chiesa (per esempio, quella cattolica), non di un’ideologia (per esempio, quella progressista), non di un partito (per esempio, l’attuale “centro” del Parlamento europeo). Essa è di tutti coloro che vi vivono: del mondo atlantico come di quello eurasiatico; della Mitteleuropa come dei Balcani, dei cristiani come degli ebrei e dei mussulmani; dei riformisti come dei conservatori, dei rivoluzionari come dei reazionari. Non possiamo dire a nessuno, che viva fra di noi: tu non sei Europeo. E, di converso, tutti gli Europei hanno il diritto di formulare un “loro” progetto di Europa, che esprima la loro particolare visione.

  1. I ”Cantieri d’ Europa” continuano.

Con l’iniziativa “Cantieri d’Europa”, la nostra piccola casa editrice, Alpina, ha incominciato a fare ciò per cui essa era stata fondata fin dal 2005: riunire in un solo luogo ideale, attraverso i propri libri e le proprie manifestazioni, le voci di tutti coloro che abbiano dei contributi concreti da dare alla costruzione dell’Europa, nei vari campi dello scibile (linguistica, filosofia, storia, dottrine politiche, economia, diritto, diplomazia, tecnologia…), ma vengano marginalizzati da una cultura “mainstream” che tollera solo la superficialità e la ripetizione inconcludente di luoghi comuni. Nello stesso tempo, con il nostro stand e con le nostre 8 manifestazioni, per metà al Lingotto, e per metà fuori (il “Salone Off”), abbiamo dimostrato che l’Europa si può e si deve narrare, attraverso le cose concrete, proprio oggi, quando la maggioranza ritiene che ciò sia diventato impossibile.

In particolare, i “Cantieri”, con i libri, nostri e altrui, ivi presentati, sono riusciti a realizzare nel Salone quel compito di sintesi che originariamente avrebbe dovuto essere assunto dalla grande editoria. Nell’ assenza d’iniziative maggiori, il nostro stand ha costituito il punto d’incontro dove sono confluiti il Movimento Europeo, le Istituzioni e tanti editori, italiani e stranieri, che hanno pubblicato libri sull’ Europa: Ullstein, ADD, il Mulino, Icaria Editorial, Rubbettino, Aracne, EGEA…

Dopo le elezioni europee, si apre, per la prossima legislatura, un compito appassionante: quello di recuperare l’Europa alla battaglia per la libertà tecnologica, portandola finalmente sull’unico piano veramente attuale: quello della sovranità digitale.

Last but not least: per riuscire a narrare l’Europa, bisogna amarla, per come essa è, anche con i suoi peccati, la sua decadenza e la sua vecchiaia.

Esistiamo proprio per questo, e saremmo lieti di averLa con noi su questi temi.

Per Alpina Srl,

 

Riccardo Lala