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DICHIARAZIONE DEL MOVIMENTO EUROPEO, ASSEMBLEA NAZIONALE, ROMA, 29 APRILE 2021, SULLA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA,con i commenti di DIALEXIS.

Dichiarazione del Movimento europeo

Assemblea nazionale, Roma, 29 aprile 2021

Grafico di Eva Bòka, che sintetizza l’integrazione europea

Il Movimento europeo ha esaminato lo stato della preparazione della Conferenza sul futuro dell’Europa dopo la firma della Dichiarazione Comune del 10 marzo, le prime riunioni del Comitato esecutivo e l’avvio della Piattaforma online il 19 aprile.

Il dibattito sul futuro dell’Europa si apre durante una fase di preoccupante rallentamento del processo di integrazione europea dopo le forti aspettative create dagli accordi sul Piano di ripresa (Recovery Plan) legate alla nuova prospettiva di un debito pubblico europeo necessario per investire in beni pubblici europei come la lotta alle diseguaglianze, la transizione ecologica e la digitalizzazione.

Il Movimento europeo ha preso nota dello stato preoccupante delle ratifiche sull’aumento del massimale delle risorse proprie, con ritardi in dieci paesi membri – in particolare in Finlandia, nei Paesi Bassi e in Polonia – che rischiano di rinviare di molti mesi l’avvio del Next Generation EU o addirittura di metterne in dubbio la partenza, e del confuso  e conflittuale dibattito fra i governi sull’introduzione di nuove risorse e specialmente dell’imposta sulle società e sui cosiddetti giganti del web nonostante l’apertura verso queste imposte dell’amministrazione Biden, risorse necessarie per evitare il ricorso ai contributi nazionali alla scadenza del debito europeo.

Nell’attuazione del Recovery Plan attraverso i piani nazionali sarà essenziale che la Commissione e il Parlamento europeo verifichino che siano rispettati pienamente i criteri della sostenibilità sociale e ambientale degli investimenti così come le condizionalità legate allo stato di diritto. In questo quadro il Movimento europeo aggiunge la sua preoccupazione alla denuncia della recente legge adottata in Ungheria che tende a creare fondazioni sotto il controllo governativo a sostegno della “modernizzazione delle Università” usando i fondi del Next Generation EU.

La capacità fiscale autonoma dell’Unione europea è parte essenziale della sua autonomia strategica e del finanziamento futuro del bilancio europeo, insieme alla questione della politica industriale e dell’intelligenza artificiale, quando si porrà la questione della perennizzazione del Piano di ripresa e della riforma profonda dei meccanismi della governance economica europea a cominciare dal rafforzamento del ruolo internazionale dell’Euro e dalla revisione del Patto di Stabilità e del Fiscal Compact.

Il Movimento europeo condivide in questo quadro l’idea di un piano di investimenti europeo con scadenza decennale che dovrebbe ispirarsi al rapporto della task force presieduta da Romano Prodi e Cristine Sautter sulle infrastrutture sociali con l’obiettivo di un New Deal Europeo e alle recenti proposte della Commissione europea sulla strategia industriale dell’Unione europea che sia pienamente coerente con gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile nel quadro dell’Agenda 2030.

La confusione e la conflittualità fra i governi è ancora più grave se si esamina lo stato di preparazione del Vertice Sociale di Porto del 7 maggio dove undici paesi hanno già preannunciato la loro intenzione di bloccare le proposte della Commissione europea volte a dare un seguito concreto e giuridicamente vincolante al Pilastro adottato all’unanimità a Göteborg nel novembre 2017.

All’altolà di undici paesi di fronte alla prospettiva di un’Unione più forte e più solidale è seguito il silenzio assordante degli altri sedici paesi europei che hanno per ora ignorato la volontà innovativa espressa dalla grande maggioranza del Parlamento europeo e dai rappresentanti dei lavoratori europei.

Nel caso in cui non fosse possibile raggiungere la maggioranza qualificata nel Consiglio nei settori della politica sociale in cui il Trattato prevede la procedura legislativa ordinaria o nei casi in cui il Trattato prevede il voto all’unanimità nel Consiglio la via da seguire è quella che fu adottata nel 1992 con il Protocollo sulla politica sociale a carattere vincolante introdotto nel Trattato di Maastricht per superare l’ostilità del Regno Unito ponendo la questione della dimensione prioritaria dell’Unione sociale al centro del dibattito nella Conferenza sul futuro dell’Europa e adottando alla fine della Conferenza le misure operative per realizzarla.

Ancor più grave appare l’irresponsabilità del Consiglio e dei governi di fronte alla tragedia immane dei flussi migratori di chi fugge dalle guerre, dalla fame, dai disastri ambientali e dal land grabbing, una tragedia che esige con urgenza la revisione del regolamento di Dublino bloccata all’unanimità dal Consiglio europeo nel giugno 2018 e la conclusione della procedura legislativa ordinaria sul Migration Compact presentato dalla Commissione Von der Leyen, la creazione di corridoi umanitari e la modifica della missione dell’Agenzia Frontex al fine di farne uno strumento di intervento coerente con la Carta dei Diritti Fondamentali, la Convenzione di Ginevra e la Convenzione di Amburgo.

L’incapacità dell’Unione europea di far fronte a questa tragedia epocale, esplosa otto anni fa, si somma alla sua impotenza nella politica estera e nelle relazioni con i paesi vicini come è stato confermato recentemente nel “dialogo” con la Turchia e nella sua cecità davanti alla realtà di quel che avviene in Libia.

Iin un mondo instabile dove prevalgono sempre di più tendenze autoritarie, volontà di sopraffazione e inaccettabili ingerenze nella vita delle nostre società democratiche.

Sotto questa luce l’avvio della Conferenza sul futuro dell’Europa non può essere legato ad una scelta teorica ed astratta fra diversi modelli di integrazione europea ma ad un confronto fra due alternative: la condivisione della sovranità all’interno di una comunità fondata sui valori della solidarietà, dell’uguaglianza, della democrazia e dello stato di diritto o il conflitto continuo e paralizzante fra apparenti interessi nazionali.

L’idea di uno spazio pubblico dedicato al futuro dell’Europa – e non di un cantiere “vietato ai non addetti ai lavori” – in cui la dimensione della democrazia partecipativa e quella della democrazia rappresentativa si potessero ritrovare su un piano di eguaglianza o ancor di più in cui si sperimentassero modelli di scrittura collettiva a livello europeo simili a quelli realizzati in Irlanda, in Islanda e in Belgio rischia di trasformarsi in una gigantesca operazione di consultazioni nazionali già inutilmente sperimentate nel 2018 lasciando poi alle istituzioni il compito di tradurre le narrazioni delle cittadine e dei cittadini europei in aride raccomandazioni sottoposte all’esame delle stesse istituzioni che le avranno scritte.

In questo quadro, il Movimento europeo condivide la posizione espressa dal Parlamento europeo relativa ad un’ampia composizione della Conferenza e alla necessità che le conclusioni dei dibattiti siano adottate dalla Conferenza stessa e non dal Comitato esecutivo.

Il Movimento europeo condivide la necessità di un’azione sinergica delle istituzioni, della società civile, del mondo accademico e della scuola, dell’informazione e delle forze politiche per sollecitare la “conoscenza, la partecipazione e la consapevolezza delle cittadine e dei cittadini al fine di contribuire alla creazione di uno spazio democratico in cui modellare il futuro dell’Europa” così come è stato affermato nel recente Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la partecipazione dell’Italia alla Conferenza sul futuro dell’Europa.

Vale la pena di sottolineare che, pur essendo  stato affermato che la piattaforma online “è il cuore della Conferenza”, ad essa possono attualmente accedere solo singoli cittadini e non associazioni rappresentative o cittadini di paesi  terzi residenti nell’Unione europea, che il sistema della traduzione multipla non funziona in modo efficace rendendo difficile un dialogo interattivo, che solo poco più di 6100 cittadini in tutta l’Unione europea (su quattrocento cinquanta milioni di europei) hanno per ora deciso di creare un loro account, che le regole del suo funzionamento non sono conosciute e non sono trasparenti, che nulla è stato detto sull’uso che sarà fatto dalla Conferenza delle idee sottomesse alla Piattaforma e che i quattro paneltematici europei saranno aperti a duecento cittadini europei per panel scelti a sorte, che non si sono ancora realizzate le condizioni di una vera democrazia partecipativa nel tempo della società digitale.

Last but not least e come sta avvenendo per il Piano di azione sociale, dodici governi hanno già manifestato la loro volontà di opporsi a qualunque riforma dell’Unione europea e alla revisione dell’attuale squilibrio istituzionale mentre il silenzio degli altri quindici governi è assordante.

Il Movimento europeo conferma il suo impegno a battersi per un’Unione europea solidale e democratica aperta a tutti i paesi e a tutti i popoli pronti a portare a compimento il progetto ideato nel 1941 da chi scrisse nel confino di Ventotene il Manifesto per un’Europa libera e unita.

Per portare a compimento questo progetto il Movimento europeo è convinto che la via da seguire dopo la conclusione della Conferenza sul futuro dell’Europa è quella dell’assunzione da parte del Parlamento europeo – in vista delle elezioni europee del 2024 – di un ruolo costituente in un dialogo costante con i parlamenti nazionali, rivendicando questo ruolo già durante i lavori della Conferenza per creare le condizioni di un ampio consenso della società civile su questa scelta di democrazia europea.

(proposta dal Consiglio di presidenza del 27 aprile 2021)

Alla ricerca di un’ “Europa Poliedrica” (Papa Francesco)

COMMENTI SULLE PRESE DI POSIZIONE DEL MOVIMENTO EUROPEO CIRCA

LA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’ EUROPA

La prima osservazione che viene alla mente nel leggere la presa di posizione del Movimento Europeo è che finalmente si stia prendendo atto dell’ambiguità sempre più evidente delle Istituzioni, le quali, sul piano retorico, “alzano continuamente l’asticella” degli obiettivi dell’ Unione (Sovranità strategica europea, Trendsetter del Dibattito Globale), ma dall’ altra, conservano ed aggravano quelle situazioni che fino ad ora hanno impedito all’ Europa di decollare (ruolo ancillare nel sistema occidentale e verso le multinazionali -come i GAFAM e Big Pharma-; incapacità a decidere e a parlare ai cittadini; mancanza di una rappresentanza credibile all’ esterno; assenza della seppur minima idea di politica economica e tecnologica). Infatti, “il dibattito sul futuro dell’Europa si apre durante una fase di preoccupante rallentamento del processo di integrazione europea dopo le forti aspettative create dagli accordi sul Piano di ripresa (Recovery Plan)…il quale ultimo sta subendo un ritardo “ preoccupante delle ratifiche sull’aumento del massimale delle risorse proprie, con ritardi in dieci paesi membri – in particolare in Finlandia, nei Paesi Bassi e in Polonia – che rischiano di rinviare di molti mesi l’avvio del Next Generation EU o addirittura di metterne in dubbio la partenza”.

In particolare, l’Unione non sta prendendo atto in alcun modo che il Recovery Plan non è il rimedio universale all’ oramai cronica crisi economica e sociale, che potrebbe venire solo da una vera e propria ” politica industriale e dell’intelligenza artificiale“, dalla “perennizzazione del Piano di ripresa e della riforma profonda dei meccanismi della governance economica europea.

Infine, last but not least, “Il dibattito sulla cosiddetta autonomia strategica dell’Unione europea in una dimensione planetaria appare in questo quadro paradossale perché è evidente che tale autonomia non può derivare solo dalla sua indipendenza nella dimensione della sicurezza e della difesa dagli Stati Uniti ma dalla sua capacità di essere un attore globale internazionale“.Il che presupporrebbe una definizione molto più precisa dell’ identità europea, e quindi degli obiettivi storici dell’ Europa, un profondo ripensamento culturale delle sue classi dirigenti, la creazione di organismi accademici, culturali, politici e militari capaci di pensare a un ruolo storico per il nostro Continente, e, infine, l’integrazione del mondo finanziario, economico e militare, intorno a questo ruolo .

La confusione che circonda la Conferenza non è che la punta dell’ iceberg di questo generale disagio, che qualcuno ha definito brillantemente come “La malattia dell’ Europa”, a cui dedicheremo il nostro annuale dibattito del 9 maggio. Di conseguenza, si rivela, in se stessa, un’arma assai spuntata. Tuttavia, essendo l’unico strumento disponibile in questo momento, è logico cercare di trarne il massimo profitto possibile, come suggerito nei seguenti Commenti.

“Credo infatti sia giusto chiedere una serie di modifiche. Ma, soprattutto, avendo scorso il materiale già versato nella piattaforma, vedo moli modi per sfuggire  comunque alle sue strettoie.

E’ facile ricordare l’insuccesso della Convenzione per la Costituzione Europea, per poi essere scettici circa il successo della Conferenza. Ciò detto, l’idea di fondo era stata probabilmente che, se anche non c’è una vera rivoluzione, il Covid e la Brexit,  mettendo in luce le contraddizioni  dell’ Europa attuale, avrebbero potuto costituire un salutare scossone. Inoltre, dato il disinteresse generalizzato per la politica, i partecipanti con una qualche  idea sarebbero stati necessariamente pochi.

Infine, nonostante che tutte le forme di “democrazia partecipativa” (tratte dalle prassi del socialismo reale), corrano il rischio di essere solo folklore, la piattaforma è in sé relativamente ben congegnata (salvo alcuni difetti tecnici), e potrebbe anche funzionare, a certe condizioni.

“.

I PRINCIPALI VIZI SONO I SEGUENTI:

1)mancanza di profondità culturale:In qualunque processo costituente, occorre mettere in sequenza l’analisi del contesto, le scelte culturali, gli obiettivi storici, gli aspetti costituzionali, quelli tattici, quelli programmatici.

Di fronte a quest’indubbia sfida, la piattaforma ha scelto di fermarsi a mezza strada. Ha individuato 10 priorità definite digitalmente (che sono i generici ambiti di attività dell’ Unione), ma poi ha inserito anche la voce “altre idee”, e, infine, ha suddiviso ciascuna voce in sotto-capitoli non vincolanti. Si tratta di una specie di “ufficio reclami” dell’attività ordinaria dell’ Unione, non già di veri e propri “Cahier de Doléances”:è’ difficile che ne esca un quadro organico.Certo, gli organizzatori potranno fingere che ci sia stata un’aggregazione del consenso intorno ai singoli temi.

Però, come dai Cahiers de Doléances voluti da Luigi XVI era nata la Convenzione, così, da questo “Ufficio Reclani”, con uno sforzo ben mirato, potrebbe uscire una Costituzione Europea

Un’organizzazione più sistematica del dibattito avrebbe richiesto più riflessione e più coraggio, abbozzando, non già una soluzione, bensì l’inizio di un processo logico:

La rivoluzione delkl’ Intelligenza Artificiale provoca una vertiginosa “Accelerazione della Storia”che corrisponde nella tecnologia alla “Legge dei Ritorni Crescenti”

a.L’ ANALISI DEL CONTESTO:

La Conferenza avrebbe dovuto  partire da un’analisi interdisciplinare della situazione attuale.

A nostro avviso, per evitare eccessi di intellettualismo, occorrerebbe prendere atto innanzitutto concretamente dalle cattive prove di efficienza nella gestione della pandemia e nei rapporti con le Grandi Potenze, riconoscendo apertamente che siamo molto arretrati in campo tecnologico; che, rispetto alle altre parti del mondo, ci siamo allontanati troppo dalle nostre radici, e che, infine, abbiamo un meccanismo decisionale non sufficiente per stare dietro alle trasformazioni del mondo odierno.

Se, come sembra, tutti i grandi soggetti mondiali, per garantirsi compattezza e sopravvivenza, sono costretti a darsi delle pretenziose missioni (la “Fine della Storia”; l’”Armonia Universale”), allora, anche l’Unione fa bene a pretendere di essere il “Trendsetter del Dibattito Mondiale”, ma allora deve darsi gli strumenti per esserlo veramente.

b.GLI OBIETTIVI STORICI

Per conseguire l’obiettivo di cui sopra, non basta scrivere moltissimi e complicatissimi documenti inapplicabili perché i reali detentori del potere economico, tecnologico e militare, sono fuori dell’Europa, bensì occorre, come i più recenti documenti programmatici americani e cinesi, porci degli obiettivi quantificati e tempificati di recupero delle capacità operative e coercitive (ICT, difesa, tasse, antitrust).

c. LA COSTITUZIONE (FORMALE/MATERIALE)

Nella conferenza stampa di presentazione della Conferenza, Guy Verhofstadt ha affermato che la piattaforma ha deliberatamente lasciato impregiudicata la questione del se sia necessario modificare i Trattati, e che, quindi, chi lo volesse è libero d’inserire proposte in tal senso. Così stando le cose, tali proposte non possono non venire, e molti le hanno già inserite nella  piattaforma. Il punto è che si tratta di affermazioni generiche, anche perché il meccanismo della piattaforma non invoglia certo a proposte più organiche e impegnative, perché ciascuno può scrivere solo 1500 battute.

Ciò non toglie che occorrerebbe fare piovere proposte a tutto tondo , in modo che la Convenzione ne risulti letteralmente inondata.

d.IDEE DI CARATTERE PROGRAMMATICO O TATTICO (Per esempio, sono programmatiche quelle sull’ identità europea, sui campioni europei,  sull’ esercito europeo; è tattica quella sulla ratifica del  trattato con la Cina). 

Certo,  bisognerebbe almeno distinguere quali sono le proposte di carattere costituzionale (che non sono solo quelle sulla modifica dei trattati, anche perché, al di là di una costituzione formale, c’è pur sempre  una costituzione materiale)  e quali quelle  di modifiche normative o di policy.

2.Scarsa agibilità tecnica:

a)LENTEZZA DELLA PIATTAFORMA E NEL RENDERE OPERATIVE LE SUE FUNZIONALITA’ L’incertezza sulla disponibilità della traduziione ha reso difficile impostare la comunicazione transnazionale, spingendo molti a scrivere tutto in Inglese, con una grave perdita per il plurilinguismo

b)LIMITE DI 1500 BATTUTE PER OGNI TESTO: Impedisce di scrivere dei contenuti logici e costringe a rinviare tutto ad allegati i link esterni (praticamente ingestibili perchè i software ammessi non sono appropriati);

c)MECCANISMO MACCHINOSO PER ORGANIZZARE GLI EVENTI (Richiesta di permesso ,indicando già l’orario, realizzazione dell’ evento, relazione sull’ evento, idea tratta dall’ evento). Tutto ciò impone un grande sforzo di organizzazione, che va a scapito dei contenuti.

3.Soluzioni pratiche per bypassare i limiti attuali:

a.ORGANIZZARE UN’ATTIVITÀ AL DI FUORI DELLA PIATTAFORMA, E POI INSERIRLA SOLO QUANDO SI HANNO CHIARI ORATORI E DATE;

b.COORDINARE LE PROPOSTE E GLI EVENTI DI VARIE ASSOCIAZIONI IN MODO DA OTTENERE UNA MAGGIORE “POTENZA DI FUOCO” (esempio, i “Cantieri Digitali d’ Europa”;

c.FARE UN REPORTING COORDINATO AI VERTICI DELLA CONFERENZA

 4.Risposte a quesiti specifici :

a.RICHIEDERE LA REVISIONE TECNICA DELLA PIATTAFORMA (PRIVACY, TRADUZIONE, NUMERO DI BATTUTE, MODULO PER L’AUTORIZZAZIONE DI EVENTI, VELOCITÀ DI CALCOLO);

b.RICHIEDERE CHE, OLTRE AD “IDEE”, SI POSSANOM PROPORRE DELLE”POLITICHE”;

c.PROPORRE UN REGOLAMENTO DELLA PIATTAFORMA(CFR. PUNTI ALLEGATI SUB1);

d.PROPORRE CHE POSSANO PARTECIPARE ALLA CONFERENZA TANTO LE ASSOCIAZIONI QUANTO I CITTADINI ;CHE QUELLI PER GLI SPECIFICI PANEL SIANO SORTEGGIATI FRA COLORO CHE HANNO PRESENTATO PROPOSTE O ORGANIZZATO EVENTI , E CHE, AI FINI DEL SORTEGGIO, CONTI IL NUMERO DI INIZIATIVE PROMOSSE

ALLEGATO 1

PRINCIPI DI BASE DEL REGOLAMENTO

-1 cittadini o le organizzazioni hanno diritto di conoscere l’esito dei loro interventi: accettato, moderato, respinto, preso in considerazione per ulteriori attività;

-gli organizzatori della piattaforma raggrupperanno le idee, politiche ed eventi in base alla loro natura:

-riflessioni di base;

-proposte di carattere costituzionale (con o senza modifica dei trattati);

-proposte di carattere programmatico (modifiche strutturali, politiche a lungo termine) e soluzioni contingenti, anche queste divise per argomentio affini

-le idee, proposte e politiche così articolate saranno sottoposte alla Conferenza, che dovrà dare, sulle stesse, un parere motivato;

-in base alla recezione (o non recezione) delle proposte, politiche o misure da parte della Convenzione, i cittadini potranno propore petizioni

-le procedure dovranno essere pubbliche e verbalizzate (o filmate).

L’ISTITUTO ITALIANO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE A TORINO: INSERIRE I CONTENUTI

Il Presidente Draghi ha invitato ad utilizzare utilmente i fondi europei

All’inizio di Agosto, al momento della candidatura di Torino a sede dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, avevamo scritto alle Autorità cittadine:

“In vista dell’attesa  Conferenza sul Futuro d’Europa, Diàlexis ha predisposto fin d’ora, come allegato al libro “European Technology Agency”, 5 proposte relative all’implementazione in senso ICT di 5 delle priorità della Commissione, da presentare nell’ambito del Movimento Europeo. Fra queste, rientrano anche un’ Agenzia Tecnologica Europea, un’Accademia Digitale Europea, un’Accademia Strategica Europea e un  Distretto Digitale Italiano (All.5).Il tutto è già stato anticipato ai vertici di tutte le Istituzioni.

Con una proposta diffusa fra i soggetti coinvolti, e, in primo luogo, la Presidenza del Consiglio, abbiamo caldeggiato l’inserimento delle due Accademie fra i progetti italiani per il Recovery Fund e/o il Quadro Pluriennale 2021-2027, nell’ambito di un proposto Distretto Digitale Italiano. In particolare, stiamo sviluppando il progetto editoriale di un libro dedicato alla piattaforma europea, da collocarsi se possibile in Italia. Stiamo  anche per finalizzare un’opera collettiva dedicata all’Umanesimo Digitale.

I nostri progetti presentano un notevole grado di sinergia con il progetto d’ Istituto Italiano per l’ Intelligenza Digitale (raccomandazione n. 38), in particolare per ciò che concerne l’aspetto culturale dell’ intera operazione (Raccomandazione n. 3). E’ infatti nostra convinzione che il punto di partenza per una rinascita tecnologica, e, quindi, economica, dell’ Italia e dell’Europa, sia costituita da una generalizzata riqualificazione culturale (‘Up-skilling’, cfr. Raccomandazione n.16) delle nostre società, non solo dal punto della formazione professionale e della ricerca tecnologica, bensì anche da quello della riflessione culturale e della riorganizzazione della società, che ci faccia passare dall’attuale ruolo di ‘followers’ di USA e Cina, a quello di ‘trendsetters’, come auspicato dalla Commissione.

Le recentissime sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (di cui mi onoro di essere stato funzionario) nei casi C-311/18 (Schrems II) e T-778/16, e T-892/16, (Apple), dimostrano lo scollamento fra  quest’ambizione dell’ Europa di proporsi quale ‘trendsetter del dibattito globale’ e una realtà fattuale in cui le multinazionali tecnologiche possono violare impunemente tutti i sacrosanti principi ‘etici’ invocati dal diritto europeo e contenuti nell’ Appello di Roma per un’Intelligenza Artificiale Etica. Per evitare questo scollamento, occorre lavorare senza esitazioni a tutti i livelli (filosofico, politico, pedagogico, scientifico, politico, tecnologico, economico, industriale, sociale) per fare veramente dell’Europa, come promesso da tempo, ma mai realizzato, l’area tecnologicamente più avanzata, e il baluardo dei diritti digitali dei cittadini.

In questo contesto, il tema dell’ Intelligenza Artificiale,  oggetto del progetto in discussione, occupa senz’altro un ruolo centrale. Tuttavia, ogni azione in questo campo ha senso solo se collocata in un contesto internazionale (un Trattato Internazionale), una strategia europea (l’Agenzia Europea), una filosofia della scienza (Umanesimo Digitale), un sistema economico efficiente ed equo, tutte cose che oggi non si verificano, con le conseguenze che tutti vediamo, come autorevolmente certificato dalla Corte.”

Anche il Presidente Bonomi teme interventi a pioggia

a.La decisione del Governo

Ora, il Governo ha deciso. Torino sarà la sede dell’Istituto italiano per l’Intelligenza artificiale (I3A)  che si caratterizzerà per essere  un vero network e potrà contare  su un organico di un migliaio di persone e su un budget annuale di circa 80 milioni di euro. 

Un ruolo in questa partita l’ha giocato l’Arcidiocesi di Torino e in particolare don Luca Peyron che insegna teologia della trasformazione digitale a Milano e Torino e si occupa di “spiritualità” delle tecnologie, oltre a essere direttore della Pastorale universitaria.

Ha commentato Don Luca:“La grazia è fatta: Torino è capitale Italiana per l’Intelligenza Artificiale. Un sogno, è diventata una profezia.
Ora è una promessa: una promessa al Governo che ha creduto in questo territorio, una promessa a noi stessi di essere all’altezza della nostra storia, una promessa all’Italia di essere traino per tutto il Paese e per l’Europa.

Siamo arrivati in meno di due mesi ad un risultato straordinario grazie ad un processo capace di includere, di ascoltare, di capire, di scommettere, di assumersi responsabilità.

La Vergine Maria ci doni l’umiltà necessaria per continuare a lavorare per il bene comune e mantenere queste promesse per le donne e gli uomini di oggi e di domani.

Ecco la Chiesa di Francesco, sta in mezzo alla gente, per il bene di tutti, generando processi…

Chi è rimasto alla finestra scenda in cortile a giocare con noi!”

A sua volta, la sindaca Chiara Appendino ha scritto su Facebook

“C’è lavoro. Tanto lavoro…Obiettivo dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale (I3A) – uno dei tasselli principali della strategia definita dal Ministero per lo sviluppo economico (MISE) in ambito AI – è quello di creare una struttura di ricerca e trasferimento tecnologico capace di attrarre talenti dal “mercato” internazionale e, contemporaneamente, diventare un punto di riferimento per lo sviluppo dell’AI in Italia, in connessione con i principali trend tecnologici (tra cui 5G, Industria 4.0, Cybersecurity).
I settori principalmente coinvolti saranno quelli della manifattura e robotica, IoT, sanità, mobilità, agrifoood ed energia, Pubblica amministrazione, cultura e digital humanities, aerospazio”

Don Luca Peyron, l’ideatore dell’ Istituto

b.Il nostro punto di vista

Avevamo comunicato alle Autorità il nostro, più articolato, punto di vista, e soprattutto, il timore che il nuovo Istituto si riveli essere l’ennesimo Ente inutile, attraverso un documento che rendiamo ora pubblico:

“PROGETTO: L’ITALIA QUALE AVANGUARDIA DIGITALE EUROPEA

In relazione, da un lato, all’entità e la destinazione dei fondi europei l’Associazione Culturale Diàlexis sta pubblicando due libri, ‘European Technology Agency’ e ‘European Digital Humanism’, e si è attivata da tempo con le Istituzioni Europee, il Governo, la Regione e la Confindustria, per sollecitare un più serio impegno nel campo della digitalizzazione, come unica via di uscita dalla spirale di decadenza che ha investito l’Europa, ma ancor più l’Italia.

1.Arretratezza europea

Il problema numero uno dell’Europa è costituito dal fatto ch’essa, non avendo sostenuto i primi esperimenti delle sue imprese (Olivetti) e dei suoi Stati (Minitel) in questo campo, è rimasta oramai indietro di parecchi decenni rispetto ad America e Cina, e, in alcuni campi, anche a Russia, Giappone, India, Corea del Sud e Israele. Oggi, essa vorrebbe recuperare, ma si trova ostacolata in mille modi, fra l’altro dalla sua filosofia liberistica, dalla pluralità e litigiosità degli Stati membri, dalla mancanza di un esercito europeo e dalla scarsezza  di gruppi finanziari e industriali pan-europei.

Quest’arretratezza è stata sottolineata negli ultimi anni dai casi Prism e Huawei e dalle due sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee Schrems II e Commissione contro Apple, che hanno smentito la presunta coerenza con il diritto europeo di due delle posizioni tenute negli ultimi anni dalla Commissione: il tentativo di eliminare i privilegi fiscali delle multinazionali del web facendo leva sul divieto degli aiuti di Stato e quello di permettere, nonostante la legislazione sulla privacy,  l’immagazzinamento dei dati degli Europei in America attraverso stratagemmi giuridici come il Privacy Shield e le Standard Contractual Clauses.

A nostro avviso, queste arretratezze economiche, tecnologiche e militari sono innanzitutto il risultato di un’arretratezza culturale. Lo sviluppo fenomenale del web in America è avvenuto dopo le ‘Conferenze Macy sulla cibernetica’ subito dopo la IIa Guerra Mondiale, le opere di Asimov e lo sviluppo dell’ ‘Ideologia Californiana’. Nello stesso modo, l’informatica cinese è in gran parte opera di ex ufficiali dell’Esercito Popolare di Liberazione che avevano sviluppato le loro competenze a fini militari, come pure quelle israeliana e indiana.

Le Istituzioni hanno lanciato la parola d’ordine della ‘Sovranità digitale europea’, che, se presa sul serio, presupporrebbe che Stati e imprese si facessero parti zelanti per acquisire risorse (a valere innanzitutto sui fondi europei), per realizzare iniziative imprenditoriali  competitive con quelle dei GAFAM e dei BAATX. Il Presidente Macron e il Senato francese (Rapporto Longuet) avevano  sostenuto che la competenza per realizzare questi nuovi ‘Campioni Europei’ avrebbe dovuto essere comunitaria….. Purtroppo, l’ex commissario Moedas aveva  risposto che la Commissione non intendeva promuovere quelle attività, ma che, se la Francia e la Germania volevano, erano libere di farlo, e la presente Commissione non ha detto nulla di diverso. Ora, Francia e Germania si stanno sforzando di coprire, in ossequio a quell’ impostazione, con iniziative come Qwant, JEDI e Gaia-X, l’insieme di queste attività, con la speranza di farle diventare dei veri ‘campioni europei’, ma si tratta ancora d’iniziative modeste e parziali, senz’ alcuna ricaduta durevole, e senza una partecipazione italiana.

Di fronte a questa situazione, osservo che, già anche soltanto a tavolino, vi sono sufficienti spazi liberi da colmare, non ancora coperti, neppure parzialmente,  dalle iniziative franco-tedesche. In particolare, l’Italia potrebbe candidarsi per tre iniziative già auspicate dalle Istituzioni, e mai portate a termine: l’accademia digitale; l’accademia strategica; la piattaforma di e-commerce e/o di  web marketing. In ogni caso, visto l’attuale imponente dirottamento di profitti e d’imponibile fuori dell’Europa grazie al gioco congiunto dei GAFA e dei paradisi fiscali, si tratterebbe di una provvidenziale forma di ‘import substitution’, seppure  sui generis.

L’iniziativa potrebbe risultare  sinergica ad altre, altrettanto necessarie e urgenti, nel campo dell’ acquisizione di competenze e dell’ ‘upskilling’ dell’ intera società italiana, rilanciando la tradizione di Adriano Olivetti.

2.La svolta del 21 luglio 2020

Liberismo, politica della lesina, vincoli comunitari, hanno costituito fino ad oggi in Europa degli ottimi pretesti per non fare nulla d’impegnativo, in particolare nel settore digitale.

La  vicenda del Coronavirus e degli Eurobond, oltre che le sentenze della Corte di Giustizia nelle cause  ha segnato  tuttavia una svolta. Oggi è una ‘communis opinio’ bipartisan che:

-l’economia europea è ormai giunta al suo punto più basso;

-le politiche di austerità seguite fino ad ora non sono state soddisfacenti;

-occorre fare investimenti produttivi, capaci di generare profitti, redditi, posti di lavoro sempre più qualificati e di sconfiggere la concorrenza internazionale;

– la parola d’ordine è ‘spendere al meglio i fondi europei’.

Il progetto che proponiamo  è quello di fare  dell’ Italia un centro qualificato di sviluppo della cultura digitale europea, con un programma a medio termine (pari alla legislatura 2021-2027 e al coevo Quadro pluriennale dell’ Unione), partendo dalle fasi più urgenti e più semplici (2021-2023), per poi passare a una trasformazione complessiva della nostra società, basata sempre sul ‘reskilling’ digitale.

La distinzione fra fase di recupero dalla pandemia e fase di rilancio dell’economia qui non si può mantenere al 100%, in quanto vi è tutta una fase d’interiorizzazione delle competenze, che non presenta costi rilevanti, ma dev’essere superata subito.

(a)L’accademia digitale.

Come detto in molte sedi, il principio di base che governerà le politiche economiche in Europa nei prossimi anni sarà quello di spendere bene i fondi europei.  Cosa che non è affatto garantita, a causa delle molteplici contraddizioni delle nostre società, a cominciare dalla stessa costruzione europea.

L’economia, e, ancor di più, la geopolitica, si giocano oggi in gran parte sulla capacità di usare il digitale come strumento competitivo sui mercati mondiali: Google contro Baidu; Amazon contro Alibaba; Silicon Valley contro Shenzhen.

Orbene, la Commissione Europea sostiene che, grazie al GDPR, l’Unione Europea avrebbe creato un sistema digitale identitario europeo, che  dovrebbe costituire un modello per tutto il mondo. In realtà, come hanno messo in evidenza due recentissime sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (quella contro Apple e quella contro Facebook), l’enorme apparato burocratico posto in essere da una ventina di anni dall’ Unione Europea è un semplice castello di carte, che non serve a nulla salvo che a penalizzare le imprese europee rispetto alle loro concorrenti extraeuropee. Infatti, mentre noi in Europa siamo obbligati a circondare ogni trasmissione di dati sul web da una pletora di adempimenti burocratici che non sono richiesti ai nostri concorrenti (e che in realtà  non costituiscono alcuna protezione effettiva per i cittadini), poi l’insieme di questi dati viene trasmesso in tempo reale alle multinazionali , le quali sono tenute per la legge americana a metterli a disposizione senza indugio alle 16 agenzie d’intelligence. Che, in tal modo, hanno schedato tutti gli abitanti e le imprese europei, traendone enormi vantaggi tecnologici, politici e commerciali, oltre che militari, che rafforzano la nostra dipendenza. La Commissione si trova ora dinanzi all’ immane problema  d’immaginare una formula giuridica (diversa da quelle già bocciate dalla Corte di Giustizia) per  far rispettare il GDPR agli Americani e per tassare i profitti realizzati in Europa dai GAFAM….

La prova più schiacciante di quest’affermazione è costituita dal fatto che gli stessi documenti dell’ Unione che propugnano queste iniziative sono cosparsi di sconsolanti constatazioni circa la decadenza inarrestabile dell’ Europa (basti pensare alla strategia industriale del 2017 e allo studio del 2020 dell’ EPRS sulla sovranità digitale).

Di fronte a questa situazione, facciamo due osservazioni:

-già anche soltanto a tavolino, vi sono sufficienti spazi liberi da colmare, non coperti dalle iniziative franco-tedesche;

-uno dei principali motivi dei fallimenti franco-tedeschi è ch’ essi mancano di spessore teorico, in quanto, l’assenza settantennale dell’Europa dalle grandi tecnologie e la dipendenza tecnologica europea verso i GAFAM hanno annientato il ceto degli imprenditori digitali, e soprattutto l’ambiente dei pensatori originali e indipendenti.

Per questo motivo, l’Italia potrebbe candidarsi per tre iniziative già auspicate dalle Istituzioni, e mai portate in porto:

-l’accademia digitale;

-l’accademia strategica;

-la piattaforma di e-commerce e web marketing.

L’accademia digitale costituisce una premessa logica per le altre iniziative, perché dovrebbe permettere di riunire intorno a un progetto comune tutte le competenze, culturali e scientifiche, geopolitiche e sociologiche, economiche e tecnologiche, imprenditoriali e professionali, necessarie per la creazione di un ecosistema digitale europeo, ovviando così alla carenza di spessore culturale delle iniziative precedenti. Il meccanismo per la creazione dell’accademia dovrebbe essere quello usato a suo tempo da La Pira per la creazione dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze e da Sariusz-Wolski per la creazione della sede di Natolin del Collegio d’Europa: le autorità locali sponsorizzano l’iniziativa, canalizzando fondi locali, nazionali ed europei.

Sono in corso discussioni per il distaccamento di corsi d’informatica del Politecnico di Torino presso l’ ICO VALLEY di Ivrea. La nostra proposta mirerebbe a fare di quest’iniziativa qualcosa di più ambizioso, mirante a conseguire due obiettivi:

-da un lato, allargare quella che già esercita il Politecnico, come strumento di cultura e di arricchimento del territorio con le vere e proprie attività accademiche e il loro indotto;

-dall’ altro, costituire una base concettuale su cui investitori, Istituzioni, Imprese, possano costruire iniziative più avanzate ed ambiziose, accedendo anche ai relativi fondi europei.

Soprattutto, i corsi e le attività di ricerca non dovrebbero indirizzarsi a una platea locale, bensì coinvolgere, come l’ IUE e il Collegio d’ Europa, tutti gli Europei.

(b)L’Accademia Strategica Europea

Anche dell’Accademia Strategica Europea si era parlato in varie occasioni , ma poi non se ne era fatto nulla, in assenza di una Politica Estera e di Difesa dell’ Europa. A questo punto, sarebbe probabilmente utile provare a invertire il processo logico, creando prima le competenze, per poi supportare il cammino ideativo della Politica Estera e di Difesa Comune. Infatti, come ha rilevato il Presidente Macron, esiste un gap concettuale, nel mondo politico europeo, circa le esigenze della politica di difesa, anche questa, delegata sostanzialmente agli USA, e perdendo, così, le competenze nel campo dell’analisi geopolitica, delle nuove tecnologie, dalla programmazione strategica, del rapporto civile-militare.

Occorrerebbe porre una molto maggiore attenzione alle culture di tutte le grandi aree del mondo, in cui rientrano scacchieri fondamentali come i Mari della Cina e il Medio Oriente, all’impatto di nuovi fattori come la militarizzazione dello spazio, i satelliti quantici e i missili ipersonici, i Big Data, la Cyberguerra, la concorrenza fra le grandi potenze per le tecnologie…

Un armamentario così complesso e sofisticato avrebbe senso solo per una platea più vasta del solo Esercito Italiano.

Anche qui varrebbero le stesse considerazioni fatte per l’Accademia Digitale Europea, con la quale vi sono molte sinergie. Altre sinergie, se non di più, vi sono con la Scuola di Applicazione, che potrebbe essere l’alveo entro cui collocare la nuova Accademia.

(c)Piattaforma europea di e.commerce e web marketing

Sempre in simbiosi con i due progetti di cui sopra, si potrebbe riprendere , come proposto dalla Vice-Presidente di Confindustria Beltrame, la creazione di una piattaforma dedicata all’e.commerce e al web marketing. La proposta nasce dalla constatazione dell’incongruenza, per un Paese esportatore come l’ Italia, di non disporre di una propria piattaforma web dedicata, specie in un momento, come quello presente, in cui, a causa della pandemia, il traffico dell’ e-commerce e del web marketing è aumentato a dismisura.

A parte il sospetto, che sempre c’è in questi casi, che questa carenza dai orchestrata dai concorrenti, vi è certo il problema che una piattaforma troppo specializzata è comunque debole, sicché, per poter disporre di un’utenza abbastanza vasta, occorre allargare l’operatività della piattaforma a materie confinanti. Per esempio, il marketing di tutti i prodotti europei, il marketing turistico e delle industrie culturali, la promozione del territorio, delle sue eccellenze e della sua cultura.

La piattaforma potrebbe crescere a latere dell’accademia del digitale, e costituire anche un ambito di sperimentazione per la stessa.

3. Le ricadute sul territorio

Secondo una leggenda metropolitana, l’industria digitale non creerebbe sufficiente occupazione, e, anzi, avrebbe effetti negativi sull’ ambiente sociale circostante. Sta succedendo in America nella West Coast, dove i pochi privilegiati venuti per lavorare nella Silicon Valley hanno reso la vita difficile agli abitanti originari, soprattutto a causa dell’aumento del costo della vita. Questo accade però se l’introduzione  dell’ industria digitale avviene senza un piano preordinato, e, soprattutto, se non si guarda all’ aspetto geopolitico.

Intanto, le grandi piattaforme americane e cinesi hanno da 30.000 a 100.000 dipendenti, che è già una bella cifra, a cui va aggiunto l’indotto, diretto e indiretto. Infatti, intorno a queste attività è destinato a svilupparsi tutto un mondo di piattaforme e servizi “satelliti”, e comunque il personale di questo tipo di aziende dispone di una capacità di spesa notevole, che non può non influenzare l’economia locale.

Ma, ciò che più conta, la nascita di vere e proprie grandi imprese digitali non avviene mai nel vuoto. Anzi, deve avvenire all’ interno di un intero processo di “upskilling”, nel corso del quale tutta la società viene accompagnata verso nuovi tipi, digitalizzati, di attività. Si incomincia con la cosiddetta “Industria 4.0”, nell’ambito della quale si dovrebbe realizzare una generalizzata trasformazione dei lavoratori in operatori digitali. Ma si dovrebbe continuare con trasformazioni capillari anche di attività tradizionalmente labour intensive o intellettuali.

Ma, soprattutto, l’introduzione di attività digitali avanzate va visto, nel nostro caso, come una forma di “import substitution”. Infatti, nella nostra situazione attuale non è che introdurremmo la digitalizzazione là dove essa non c’era. Al contrario, noi creeremmo imprese torinesi o italiane per svolgere un’attività che attualmente viene svolta da Amazon, E.bay o Alibaba, e i cui profitti non si riescono a tassare per la nota vicenda della web tax. Perciò. L’effetto positivo sarebbe costituito innanzitutto dal mancato trasferimento di utili e d’imponibile.

In ogni caso, il piano di finanziamenti appena approvato, dovrebbe servire proprio per finanziare nuove attività che permettano di rilanciare l’economia dei territori, non solamente recuperando il terreno perso per effetto della pandemia, bensì anche creando nuove opportunità di utili e di reddito. L’Italia  è chiamata  a  fare proposte e a richiedere fondi. Soprattutto in un contesto, come quello presente, in cui l’oculata utilizzazione farà oggetto di un controllo da parte dell’ Europa.Orbene, quale utilizzo più appropriato che non realizzare obiettivi conclamati dall’ Europa come propri? “

Abbiamo richiesto alle Autorità di essere ricevuti per discutere l’insieme di queste proposte.

Il Collegio d’Europa di Natolin, fermamente voluto dall’ Onorevole Sariusz-Wolski

c.Torino Capitale Europea della Cultura

Nel frattempo, la Sindaca Chiara Appendino ha deciso di candidare Torino a Capitale Europea della Cultura per il 2033. Un vecchio progetto, per il quale ci eravamo battuti per anni, tra l’altro con:

-la creazione del Comitato della Società Civile per Torino Capitale Europea della Cultura;

-la pubblicazione di ben due libri per l’argomento.

 Ho perciò scritto alle Autorità cittadine:

“Nella mia veste di presidente dell’Associazione Culturale Diàlexis, e, in particolare, di coordinatore del Comitato della Società Civile per Torino Capitale Europea della Cultura (raggruppante una cinquantina di associazioni di Torino e provincia, che figurano nel frontespizio di “Torino snodo”), avevo supportato,  dal 2010 al 2012, la giunta Fassino, e, in particolare, l’Assessore Alfieri e il Dott. Bagnasco, nello studio preliminare della candidatura per il 2019,  facendomi parte zelante per l’organizzazione di:

-una bozza di atto di candidatura;

-alcune manifestazioni pubbliche, per lo più presso la sede del Comune, ma anche e soprattutto  presso il Circolo dei Lettori, dedicate a discutere con esperti e con la società civile i vari aspetti della candidatura.

Soprattutto, avevo pubblicato, presso la Casa Editrice Alpina, due studi sull’ argomento: ‘Torino Capitale Europea della Cultura?’ (2010) e ‘Torino, snodo della cultura europea, Piano di offerta culturale 2011-2021’, che Vi invio in allegato All. 1 e 2).

Inoltre, come già espresso in quell’occasione, credo che la candidatura di Torino non possa prescindere, a causa dell’emergere di sempre nuove problematiche, che, nel 2033, saranno divenute particolarmente acute:-dal riordino delle vocazioni culturali della Città, in particolare nella direzione  dell’umanesimo digitale, cosa di cui le Istituzioni stando dando atto con l’iniziativa relativa all’ Istituto Italiano dell’ Intelligenza Artificiale. Anche a questo proposito abbiamo diffuso  all’inizio di Agosto il libro ‘European Digital Agency’, che illustra le proposte già fatte alle Istituzioni europee e alla società civile per la Conferenza sul Futuro dell’ Europa, in particolare per ciò che concerne le iniziative che potrebbero essere localizzate a Torino…..

Al fine di non disperdere, e, anzi, di recuperare, a favore della nostra Città, gli enormi sforzi sostenuti in quell’ occasione, saremmo grati alla Sindaca e a tutti i destinatari della presente se potessero convocarci per ascoltare le nostre esperienze e proposte. Nel contempo, siamo a Vostra disposizione per fornirVi tutte le informazioni e la documentazione raccolta ed elaborata, nonché quella relativa a Fiume Capitale Europea della Cultura, manifestazione attualmente in corso.

Infine, saremmo lieti di organizzare, nell’ambito del Salone Virtuale del Libro 2020 (cfr. Allegato n 3), che stiamo mandando avanti a dispetto della pandemia, un webinar dedicato alla candidatura, a cui saremmo onorati se potessero partecipare le Autorità cittadine ed esponenti della società civile. Chi è interessato, è pregato di segnalarcelo, indicando anche la propria disponibilità a partecipare, e le date preferite.

Infine, va da sé che saremo sempre disponibili per mobilitare come allora un movimento indipendente di cittadini a sostegno della candidatura, da coordinarsi con le Autorità.”

Teilhard de Chardin, il controverso gesuita padre del postumanesimo

d. Non perdiamo un’occasione preziosa

Tutti   questi nostri interventi sono stati basati sulla preoccupazione che, come affermato da autorevoli personaggi fra i quali il Presidente Draghi e il Presidente Bonomi, tutti questi sforzi volontaristici non si traducano in un miglioramento concreto della situazione culturale, umana, politica, economica e sociale, né dell’ Europa, né dell’ Italia, né di Torino, tutte duramente colpite ormai da decenni da un declino generalizzato rispetto al resto del mondo. Manca, infatti, una strategia complessiva per arginare questo declino, che passi attraverso le sue ragioni storico-filosofiche, le carenze strutturali, la progettazione di un’alternativa, la concentrazione sulle priorità.

Abbiamo preso atto, anche in precedenti post, che si sta riscontrando un rapido avvicinamento delle posizioni ufficiali a quella che sarebbe una visione realistica del problema. Si  è passati, in un decennio, dall’apologia auto-referenziale di un presunto superiore benessere e giustizia sociale dell’Italia e dell’ Europa, a una seppur superata logica redistributiva per ovviare alle principali carenze, poi al riconoscimento della  necessità di sostenere le attività produttive, passando  per l’addolcimento, attraverso il Quantitative Easing, del dogma monetaristico che tanto male ha fatto all’ Europa, per poi giungere,  grazie al Covid-19, a una forma di neo-keynesismo, che va, attualmente, ancora  aprendosi a un’idea di ‘Stato Innovatore’, e che potrebbe perfino giungere  ad ammettere che la digitalizzazione è la chiave di volta per la rinascita delle nostre società.

Mancano però ancora alcuni passi importantissimi:

-il riconoscimento del carattere civilizzatorio (e drammatico) del dibattito sulla digitalizzazione;

-la necessità della centralizzazione a livello europeo, o, almeno, nazionale, delle vitali scelte in questa materia;

-l’urgenza  di un dibattito pluralistico e alla pari, che non dia per scontato l’oltranzismo post-umanistico di Teilhard de Chardin e di Kurzweil, ma permetta anche di esprimersi  a un Umanesimo Digitale critico sulla falsariga di MacLuhan e Nida-Ruemelin, e, concretamente, delle sentenze Apple e Schrems della Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

In una fase politica dominata, non solo in Italia, ma in Europa, da preoccupazioni elettorali, una classe politica che si pretende europeistica non sarà in grado di mobilitare le energie intellettuali e morali dell’Europa contro le tendenze disgregatrici se non facendo leva su quelle minoranze che sono concretamente impegnate nella ricerca e nel dibattito sulle soluzioni per superare l’attuale impasse. Se non dimostrerà un maggiore impegno in queste direzione e una maggiore indipendenza nei confronti dei GAFAM, non potrà essere presa sul serio, lasciando agli Euroscettici tutto lo spazio politico.

Mentre ribadiamo perciò ovviamente la richiesta di essere ricevuti per illustrare il complesso esito delle nostre più che decennali ricerche su questi temi e per proporre concreti contenuti, tanto per l’ Istituto Italiano dell’ Intelligenza Artificiale, quanto per la candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura, proseguiamo con i nostri “Cantieri Virtuali d’ Europa” per mantenere vivo l’interesse dell’ opinione pubblica su questi temi..

Se queste non diventeranno al più presto le priorità dell’ Europa, dell’ Italia e del Piemonte, questa classe dirigente dovrà assumersene l’intera responsabilità politica.

Marshall Mc Luhan, il teorico dellav società della comunicazione,critico della rivoluzione digitale