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E’ PASQUA: VOGLIAMO VERAMENTE FARE QUALCOSA PER

FERMARE LA GUERRA?

Osservazioni a margine della  Piattaforma sul Futuro dell’ Europa

Ho partecipato con interesse (in modo virtuale) alla riunione della Piattaforma sul Futuro dell’ Europa che si è tenuta Venerdì  30 marzo presso la sede della CGIL di Roma.

Ho constatato con soddisfazione che, nonostante il caos che regna nelle Istituzioni e, in generale, nel “mainstream”, i Federalisti continuano a seguire con estrema attenzione e con occhio critico e sistematico l’evolversi dell’ integrazione europea, sì che il Movimento Europeo resta uno dei pochi forum in cui il futuro dell’ Europa possa ancora essere discusso. Anzi, non c’è più, neanche qui, quell’ “endorsement” acritico delle posizioni delle Autorità che inficiava tradizionalmente la pretesa di costituire un’ alternativa all’ Europa funzionalistica che si è affermata nel tempo. Al contrario, si osa oramai criticare apertamente l’inconcludenza e l’incoerenza dei vertici europei e nazionali e la vuotezza dei programmi dei partiti.

In particolare, il documento presentato alla riunione dal Movimento sulla difesa europea mette giustamente in evidenza, in polemica con il “mainstream”, che i rapporti fra UE e la Russia “si sono progressivamente interrotti  per la conflittuale volontà degli Stati Uniti  di George Bush, ma anche di Barack Obama di consolidare il vantaggio strategicoi dell’ egemonia americana , ottenuto con la fine della Guerra Fredda  e la decisione di Vladimir Putin, dopo la momentanea presidenza di Dmitri Medvedev, di riprendere il mano il controllo della Russia come attore internazionale e non più regionale”, anche se noi vedremmo qui anche e soprattutto la ovvia delusione della Russia per non essere stata ammessa a fare parte sostanziale e paritetica dell’ Europa (la “Casa Comune Europea”), come si era sperato ai tempi della Conferenza di Praga con Gorbachev e Mitterrand.

Inoltre, il Libro Verde predisposto dal Movimento e presentato alla riunione ribadisce  a più riprese l’urgenza della ricerca di un’Identità Europea attraverso “cultural and educational policies”. Che, precisiamo noi, dovrebbero essere concepite in un senso molto diverso dagli attuali, timidi e ideologici, tentativi, per orientarsi verso lo studio obiettivo e approfondito della linguistica, della filosofia e della storia europee e mondiali, partendo dalla filologia generale e comparata, dall’ uso dell’ Intelligenza Artificiale, dalle lingue classiche europee e orientali, dalla filosofia e dalle religioni comparate, dalla preistoria europea, dalla lettura degli autori classici, dal dibattito senza censure, dai progetti europei dalle Crociate agl’Illuministi ,agli Anni ’20, ’30 e ’40 del Novecento, dalla psicoanalisi, dall’epistemologia e dalla storia delle tecnologie (cfr. il nostro “10.000 anni di identità europea”, Alpina, Torino, 2006).

Da questo studio dovrebbero nascere gli stimoli per una profonda autocritica della “vulgata” sulla storia europea, riconoscendo che il mito del continuo miglioramento dell’Umanità della filosofia ottocentesca è stato smentito dall’ esperienza esistenziale della nostra generazione, la quale, nella “Società delle aspettative decrescenti”,  non può che assentire sul  carattere tragico e imperfetto della realtà espresso in modo costante nei secoli dalla nostra cultura: la tragedia greca, il Neoplatonismo, Tertulliano, Dante, Rousseau, De Maistre, Leopardi, Kierkegaaard, la psicoanalisi, lo spiritualismo, la Dialettica dell’ Illuminismo…

In particolare, il movimento verso l’integrazione dell’ Europa non è, oggi, sospinto dal generale moto del progresso, bensì dall’ urgenza di coalizzare le forze contro il progetto postumanistico, anche quelle fuori dell’ Occidente. In questo senso, il progetto originario di “Casa Comune Europea”  di Gorbaciov, e Giovanni Paolo II  e Mitterrand è ancora totalmente recuperabile.

Infatti, come credevano Leibniz, De Maistre, Dostojevskij e Blok, non vi è nessuna incompatibilità di fondo fra Europa e Eurasia, che hanno attraversato, seppure con traiettorie diverse, la stessa “Età Critica” (Saint -imon), e ora si trovano nella stessa situazione drammatica descritta da Soloviov nella “Leggenda dell’ Anticristo”.

Anche la presunta inconciliabilità fra vari i popoli dell’ Intermarium (l’antica Rzeczpospolita polacco-lituana) e quelli di “tutte le Russie”, di cui parlano le retoriche nazionalistiche baltiche, polacche e ucraine, è smentita dalla loro culturale: Pushkin e Mickiewicz, Gogol e Tolstoj, De Maistre e Ivanov…Basti pensare a tutta la filmografia di Sokurov.

Negli Anni ’80 si darebbe dovuti partire dunque da un movimento culturale paneuropeo centripeto, quale espresso per esempio da Tarkowski, Kieslowski, Kusturica e Zviagintsev, dall’incontro fra i giovani di tutti i Paesi, dallo smussare gli angoli ideologici e giuridici delle società orientale e occidentale, dalla creazione di un’economia integrata (i “campioni paneuropei”!) e da un sistema paneuropeo di sicurezza, per arrivare alla Confederazione Europea, fra l’ Unione Europea e l’Unione Eurasiatica.

Cose tutte che vanno fatte adesso o mai più. Invece, le lamentazioni e gli auspici fatti un po’ da tutti, dal Vaticano al Presidente turco, dai politici italiani  ai giornalisti, sembrano solo un artificio retorico per non fare nulla. Meglio certo di coloro che sobillano l’inasprimento della situazione, che basta un nonnulla per poter degenerare. Basti pensare all’ incrocio sui cieli del Baltico fra i caccia italiani e quelli russi.

1.L’eterogenesi dei fini

Che la visione tragica della storia sia più realistica di quella progressiva, è dimostrato proprio dal fatto che l’Europa che abbiamo di fronte è l’esatto contrario di quella a cui aspiravano le minoranze europeiste dell’immediato dopoguerra, e anche gli uomini del dissenso dell’ Europa Centale e Orientale (pensiamo a Lev Gumilev, figlio di Anna Achmatova, al Cardinale Mindszénthy, a Nàgy e Màleter, a Sol’zhenitsin, a Rudolph Bahro). Come scriveva alcuni anni fa il compianto Giulietto Chiesa,”L’Unione Europea costituisce l’esempio più evidente dell’“Eterogenesi dei Fini”.

In sostanza, non si sarebbe mai dovuto parlare di “Fine della Storia”, se non come di un pericolo da scongiurare. Infatti, la Fine della Storia tanto agognata dalla “vulgata” occidentale è proprio quello che ci attendiamo adesso da un momento all’ altro, cioè l’ Apocalisse.

Nel Manifesto di Ventotene, si parlava di “Pace”, e invece abbiamo avuto la guerra civile greca,  i terrorismi alto-atesino, irlandese, basco, corso, brigatista e islamico, le interminabili (e non terminate)guerre di Corea, Cipro, Palestina, del Golfo, dell’ Afganistan, Siria, Libia, Yemen, ex Jugoslavia, ex URSS, nonché continue invasioni, prima dell’ URSS, poi delle sue ex-Repubbliche (non solo la Russia), nelle Repubbliche Autonome, e oggi leaders come Macron e Tusk parlano apertamente di guerra con la Russia, mentre Putin promette di attaccare gli F-16 della NATO non appena essi decollino per andare in Ucraina.Proprio ieri, aerei italiani hanno intercettato sul Mar Baltico i caccia russi.

I Padri Fondatori avevano descritto l’Europa Unita come la roccaforte della libertà, mentre invece abbiamo avuto le Gladio rosse e nere, i “cadaveri eccellenti”, i reati di opinione, le censure a Horkheimer e Adorno, Pasternak, Dziuba e  Dugin, il Politicamente Corretto, la “Cancel Culture”, la cultura “woke”, Echelon, Prism, i casi Assange, Snowden e Schrems, e ora la censura delle pretese “Fake News”.

Coudenhove-Kalergi e Simone Veil avevano propugnato un’Europa garante della cultura occidentale, e la Dichiarazione di Copenhagen (1973) aveva ufficializzato l’idea di un’ Identità Europea, e invece ci troviamo sommersi da un post-umanesimo omologatore, dalla diseducazione nelle scuole e sui media, dalle cangianti mode pseudo-culturali (“mid-brow” e “low-brow”) che arrivano dall’ America.

L’Europa aveva sostenuto fin dall’ inizio il principio di non-discriminazione, in particolare, fra le popolazioni maggioritarie e minoritarie di ciascuno Stato (una distinzione ripresa dall’Austromarxismo e dalla teoria sovietica delle nazionalità), ribadito dalla Carta di Maribor delle Minoranze, ed attuato in  Finlandia, Italia, Spagna, Belgio, Regno Unito.Invece, le minoranze presenti un po’ dovunque (Paesi Baltici, Ucraina, Georgia, Azerbaidzhan, Moldova,Francia, Germania, Inghilterra), ma anche in Spagna, in Croazia e nel Kossovo,  non godono di tale trattamento, poiché dopo 25 anni i Serbi della Krajna non sono ancora potuti tornare alle loro case, il Governo catalano è stato semplicemente imprigionato e  le minoranze russofone nell’ Unione Europea vengono trattate come apolidi (“nepilsonis”),mentre il Russo, pure essendo la lingua di una decina di milioni di abitanti dell’ Unione, di cui più di 6 milioni risultano come “migranti”, a cui si aggiungono i Russofoni naturalizzati e gli “apolidi” (più degli abitanti della maggioranza -16- degli Stati Membri), non è una  lingua ufficiale della stessa. Non parliamo infine della situazione anomala dell’ Ucraina, Paese inequivocabilmente plurilingue, più dello stesso Belgio e della Spagna.

Giscard d’Estaing  aveva parlato di un’ “Europe-Puissance”, che avrebbe potuto essere alla pari con l’America e la Russia, e, invece, ci vediamo impoveriti ed esclusi dalle trattative sul futuro del mondo.

Galimberti, Spinelli, Delors e Albert descrivevano un’ Europa  “terza via” (il “Modello Renano”), fondata sulla partecipazione a tutti i livelli, sul controllo sociale delle industrie strategiche e sui Campioni Europei, e invece abbiamo una società turbo-capitalistica dove cinque o sei guru dell’ informatica controllano la cultura, l’economia e la politica mondiali, con il plauso e l’attiva cooperazione dei vertici europei.

Infine, il discorso politico odierno ha semplicemente cancellato la memoria delle politiche avviate da decenni dalle Comunità Europee, come gli accordi di Yaoundé, Lomé e Cotonou (cfr. Riccardo Lala, Les procédures de a coopération financière et technique dans le cadre de la II Convention de Lomé, Giappichelli, 1991), che avevano attuato quanto oggi si propaganda come se fosse una politica nuova (per esempio, il “Piano Mattei”): la cooperazione europea con l’ Africa, ivi compreso il diritto di migrazione dagli Stati aderenti.

Anche i partiti europei fanno esattamente il contrario di ciò che sarebbe legittimo aspettarsi da loro. Il “centro” e la “sinistra” hanno gestito l’economia in modo tale da rovinare le nostre imprese e i nostri lavoratori, con le conseguenze che oggi vediamo. La Olivetti Informatica è stata “estirpata” come voleva Visentini; Mattei è stato ucciso; il Concorde è stato chiuso; l’EADS (European Aerospace and Defence), si è ridotta alla sola  Airbus; la FIAT non esiste più, anche grazie alle oscure vicende di cui si sta occupando la mogistratura; la Stellantis sta licenziando  i suoi ingegneri; la Renault  ha venduto per 1 rublo la fabbrica di Togliattigrad; i prestigiosi marchi tedeschi, senza l’interscambio con la Cina, non riescono a sopravvivere.

A loro volta, i “Patrioti” corrono a Washington e a Ramstein per prendere ordini sui tributi da versare alla NATO sotto forma di denaro, di armi o addirittura di soldati.

2.Le radici della guerra

Finalmente, nel dibattito pubblico, tanto in Europa che in America, comincia a farsi strada la consapevolezza che nessuno ha finora neppure progettato una via di uscita dalla guerra. Obiettiamo che Diàlexis aveva già proposto fin dal 2014 una via di uscita, attraverso il  rilancio della Confederazione Europea di Mitterrand e Gorbaciov, per “evitare un’ inutile strage (”No a un’ Inutile Strage”, prima edizione 2014)

Ora, se il Movimento Europeo ha il merito di avere ricostruito in modo obiettivo le premesse immediate della guerra, per arrivare a una soluzione si dovrebbe andare oltre, e analizzare con cura le motivazioni, ufficiali e ufficiose, della guerra, innanzitutto quelle  fornite dalla Russia stessa, attraverso il suo comportamento  fattuale, poi attraverso documenti ufficiali.

Dal momento della dissoluzione dell’ URSS, la Russia non aveva  cessato di sostenere le minoranze russe, russofone e/o russofile. Non avrebbe potuto fare altrimenti, perché lo  fanno tutti gli Stati del mondo, dalla Francia alla Cina, dall’Ungheria all’ Albania, dalla Romania a Israele. In più, il principale dissidente sovietico, lo scrittore Sol’zhenitsin, aveva scritto, subito prima del crollo dell’ Unione Sovietica, un fondamentale libello, “Kak nam obostruit’ Rossiju?”(“Come ristrutturare la nostra Russia”), che ha costituito la base su cui si sono costruiti gli Accordi di Bieloviezha, e, quindi, l’Unione di Stati Indipendenti (SNG), una confederazione sul modello dell’ Unione Europea attuale, che avrebbe dovuto sostituire l’Unione Sovietica, ma comprendendo solo gli Slavi dell’ Est e le Repubbliche eventualmente interessate.

Il referendum con cui si dice che le Repubbliche rifiutarono l’unione con la Russia parlava proprio di trasformazione dell’ URSS nell’ SNG, non di separazione, e vinsero i “Sì”. Il “progetto di ricostituire l’URSS” è in realtà solo il tentativo di trasformare l’SNG nell’ Unione Eurasiatica, con un passaggio simile a quello che  i federalisti perseguono con la sperata trasformazione dell’ Unione Europea “funzionalista” in una Federazione Europea “politica”.

La guerra civile in Ucraina era cominciata nel 2014 con la cacciata manu militari del presidente ucraino Janukovich, e con l’assemblea a Kharkiv degli amministratori locali dell’Ucraina Orientale, in cui si era deciso che i comuni russofoni avrebbero arruolato milizie di autodifesa. Di lì partirono le occupazioni armate delle sedi delle amministrazioni locali, e l’attacco alle città russofone da parte dei battaglioni nazionalisti.

La dichiarazione congiunta con la Cina pubblicata prima dell’ invasione dell’ Ucraina da parte dell’ Armata Russa non parlava di rivendicazioni territoriali verso l’Ucraina, così come non ne parlavano le due bozze di trattato  indirizzate dalla Russia alla NATO e all’ UE. La prima parlava di un Nuovo Ordine Mondiale multipolare; la seconda, dell’ arretramento ad Occidente di tutte le forze americane. Nonostante tanto parlare da tutte le parti, è logico pensare che gli obiettivi della guerra in corso siano rimasti quelli, ed a quelli bisogna rispondere. Essi non riguardano se non marginalmente l’Ucraina, che, in un Nuovo Ordine Mondiale, potrebbe vivere benissimo senza scissioni od occupazioni straniere.

3.Un possibile percorso negoziale verso la Confederazione Europea.

Se si vuole trattare, bisogna che si muovano gli Stati Uniti e probabilmente anche la Cina, che sono i reali interlocutori di questa guerra, coinvolgendo ovviamente Russia e Ucraina, ma anche l’Europa, l’India e l’Islam. Si noti che USA e Cina hanno già iniziato trattative sul problema che per loro è più scottante: l’Intelligenza Artificiale.

In ogni caso, non si può fare finta che il problema posto in quei documenti non esista: l’”Occidente” (che rappresenta solo il 25% della popolazione mondiale) pretende da almeno 80 anni di essere l’unica realtà culturale, politica, militare, economica, tecnologica, che conta nel mondo, non riconoscendo pari dignità a Cina, Russia, India, Islam, e neppure Europa. E’ impensabile che il resto del mondo continui indefinitamente ad accettare questa situazione, senza successivi, sempre più gravi, sconquassi

Qualche concessione dovrà essere fatta, su tutti i piani: ampliando lo studio e la divulgazione delle culture non occidentali; riducendo i privilegi dell’Occidente in campo finanziario, tecnologico e logistico: stipulando nuovi trattati universali per disciplinare i settori oggi non regolamentati, in primo luogo, l’ Intelligenza Artificiale.

Il primo passo dovrebbe essere costituito da una Convenzione-Quadro Universale sull’ Intelligenza Artificiale, che oggi tutto condiziona, e sulla quale si è praticamente fermi.

All’ interno di questa trattativa a livello mondiale, che potrebbe congelare la guerra in corso,  Unione Europea, Ucraina e Unione Eurasiatica potrebbero riprendere le fila della Confederazione Europea di Gorbachev e Mitterrand, all’ interno della quale un’Ucraina federalizzata (“Autonomia Differenziata” sul modello italiano: Kiev/Kyiv, Kharkov/Kharkiv, Donbass, Nuova Russia, Crimea, Bessarabia, Rutenia transcarpatica e ciscarpartica, Galizia, Polessia…), come la stava creando Janukovic (il “Partito delle Regioni”), potrebbe costituire il “territorio federale” (come  negli USA il District of Columbia), e Kiev/Kyiv essere la capitale della Confederazione. In ambedue la parti dell’Eurasia,dovrebbe essere garantito uno stock minimo di diritti, a cominciare da quelli delle minoranze.

Le truppe russe e occidentali dovrebbero essere ritirate dall’ Ucraina, e l’Unione Europea dovrebbe creare un Esercito Europeo comparabile a quello russo (anche mediante apporti di basi e materiali delle attuali truppe russe e americane). L’Europa spende già oggi per la Difesa più della stessa Russia, ma lo spende male. Ambedue gli eserciti dovrebbero garantire lo status quo attraverso appositi trattati di disarmo e sull’ Intelligenza Artificiale.

Le preoccupazioni della Cina e della Russia verrebbe prese in considerazione allontanando truppe e movimenti politici ostili dalla frontiera russa, quelle dell’Ucraina garantendone l’indipendenza e l’integrità, e addirittura promuovendo Kiev/Kyiv a capitale confederale dell’ Eurasia. La Cina e gli USA ne trarrebbero anch’esse un loro tornaconto, spianando la strada a un accordo globale sull’ Intelligenza Artificiale sotto la loro egida, che costituirebbe  la migliore prova della loro egemonia congiunta.

Qualcosa di simile si potrebbe fare anche in Asia (per esempio in Palestina e a Taiwan).

Certo, un siffatto progetto lederebbe gravemente molte attuali rendite di posizione, e, per questo, comporterebbe anch’esso nuovi conflitti molto duri, ma certamente garantirebbe il “Futuro dell’ Europa” meglio di quanto accada oggi.

Chissà se qualche candidato alle Elezioni Europee potesse parlarne? Perché il Movimento Europeo non prende in considerazione un progetto di questo genere ?

A UN PASSO DALLA GUERRA NUCLEARE MONDIALE: Più che mai, “no a un’inutile strage”

I Gesuiti e gl’Illuministi presentavano Russia e Cina come modelli per l’ Europa

Nonostante le loro affermazioni, gli  Stati membri della UE stanno operando in senso contrario alla costituzione di una Politica Estera e di Difesa Europea, in quanto si sono orientati verso una serie di accordi militari bilaterali con l’ Ucraina, che ci si può chiedere quanto siano compatibili con le rispettive costituzioni, con lo spirito europeo e perfino con l’appartenenza alla NATO.

Soprattutto, essi pongono la premessa per uno scontro diretto fra Europei e Russi, che è quanto gli USA hanno sempre cercato di ottenere, e contro cui era stata ideata la Perestrojka. Se, infatti, nel 1989non fosse arrivato al castello di Praga Bill Clinton, sarebbe forse partita la “Confederazione Europea” fra CEE e Comecon, voluta da Mitterrand e Gorbačev, primo passo verso la “Casa Comune Europea”, l’esatto opposto della guerra in Europa che tutti stanno oggi preparando.

Perciò, chi, come noi, si era sempre adoperato per il dissenso est-europeo (per esempio, Sol’ženitsin), nella speranza che esso, abbattendo l’Unione Sovietica, avrebbe costruito un ponte fra i popoli dell’ Europa Occidentale con quelli dell’ Europa Centrale e Orientale (“respirare con due polmoni”, come scriveva Ivanov), non può che essere contrario a questa guerra, che vuole dividere definitivamente gli Europei (cfr. il nostro Quaderno “No a un’inutile strage” del 2014).

Vi è ora forse in qualcuno anche un legittimo desiderio di sfruttare questa guerra per fare nascere una qualche Europa Militare (cfr.A.Spinelli), ma, come dimostra la storia dell’ integrazione militare europea (Crociate, Napoleone, Crimea, Asse), l’esito più probabile  sarà un’ immane catastrofe, da un lato, per l’impreparazione degli Europei, e, dall’ altro, per l’eterodirezione da parte degli “Imperi Sconosciuti”(come dice il Papa). L’unico modo per rimediarvi all’ultimo momento sarebbe, forse, prepararsi a prendere in mano le redini della situazione nel caso (non improbabile) in cui gli Stati Uniti lasciassero soli gli Europei nel bel mezzo di una guerra. Però, come scriveva Domenico Quirico su La Stampa, la soluzione non potrà venire da coloro che ci hanno portati fino a questo sfascio. Infatti, non si tratterebbe di portare quella guerra fino alle estreme conseguenze, bensì di usare la nostra rinnovata forza per far valere i nostri valori e interessi (la Casa Comune Europea).

Il canto della Schiera del Principe Igor depreca l’inutile strage lungo il Donetz

1.L’escalation degli Stati Europei in Ucraina

Con l’alleanza firmata con l’Ucraina, il Governo inglese, ancora una volta, ha tentato di scongiurare la possibilità di un negoziato per porre termine al conflitto. Dopo la Gran Bretagna, nuovi accordi bilaterali sono stati stipulati con la Germania e la Francia. Secondo una fonte giornalistica, con l’accordo, valido dieci anni, Germania e Ucraina hanno concordato che, in caso di un futuro attacco russo, ciascuna delle due parti potrà richiedere consultazioni, e che i passi successivi saranno decisi entro 24 ore. Se la Germania riterrà necessario intervenire, fornirà all’Ucraina «assistenza rapida e duratura in materia di sicurezza, equipaggiamento militare moderno in tutti i settori, se necessario, e assistenza economica». L’accordo con la Francia, invece, delinea un quadro per gli aiuti umanitari e finanziari a lungo termine, il sostegno alla ricostruzione e l’assistenza militare. Parigi si è in ogni caso impegnata a fornire nel 2024 «fino a 3 miliardi di euro» in aiuti militari «supplementari» a Kiev, dopo un aiuto stimato a 1,7 miliardi nel 2022 e 2,1 miliardi nel 2023. Per giunta, Macron non ha escluso che la Francia possa inviare truppe sul campo di battaglia.  Da ultima la Danimarca, il 22 febbraio, ha firmato un accordo bilaterale con l’Ucraina che prevede la fornitura in dieci anni di aiuti militari per 250 milioni di dollari. Nella scadenza del secondo anniversario dell’invasione russa, il Primo ministro Meloni si è recata a Kiev per firmare, in occasione del Forum dei leader del G7, un accordo bilaterale sulla “sicurezza” con l’Ucraina. L’accordo italiano, illustrato da Tajani, prevede «la consultazione e la collaborazione con l’Ucraina per aiutarla a costituire una sua capacità nazionale nel settore della difesa» per «provvedere alla propria sicurezza nel medio-lungo termine». Un altro pilastro sarà «l’assistenza in campo economico» e per la «ricostruzione». E poi ancora, «la tutela delle infrastrutture critiche ed energetiche», il «sostegno umanitario per i civili».

Tajani ha cercato di minimizzare il significato dell’accordo, assumendo che «non sarà giuridicamente vincolante [poiché] dal testo non derivano obblighi sul piano del diritto internazionale né impegni finanziari”. Il ministro probabilmente intendeva dire che dal testo  non emerge un obbligo automatico dell’Italia di entrare in guerra in soccorso all’Ucraina nel caso in cui questa perda definitivamente la guerra. Tuttavia, l’accordo è comunque in violazione dell’obbligo di sottoporre al Parlamento la creazione di nuove alleanze militari, e fa dell’ Italia un possibile obiettivo dei missili russi, così come l’invio della flotta italiana nel Mar Rosso lo fa per il terrorismo islamico.

E’ singolare che, nonostante che Macron e von der Leyen facciano intendere che un eventuale intervento sarebbe fatto anche e soprattutto in contrasto con un disimpegno americano,  anche il Capo di Stato Maggiore USA, Austin, parli oramai di “guerra della NATO contro la Russia”. Confermando con ciò l’interpretazione data da sempre, da parte dei media russi, della natura profonda della guerra in corso.

Per tutto questo, ci sembra non irrilevante ricapitolare qui di seguito la storia degli aspetti militari dell’integrazione europea, che stanno rapidamente emergendo quali punto focale degli attuali dibattiti e disvelamento delle reali intenzioni, per capire in che modo essi si connettano all’attuale situazione.

Il Popolo dei Kurgan, gli antenati degli Europei, vivevano fra Russia e Ucraina

2.Dagli “Autonomoi”  all’impero romano

L’idea di una qualche integrazione europea era nata molti secoli fa proprio dall’esigenza d’ inquadrare in un unico esercito le sparse schiere dei primitivi popoli europei, quelli che Ippocrate chiamava “Autonomoi”, valentissimi guerrieri, ma divisi fra di loro in base a criteri clanici, tribali, cittadini, di classe, etnici, regionali e culturali. Per questo, non c’è da scandalizzarsi se i politici europei ricominciano a parlare, dopo 2500 anni, di guerra come forma di integrazione del Continente.

Roma stessa era nata quale idea multiculturale e multietnica, non nazionale, proprio per esprimere questo senso di unione sotto l’elemento militare. “Rhoma” (in Attico, “Rhome”) è la parola dorica che esprime il concetto di “forza”, quindi, non un popolo, bensì un programma politico (imperialistico), simboleggiato dai Fasci Littori. I pochi abitanti del primitivo villaggio, il Palatium, avevano origini troiane, doriche, latine, sabine, etrusche. Tutta l’Eneide non è altro che un’esaltazione delle pretese genealogia troiana (lidia?, frigia?); tanto Evandro quanto i Tarquini erano originari del Peloponneso; il “Ratto delle Sabine” è autoesplicativo; l’ultima dinastia fu etrusca. La città stessa fu una federazione di villaggi (i “Sette Colli”). Fu Roma a dare un nome alle regioni italiane e alle nazioni europee, e l’Impero fu comandato da un “Imperator”, un comandante militare vittorioso, non necessariamente romano o latino, ma anche italico, illirico, africano, siriaco, arabo. La Translatio Imperii è stata la successione di questi imperatori, fino a quelli bizantini, franchi, serbi, bulgari, germanici, russi, francesi, tanto che se ne sono conservate le tracce perfino nelle più svariate lingue: Romei, Romiossini, Rumeli, Rumi, Rum, Rom, Kaisar, Kaiser, Tsar..

L’idea della Pace Perpetua era in realtà il contraltare implicito della guerra continua: si aspirava a tornare alla mitica Età dell’Oro, ma “solo un Dio poteva salvare l’ Impero”: l’Imperatore Divinizzato, che, per realizzare il suo obiettivo, doveva combattere infinite battaglie. La sconfitta di Teutoburgo segnalò ben presto che la Pax Augusta non poteva essere perfetta, perché il potere di Augusto non era infinito. Neanche l’impero cristiano avrebbe potuto essere pacifico, perché il Cristianesimo è caratterizzato proprio dall’idea dell’imperfezione dello stato creaturale: sugli scudi dei legionari, vennero inserite le iniziali di Cristo XP:”In hoc signo vinces”.L’Apocalisse non va accelerata come vorrebbero i postumanisti; va fermata, se necessario, con la forza.

Continuiamo a ripubblicare un libro che purtroppo è sempre attuale

3. Dai progetti di crociata all’idea zarista del diritto umanitario bellico

I progetti dei sovrani europei europei (Dubois, Podiebrad, Sully) nascono, al tempo delle Crociate, quando si vede che la guida congiunta dell’ esercito cristiano da parte della diarchia  feudale Papa – Imperatore era inefficace di fronte alla superiore organizzazione delle monarchie islamiche (“De Recuperanda Terra Sancta”), e che neppure la Trewa Dei e  il Landfrid dell’ Impero bastavano per evitare le sanguinose faide intestine. Occorreva scatenare i cavalieri europei contro un nemico esterno. Ai tempi dell’uccisione di Corradino di Svevia, dell’Oltraggio di Anagni, della cattività avignonese e dello Scisma d’Occidente, i re di Francia e di Boemia, gli Hussiti e i  Calvinisti pretesero un’organizzazione federale e collegiale, in cui il potere dell’ Imperatore tedesco e del Papa di Roma risultasse diluito, se non annullato. Questo divenne poi (con il Gran Dessin di Sully) un pretesto per distruggere l’egemonia degli Asburgo, che stavano ricostituendo l’unità dell’ Impero,e per spartirsi l’Impero Ottomano, secondo paradigmi che echeggiano ancor oggi.

Si noti che le grandi linee istituzionali dei Progetti di Crociata (un’Assemblea itinerante, un Consiglio, un istituto finanziario, un Corte di Giustizia) sono rimasti gli stessi per 8 secoli, anche se durante tutti questi secoli non hanno mai funzionato. Infatti, mancava, e manca tutt’ora, un vero esercito, che era proprio la ragione per cui erano nati. Ed è per questo che oggi c’è l’America, un “federatore esterno” (per dirla con De Gaulle), che dà l’illusione di un’alleanza fra eguali, e soprattutto che fornisce un esercito, e per giunta che esercito! E’ per questo che tutti temono Putin, perché questi si era proposto ufficialmente fin dall’ inizio, nel discorso alla Confindustria tedesca, quale “federatore” alternativo all’ America.Paragonando se stesso a Kohl, aveva dichiarato fra l’altro: “ora bisogna rimboccarsi le maniche!”,affermando anche: “In quanto pietroburghese, sono a pieno titolo europeo”.La classe dirigente “mainstream” mai avrebbe accettato che venisse sostituito quel “federatore” che garantisce le loro carriere.

La versione più perfezionata dei Progetti di Crociata, quello “per la Pace Perpetua” dell’ Abate di Saint Pierre, inviato a tutti i sovrani e ai più grandi philosophes illuministi, fu messo in burletta da Voltaire, il quale, alla visione federalistica di Saint Pierre (e di Rousseau), opponeva brutalmente il modello dell’ Impero Cinese, incomparabilmente superiore ai piccoli Stati europei (“Kleinstaaterei”) perché retto da un sovrano assoluto, come quelli (Luigi XIV, Federico II di Prussia, Maria Teresa e Giuseppe II d’Austria, Pietro il Grande e Caterina II di Russia) appoggiati e lodati dagli Illuministi. Primo fra i quali Leibniz, che puntava (“Novissima Sinica”)su un’”accoppiata” fra gl’imperi russo e cinese. Non per nulla, il pamphlet di Voltaire si chiamava “Rescrit de l’Empereur de la Chine”, e ricalcava lo stile sdegnoso e sarcastico dell’ “Editto Rosso” di Kaanxi contro la condanna, da parte del Papa, dei “Riti Cinesi”, e dell’ altro editto con cui Qianlong aveva cacciato l’ambasciatore inglese Macartney, reo di non essersi inchinato al modo cinese dinanzi al Figlio del Cielo.

L’unico ordinamento paneuropeo che funzionò almeno parzialmente  fu  in effetti una lega degl’Imperi europei sotto l’egemonia (culturale) russa (la Santa Alleanza), che conobbe una rinascita nelle varie conferenze per la Pace di Ginevra a cavallo fra ‘800 e ‘900. Cosa di cui mai si parla oggi, quando si spacciano gli Stati Uniti quali l’inventore dell’ “Ordinamento Internazionale basato sulle regole”, e si accusa la Russia neo-zarista di essere il nemico giurato di quelle regole (che ha inventato e imposto essa stessa più di un secolo fa).

Promotore dell’iniziativa, lo zar Nicola II, che perseguiva come ideale il “mantenimento della pace generale e la possibile riduzione degli armamenti in eccesso“(tema ancora non esaurito). Si tratta dello stesso zar che fu ucciso con la famiglia dai Bolscevichi e santificato ora dalla Chiesa russo-ortodossa. Nel 1898, Nicola II, ispirato dalle teorie di Jan Gotlib Bloch, il quale aveva pubblicato un’approfondita ricerca sulle possibili conseguenze di una guerra mondiale – su consiglio del ministro Vitte – lanciava a tutti i paesi un appello al «disarmo e alla pace mondiale», riferendosi alle «conseguenze commerciali, finanziarie e morali della corsa agli armamenti». Nel 1899, lo zar sceglierà la città dell’Aja per una conferenza internazionale tesa a discutere questo problema.

Le altre potenze imperiali come il Regno Unito e la Germania accolsero freddamente l’invito; venti nazioni europee, tuttavia, partecipano all’incontro accanto a Stati Uniti d’America, Messico, Giappone, Cina, Siam e Persia, alla presenza di esperti di diritto internazionale di vari Paesi. La proposta di disarmo fu respinta, ma si pervenne almeno a una convenzione sulle regole belliche (“ius in bello”)che prevedeva, e ancora prevede, la tutela di persone e strutture civili e la proibizione dell’uso di gas venefici. Il risultato più importante ottenuto dallo zar e i suoi collaboratori fu però la firma della Convenzione dell’Aia, per la mediazione e composizione dei conflitti tra gli Stati.

In questa iniziativa, Nicola II fu sostenuto principalmente da Bertha von Suttner, fondatrice del movimento pacifista tedesco, e da Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa, e da Papa Benedetto XV. Era infatti il tempo dei “Gute Europaeer” di cui parlava Nietzsche.

Uno dei principali risultati delle conferenze fu lo sviluppo delle regole riguardanti la guerra terrestre, basate sul principio che i belligeranti non dispongono di un diritto illimitato nella scelta dei mezzi per nuocere al nemico e che i civili e i soldati messi fuori combattimento vanno risparmiati. Integrando la convenzione di Ginevra del 1864 (sulla Croce Rossa)  circa la protezione di militari feriti o ammalati, la quarta convenzione del 1907 e il relativo regolamento affrontarono tutti i grandi temi del diritto umanitario internazionale: i prigionieri di guerra, le regole sulla condotta delle ostilità (questo ambito in particolare fu all’origine dell’importanza del “Diritto dell’Aia“) e la questione dei territori occupati (vedi Gaza e Donbass). Il regolamento del 1907 contemplava inoltre il divieto di usare veleni o armi avvelenate, mentre altri testi adottati nel 1899 o nel 1907 proibirono l’impiego di determinate armi. Ad eccezione del divieto dei bombardamenti aerei, i principi e i divieti adottati all’Aia hanno mantenuto la loro validità e fanno tuttora parte (anche se disattesi) del diritto consuetudinario internazionale bellico. Finita, all’inizio del XX secolo,  l’utopia pacifista degli Zar, incominciò, più sanguinosa che mai, la Guerra Civile Europea. Per questo, sembra paradossale che si pretenda di fondare la pace in Europa sulla sconfitta di uno Stato che rivendica l’eredità neo-zarista, dimenticandosi da tutti (a cominciare dalla Russia stessa) l’eredità di Nicola II.Questo travisamento fu iniziato dal Professor Korbel, dal sua figlia Albright e dalla sua allieva Condoleeza Rice, che si succedettero al Dipartimento di Stato, traducendo i concetti tendenzialmente chiari del diritto internazionale con quelli sfuggenti e ideologizzati della Common Law.

Gli Stati Uniti rivendicano l’eredità di Roma

4.L’Unione Europea non riesce a riprendere la “Translatio Imperii”

Tutte quelle vicende che abbiamo citato nei capitoli precedenti vengono  sorprendentemente eliminate dalle narrazioni apologetiche dell’ Unione Europea, perché mostrano la grande continuità del dibattito federalista europeo nel tempo e nello spazio, banalizzando le poche vicende degli ultimi secoli che invece il “mainstream” ingigantisce indebitamente: Rivoluzioni Atlantiche; Guerra Civile Europea; alleanza occidentale.

Eppure, senza quelle premesse, il presente non è intelleggibile.

Infatti, neanche l’Unione Europea ha mai potuto funzionare correttamente, perché anch’essa non  ha mai avuto un seppur minimo esercito, che ne garantisca il “monopolio legale della forza”  almeno sul proprio territorio. Per questo, il suo “diritto” non è veramente coercibile, come hanno dimostrato ancora una volta le due sentenze Schrems, disattese dalla stessa Commissione. Gli Europei sono ridotti così a rivestire, nei confronti dell’ Impero Americano, il ruolo che gli Auxilia (Sarmati, Germani, Siriani, Arabi) avevano per l’Impero Romano, i quali non potevano certo permettersi di far valere i propri diritti contro quello romano.

La “delega” della difesa europea, agli Stati Uniti(su “Il Sole 24 Ore” Fabbrini parlava di “coordinamento”) è un pietoso eufemismo, per mascherare quello che il Papa ha chiamato un “Impero Sconosciuto”, che occupa il nostro territorio e il nostro spazio politico con un’intensità che nessun impero “palese” ha mai avuto nella storia. Aldo Cazzullo ha definito gli Stati Uniti il vero erede dell’ Impero Romano. Peccato che la stessa cosa pensino di sé la Russia e la Turchia. Ora che si sta arrivando al dunque, vale a dire a uno scontro frontale fra questo impero onnipresente e il resto del mondo, con strumenti letali fino ad ora sconosciuti, come i missili ipersonici e le armi spaziali, è l’impero stesso a esprimere dei dubbi sul se continuare su questa strada, date le difficoltà della “Guerra Mondiale a Pezzi”  che esso ha provocato, l’opinabilità delle motivazioni della stessa, ma, soprattutto, il rischio di mettere a repentaglio l’ incolumità della “Metropoli” nordamericana per “proteggere” le “province” europee. Per questo è così “di moda” mettere in avanti gli Europei, i quali, invece, farebbero bene a non combattere per interessi e principi altrui.

Gl’imperi del passato avevano potuto produrre grandi civiltà perché non erano gli unici, anzi, coesistevano e commerciavano fra di loro, scambiandosi anche idee e valori. Gl’Imperi romano, persiano, indiano, cinese….Questa è per altro l’eterna contraddizione degl’imperi: si reggono su una pretesa di unicità, ma in realtà funzionano bene solo quando sono tanti.

Oggi, invece, con la disponibilità dell’arma atomica e della cibernetica, ciascuno degl’imperi si sta illudendo di cancellare gli altri, conquistando il mondo intero. La guerra in Ucraina non verte sull’ Ucraina, bensì su questa pretesa di creare un Impero Universale.

La battaglia della Beresina, fine dell’ impero napoleonico

5La Francia e l’Italia vogliono veramente combattere in prima persona contro la Russia?

In questa situazione, l’Europa, qualunque politica essa voglia adottare nei confronti dei propri vicini, non potrà fare a meno di occuparsi di difesa. Per questo, l’Unione Europea ha predisposto un ennesimo progetto in materia di politica di difesa comune, ma, come scrive sempre su “Il Sole”Sergio Fabbrini, anche questo è insoddisfacente, perché, nelle parole di Fabbrini,  “occorre guardare più in alto”.

Questo è precisamente ciò che abbiamo cercato di fare con vari nostri  post precedenti, e che rifacciamo ora alla luce del nuovo progetto predisposto dall’ Unione (che per altro si limita purtroppo a occuparsi dell’ industria militare, e per giunta con l’incredibile orizzonte del 2030 , quando i giochi saranno tutti fatti), e del rischio immediato di guerra nucleare totale nel cuore dell’ Europa.

La Sacca del Don, inizio della fine per l’Asse

6.Un grande piano europeo per l’”Europa Potenza” (Coudenhove Kalergi, Giscard d’Estaing)

Come avevamo anticipato nel post precedente, occorrerebbe invece che le forze politiche che concorreranno a maggio alle Elezioni Europee, subito dopo le elezioni, formulassero un piano a breve, ma completo e articolato lungo tutta la prossima legislatura, di mobilitazione bellica europea, un processo complessissimo, ma che non può più essere dilazionato. Questo al di là della pretesa “guerra con la Russia”, bensì come necessità logica perché l’Europa abbia una consistenza e sia presa sul serio dalle grandi potenze per le discussioni sul futuro del mondo.

Esso dovrebbe comprendere una fase di studio e dibattito; una seconda di lotta politica e ristrutturazione, una terza di approntamento degli strumenti operativi, una quarta di produzione di massa e di messa a punto, e una quinta di azione geopolitica.

(i)Studio e dibattito

Quello che manca innanzitutto all’ Europa è una propria cultura della guerra e della pace, che invece hanno USA, Russia, Cina e Israele.

All’Europa si è preteso addirittura fino a poco fa di far pensare che la guerra fosse un fenomeno storico superato dalla storia, e questo solo perché gli Europei non possono fare la guerra, avendone ceduto gli strumenti agli Americani. Ma questo presupporrebbe che fossimo arrivati alla Fine della Storia, vale a dire al superamento di tutte le contraddizioni storiche (cosa pretesa controfattualmente da vari autori, come Hegel, Teilhard de Chardin e Fukuyama). Ma, come ognuno può vedere,  ciò non è, perché permangono tutti i limiti dell’umano: il mistero sull’inizio e sulla fine, sulla vita e sulla morte; le differenze genetiche, sociali e culturali; l’egoismo; la conflittualità; la pulsione di morte…

Siamo anzi, come diceva Nietzsche, nell’ “Era Comparatistica”. Se non è possibile stabilire a priori quale sia la verità (anche soltanto fisica, cfr. Heisenberg), e quali le decisioni più “giuste” (cfr.Vattimo), è inevitabile che gli individui e le società si scontrino, e che, portati alle estreme conseguenze, i loro conflitti producano delle guerre. Addirittura, in queste condizioni,  le guerre sono la garanzia suprema del pluralismo fra le concezioni del mondo. Certo, la ragionevolezza e la “pietas” spingono gl’ individui, gli Stati e gli stessi militari, a minimizzare il danno agli esseri umani (di qui l’arte della guerra di Sun Zu, come pure il diritto internazionale bellico di cui sopra).

Se la guerra, come si dimostra, continua ancor oggi, occorre innanzitutto comprenderne, con le “Scienze Strategiche”, le ragioni e la dinamica, da un lato, per vincerla, e, dall’altro, per minimizzarne l’effetto distruttivo.

L’Europa si trova “in mezzo al guado” di questa transizione culturale, stretta fra un pacifismo “senza se e senza ma”, che però non trova un fondamento logico, ma neanche religioso,  credibile, e un bellicismo fanatico, incentrato sull’idea manichea (e americana) del “Male Assoluto”, che era, il secolo scorso, il nazifascismo, l’altro ieri, il comunismo, ieri, l’islamismo, oggi, le autocrazie, e, domani, chissà. Ambedue concezioni messianiche secolarizzate, consustanziali alla fine dell’uomo per mano delle Macchine Intelligenti. Il sottotesto è: l’attuale società occidentale è il “Bene Assoluto”, il “Dito di Dio sulla Terra”, il  Messia Collettivo, il Popolo Eletto, addirittura, il “Dio Mortale”, a cui tutto è permesso. Ma tale “Dio Mortale” non è l’ Europa, bensì il Complesso Informatico Militare americano.

Questa schizofrenia si ritorce contro l’Europa stessa, perché, senza un esercito, essa manca dell’elemento centrale della statualità, quello che permetterebbe, come dice  Blinken, “di essere al tavolo delle trattative, non sul menù”. Ma non può permettersi un esercito perché non ha una propria concezione del mondo, distinta da altre, e non ce l’ha perché deve ripetere pappagallescamente quella americana.

Così stando le cose, gli Stati Nazionali, lasciati a se stessi e alla NATO, stanno portando l’Europa a una guerra totale, alla quale essi non sono preparati, né culturalmente, né politicamente, né militarmente, né economicamente, e da cui uscirebbero distrutti.

L’Europa deve quindi darsi al più presto tutto ciò che le manca.

Il primo passo verso la Politica Estera e di Difesa Comune è dunque un dibattito serrato sull’ Identità Europea, sul ruolo dei militari nella società, sulla “guerra nell’Era delle Macchine Intelligenti” (De Landa) e sul rapporto fra le grandi civiltà mondiali.

Subito dopo, occorrerà crearsi una competenza (che oggi non c’è) sulle tecnologie più recenti (Intelligenza Artificiale, computer quantistici, missili ipersonici) e sul collegamento fra civile, militare, intelligence e covert operations.

Poi, riflettere attentamente su una Governance europea compatibile con la gestione “in real time” di crisi internazionali come quella in cui siamo oggi immersi (con la minaccia continua dell’inizio di una guerra nucleare, che potrebbe diventare reale da un momento all’ altro con la pretesa di alcun Stati europei d’inviare truppe in Ucraina).

Infine, studiare un approccio gradualistico per il passaggio dagli attuali eserciti nazionali integrati nella NATO a un sistema europeo con eserciti locali integrati nell’ Esercito Europeo.

(ii)Lotta politica e ristrutturazione

La probabile vittoria elettorale di Trump produrrebbe un terremoto nella politica di tutti i Paesi europei, oggi fanaticamente sostenitori di Biden e della sua linea bellicistica, ma domani costretti (soprattutto le destre), ad accodarsi alla linea isolazionista dei Repubblicani.

In queste condizioni, si aprirebbe presumibilmente un ampio spazio di dissidenza nei confronti dell’attuale appiattimento della UE sulla NATO, e, nello stesso tempo, si farebbe sentire l’esigenza di una forte difesa europea per compensare l’assenteismo dell’ America. In queste condizioni, il “mainstream” sarebbe forzato ad allentare il controllo sulla “finestra di Overton”, permettendo finalmente un dibattito culturale e politico  più ampio e articolato sulla pace, sulla guerra e sulle alleanze.

Ciò potrebbe dare spazio a nuove forze politiche più autenticamente europeistiche, che potrebbero trovare un riscontro in frange delle forze armate desiderose di creare una classe militare culturalmente omogenea.

Potrebbero allora partire contemporaneamente tentativi di ricerche e di innovazione comuni nei campi delle piattaforme, della missilistica, dei computer quantistici, dell’ intelligence, del nucleare e tentativi politici di nuovi raggruppamenti.

(iii)Operatività

Tutto ciò potrebbe (e dovrebbe) dare luogo, anche a trattati invariati, a soluzioni operative d’ urgenza, quali lo sviluppo comune e segreto delle nuove tecnologie, la creazione di un’accademia militare europea che formi l’ufficialità comune, quella di corpi speciali comuni (spaziale-nucleare-missilistico; di pronto intervento; di difesa territoriale; di mobilitazione dei riservisti; di intelligence; di produzione bellica); a fusioni fra imprese militari come era stato il caso (fallito) dell’ EADS.

(iv)Produzione di massa e messa a punto

In quel momento, si potrebbe iniziare a dare corpo all’ Esercito Europeo, formandone anche i quadri intermedi; creando un regime giuridico specifico per le industrie strategiche europee; iniziando la produzione in serie dei nuovi armamenti e la loro introduzione sperimentale presso unità scelte.

(v) Azione geopolitica

Solo nella quinta fase, quando l’Europa disponesse finalmente delle necessarie risorse, essa potrebbe infine pensare a una revisione del sistema dei trattati internazionali, e, in particolare, della governance europea, ivi compresa la Politica Estera e di Difesa, della NATO e soprattutto a nuovi sistemi di sicurezza transnazionali, fondativi di un mondo multipolare, in cui i vari Imperi, oggi “Stati Civiltà” accettino di convivere competendo in modo non disarmonico per la definizione delle grandi questioni aperte.

I politici che emergeranno da queste elezioni avranno la grande responsabilità della guerra e della pace

7.Conclusioni

Tutto ciò è ovviamente subordinato agli esiti della guerra in corso:

-se scoppierà la guerra nucleare, essa si svolgerà almeno in parte in Europa, e questa ne sarà distrutta;

-se non ci sarà la guerra nucleare,  subentrerà una generale destabilizzazione, in cui il costituendo Esercito Europeo potrebbe rivelarsi prezioso quand’anche avesse fatto soltanto i primi passi, perché potrebbe costituire, per gli Europei, quel punto di riferimento ch’essi non trovano, né nella cultura “mainstream”, né nelle Istituzioni.

GRAZIE A TRUMP, FINALMENTE UN ESERCITO EUROPEO?

Nello scorso fine settimana, Donald Trump aveva dichiarato che, se fosse diventato presidente degli Stati Uniti,  in caso di attacco da parte della Russia non sarebbe corso in aiuto dei partner della NATO che non rispettassero gli impegni di spesa per la difesa (il famoso 2%). Anzi, avrebbe  incoraggiato la Russia ad attaccarli. Come vedremo, quest’affermazione apparentemente paradossale per i motivi che vedremo sta suscitando reazioni  diverse fra gli Europei, alle quali questo post è dedicato. Contrariamente a quanto affermato dai più, non è affatto detto che la minacciata uscita degli USA dalla NATO sia un male per l’Europa, ma solo se gli Europei ne sapranno approfittare per portare avanti i loro progetti di integrazione, a partire dal fondamentale problema della difesa europea.

L’affermazione di Trump è in sé inconsistente, visto che i Paesi vicini alla Russia hanno budget militari superiori al 2%, sicché , se la Russia volesse seguire il suggerimento di Trump, dovrebbe invadere prima dei Paesi  che gli USA sarebbero impegnati a difendere. L’effetto sarebbe comunque una guerra mondiale.Tuttavia, è significativa di un trend che, portato alle sue estreme conseguenze, potrebbe alterare profondamente il rapporto di forze fra Europa e resto del mondo instauratosi con gli accordi di Yalta, come non hanno mancato di rilevare eminenti politici europei.

Cominciamo dal Commissario Gentiloni

Nel suo intervento conclusivo del convegno “L’Unione europea al tempo della nuova guerra fredda. Un manifesto” organizzato lunedì (12 febbraio) dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea Gentiloni, purriconoscendo  i meriti della Commissione europea che “ha fatto un lavoro davvero notevole negli ultimi 5 anni”,  ha osservato però al contempo che “il contesto internazionale è cambiato a una velocità tale da rendere difficile stare al passo.”Di conseguenza, il commissario ha affermato che l’Unione Europea deve decidere se“vuole continuare ad essere l’unico animale erbivoro in un mondo di carnivori, con ciò associandosi alle voci sempre più frequenti che, in considerazione dell’evoluzione della geopolitica mondiale, invocano un allontanamento dalla  retorica pacifistica dominante della UE negli ultimi decenni. Lo stesso Commissario ha dovuto riconoscere  due giorni dopo il peggioramento della situazione economica della UE, dovuto, guarda caso, agli effetti negativi delle politiche aggressive dell’ Occidente verso i Paesi eurasiatici, che hanno provocato il rincaro delle materie prime e dei trasporti, e, quindi, indirettamente, all’atteggiamento rinunziatario dell’ Eurpopa, da sempre contrearia a queste politiche aggressive.

Di qui anche l’impressionante mobilitazione del mondo agricolo, con la prima potente, ed efficace, azione sindacale coordinata a livello paneuropeo.

Veniamo ora alla Germania.

Subito dopo Gentiloni,la candidata capolista del Partito socialdemocratico tedesco alle elezioni europee e vicepresidente del Parlamento europeo, Katarina Barley, ha scatenato un  dibattito sulla costituzione, da parte dell’UE, di un proprio arsenale nucleare. In un’intervista rilasciata martedì a Der Tagesspiegel, Barley ha messo in dubbio l’affidabilità per l’Europa di una protezione nucleare a statunitense:

Alla luce delle ultime dichiarazioni di Donald Trump, [tale protezione] non è più affidabile”, ha affermato Barley.

Sulla strada verso un esercito europeo, [il bisogno di capacità nucleari dell’UE] potrebbe anche diventare un problema”, ha aggiunto.

A sua volta, il Ministro Habeck ha dichiarato che l’economia tedesca sta andando “drammaticamente male”.Anche qui, guarda caso, ci sono di mezzo dazi, sanzioni e controsanzioni, pensati e minacciati già dai tempi del TIFF e del TFF,  che fiaccano la capacità dell’ economia tedesca di fungere da “locomotiva”.

Indipendentemente dalle dichiarazioni di Trump o di chiunque altro, abbandonare le proprie capacità militari all’ arbitrio degli USA, che ci precettano e ci congedano secondo i loro capricci (vedi Irak, Afganistan. Jemen),  è quanto di più imprudente vi possa essere, soprattutto in un mondo in rapida trasformazione, quale quello in cui stiamo vivendo, in cui ciascuno combatte duramente contro tutti in difesa dei propri principi e interessi.

Occorrerà vedere se veramente ci sarà il preannunciato cambio di rotta degli Stati Uniti, che cosa intenda veramente Trump e che cosa convenga all’ Europa. Ricordiamo quanto diceva Franz Josef Strauss, che, cioè, non capiva perchè ci fosse bisogno di 180 milioni di Americani per difendere 400 milioni di Europei da 300 milioni di Sovietici“. Non una bella situazione per l’unità europea, e che va rovesciata al più presto possibile; questa potrebbe essere l’occasione buona, nonostante le difficoltà intrinseche di creare un esercito europeo.

I missili ipersonici cambiano le strategie di deterrenza

1.Instabilità dell’ equilibrio di Yalta

Che lo pseudo-equilibrio mondiale creato con gli accordi di Yalta sarebbe forse  durato a lungo, ma avrebbe comunque incontrato continui ostacoli, lo si poteva prevedere fin dal principio, stante la radicale messa in discussione da una parte non indifferente dell’intelligentija mondiale dei suoi stessi presupposti ideologici, se non teologici. Basti pensare alle critiche rivolte, con fuoco concentrico, alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (contestuale alla creazione delle Nazioni Unite),  da parte: di Herskovitch, presidente dell’ Associazione Antropologica Americana (che sosteneva che i diritti non sono universali, bensì regionali); del rappresentante dell’Arabia Saudita (che preannunziava la redazione di una Carta islamica dei diritti dell’Uomo), e, infine, del delegato cinese (nazionalista, cioè di Taiwan), che aveva dichiarato che il diritto dei Cinesi è quello  “di fare la rivoluzione” (vale a dire la teoria tradizionale del Tian Ming, il Mandato del Cielo).

Così pure, Horkheimer e Adorno, invitati in America dalla comunità ebraica americana per scrivere il loro saggio sulla Personalità Autoritaria, che sarebbe dovuto essere utile per prevenire la rinascita del nazismo, erano sorprendentemente tornati in Europa con il loro esplosivo “Dialettica dell’ Illuminismo”, con cui denunziavano, come responsabile dei totalitarismi e della bomba atomica, proprio la modernità illuministica, la cui massima espressione è costituita dagli Stati Uniti e dalla “Comunità Internazionale” da questi guidata, creata proprio in quegli anni. La Dialettica dell’ Illuminismo consiste proprio nella tendenza, immanente alla Modernità, di perseguire uno stato di perfezione mondana (la Fine della Storia), impossibile da conseguire dato il carattere intrinsecamente finito del mondo. L’esperienza storica dimostra che, a causa di questa impossibilità, le pretese di realizzare la Fine della Storia si sono rivelate in effetti la premessa di grandi sciagure, come le due Guerre Mondiali, i totalitarismi, la Shoah, la bomba atomica, il surriscaldamento ambientale, e l’egemonia delle Macchine Intelligenti (“Eterogenesi dei Fini”).

Infine, avevano acquisito l’indipendenza India e Israele, le quali, nonostante la presentazione “modernistica” e “democratica” che ne è stata fatta in questi decenni, erano, e sono, in realtà innervate da un radicale fondo antimoderno (basti pensare al saggio in Gujarati di GandhiHind Swaraj-, in cui si propugnava una de-modernizzazione dell’ India, e al suo commento del Bhagavad Gita, in cui la Ahimsa (tradotta arbitrariamente come “non violenza”) veniva interpretata alla luce dell’ etica marziale degli Kshatriya. Oppure alle teorie di vari leaders politici e religiosi israeliani, che invocavano, e ancora invocano, l’occupazione dell’intero Levante (Israel haShelemah) in forza di un diritto storico ancorato nella Bibbia (Genesi 15:18-21).

Tutte questioni che, invece di diluirsi col tempo, si sono incancrenite fino all’ attuale esplosiva situazione attuale (cultura woke, islam politico, neo-confucianesimo, Bharatiya Partiya, crisi di Gaza).

L’idea che la connivenza  fra due sistemi ideologici e politici apparentemente ostili , ma accomunati dal razionalismo economicistico (capitalismo americano e socialismo reale), avrebbe potuto bloccare in eterno gli assetti mondiali con l’equilibrio del terrore e la censura ideologica, sterilizzando le diverse istanze culturalistiche dei vari popoli – come per esempio la volontà di indipendenza della Cina e del mondo arabo, così pure come il recupero della cultura islamica e il messianesimo ebraico-, era durata lo spazio di un mattino, cioè fino alla crisi di Cuba, alle guerre di Corea, del Vietnam e dell’ Afganistan. Il crollo del Muro di Berlino, lungi dal rappresentare la Fine della Storia sotto l’egida di un Pensiero Unico sintesi di puritanesimo e marxismo, ha  dato il via alle  pulsioni antimoderne dei vari Continenti: dall’Islam politico al Neo-Eurasiatismo, al “socialismo con caratteristiche cinesi”. Oggi, queste pulsioni stanno trovando la loro manifestazione aperta con la ripresa di visioni del mondo come il Tian Xia, la Sharia, la Terza Roma, l’Hindutva. Che, a nostro avviso, hanno come punto nodale non l’”autocrazia”, bensì il richiamo alle antiche culture “regionali”, che trascendono quelle delle “nazioni moderne”.

L’”establishment” occidentale risponde con una chiusura isterica a questo trend culturale, visto come un inaccettabile attentato alle “conquiste del Novecento”(Ezio Mauro), perché non le capisce, o non vuole capirle, non avendo mai studiato seriamente, né le culture extraeuropee, né i pensatori anticonformisti occidentali ad esse vicini (statisticamente, la maggioranza- dai Gesuiti a Leibniz, a Voltaire, a Schopenhauer, a Pannwitz, a Guénon, a Evola, a Eliade, a Eliot, a Pound, a Saint-Exupéry, a Burgess…)  ma conculcati da secoli da quella setta fanatica che ha monopolizzato i centri del potere occidentale. Quel richiamo alle culture antiche nasce da un’istanza prepolitica, quella di costruire, come volevano Saint Simon e Durckheim, una “Nuova Società Organica”, che colmasse il vuoto lasciato dalla secolarizzazione.

L’”establishment” è invece  troppo occupato a ripetere pappagallescamente le stesse non fondate litanie conformistiche, senza rendersi conto della contraddizione che c’è fra i continui elogi profusi alla differenza e alla tolleranza e la sua incapacità almeno di pensare dall’ interno delle categorie logiche altrui (siano esse filosofiche, linguistiche o religiose). Basti ricordare l’ignoranza generalizzata delle lingue siniche e indiche, oltre che di Arabo ed Ebraico.

Questa provinciale autolimitazione impedisce, infine, di capire, non solo quei 4/5 del mondo che sono estranei all’ “Occidente”, ma perfino ciò che sta accadendo all’interno  dell’Occidente stesso. Incominciando dalla politica estera di Trump, che non è l’inspiegabile stranezza di un vecchio miliardario, e neppure l’ideologia di classe del proletariato americano, bensì semplicemente una realistica presa d’atto delle logiche della guerra tecnologica  nel XXI secolo. Troppi stanno ancora immaginando di vivere nel “mondo bipolare” (che si sta sgretolando), basato sull’ “Equilibrio del Terrore” del secolo scorso, in cui si fronteggiavano i sistemi nucleare americano e sovietico, ricchi, senz’altro, di migliaia di vettori intercontinentali, ma governati da sistemi di controllo rudimentali, come quell’ “OKO” di cui già Popov aveva dimostrato in pochi minuti la fallacia.

Essi non capiscono che, in questo nuovo mondo molto più variegato, i miti che avevano bloccato gli assetti mondiali, come quello dell’automatismo dell’Art.5 dell’Alleanza Atlantica, hanno oramai perduto qualunque credibilità.

I nuovi missili abbattono i satelliti-spia

2.La NATO non può funzionare nell’ attuale situazione delle tecnologie militari

E’ impossibile fare funzionare oggi un sistema di reazione nucleare automatica come voleva essere “OKO”(che rendeva inevitabile il “second strike”), perché i tempi di attacco e reazione sono troppo ristretti (una decina di minuti) e le tipologie degli attacchi troppo variegate. Basti ricordare l’esempio portato da Eric Schmidt ad un incontro con i comandanti dell’aviazione americana, quello che una guerra nucleare venisse scatenata dalla Corea del Nord con l’opposizione della Cina, ipotesi che manderebbe in crisi l’intero castello di carte della “Mutua Distruzione Assicurata”. Infatti, allo stato attuale dei fatti, anche usando l’Intelligenza Artificiale, sarebbe impossibile decidere in pochi minuti quale nemico colpire. Questo mette a nudo la debolezza strutturale  dell’Articolo 5 del Trattato che, lungi dal parlare di automatismo, rimanda a una risposta concertata fra gli Stati Membri, per la quale oggi il tempo non c’è più.

Si richiede un sistema molto più rapido di reazione calibrato sui principi e interessi dell’ Europa Visto che non avrebbe senso avere 30 diverse “Forces de Frappe”, una per ogni Paese d’Europa, tale sistema non può essere che europeo.

Di qui l’esigenza, sentita da tutti, di una maggiore assertività da parte dell’ Europa,  la quale sta parlando da più di 70 anni di “Politica Estera e di Difesa Comune”, ma non ha mai fatto il seppur minimo passo in avanti in questo senso. Senza contare che la struttura stessa dell’Unione Europea è ricalcata sull’organizzazione delle Crociate quale proposta dai primi progetti europei (Dubois, Podiebrad, Sully), su un arco di 700 anni e mai attuati, e non può funzionare per quegli stessi motivi. Del resto, non conseguirono i propri obiettivi neppure l’Impero Francese e l’Asse, che si riproponevano gli stessi obiettivi, ma in un quadro imperiale.

I motivi per l’impossibilità di un esercito europeo risultarono evidenti anche in occasione della negoziazione e del rigetto del trattato CED, precursore dei Trattati di Parigi e di Roma. E’ infatti dal militare che era partito il movimento di integrazione dell’Europa sponsorizzato dagli USA, sulla scia della risoluzione del Senato Americano su proposta del Senatore Fulbright. Infatti, quell’ esercito europeo, composto di 6 divisioni, senza marina, aviazione, servizi segreti, arma missilistica, sarebbe stata praticamente una forza ausiliare delle Forze Armate Americane, per mascherare il riarmo della Germania in funzione antisovietica, ma non risolveva il problema della difesa europea.Il Trattato fu ovviamente bocciato dal parlamento francese.

L’attuale situazione di fatto mette a nudo ancora una volta tutte  le debolezze intrinseche del concetto stesso:

-se, a una minaccia nucleare occorre rispondere in pochi minuti, è necessario che esista un unico centro decisionale in grado di fare partire  subito i missili, ma sapendo almeno dove e perché. Orbene, se lo stesso formidabile sistema americano (come lo era quello sovietico) appare inadeguato a questo compito, come potrebbe esserlo il disarticolato sistema europeo?

-però non basta che qualcuno (nel nostro caso, paradossalmente,  il Presidente francese) abbia il pulsante rosso che comanda i missili nucleari; occorre quanto meno che i missili siano adeguati a distruggere il potenziale bellico nemico, ché, altrimenti, si esporrebbe senza ragione l’Europa alla rappresaglia avversaria;

-infine, sembra impossibile “sganciare” la difesa europea da quella americana, visto che centinaia di testate americane sono imbarcate (con fini ricattatori) sugli aerei tedeschi, italiani e belgi (che non possono sganciarle autonomamente), così esponendo comunque l’Europa Centrale alla distruzione nucleare nel caso di uno scontro frontale fra USA e Russia, e visto anche che il sistema difensivo europeo è totalmemnte esposto al sistema spionistico degli USA.A meno che non siano gli USA a “sganciarsi” veramente dalla NATO come avrebbero capito i nostri governanti, anche se noi non ci crediamo. Pensiamo infatti che Trump voglia togliere agli USA i pochi costi e vincoli a suo carico della NATO, pur mantenendone il controllo di fatto attraverso la propria superiorità politica, militare e spionistica. Per esempio, mantenendo in piedi (come suggerito da Caracciolo) gli accordi bilaterali (segreti) con i Paesi dell’ Asse sconfitti, che garantiscono agli USA l’agibilità dei territori europei, eventualmente trasformandoli in accordi pubblici (e quindi legali), visto che i trattati segreti sono praticamente incoercibili.

Inoltre, è ovvio per tutti fino dai tempi della CED che, per poter usare comunque le armi più moderne in nome di tutta l’ Europa, ci vuole un potere politico unitario, che per altro sarebbe di tutt’altra natura di quelli della UE , perché avrebbe potere di vita e di morte su tutti gli Europei (e deve perciò essere almeno accettato). E infatti già a quell’ epoca si era pensato ad atomiche europee, ma però l’unico risultato pratico era stato quella francese.

L’idea che questo potere unitario possa essere il Parlamento Europeo o il Consiglio Europeo poteva avere un senso nelle condizioni belliche degli anni ’50, quando le guerre erano deliberate dai Parlamenti e le decisioni potevano durare settimane, se non mesi. Non oggi, quando la guerra mondiale può partire in pochi secondi, e deve partire in segreto. Oggi, occorre decidere in 10 minuti, mentre le trattative ai vertici UE durano anni (vedi la questione dei finanziamenti all’ Ucraina). Per questo, o si delega la decisione all’ Intelligenza Artificiale (che è quanto più temiamo, perché costituirebbe automaticamente l’esautoramento dell’ Umanità), o si crea un “imperator” europeo, un “commander-in-chief”, distinto dagli Stati Membri, con potere di vita o di morte (cioè colla valigetta nucleare e il pulsante rosso). E, di fatto, l’accentramento  senza precedenti di poteri a cui assistiamo oggi in Cina, in Russia, in India, en Turchia, e perfino negli Stati Uniti, si giustifica innanzitutto nell’ ottica della preparazione bellica. Ma tutti quei Paesi hanno una struttura politica accentrata, condivisa e presente da secoli, mentre la  nostra incapacità strutturale di creare un sistema di comando unitario è la prima ragione della nostra insignificanza.

D’altronde, perfino negli USA ci si sta interrogando sul loro stesso comando unitario, data l’evidente senescenza dei candidati presidenziali più accreditati, a cui si dubita se si possa attribuire la valigetta nucleare.

Solo se vi fosse un qualsivoglia potere europeo, fornito della leva militare, capace d’incarnare una Identità Europea  condivisa almeno dalle classi dirigenti, l’Europa potrebbe, non solo difendersi da sola, ma anche e soprattutto parlare in modo significativo con le Grandi Potenze. E non necessariamente di guerra, visto che tutti gl’interessi dell’ Europa la portano verso i suoi vicini d’Eurasia (culturali, etnici, demografici, economici..), non verso dazi, sanzioni e controsanzioni.Purtroppo, l’appiattimento sugli USA ci ha portato a perdere le grandi occasioni di pacificazione con l’Est, a partire dalla Confederazione Europea proposta da Mitterrand, dall’ adesione della Russia alla UE richiesta  da Eltsin e perfino da Putin, fino alle Nuove Vie della Seta, con le quali non saremmo arrivati alla  “Terza Guerra Mondiale a Pezzi”a.

Ma, in assenza di una “Nazione europea”(quale accennata timidamente da Benda, da Mosley, da Thiriart e da Barcellona), l’accettazione di un unico centro di potere potrebbe venire solo dalla sussistenza di un progetto centrale per il futuro del Continente, incarnato da una classe dirigente veramente adeguata e radicata in tutto il territorio. Progetto centrale che va ancora creato. In fondo era l’idea di Dubois e di Podiebrad: fondare l’unità europea sulle strutture di comando dell’ esercito europeo (allora, l’esercito di Crociata).

Gli USA possono evitare di difendere l’Italia, che detiene decine
di loro testate nucleari?

3.La questione del 2% del budget militare.

L’innalzamento del livello della spesa militare degli Stati membri della NATO, richiesto da sempre dagli USA,e ribadito da Trump, è certamente necessario, ma non è accettabile nell’attuale quadro degli accordi Europa-USA

Intanto,si parla solo delle spese nazionali di ciascuno Stato, senza tenere conto:

-dell’affitto e manutenzione delle basi USA in Europa (sostenuto in gran parte dai Paesi ospitanti);  Il Pentagono spende per le basi  circa 10 miliardi di dollari  l’anno., ricevendo dagli Stati ospiti una compensazione diretta o indiretta, sì che queste basi costituiscono per gli USA un risparmio rispetto a stazionare le truppe in America;

-del signoraggio del dollaro;

-degli acquisti europei di materiale militare negli USA;

-dei vincoli creati anche sull’ economia civile dall’esistenza di obblighi miltari NATO, come per esempio l’ostacolo alla nascita di imprese concorrenti con quelle americane, o la condivisione di dati riservati degli Europei utilizzati dall’industria americana;

-delle mancate opportunità per l’industria europea derivante dall’esclusione dai finanziamenti americani del DARPA.

Quindi, il costo reale della Difesa in Europa è ben più elevato, e sta incidendo negativamente sull’ andamento dell’ economia, come rivelato proprio ora da Gentiloni.

L’ Europa non spende affatto “poco”per la Difesa, bensì tre volte più della Russia, 240 miliardi contro 84. E gli Stati Uniti, scaricando buona parte dei loro costi sugli alleati, pur essendo il Paese con il maggior budget della difesa, spendono in realtà proporzionalmente molto meno degli Europei.

In definitiva, con l’attuale tipo di “burden sharing”, diretto e indiretto, fra Stati Uniti ed Europa, un ulteriore incremento della spesa europea significherebbe addirittura che l’apparato NATO sarebbe sostanzialmente posto a carico totale dell’ Europa.

A questo punto, ecco spiegato l’eterno mistero di come la Russia, spendendo appena un terzo degli Europei, disponga di un potenziale bellico incomparabilmente superiore. Il vero problema è che, mentre ciò che spende la Russia è focalizzato a una difesa completamente autonoma, contro un attacco che provenga da qualsiasi direzione (“à tous les azimuts”come diceva De Gaulle), la preparazione bellica degli Europei è finalizzata solamente a integrarsi  nella strategia americana, senza la quale  sarebbe inutile. Quindi, non ha tutte quelle ricadute positive sull’economia che avrebbe una politica autonoma.

Una ipotesi di vera e propria “uscita degli USA dalla NATO” comporterebbe invece che l’ Europa si dotasse delle capacità di controllo, logistiche e di intelligence  eguali a quelle degli USA(pensiamo a quei “satelliti spia” intorno ai quali si è acceso il dibattito). Quella “Duplicazione di Risorse” contro cui gli USA hanno sempre combattuto.

Il che significherebbe fondere nell’ Unione una NATO senza USA, ovvero ricreare l’Unione Europea Occidentale. Solo in tal modo l’Europa spenderebbe bene il suo 2%: con un adeguato ritorno culturale, geopolitico, strategico ed economico,  il che le permetterebbe di combattere la sua vera battaglia, quella alla quale essa è vocata.

L’unica azione seria nel conflitto tecnologico sono state le due Sentenze Schrems

4.La reazione alle Macchine Intelligenti quale progetto storico dell’ Europa.

Da trecento anni, i globalisti continuano a ripeterci che l’obiettivo dell’organizzazione internazionale dev’essere il Bene dell’ Umanità. Peccato che, di fronte al progetto tecnocratico dell’Occidente, le visioni del Bene dell’ Umanità si biforcano sempre più: da un lato, gli apocalittici che pensano che l’obiettivo dell’ Umanità sia l’abolizione delle differenze fra individui e popoli, e quindi lavorano per l’abolizione delle individualità e l’imposizione di regole obiettive, quali quelle degli algoritmi; dall’ altra, coloro che pensano che, nell’ impossibilità di realizzare, nella contingenza, un mondo senza conflitti, il massimo di armonia conseguibile nella storia sia costituito da un mondo poliedrico, caratterizzato dalla coesistenza di realtà diverse fra individui, territori, ceti, continenti…

Come abbiamo illustrato in vari precedenti post, la “sfida principale” del XXI Secolo è costituita quindi, non già dalle “autocrazie” che vorrebbero distruggere le nostre “democrazie”(regimi politici fra loro diversissimi e a cui poco importa come gli Europei vogliano governarsi), bensì dal rischio che l’Intelligenza Artificiale prenda il sopravvento sull’Umanità, e, innanzitutto:

-assuma direttamente le decisioni sulla guerra e sulla pace;

-riduca ulteriormente la propensione degli umani alla riproduzione sessuata;

-riorienti le mentalità verso un cieco conformismo;

-ci tolga la capacità di produzione intellettuale autonoma,

– di conseguenza, renda impossibile qualsiasi forma di partecipazione da parte dei cittadini (altro che democrazia!).

Questa è la guerra che l’Umanità deve combattere, una guerra che modificherà la biologia, la cultura, la società, il diritto. Certamente, non tutti sono d’accordo sulla necessità di  questa decisione strategica, così come, in passato, non tutti erano d’accordo su altre decisioni strategiche, come per esempio la diffusione delle religioni di salvezza (Costantino), la schiavitù e, poi, la sua abolizione (la Guerra civile americana), la conquista, da parte dell’ Occidente, del resto del mondo (le Reducciones), il socialismo (Guerra Fredda), il razzismo (seconda guerra mondiale). Per questo ci sono stati sempre (e sempre ci saranno) conflitti , guerre, rivoluzioni. L’ipotesi più probabile è che i prossimi conflitti saranno pro o contro l’Intelligenza Artificiale.

Non per nulla i GAFAM americani sono già profondamente impegnati nei conflitti in tutto il mondo, con lo spionaggio, le manipolazioni del web, la guerra psicologica, le armi autonome, Starlink…Anche i BAATX cinesi sono, a loro modo, presenti sullo scacchiere bellico, ma sono stati ricondotti, dal loro governo (con il cosiddetto “Crackdown  sui BAATX”), a strumenti della strategia complessiva di quel Paese.

Se l’Europa vuole veramente avere un ruolo geopolitico, deve prendere posizione su questo conflitto fondamentale, da cui dipendono tutti gli altri. Anche per questo, una difesa veramente autonoma dell’Europa non potrà farsi come abbiamo spiegato nel precedente post, partendo dall’ articolo di Galli della Loggia del 5 febbraio, se non intorno a un’industria digitale autonoma e una cultura identitaria europea, due facce della stessa medaglia.

Una propria idea identitaria costituisce l’arma principale per una proiezione di potenza nel mondo. Ad esempio, gli Stati Uniti arrivano ovunque, prima di tutto, con le loro lobbies sponsorizzate dallo Stato, le quali diffondono l’idea degli Stati Uniti quali  “la Casa sulla Collina” a cui tutti i popoli debbono ispirarsi (Cotton Mathers, Emerson, Whitman). Pensiamo al Comitato di Corrispondenza costituito dopo la Rivoluzione Americana, con Lincoln che, in Francia,  faceva proseliti per a Massoneria, preparando la Rivoluzione Francese. Ad esempio, fece un siffatto pressing su Voltaire morente per farlo aderire alla Loggia “le Sette Sorelle”. Pensiamo al Filibustering portato avanti in Sudamerica di agenti americani come il Colonnello Walker, e all’ aiuto dato ai moti liberali in Europa (ospitando Kosciuszko, Kossuth, Garibaldi). Pensiamo ai 14 Punti di Wilson, alla Carta Atlantica, al Jazz, a Hollywood, all’ espressionismo astratto, all’Ideologia Californiana, alla Rivolta di Berkeley,alle banche d’affari,  ai social networks, all’ Endowment for Democracy, alle “rivoluzioni” organizzate da Gene Sharp…

Ma anche il mondo islamico ha, come sue avanguardie, gli Imam politicizzati, i convertiti, le comunità nazionali all’ estero. E che dire dei “filocinesi”, degli Istituti Confucio, della Via della Seta?

Orbene, l’Europa ha creduto di potersi spacciare per il “Trendsetter of the Worldwide Debate” senza avere nulla di tutto ciò, ma è stata smentita dai fatti, come hanno dovuto riconoscere un po’ tutti gli esponenti dell’”establishment”, da Borrell a Gentiloni, che hanno confessato di “essere stati ingenui”. Tale ingenuità è consistita, a nostro avviso, nell’aver preso sul serio l’ideologia americana, tentando addirittura di farsene i più zelanti sostenitori, senza comprendere che la mentalità puritana è una costruzione artificiosa che riesce a mala pena a sostenersi nella sua patria di adozione, che, in Europa, viene vista con sospetto, e, nel resto del mondo, viene addirittura smascherata ogni giorno di più come ipocrisia (“l’Uomo Bianco ha la Lingua Biforcuta”). Qualcuno che voglia essere “più realista del re” ha ancor meno credibilità del suo sponsor.

In tal modo, tutta la costruzione ideologica della Modernità, quella “bolla” entro  cui siamo stati educati, si sta rivelando via via, come ha scritto John Grey, come un’”Alba bugiarda”. L’ansia missionaria di conversione dei nativi si è rivelata  una copertura ideologica per il loro genocidio; l’imposizione del principio di eguaglianza nasconde la più radicale diseguaglianza, tanto che i nazisti, per scrivere le leggi razziali, non trovarono nulla di meglio che inviare negli USA  un transatlantico pieno di giuristi per copiare le “Leggi Jim Crow”. Il  preteso egualitarismo si traduce nella ben nota biforcazione fra miliardari e senzatetto, così pure come la pretesa “Rule of Law” si scopre essere stata un ‘importazione forzata negli USA del rigido diritto prussiano, per ovviare al carattere arbitrario della Common Law, palesemente manipolata da una magistratura elettiva, e quindi partitica per definizione e succube dei Poteri Forti.

Orbene, il punto centrale in cui si svela l’ipocrisia puritana è costituito dall’ apparente rifiuto della Ragion di Stato , che sembrerebbe un concetto estraneo e ostile per le cosiddette “democrazie liberali”, le quali  pretendono d’imporre agli Stati una morale simile a quella  individuale, ma poi in realtà compiono continuamente crimini sempre più efferati, cercando di nasconderli con il controllo delle opinioni pubbliche, e, alla mala parata, li giustificano con l’argomento tipico dei totalitarismi: difendere il Progresso. L’Occidente passa buona parte del suo tempo a discutere, bilancino alla mano, della pretesa maggiore o minore moralità del politeismo e del monoteismo, dell’Ebraismo e del Cristianesimo, del Cattolicesimo e del Protestantesimo, dell’ Islam e del marxismo, della Rivoluzione americana e di quella francese, di Israele o dei Palestinesi, della Russia o dell’ Europa…Mentre invece è responsabile delle maggiori catastrofi umanitarie della storia. Basti pensare alla tratta atlantica, al Trail of Tears, alle Guerre dell’ Oppio, all’annessione di metà del Messico e delle Filippine, ai bombardamenti a tappeto compresivi della bomba atomica, ai campi di concentramento per i Nippo-americani e i Tedeschi prigionieri, all’invasione gratuita dell’ Iraq e all’occupazione decennale dell’ Afghanistan…

Per questo, Eric Voegelin, un antinazista austriaco che scriveva in America, aveva dimostrato brillantemente che la “liberaldemocrazia” occidentale non era altro che il terzo volto del totalitarismo.

Per tutti questi motivi, molti sono convinti, in Europa, che il nostro Continente non debba più  seguire l’America nelle sue campagne per l’esportazione della morale internazionale, definita come “democrazia”. Altri invece, preoccupati più che altro di aiutare i loro alleati all’ interno degli USA, vorrebbero fare, dell’ Europa, un Paese di zeloti, che pretende di applicare una politica “morale”, anche là dove l’America crede di dover fare a meno di questa sua eterna finzione, nella speranza di “redimere” l’America dalle sue deviazioni dalla “retta via”(che tali non sono, bensì la seconda faccia della stessa medaglia).

Con tutto questo però non si fa politica estera, bensì solo una cattiva propaganda della setta puritana.

La visione del mondo atta a differenziare l’Europa sulla scena mondiale dev’essere necessariamente diversa da quest’ultima. Fondata sul mantenimento dell’ Umano, e, quindi, della diversità, che si deve tradurre nel rispetto assoluto delle identità extraeuropee, nella condivisione delle decisioni fra le identità intraeuropee, e nell’assoluta libertà di pensiero e di espressione, a dispetto di tutti i puritanismi. L’Europa quale barriera consapevole contro l’omologazione tecnocratica, capace di dialogare con gli altri Continenti, non già per plagiarli, bensì per trovare insieme un discorso culturale che dia un senso compiuto alle spontanee ribellioni contro la deriva nichilistica che la tecnica ci sta imponendo. Facendo tesoro, per questo, delle idee di grandi europei, come Matteo Ricci, Pascal, Leibniz, Voltaire, Guénon, Saint-Exupéry, ma anche di quelle Kang You Wei, di Gandhi, di Soloviov, di Fenollosa, di Pound, di Barcellona…Come scriveva brillantemente quest’ultimo:“L’Europa rappresenta una tappa, un gradino della globalizzazione?Oppure è una resistenza alla globalizzazione? “A nostro avviso, l’Europa può essere la roccaforte di una globalizzazione poliedrica, fondata sulla preservazione di tutte le grandi tradizioni dell’ Epoca Assiale pur entro i vincoli dell’Era delle Macchine Intelligenti.

Horkheimer e Adorno

5.Il”Conservazionismo” europeo

Il 12 febbraio, Sergio Fabbrini aveva scritto un articolo su “Il Sole 24 Ore”, denunziando le contraddizioni del conservatorismo italiano. Contraddizioni che certamente esistono perché  è proprio il conservatorismo in generale ad essere contraddittorio. Per esempio, in una situazione come quella attuale, sembrerebbe compito dei conservatori quello di essere in prima linea nell’opporsi all’egemonia delle Macchine Intelligenti. Invece, i conservatori sono tutti concentrati (come per altro anche i progressisti) nel  difendere la presente società, che ci ha portati fino a questa situazione rischiosissima, e propongono di fatto come modello il ritorno agli anni ’50 e ’60, quelli in cui eravamo un Paese povero e sconfitto, dove un senso di sollievo derivava più che altro dall’ idea che le cose non potessero andare peggio:il cosiddetto “Miracolo Economico”. Purtroppo fu proprio in quegli anni in cui si gettarono le basi dei nostri problemi di oggi: la concessione agli USA, con accordi ancor oggi segreti, di più di 100 basi militari, l’uccisione delle nostre imprese di alta tecnologia, la stessa egemonia culturale marxista, che, certo, non esiste più come tale, ma si è trasformata, con la “Lunga Marcia attraverso le Istituzioni”,  in un Pensiero Unico ben più invasivo, perché fuso con l’egemonia occidentale.

Riproporre quel modello significa nascondere le vere cause dell’attuale declino. Invece, come scriveva Armin Mohler, “Rivoluzione Conserevatrice significa creare qualcosa che valga la pena di essere conservato”

La rivolta dei robot in RUR di Capek

Per questo, crediamo che la legittima reazione alla Modernità in corso nella cultura e nell’opinione pubblica non vada incanalata verso  un “conservatorismo” da perdenti, bensì verso quello che abbiamo chiamato “conservazionismo), vale a dire la preservazione dell’ Umano contro l’egemonia delle macchine”(cfr. il nostro recente opuscolo “Verso le elezioni europee”). Questa sarebbe la giusta via per rispondere alle provocazioni che ci vengono dal resto del mondo, che ha rispolverato giustamente i “San Jiao”, l’Hindutva, i Califfi Ben Guidati, Dostojevskij e Bartolomé de las Casas. Anche se manca attualmente una definizione del “Conservazionismo” che possa servire a livello mondiale. E sarebbe proprio  l’ Europa a poterla fornire, sulla base dell’enorme esperienza accumulata su questi temi (de la Rochefoucault, De Maistre, Tocqueville,  Baudelaire, Nietzsche, Soloviov, Weber, Guénon, Eliade, Evola, Weil, Del Noce, Burgess, Grey).

Il Duca di Sully, autore del “gran Dessin”,
l’ultimo progetto di crociata

6.La Nuova Guerra Civile Americana

Il dibattito circa le rinnovate prese di posizione di Trump sulla NATO si concentra, a nostro avviso non correttamente, sulla questione delle armi all’ Ucraina. Se tutto si riducesse a questo, non vedremmo nessuna importante novità per l’Europa. Invece, le posizioni isolazionistiche in America potrebbero avere conseguenze di più ampio respiro, portando addirittura a una frattura ancora più pesante fra l’ Imperialismo Democratico del Deep State e il resto del Paese, fino a giungere a una vera e propria Seconda Guerra Civile Americana quale quella profetizzata nell’omonimo  film di John Dante, di cui sembrano manifestarsi le prime avvisaglie con le tensioni fra forze federali e nazionali al confine col Messico.

In questo scenario, potrebbero veramente riaprirsi i giochi in Europa per un autentico Potere Europeo, che, in tempi rapidissimi,  parta da un progetto culturale globale, passi per la creazione di una classe dirigente alternativa a quella attuale, e sfoci nella ripresa in mano delle sparse membra di un’ Europa devastata dalla crisi culturale, dalle forze centrifughe e dalle pressioni militari, per rifondare un forte Stato Europeo, capace di portare avanti l’agenda dell’ Umano sullo scacchiere internazionale, fornendo veramente gli strumenti per il dibattito internazionale (Trendsetter of the Worldwide Debate). Per esempio, con la filologia, la filosofia e la teologia comparate; con  il confronto  delle dottrine politiche greche, romane, cristiane e moderne occidentali con quelle cinesi, indiane, islamiche; con la ripresa dell’ educazione classica contro quell’”Educazione anti-autoritaria” contro cui giustamente si scagliava Adorno, e che in effetti, in alcuni decenni, ha livellato l’umanità per renderla atta al dominio Macchine Intelligenti.

Ciò detto, per essere presi sul serio e non essere scambiati da tutti per l’ennesima volta con una semplice pedina dell’America, dovremmo dotarci anche di un deterrente credibile anche militare- non necessariamente nucleare, perché le tecnologie di oggi  (cyberguerra, condizionamento della  ma mente, disinformazione, missili ipersonici e spaziali) forniscono in abbondanza armi ancora più decisive, e per giunta non ben conosciute dagli avversari-.

Teniamo presente che, per i problemi più delicati (come per esempio sulla guerra a Gaza), sono stati esclusi dalle trattative perfino i rispettivi governi, mentre chi tratta veramente (per esempio su Gaza) sono i rispettivi servizi segreti (che sono quelli che “hanno veramente le mani in pasta” in queste cose, e forse hanno il vero potere ovunque). Ora, l’Unione Europea non ha neppure un servizio segreto. Come può discutere con gli altri di intelligenza artificiale?

Qualunque cosa intendiamo fare, occorre muoverci subito, perché, tanto la Terza guerra mondiale, quanto la Singularity Tecnologica, oramai, incombono. Di converso, ciò che si deciderà (anche sul campo) sarà decisivo per gli assetti dell’umanità, e, in particolare, dell’Europa, nel prossimo secolo. Non possiamo farci trovare impreparati. Questo sarebbe il compito della classe dirigente europea. Purtroppo, quella attuale è inadeguata, e un’altra non è alle viste. Nonostante tutto, come diceva Mao Tse Dong, ”Grande è la confusione sotto il cielo; quindi, la situazione è eccellente!”.

ALLA LUCE DI NEURALINK:Per l’Identità Europea, quale politica culturale?

La deriva suicida dell’Europa politica, che ostacola di fatto, anziché favorirla con le sue politiche culturali,  la ricerca storica sull’ Identità Europea, rinchiudendoci tutti in  una “Finestra di Overton” ideologica inauditamente restrittiva, tale da  oscurare proprio le nostre tradizioni, viene finalmente riconosciuta e discussa, seppure in ritardo, anche dalla “cultura alta”, come è accaduto, in particolare, in recenti articoli di Ernesto Galli della Loggia e Franco Cardini, che vengono qui messi a confronto con le urgenze del presente momento storico, dominato dalla presa di controllo sull’uomo da parte delle Macchine Intelligenti.

Questo obiettivo ritardo nell’ avviare tale dibattito fa perdere di vista,  perfino nelle figure più illuminate, il fatto che l’ incombere della Società delle Macchine Intelligenti costituisce uno ulteriore argomento a favore dell’urgente  rafforzamento dell’ Identità Europea, quale barriera contro l’ ideologia globalista che ci viene imposta di giorno in giorno  con sempre maggiore durezza (smantellamento della privacy, leggi memoriali, legislazione “contro le fake news”, controlli poliziesco-digitali, ripetizione ossessiva di sempre nuovi mantra  calati dall’ alto..).Orbene,intanto, in tutto il mondo, la rivitalizzazione (in Cina, chiamata“ ringiovanimento”), quand’anche forzata, delle antiche identità continentali costituisce oggi di fatto il migliore antidoto contro la presa di controllo delle Macchine Intelligenti sulle società umane, di cui la globalizzazione all’ occidentale non è stato che uno dei sintomi premonitori.

Perciò, a un breve flash  sui recenti interventi di Galli della Loggia e Cardini, faremo seguire la nostra interpretazione della recentissima autorizzazione, concessa ora in America a Neuralink, di sperimentare gl’impianti cerebrali sugli esseri umani, aprendo così la strada a quel mondo di Cyborg, a cui le Identità Continentali sono chiamate ad opporsi, per poi giungere a delle conclusioni operative

1.”L’Europa abbandona la propria identità”?

“Potrà mai l’Unione Europea esistere come soggetto politico di qualche effettiva consistenza dopo aver deciso di suicidarsi culturalmente, di gettare alle ortiche la propria identità? E come mai a nessun partito della decina e più che siedono a Bruxelles è mai venuto in mente di occuparsi  di questa singolare decisione e dei modi in cui ormai da anni essa viene posta in essere?”

Con queste parole prende avvio l’articolo del 5 Febbraio di Ernesto Galli della Loggia sulla prima pagina de Il Corriere della Sera, con cui l’autore polemizza contro le prassi costanti nell’assegnazione dei fondi per la ricerca da parte dell’Unione. Non tanto per la preferenza  massicciamente accordata alle materie scientifiche “dure”(STEM), quanto per la ripartizione della quota dedicata  alle materie “non STEM”,o SSH (“Social Sciences and Humanities”) ,dove l’assoluta prevalenza va alle ricerche economiche e sociologiche (funzionali alla legittimazione del potere europeo), e quasi nulla alle vere e proprie materie umanistiche.

Secondo Galli della Loggia, il  vero motivo è che  “la maggior parte delle loro ricerche insistono naturalmente in un ambito nazionale. In quell’ ambito , cioè, in cui, secondo il ‘politicamente corretto’ dominante a Bruxelles deve essere messo al bando e spento. Agli occhi del vuoto utopismo paneuropeo privo di radici, la nazione resta il nemico primo”. Non concordiamo sul fatto che l’”utopismo paneuropeo” sia necessariamente privo di radici. Perché allora che cosa sono stati l’Impero Romano, l’Europa Cristiana, i progetti di crociata, Dante, il Sacro Romano Impero, gli Asburgo, Saint Pierre, Leibniz, Voltaire, Napoleone, la Santa Alleanza, Nietzsche, Coudenhove Kalergi? Priva di radici è soltanto l’ideologia ufficiale  di quest’ Europa “funzionalistica”, nella cui tecnolatria  sono confluiti i residui di varie obsolete ideologie anti-europee, fallite ciascuna nei suoi specifici presupposti, che hanno cercato, e ancora cercano, nell’ Unione, un’ancora di salvezza per la loro stessa sopravvivenza politica.

Perfino il Movimento federalista Europeo criticava il Trattato di Roma, che oggi viene da tutti esaltato. Come scrisse Sergio Pistone, “ La conseguenza politica che il MFE trasse da questa analisi, al momento in cui giunse all’ordine del giorno la ratifica dei Trattati di Roma, fu di non schierarsi né con coloro che erano favorevoli alla ratifica, perché ciò avrebbe significato avallare quella che nel migliore dei casi era una illusione, ma che poteva anche essere interpretata legittimamente come una truffa, né con coloro che, come i comunisti, erano contrari alla ratifica perché rifiutavano l’unificazione europea in quanto tale. Fu cioè indicata una terza alternativa: la mobilitazione del popolo europeo a favore della costituente europea e dell’unione federale europea e la denuncia della illegittimità degli Stati nazionali e della falsità delle politiche europeistiche governative.”

In definitiva, sono tutti diventati filo-UE solo per l’impossibilità di realizzare i rispettivi obiettivi; ma certamente nessuno è animato da quel sacro entusiasmo che sarebbe spontaneo per i fondatori di un nuovo soggetto politico.

Concordiamo quindi con le conclusioni di Galli della Loggia:”Proprio perciò neanche un euro o pochi spiccioli vanno a tutto quanto si riferisce alle sue antichità e alle sue vicende, ai suoi pensieri e ai suoi libri, alle sue lingue, alle tradizioni culturali e politiche dei suoi popoli, alle loro fantasie figurative.A tutto ciò che nutre l’anima e i sogni, che ci fa conoscere da dove veniamo.”La cosa è resa ancor più grave dal fatto che  noi Europei “veniamo” non già dall’ “ultimo uomo” di Fukuyama e di nietzscheana memoria, bensì dai popoli guerrieri “dei Kurgan” e  “del Mare”, dagli Hapiru che conquistarono Cana’an come descritto nella Bibbia, dagli “Europaioi” del Corpus Hippocraticum; veniamo da Roma e dalle steppe eurasiatiche, da al-Andalus e dal Grande Nord, dalla Cavalleria, dai principi illuminati, dai grandi poeti romantici e dai  “maestri del sospetto”. Tutta gente che alla “cancel culture”oggi dominante, per un motivo o per l’altro, non piace per nulla, ed a cui, quindi, nessuno spazio viene concesso nelle politiche culturali, né europee, né nazionali.

Queste cose  non hanno neppure a che vedere, come sembra pensare invece Galli della Loggia,  con le politiche culturali degli Stati Nazionali europei, anche se sono da essi  talvolta strumentalizzate, perché a questi di solito molto precedenti. Gli Stati Nazionali si concentrano invece anch’essi ciascuno su momenti anti-europei della propria cultura, come le guerre infra-europee, le pulizie etniche, il colonialismo, mentre viene censurato, in ossequio al “politicamente corretto”, il grande passato paneuropeo della cultura “alta”, quelli che Nietzsche chiamava “die guten Europaeer”, colpevoli anch’essi, vuoi di elitismo, vuoi di autoritarismo, vuoi di bellicismo, vuoi di patriarcato.

Della Storia, l’”establishment” vede solo gli “orrori”, perché ancora tutto proteso, nonostante la Dialettica dell’ Illuminismo, verso la “Post-histoire” chiliastica.

Gli Europaioi di Ippocrate erano guerrieri come Leonida

2.Le Istituzioni:tomba dell’entusiasmo europeista.

Galli della Loggia sembra stupirsi del disinteresse dell’Unione per la costruzione di una propria stessa identità, mentre noi, che sul campo ci siamo confrontati da cinquant’anni con questo problema, non ce ne stupiamo più affatto:“L’Europa ufficiale non si accorge….che, in questo modo, lungi dall’ affrettare l’avverarsi  della sua utopia, in realtà essa non fa che sancire l’implausibilità di qualunque speranza di divenire, non già nel prossimo secolo ma  nel prossimo decennio, un soggetto politico degno di questo nome.”

A nostro avviso, non è che non se ne accorga, perché anzi questo è precisamente ciò che si propone di ottenere quell’Establishment”, che finge di attivarsi per la cultura, ma  il cui compito è stato, fino dal dopoguerra, di boicottare  gli Europeisti più impegnati, come Coudenhove-Kalergi, Spinelli, Alexandre Marc, Olivetti, De Gaulle, Servan-Schreiber, Gorbachev e Mitterrand, facendo prevalere l’approccio cosiddetto “funzionalista”, che, da un lato, costituisce il preludio della vittoria delle Macchine Intelligenti, e, dall’ altra, impedisce la nascita di una classe dirigente patriottica europea culturalmente motivata, che “….anche nell’ assenza di una lingua comune,… radichi negli europei la coscienza delle profonde radici che le uniscono, di tutto ciò che li avvicina, che forma un’identità comune, e che quindi può divenire una premessa anche per un futuro storico comune.”

Per fare ciò, non è necessaria una lingua comune (così come ne fanno a meno l’India e perfino il Belgio, la Svizzera e il  Canada), bensì ci vuole una continuità culturale comune (il Tian Ming della Cina, la Hindutva, la Translatio Imperii..).

Il quadro non è così semplice, come aveva osservato già in passato lo stesso Galli della Loggia, che aveva posto allora, all’ origine di questo strano rifiuto dell’ “establishment” europeo di darsi un passato “nobile”, ben altre motivazioni, legate alla sorveglianza occhiuta dell’ America, che pretende che la “memoria condivisa” sia solo quella di un mitico “Occidente”, in cui essa sarebbe  inclusa addirittura quale sbocco provvidenziale della Translatio Imperii, come ben sintetizzato dal titolo del libro di John Gress, “From Plato to NATO”. Pretesa a cui sarà dedicata la seconda parte di questo post, sulla scia dei “Minima Cardiniana”.

Qui basterà  ricordare che, a nostro avviso, l’Identità Europea precede, a nostro avviso, e di gran lunga, tanto le Comunità Europee, quanto l’Unione Europea. Basti leggere il nostro nostro libro “10.000 anni di Identita’ Europea” (Alpina, Torino, 2006). Le scienze archeologiche, paleontologiche e linguistiche (Cavalli Sforza, Reich) stanno evidenziando sempre più come l’Europa sia, e sia sempre stata, un continuum “poliedrico” di popoli, culture e lingue, che ci congiunge da millenni all’Africa e all’all’Asia (“Out of Africa”, agricoltori medio-orientali, popoli delle steppe, popoli marinari mediterranei, politeismi, giudeo-cristianesimo, Barbaricum, “Scanzia Fucina Gentium”, Euro-Islam, monarchie sovrannazionali e intercontinentali); movimenti culturali paneuropei come la poesia cortese, le università, gli scismi, l’illuminismo, il romanticismo, il decadentismo, la cultura critica, i totalitarismi; lingue colte sovrannazionali, come il Greco, il Latino, l’Ebraico, il Gotico, lo Slavo Ecclesiastico, l’Arabo, il Norreno,  il Provenzale, il Francese, il Tedesco, l’Inglese, il Russo; autori “uebereuropaeisch” come Averroè,  Chrétien de Troyes, Walther von der Vogelweide, Wolfram von Eschenbah, Raimbaut de Vacqueiras, Dante, Petrarca, Shakespeare, Cartesio, Leibniz, Voltaire, De Maistre, Goethe, Novalis, Foscolo, Pushkin, Mickiewicz, Nietzsche (“die Guten Europaeer”)….

Basta guardare alle mappe genetiche predisposte da Cavalli Sforza e dei suoi epigoni, caratterizzate da centinaia di sfumature.

L’esplosione dei nazionalismi nel XIX Secolo sulla scia delle Rivoluzioni Atlantiche aveva costituito proprio una forma di opposizione agl’imperi sovrannazionali che avevano dominato fino ad allora la scena, e alle tradizionali culture paneuropee (Costantinopoli, Vienna, San Pietroburgo). I risultati, catastrofici per l’Europa, di questi nazionalismi si sono potuti constatare negli ultimi due secoli, e non sono ancora finiti (nell’ ex URSS, nella ex Jugoslavia, a Cipro, in Turchia,  in Spagna e Gran Bretagna). Sono questi gli “orrori” che l’”establishment” vorrebbe invece ascrivere alla storia pre-rivoluzionaria.

E’ stato suicida rimettere agli Stati Nazionali la competenze per le politiche culturali, dalle quali sono nate le maggiori deformazioni storiche: dalla cancellazione del passato, alla costruzione di memorie condivise provinciali e aggressive

Gli attuali Stati Nazionali, seppure non più animati dalla febbre sciovinistica, al contempo distruttrice e progressista, che ha già prodotto tanti guai, dominano ancora il campo, come aveva previsto già Spinelli,  per una precisa scelta dei fondatori dell’ Ordine di Yalta, basata sui seguenti presupposti:

-le Comunità Europee, e ancor più l’Unione Europea, sono un’articolazione “regionale” e “specialistica” dell’Occidente (Ikenberry), destinata a “stabilizzare” l’ Europa, cioè a renderla inoffensiva;

-l’ attribuzione, nei Trattati, agli Stati Membri, della competenza per le politiche culturali (come scriveva il Presidente Schulz, l’”io emotivo”);

-la delimitazione rigida di una pretesa “memoria condivisa” dell’ Europa, funzionale a tale “stabilizzazione” (quale quella  espressa nella “Casa dell’ Europa” di Bruxelles), opposta a una ricostruzione “poliedrica” della storia, e, in particolare, l’identificazione dell’ inizio della nostra  storia comune nella Rivoluzione Francese, la quale invece, per esempio per Tocqueville, aveva sancito in realtà l’atto di morte dell’ “Ancienne Constitution Européenne”(quella dell’ Ancien Régime, a cui perfino l’attuale Unione non può fare a meno d’ispirarsi).

Concordiamo  pienamente con Galli della Loggia che l’Unione non riuscirà ad affermarsi quale soggetto politico se non sarà reso possibile agli Europei conoscere esaurientemente le loro radici, anche le più lontane (preistoria, Asia, Africa); le regioni d’Europa, anche le più eccentriche (Groenlandia, Russia, Caucaso, Turchia); gli autori anche più scandalosi (Tertulliano, il Canto dei Nibelunghi, Averroè, Machiavelli, Sade, De Maistre, Kierkegaard, Stirner, Baudelaire, Soloviev, Drieu la Rochelle..). Ma, addirittura, anche le comunalità con altri Continenti, come gli archetipi egizi e persiani, le origini semitiche, sarmatiche, ugro-finniche, altaiche, e perfino le influenze di India, Cina ed America (intesa però anch’essa quale continente estraneo e diverso, e comunque importante per i suoi riflessi).

Tuttavia, visto che l’”establishment” ha interesse che ciò non avvenga, non resta altro, per gl’intellettuali veramente europeisti, come Galli e Cardini, che spendersi in prima persona in un  rischioso Kulturkampf a proprio carico e senza quartiere, non già per la speranza di titoli e prebende, bensì quale imprescindibile dovere patriottico. Noi vogliamo ancora tentare nonostante tutto di partecipare  a bandi europei in materia culturale, e saremmo onorati di poterlo fare con il supporto di  prestigiosi maestri.

La Confederazione Europea promossa da Mitterrand includeva l’Unione Sovietica e la Turchia

3.Fuori dall’ Occidente.

Secondo Cardini, una siffatta cultura europea più autentica dovrebbe  passare necessariamente attraverso il ravvicinamento alle culture dell’Europa orientale e dell’ Asia (“Eurasiatismo”):“ sulla valorizzazione della grande storia del nostro continente e sulla sua storica funzione di cerniera tra quell’East e quel West del mondo che secondo Kipling non potranno mai incontrarsi mentre, al contrario, la loro storia dell’ultimo mezzo millennio mostra una grande globalizzazione già avvenuta sul piano materiale e che aspetta una sintesi su quella spirituale.
Cogliamo i segni di questo 
iter non ancora esplicito eppure preparato da alcuni segni che starà a noi trasformare in effettivi seri valori. L’incontro tra Europa e Asia nella prospettiva eurasiatica è uno di essi.”

Cardini prende nettamente così posizione a favore dell’ Eurasiatismo, profondendosi in una serie di doverosi chiarimenti terminologici su ciò che esso  abbia rappresentato e ancora rappresenti:‘Si deve parlare di un unico continente, l’eurasiatico: così congiunto nelle sue parti che non è avvenimento di rilievo nell’una che non abbia avuto il suo riflesso nell’altra’: così il grande orientalista, storico delle religioni ed esploratore Giuseppe Tucci. Oggigiorno, specie dopo il fatidico 24 febbraio 2022, le parole ‘Eurasia’, ‘eurasiatico’ ed ‘eurasismo/eurasista’ sembrano divenute insulti..”

Certo, sull’ Eurasiatismo grava il peso delle enormi lotte combattute in suo nome, che ne rendono sospetta la memoria: “esplose in una specie di follia ossimorica: a causa di, o per colpa di, o grazie a (fate un po’ voi) Napoleone, e per esprimersi usando simboli archetipici schmittiani, la Francia provò a giocare ora la parte del Behemoth continentale europeo (e anche eurasiatico, viste le velleità di coinvolgimento di Russia e Turchia) assediando con il ‘Blocco Continentale’ il Leviathan britannico signore degli Oceani, e quindi assumendosi il carico della leadership orientale in funzione di una lotta all’Occidente rappresentato dall’Inghilterra che Ugo Foscolo con geniale faziosità definisce ‘l’Anglia avara’; ora (cioè subito dopo) quella ben più utopistica e velleitaria della leadership occidentale contro la ‘barbarie sarmatica’ dell’impero zarista. Poco più di un secolo dopo, in modo ancor più folle, la hitleriana ‘Operazione Barbarossa’ si sarebbe illusa di poter azzerare gli esiti che si stavano rivelando infelici della guerra intereuropea avviata nel settembre del ’39 – dove anche a causa del trattato di non-aggressione Ribbentrop-Molotov, sembrava potersi figurare un nuovo fronte eurasiatico, quindi “orientale” – e di proporre se stesso a capo di una’Santa Lega’ occidentale – e addirittura crociata – contro il comunismo ateo”.

Soprattutto, manca una vera storia eurasiatica, che, sulle orme di Ibn Khaldun, Mahan, Mackinder, Haushofer e Gumiliev, citati da Cardini,  parta dalla dialettica fra i popoli “Bu”, quelli nomadi delle steppe, e quelli “bun”, stanziali e civilizzati, del mare; passi per le grandi migrazioni dei Kurgan, dei popoli sarmatici, turcici e mongoli; si sviluppi con le grandi religioni e con i grandi viaggi di esplorazione; continui con gli scambi culturali (per esempio di Marco polo e dei Gesuiti) e si completi con la giusta considerazione del contributo alla storia mondiale dell’ alleanza russo-cinese, della cultura indiana, della guerra del Vietnam, dell’economia est-asiatica, dei BRICS.

Una lacuna da colmare non diversamente da quella della storia dell’ Identità Europea.

I cosiddetti “Valori dell’ Occidente” sono quello
che Max Weber chiamava “Gabbia d’Acciaio”

4.Neuralink e l’Europa

Come dicevamo all’inizio,l’informatica sta trascinando tutti gli aspetti della vita umana in una corsa sempre più affannosa verso un futuro nebuloso e rischioso, non rischiarato, né dalla riflessione culturale, né dal dibattito politico, ambedue inceppatisi in quest’epoca di mediocrità, manipolazione, opacità  e concorrenti fanatismi. Questo ha un impatto dirompente anche sul dibattito circa l’Identità Europea, perché spazza via l’illusione dell’ “Establishment” di poter spacciare l’integrazione europea come la fase estrema della Fine della Storia (come avrebbe voluto per esempio Kojève, che aveva negoziato i Trattati per conto della Francia),  mentre invece l’Europa è addirittura ininfluente nella transizione digitale mondiale, che è la forma attualizzata dell’ Apocalisse.

Ad esempio, mentre il Parlamento Europeo annunzia l’accordo sull’Artificial Intelligence Act, vantato a suo tempo come l’unica normativa al mondo sull’ argomento (mentre è risultato che ne esistono, di simili, in almeno 6 Stati del mondo), prosegue negli USA il progetto Neuralink, capitanato da Elon Musk. Obiettivo: perfezionare un chip da impiantare nel cervello umano, apparentemente con lo scopo di assistere le persone con malattie e disturbi neurologici che compromettono il movimento, ma,  successivamente migliorando anche abilità cognitive come la memoria e lavorando sulla comunicazione, e, potenzialmente, aprendo la strada alla trasformazione di tutti noi in Cyborg (un essere preconizzato e propugnato da Donna Haraway come il successore dell’ uomo), e, nel contempo, al collegamento di tutti i cyborg in un unico ecosistema digitale centralizzato, che realizzerebbe la fine delle personalità individuali. Sogno perseguito, seppur sottotraccia, nel corso della storia, da vari movimenti culturali, dall’aristotelismo, al neo-platonismo, alla Qabbalah, all’ hegelismo, al marxismo e, attualmente, dall’ “ideologia californiana” della Silicon Valley (Ray Kurzweil).

Il Comitato Medico per la Medicina Responsabile (Physicians Committee for Responsible Medicine) aveva richiesto di porre Neuralink sotto vigilanza per possibili violazioni dei protocolli sanitari, rifiutando la richiesta ricevuta alla fine del 2022 dalla compagnia di Musk per il passaggio alla sperimentazione sugli esseri umani, ma, nel maggio 2023, l’agenzia ha cambiato rotta e autorizzato Musk a proseguire. Ora, il primo chip wireless è stato effettivamente impiantato nel cervello di un soggetto umano, a seguito di una call per volontari rivolta a persone tetraplegiche o con sclerosi laterale amiotrofica.

Cosa può fare l’Europa contro questa ennesima decisione delle autorità americane?

L’Europa dovrebbe assumere una propria posizione su questi temi

5.Enhancement o Enablement?

Quanto sopra richiede una rinnovata riflessione sull’enhancement, il potenziamento umano attraverso la tecnologia. Se negli ultimi decenni tanto è stato detto sul potenziamento di tipo biologico e genetico (impianto artificiale dell’embrione, isolamento dei geni e tecnologie del DNA ricombinante, rischi dell’eugenetica migliorativa etc.), oggi bisogna fare i conti anche con l’eccezionale possibilità di migliorare le prestazioni umane – andando oltre gli aspetti che consideriamo propri della natura umana –.

Qualcuno afferma che per quest’ ultima, così come per l’invenzione di Neuralink, è necessario tenere fermo il legame con un trattamento terapeutico: l’uso, dunque, sarebbe legittimo solo se destinato a persone con problemi diagnosticati e certificati, esattamente come dovrebbe essere per gli occhiali, le terapie per i disturbi dell’attenzione e… la chirurgia plastica? 

Volendo provare a superare l’argomentazione del “solo a uso terapeutico”, un aspetto che ci avvantaggia nel quotidiano è l’enablement, cioè il “rendere possibile un’azione”. Questo concetto è strettamente legato a quello di potenziamento, ma più semplice da accettare perché non implica necessariamente una modifica alle parti costitutive dell’essere umano. Uno smartphone permette (enables) di telefonare a chiunque, ovunque e in qualsiasi momento; oppure uno spazio cloud consente di (enables) avere dati sempre con sé a disposizione. È uno strumento che “sblocca” nuove possibilità, come in un videogame, e proprio così farebbe una neurotecnologia quale quella sviluppata da Neuralink.

Le grandi scelte su questi temi condizionano pesantemente il futuro dell’ Umanità, e pertanto i maggiori soggetti politici, come l’Unione Europea, non possono esimersi dal prendere posizione. Il loro atteggiamento su questo tema costituirà addirittura la prima caratteristica della loro identità, definendola nei confronti degli altri Continenti.

A nostro avviso, l’enhancement “europeo” dovrebbe riallacciarsi alle concezioni tradizionali europee di “educazione”, da quelle classiche di “Paideia” a quelle medievali di ascesi e cavalleria.

La logica quantistica ha sparigliato le carte della Modernità

7. Superuomo, Punto Omega e Datong

Secondo Nietzsche, “l’Uomo è qualcosa che dev’essere superato”.

Sulla stessa linea, alla fine degli anni ‘90 J. Harris scriveva che “la natura umana è semplicemente la natura degli umani attualmente esistenti. Essa cambia ed evolve continuamente e noi siamo molto diversi dai nostri antenati. I nostri discendenti, se la specie sopravvivrà, saranno diversi da noi in un senso che non siamo in grado di predire. Noi siamo cambiati e possiamo cambiare ancora radicalmente senza per questo cessare di essere umani”.

Proprio qui sta il punto.

“Essere Umani” denota un insieme di caratteristiche (primati intelligenti, dotati di parola, socievoli, gerarchici, religiosi..) che ben conosciamo in quanto coeve alla cultura della comunicazione (linguaggio, riti, miti, linguaggio), e soprattutto per l’era più recente (Età Assiale), a causa della nascita della scrittura (graffiti, rongo-rongo, ideogrammi), che ha consolidato le culture preesistenti.

In questo periodo di alcuni millenni, a noi più noto, le strutture psicofisiche dell’uomo sono cambiate solo in misura modesta (fusione con i geni di altri ominidi, avvicinamento strutturale fra maschio e femmina, diffusione della logica strumentale e della specializzazione, utilizzo di protesi…), e mai in modo così drastico come si prospetta oggi (integrazione uomo-macchina, editing genetico, transessualità).Soprattutto, non si erano mai posti in discussione i concetti di coscienza individuale, di libero arbitrio, di ruoli sociali differenziati.

La presente Grande Trasformazione non può quindi non suscitare un dibattito ed uno scontro molto vivaci.

Tanto per incominciare, tutta l’attuale dialettica sui “diritti”, sull’”eguaglianza” e sul “genere” ha in realtà, come sottofondo, la persuasione che il  mutamento antropologico indotto dalle Macchine Intelligenti comporti il superamento, in generale, dei diversi ruoli sociali, e, nello specifico, della riproduzione umana sessuata. Per questo, il “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway era stato anche all’inizio un testo fondante del femminismo.  Haraway introduceva la figura del cyborg, oggi attuato da Neuralink, che diventa metafora della condizione umana. Il cyborg è al contempo uomo e macchina, individuo non sessuato o situato oltre le categorie di genere, creatura sospesa tra finzione e realtà: «il cyborg è un organismo cibernetico, un ibrido di macchina e organismo, una creatura che appartiene tanto alla realtà sociale quanto alla finzione».

Questa figura permetterebbe di comprendere come la pretesa naturalità dell’uomo sia in effetti solo una costruzione culturale, poiché tutti siamo in qualche modo dei cyborg. L’uso di protesi, lenti a contatto, by-pass sono solo un esempio di come la scienza sia penetrata nel quotidiano e abbia trasformato la vita dell’uomo moderno. La tecnologia ha influenzato soprattutto la concezione del corpo, che diventa un territorio di sperimentazione, di manipolazione, smettendo dunque di essere inalterato e intoccabile.

Di qui l’Ideologia Gender.

Questa considerazione pone in dubbio la tesi tradizionalmente condivisa un po’ da tutti, secondo cui l’etica  starebbe al di sopra della storia (i “valori non negoziabili”), ed apre il discorso della “Trasmutazione di tutti i valori”.

Nel corso della storia, gli uomini avevano dibattuto e si erano scontrati su grandi domande circa come debba essere la società ideale (pluralistica=repubblica=politeismo o centralizzata=regno =monoteismo; razionalistica=dispotismo illuminato=progressismo, o “dionisiaca”=comunitarismo=anarchia?).Problemi analoghi, ma più radicali, si pongono ora di fronte alla necessità di rivalutare i fini stessi dell’ Umanità, al fine di decidere sul nostro immediato e lontano avvenire in considerazione dei rischi ed opportunità dell’ibridazione uomo-macchina.

Nietzsche aveva scritto chiaramente che le trasformazioni in corso avrebbero ben presto necessitato una trasformazione esistenziale dell’uomo, stretto fra l’istinto di morte, espresso dalla filosofia schopenhaueriana e dalla musica di Wagner, lontana eredità delle antiche dottrine indiane (jainismo e buddismo), e la spinta all’espansione della vita (quella “Steigerung”, ch’egli definiva “Dionisiaca”, erede  del pathos guerriero degli antichi popoli europei-la “bestia bionda”- descritti da Omero, Ippocrate, Erodoto, Giulio Cesare e Tacito).

Oggi, le due versioni del Superuomo, fra le quali occorre decidere, trovano la loro espressione, da un lato, nella teologia di Teilhard de Chardin, e, dall’ altra, nel Neo-Confucianesimo quale implementato dal “Socialismo con caratteristiche cinesi”.

Per Teilhard de Chardin, la transizione digitale nella sua versione più estrema (la Singularity di Kurzweil, che fu probabilmente ispirato proprio dal teologo francese), costituirebbe la Fine della Storia profetizzata dall’ Apocalisse, e coincide pertanto con la seconda venuta di Cristo e con un imprevedibile sviluppo dell’Universo (il “Punto Omega”). Secondo Riccardo Campa, un valido studioso italiano che insegna in Polonia, la Chiesa cattolica, nonostante non abbia ancora tolto l’ interdetto contro i libri di Teilhard de Chardin, è oggi sotterraneamente ispirata dal suo pensiero, come emerge da varie esternazioni dei tre ultimi Pontefici. Alcuni teologi, come Enzo Bianchi, non nascondono il loro desiderio di accelerare l’arrivo dell’Apocalisse, perché quest’ultima  sarebbe il compimento della Storia, e, in particolare, della Storia Sacra. Si noti bene che anche l’idea habermasiana del Progetto Incompiuto della Modernità, si pone inaspettatamente in questa direzione, quando parla di “resuscitate i morti”.

Secondo Xi Jin Ping, lo sviluppo tecnologico, in cui la Cina è oggi leader,  ha prodotto uno “Xiaokang”, una “società moderatamente prospera”, termine  con cui Confucio designava una fase intermedia verso il “Datong”, la “Grande Armonia”, che non è comunque,né un’acquisizione definitiva, né un miraggio per il futuro, bensì un tentativo sempre riproducentesi di “ringiovanire” un’armonia antica. “Quando vigeva la Grande Via, il mondo era condiviso equamente fra tutti. Alle cariche erano nominati i più meritevoli e i più capaci; tutti erano in buona fede ed amavano il prossimo. Tutti consideravano gli altri come propri familiari. Gli anziani vivevano dignitosamente, i capaci trovavano un lavoro ad essi adeguato, i giovani venivano educati, e  i vedovi, gli orfani e i malati, venivano curati. Gli uomini avevano ciascuno una propria funzion nella società, e le donne un proprio focolare. Non si lasciavano beni abbandonati, né li si  accaparravano per fini privati; non si  dissipavano le proprie energie, bensì le si orientavano al bene comune. I crimini si prevenivano; non c’erano, né ladri, né ribelli, così che si potevano lasciare aperte le porte delle case. Era il tempo della Grande Unità (Da Tong).

Ora, la Grande Via è ignorata , e il mondo è accaparrato dai clan. Si trattano come genitori solo i propri consanguinei, e come figli solo i propri rampolli; beni e impieghi sono sfruttati a fini egoistici.Gli uffici e i titoli sono attribuiti in base alla lettera della  legge, e la sicurezza viene garantita da mura e fossati. Per disciplinare i rapporti fra il principe e i sudditi, per garantire la pietà filiale fra padre e figlio, la pace fra i fratelli e l’armonia fra i coniugi, per  creare istituzioni, amministrare villaggi e tenute agricole, onorare gli eroi e i saggi, e  premiare il merito delle persone, si fa ricorso ricorso al diritto e all’ equità. Regnano l’intrigo e il crimine, e si  pone mano alle armi. L’Imperatore Yu, i re Tang, Wen, Wu e  Cheng, e il duca di Zhou sono stati grandi per questo: hanno adempiuto perfettamente ai riti, hanno praticato la giustizia e agito in buona fede.  Si sono opposti agli  errori, si sono comportati umanamente e fornito esempi di comportamento impeccabile. Chi non si atteneva a questi principi, veniva destituito e considerato socialmente pericoloso. Questa è l’era della Società Moderatamente Prospera (Xiao Kang).”Dopo lo Xiaokang, la Cina punterà, evidentemente, al Da Tong.

Nessuna di queste teorie arriva al grado di inquietante estremismo messianico dell’idea di Kurzweil sulla Singularity, che  vorrebbe essere la fine dell’ attuale universo, qualcosa d’indefinito che, secondo quanto acutamente scritto da Martin Reed, assomiglia (e non solo in senso metaforico) all’ ingresso in un “buco nero”.

Né esiste un progetto concreto veramente alternativo del Superuomo quale “Incremento della vita”, come lo aveva pensato e voluto Nietzsche. Certo, vi assomiglia maggiormente la Cina neo-confuciana (o l’India con la sua Età dell’ Oro che ritorna ciclicamente), perché in quella cultura non c’è la concezione lineare della storia, secondo cui ci sarebbe una meta finale, mentre il Datong può ritornare periodicamente, come l’Eterno Ritorno nietzscheano.

La questione va comunque posta anche in Europa, e con urgenza.

Se  l’attuale perseguimento indefinito del progresso tecnologico in parallelo all’ “addomesticamento” dell’uomo prodotto dalle rivoluzioni sociali ,riducendolo a un’appendice passiva delle macchine, proseguirà ancora, si porrà presto una radicale scelta esistenziale: o essere travolti dalla naturale entropia di un mondo di macchine, che, seppure “intelligenti”, seguono protocolli prefissati, e quindi sono incapaci di reale creatività, oppure opporsi a questo mondo macchinico – un conflitto conflitto estremamente distruttivo-.

Un primo assaggio di questo conflitto è stata la rivolta, nel 1983, del Maggiore sovietico Petrov contro l’implementazione automatica del sistema di risposta automatica “OKO”,  che avrebbe comportato lo scatenamento immediato della guerra totale. OKO rappresentava un esempio di “Macchina Intelligente”, che reagiva disciplinatamente ai segnali di attacco nucleare, seguendo pedissequamente le direttive del PCUS, tradotte in un protocollo dell’ esercito; Petrov, l’”eroe” umano, che, forte della propria intelligenza, della propria competenza, del proprio coraggio, della propria assertività e della propria etica professionale, si opponeva da solo a questo apocalittico complesso cibernetico.

A nostro avviso, il background sotterraneo della Guerra Mondiale a Pezzi, oggi in corso, è proprio una contrapposizione, per quanto non dichiarata, fra queste (e simili)  diverse interpretazioni del Superuomo, e, come tale, può costituire veramente l’avvio di quella guerra fra uomini e macchine adombrata in molte opere di fantascienza.

Il fatto che, a Musk, sia stato ora permesso di realizzare in concreto il suo cyborg dimostra che gli Stati Uniti continuano, nonostante oscillazioni, a considerarsi paladini e tutori dei progetti postumanistici e/o transumanistici, dei GAFAM, che, coerentemente con quanto scritto da Schmidt e Cohen, costituiscono un irrinunziabile  strumento per il controllo, da parte degli Stati Uniti, se non più del mondo intero, almeno dei loro satelliti. Per questo motivo, le forze che si oppongono agli Stati Uniti sui diversi scacchieri costituiscono obiettivamente degli ostacoli al libero dispiegamento dell’ “America-Mondo”(Valladao), e quindi  al completamento del Progetto incompiuto della Modernità  con la creazione della Singularity.

Una lotta per la vita e per la morte fra Umani e Macchine Intelligenti

8.Al di là degli approcci settoriali

Di fronte al carattere onnipervasivo  ed esistenziale della transizione in corso, qualunque approccio settoriale risulta inutile e, addirittura, mistificante.

Le trattative in corso a livello mondiale sulla disciplina internazionale dell’Intelligenza Artificiale non possono partire che dall’urgenza di prevenire lo scatenamento della Terza Guerra Mondiale, attraverso i meccanismi di escalation digitale che sono ancora, nella sostanza, quelli della “Dead Hand”, che, per garantire la Mutua Distruzione Assicurata, delegano ai computer lo scatenamento del “Second Strike” finale. Solo attraverso una limitazione bilanciata degli automatismi dell’escalation si può evitare che la guerra nucleare si scateni nel giro di pochi secondi.

Tuttavia, quel problema  non è che un granello di sabbia in un grande oceano. Dobbiamo infatti affrontare nello stesso tempo vari altri fenomeni epocali indotti dall’ avvento delle Macchine Intelligenti:

la Sorveglianza di Massa, che permette già ora di eterodirigere centralmente (attraverso i social, la propaganda, la censura, il “credito sociale”, gli impianti neurologici, l’editing genetico) il comportamento di miliardi di persone, distruggendo completamente il concetto di “libero arbitrio”, e, con esso, tutte le forme di libertà;

-la transizione fra il dispotismo temperato degl’imperi tradizionali (Qing, Raj Anglo-Indiano, Ottomano, Russo..) e quello “duro” degli autoritarismi attuali (PRC, Corea del Nord, Iran, Monarchie islamiche);

-quella fra democrazie “rappresentative” e dittature tecnologiche in preparazione della “guerra fra democrazie e autoritarismi” (in America, il  Patriot Act; nella UE , i reati di opinione e  la censura sui social; in Russia, le restrizioni alla libertà, tipiche del diritto bellico, connesse all’Operazione Militare Speciale; in Turchia, le repressioni residue dopo il colpo di Stato gulenista; in Italia, il progetto di premierato).

Per questo motivo, strumenti legislativi quali l’Artificial Intelligence Act, che puntano tutto su un solo aspetto (l’”Intelligenza Artificiale” in senso stretto), e si basano su una concezione troppo limitativa dei diritti tutelati, sono insufficienti e generano, più che altro, confusione.

E’ necessario ora, sfruttando le trattative riservate  in corso fra USA e Cina, avviare un dibattito a più livelli, che colleghi i vari aspetti della complessissima materia della disciplina internazionale del digitale  con una riforma generale dell’ Europa secondo le direttrici indicate da Galli della Loggia e da Cardini. Nel fare ciò, il contributo degli intellettuali critici, potrebbe rivelarsi prezioso, a condizione ch’essi inquadrino coerentemente le loro considerazioni e proposte non già in un mondo astorico, o superato dagli eventi, bensì nel reale contesto storico di oggi, dominato dalla guerra tecnologica in corso, e dalla tentazione, un po’ di tutti, di vincerla con il sussidio delle Macchine Intelligenti (Manuel De Landa).

E’L’EUROPA CHE E’ IN VENDITA, NON SOLO L’ITALIA: i nodi vengono al pettine

La recentissima polemica fra la premier Meloni e il quotidiano “La Repubblica” ha  sollevato (almeno momentaneamente)le spesse coltri con cui l’”establishment” europeo ha nascosto, e ancora cerca di nascondere, lo stato comatoso delle nostre società, rappresentato icasticamente dalla loro decadenza economica, una decadenza che per altro è solo la punta dell’ iceberg di un più complessivo declino.

Certo, in teoria potrebbe esistere una “decrescita felice”, vale a dire se questa corrispondesse a una deliberata scelta esistenziale. Invece, nella realtà, la nostra è una “decrescita infelice”, perché si accompagna alla perdita dello slancio vitale, della stessa voglia di vivere (l’”era delle passioni tristi”).

Kareta FIAT (Polski) 1935

1.“L’Italia in vendita”?

Tutto è partito da un infelice titolo de “La Repubblica”, la quale,  ispirandosi a vecchi articoli dei giornali di destra sulle privatizzazioni del Centro-sinistra, suonava così:L’Italia in Vendita”. In considerazione del fatto che il gruppo proprietario de “La Repubblica”, GEDI, controllato  dagli Elkann, detiene un record nella svendita  di imprese italiane (essendo riuscito non solo a cedere all’ estero, ma addirittura a fare sparire nel nulla, un impero finanziario e industriale globale com’era la FIAT), la premier Meloni ha avuto buon gioco a ritorcere l’accusa contro il giornale e la sua proprietà, rifiutando, da quest’ultimo, una pretesa “lezione di italianità”. E certamente, John Elkann, figlio del francese Alain e di Margherita Agnelli, è tutt’altro che un patriota italiano, né ha mai preteso di esserlo, anche se non per “colpa” sua, essendo figlio di un Francese,  essendo partorito a New York  per dargli la cittadinanza americana, ed essendo stato educato in Francia. Né lo sono mai stati i giornalisti del “la Repubblica”, divisi  storicamente fra internazionalismo progressista e globalismo occidentale.

Quindi, che “l’Italia sia in vendita” non è mai stata, ovviamente, una loro preoccupazione, come stanno ribadendo in questi giorni insieme ai colleghi de “la Stampa”, esaltando, anche se fuori tempo massimo, una libertà di movimento dei capitali oramai quasi inesistente in tutto il mondo dopo l’avvio della “Guerra Mondiale a Pezzi”(fra incentivi, paradisi fiscali, dazi, sanzioni…).

Ma, venendo alla FIAT, il Gruppo Agnelli aveva desiderato da gran tempo sbarazzarsene, forse già da quando, nel 1943, in previsione della sconfitta dell’ Asse, il Dott. Camerana era andato a Berna dal fondatore della CIA, Allen Dulles, per sentirsi dire dal suo  staff che (come in effetti poi avvenne), dopo la guerra, la missione della FIAT sarebbe stata quella di produrre auto a buon mercato per l’Italia e i Paesi mediterranei sfruttando il basso costo della manodopera. E siccome le auto piccole e a buon mercato “rendono” ovviamente meno di quelle grandi e lussuose come le Mercedes e le BMW, il Gruppo Agnelli aveva cercato, giustamente dal suo punto di vista, di cambiare mestiere. Purtroppo, però, si trattava di un processo estremamente lungo e complesso (è durato un’ottantina di anni), perché un impero come la FIAT è strettamente legato alla società circostante (solidarietà politiche, aiuti di Stato, occupazione, pendenze pregresse), con vincoli ideologici, storici, familiari, legali, sindacali, politici e di immagine difficili da recidere.

Nel frattempo, i fornitori della FIAT, avendo compreso le intenzioni a lungo termine del loro cliente, cercavano anch’essi di defilarsi, vendendo i loro stabilimenti  ai concorrenti, o, in mancanza di meglio, alla stessa FIAT, e provocando, così, una crisi di fiducia nell’imprenditoria, e in tutta la società,  piemontesi. Ricordo che quando, nel lontano 1982, tornai a Torino dalle Comunità Europee, nell’ anticamera del medico del lavoro un solitario vecchio operaio mi chiese stupito: “ma la Fiat assume ancora?”

Un trend di cui oggi le pluridecennali questioni ancora pendenti dell’Embraco, della Whirlpool, della GKN, della Marelli, della Lear e dell’ Idrosapiens (che furono al centro delle mie attività già mezzo secolo fa) sono solo le ultime frattaglie. Le vendite erano incominciate già negli anni ’70.

Invece, da sempre il Governo francese, a partire da De Gaulle, ha desiderato accaparrarsi, attraverso le sue imprese, la massima quota parte della base industriale europea, per farne uno strumento della propria politica di potenza in Europa e nel mondo (quello che oggi si chiama “weaponisation”).

Ufficio Olivetti di New York

2.Un processo lungo cinquant’anni

Negli Anni ’80, erano partite le manovre allo scoperto per vendere l’intera FIAT: gli accordi FIAT-Ford, FIAT General Motors e FIAT-Chrysler. Quest’ultimo fu spacciato all’opinione pubblica  come una “fusione fra eguali”, ma era chiaro che il Gruppo Agnelli aveva la maggioranza, anche se non lo faceva vedere per non urtare le suscettibilità  americane, visto l’enorme “leverage” dato all’ operazione dal Presidente Obama. Un caso speculare a ciò che, come rilevato dalla premier, è ora accaduto con la Francia.

Comunque, già allora i centri direzionali si erano spostati ad Amsterdam, Londra e Detroit. Risolto con un’abile mossa di Marchionne, l’accordo con la General Motors la proprietà trovò finalmente una via di uscita definitiva con la fusione con la PSA, controllata dallo Stato francese, anch’essa “spacciata ” come una “fusione fra eguali”, ma che si palesò ben presto come una cessione occulta allo Stato francese (cosa accertata fin da subito dalle Autorità di banca e di borsa, e “rivelata” ora platealmente da Giorgia Meloni).

Nel frattempo, si vendevano anche i rami secondari, dall’ Aspera, all’IVI,  all’Altecna,  alla SEPA, alla Fiat Engineeering, all’Avio, all’ IVECO, alla Marelli….

Missile nucleare francese

3.Arrivati alla fase finale?

Come se ciò non bastasse, ora, il nuovo gruppo Stellantis sta chiudendo varie fabbriche secondarie ex Fiat, in Italia e all’ estero (per esempio la FIAT Polski, un’azienda esistente dal 1936, e da noi ricostituita con fatica dopo la caduta del Muro di Berlino), ed, ora, la Maserati (venduta online come capannone), e perfino, dal 2014, la FIAT Spa.

Ma la goccia che starebbe facendo traboccare il vaso è che questa Stellantis, che oramai non ha più nulla di italiano, starebbe chiedendo soldi al Governo per non trasferire in Marocco le poche attività residue. Questo smaschera la ormai pluridecennale finzione della politica, dei sindacati e dei media, sul fatto che la Stellantis fosse rimasta in fondo la vecchia FIAT.

Oggi, il Governo sta giustamente condizionando la concessione di nuovi aiuti alla produzione di ulteriori aiuti alla produzione in Italia di più automobili. Una politica di “reshoring” simile a quella di molti altri Stati, ma che, a nostro avviso, in Europa significa condannarci sempre più al ruolo di paesi industriali obsoleti.

Nessuno contesta il diritto  di qualunque multinazionale a perseguire i propri interessi, ma nessuno dovrebbe mettere in dubbio nemmeno il dovere dei Governi di presidiare l’interesse pubblico con tutti gli strumenti politici e giuridici disponibili, in base a considerazioni geopolitiche, culturali, politiche e sociali, come hanno fatto, e stanno facendo più che mai in questa “fase prebellica”, tutti i Paesi del Mondo.

Contrariamente a quanto hanno pensato da sempre (per motivi elettorali) dai politici, il mantenimento sul territorio della produzione è meno importante di quello del controllo finanziario, tecnologico e manageriale. Cosa ben chiara all’ Avvocato Agnelli, che, in un suo libro-intervista, aveva ben spiegato i vantaggi derivanti a Torino dalla presenza delle varie holding de suo gruppo e dell’ indotto, comprensivo di professionisti ed altri fornitori di servizi.

Cosa che il Governo Francese, pur con i suoi enormi limiti (vedi Sahel), ha sempre cercato di fare. Invece di lamentarcene, dovremmo almeno cercare di trarne ispirazione.

C’è solo da chiedersi se i Paesi Europei, che, nell’Era delle Macchine Intelligenti, pretendono di difendere la “manifattura”, non facciano il male dell’Europa, allontanandola sempre più dalla competizione per l’eccellenza nei settori che contano, dall’industria culturale (grandi istituzioni culturali, media), delle alte tecnologie (informatica, neuroscienze) e dell’ industria aerospaziale e di difesa. ,Ripetendo le scelte sbagliate di tanti anni fa, come  far morire l’Olivetti e il Concorde (oltre che la bomba atomica europea), e sostenere invece le industrie dei beni di consumo.

I governi militari secedono dalla Comunità dell’ Africa Occidentale

4.L’Italia specchio dell’ Europa

Quella diatriba italo-italica, come tante altre, risulta essere, alla fine, solo un ennesimo gioco delle parti all’ interno di un “establishment allargato”, ma provinciale, per scaricarsi reciprocamente addosso responsabilità che, per altro, ci sono, e sono enormi.

Il punto è, infatti, che tutti i governi italiani, compresi quelli di destra, hanno avuto almeno 50 anni per comprendere, tanto la strategia dimissionaria dell’industria metalmeccanica, quanto i mezzi giuridici, politici, e perfino giudiziari, per contrastarla, quanto, infine, l’avanzare della Società delle Macchine Intelligenti e la nascita dei GAFAM americani e dei BAATX cinesi. Eppure, nessuno ha mai mosso un dito per cambiare la situazione.

Il trasferimento all’ estero dei centri decisionali della FIAT non è di oggi: era già incominciato con l’accordo con la General Motors, ed era continuato con quelli con Chrysler e PSA (che ha dato origine a Stellantis). Ancor più antica, l’uccisione deliberata dell’ Olivetti Elettronica (“un neo da Estirpare”). Adesso che i buoi sono usciti dalla stalla è troppo comodo stare a polemizzare retroattivamente, senza più poter fare nulla, salvo bloccare eventuali nuovi finanziamenti, a meno della sempre più improbabile ipotesi di  affiancarsi alla Francia nella proprietà di Stellantis.

La forza dei gruppi industriali deriva soprattutto dalla volontà politica dei loro governi, come dimostrato proprio dalla FIAT con il suo protagonismo nelle guerre del XX° Secolo, nella motorizzazione dell’Est Europa e nell’industrializzazione del Mezzogiorno. Quando i Governi sono pusillanimi, come quelli dell’Europa attuale, le imprese cercano invece solo di evitare di essere “prese in mezzo” a cose più grandi di loro, e si alleano con Governi più potenti e/o più assertivi.

Pensiamo soltanto a come tutti hanno accettato senza reagire la distruzione del North Stream II, con tutti gl’investimenti europei ch’esso era costato. Un altro  esempio: il gruppo automobilistico francese pubblico al 100%, la Régie Rénault, quando sono sopraggiunte le sanzioni e le contro-sanzioni fra Europa e Russia, anziché resistere con il proprio investimento in quel Paese, come hanno fatto tante imprese occidentali (e, in particolare, americane), hanno addirittura svenduto allo Stato russo per il prezzo simbolico di 1 rublo, la loro partecipazione a nella AvtoVaz, la società della città di Togliatti, costruita dalla FIAT. Una intera città, costruita con tanta fatica dai lavoratori e manager torinesi,  venduta per un rublo!

Lo dice qualcuno che ha passato buona parte della vita lavorativa a costruire una presenza italiana ed europea sui mercati extraeuropei. Anche e soprattutto in quell’ Africa, di cui oggi tanto si parla (vedi “Piano Mattei”), che è stata uno dei principali fallimenti dell’ Europa (Vedi il libro R.Lala. “Les procédures de la coopération Financière e Technique dans le care de la II Convention de Lomé”, Giappichelli, Torino, 1981).

E’ semplicemente inaudito che i politici e i giornalisti di tutte le tendenze fingano di ignorare completamente l’esistenza della cooperazione europea allo sviluppo e dell’ Associazione ACP-CEE, che sta facendo (male) da più di mezzo secolo ciò che ora l’Italia si ripromette di fare con il “Piano Mattei”. Certo, se ne vergognano, forse perché, dopo tanti anni, l’UE non è riuscita a risolvere neppure in piccola parte, i problemi dell’Africa, ma nemmeno a impedire che li risolvessero invece quegli altri Stati che si sono affacciati prepotentemente nel mondo della cooperazione allo sviluppo (Cina, Russia, Arabia, Turchia).

Quando parliamo di “Europa in Vendita”, abbiamo però in mente soprattutto l’incredibile viavai dei guru informatici e di altri consulenti americani nelle stanze del potere europeo, dal Berlaymont all’Eliseo, dal Quirinale a Palazzo Chigi, fino ai vari Ministeri della Salute e perfino in Vaticano. Dopo l’ “uccisione” della divisione informatica della Olivetti (“un neo da estirpare”) attraverso la sua svendita alla General Electric, si continua da sessant’anni a impedire la nascita di una seppur minima industria informatica europea, arricchendo in ogni modo i GAFAM e le altre multinazionali con i dati e i denari di pubblico e privati europei. Tra l’altro, una fonte di corruzione di fronte alla quale quella delle monarchie del Golfo appare come un gioco da ragazzi.

Se si volesse veramente creare una “Sovranità Europea”, come si sta ricominciando a dire da quando si prospetta una nuova vittoria di Trump in America, bisognerebbe rovesciare proprio questo trend verso la colonizzazione del nostro Continente, investendo innanzitutto nelle attività “proibite” agli Europei. Basterebbe riprendere sul serio le infinite cose iniziate e mai finite, come l’Esercito Europeo, la bomba europea, l’EADS,  l’Associazione ACP-CEE, Qwant, Gaia-X, l’Accademia Europea, la Politica Agricola Comune…), non  trastullarsi con le “armi di distrazione di massa” quali la “religione dei diritti” o le “fake news”. Di quelle si dovrebbero occupare fin da subito la Politica Industriale Europea, la Politica Estera e di Difesa dell’ Europa e la Conferenza sul Futuro dell’ Europa!

L’ITALIA RESPONSABILE DELL’ INTELLIGENZA ARTIFICIALE

L’Italia ha appena ricevuto l’investitura della presidenza del G/ per il 2024. A questo fine, sta organizzando un vertice, che si terrà presumibilmente a Giugno in Puglia.

Come ha scritto domenica su “La Repubblica” Maurizio Molinari,

“per arrivare a questo impellente risultato serve da subito un impegno di qualità, scientifico prima che politico, del Governo italiano su uno dei temi più difficili                               e cruciali dello sviluppo economico globale”.

L’associazione Diàlexis, che  ha  pubblicato negli ultimi anni, con la casa editrice Alpina,  7 opere dedicate alla regolamentazione dell’informatica in Italia, in Europa e nel mondo, intende presentare per quell’ occasione un progetto di politica legislativa, riunendo a tal fine, come sempre, tutte le forze disponibili, per raggiungere, al contempo, il massimo di profondità, di completezza, di chiarezza e di propositività.

Poiché condividiamo la convinzione espressa nel citato articolo di Molinari, ci limitiamo qui ad enumerare, per avviare un confronto in quella direzione chiarendo la difficoltà e la vastità del compito, le grandi aree che, a nostro avviso, dovranno essere affrontate:

Julian Assange è ancora in carcere per aver voluto contrastare la dittatura digitale mondiale

I.I PRESUPPOSTI CULTURALI E POLITICI

A)NUOVE TECNOLOGIE

1)Neurobiologia (si sta replicando la mente);

2)Cibernetica (come governare le macchine?);

3)Scienza delle comunicazioni (il mondo virtuale governa l’Umano?);

4)Conquista dello spazio: realizzazione della promessa messianica (cfr. il Cosmismo russo).

B)PREMESSE STORICO-FILOSOFICHE

1)L’”Intelligenza Artificiale” quale forma di cultura specifica del XXI °Secolo (transumanesimo, “geopolitica umana”);

2)Sua origine nelle tradizioni culturali dei vari Continenti (“Intelletto Attivo”, Alchimia, Kabbalà,Shintoismo, ”Spirito Assoluto”, “General Intellect”)  ;

3)Intelligenza Artificiale e Fine dell’Umano(Capek, Asimov,  Joy, Reed, Hawking);

4)Le cultura  moderna occidentale quale premessa necessaria della “Singolarità Tecnologica”;

5)Fra dialettica dell’ Illuminismo e mito del Superuomo (da Saint Simon a Teilhard de Chardin).

C)SOCIOLOGIA E FUTUROLOGIA

1)Mappatura delle contraddizioni della Società delle Macchine Intelligenti;

2)Riforma  della società per preservare l’Umano (cfr. cinematografia distopica: 2001 “Odissea nello Spazio”);

3)Completare la demistificazione delle Grandi Narrazioni (Weber, Heidegger, Anders);

4)L’educazione dell’Umanità nell’ era della transizione digitale (da Lessing a Jaeger).

D)GEOPOLITICA E COSTITUZIONE

1)Svuotamento del diritto pubblico della Modernità (contraddizioni libertà-censura; autodeterminazione-integrità statuale; democrazia internazionale-Grandi Potenze);

2)Crisi dei valori costituzionali  fondamentali (libertà di parola e di associazione, privacy);

3)Fine del diritto internazionale e costituzionale (dissolversi dei confini fra i vari livelli di “governance”);

4)Fine delle libertà (Prism, Google Analytica, “Politically Correct”)

Le due Sentenze Schrems della Corte di Giustizia
sono ancora ignorate

II.LA DISCIPLINA DELL I.A. QUALE NUOVO MODELLO DI SOCIETA’

A)DALL’EDUCAZIONE ANTI-AUTORITARIA ALL’”ENHANCEMENT”

1)Uscire dalla “Società delle Passioni Tristi” (Dialettica dell’ Illuminismo, multiculturalismo);

2)Astensionismo e rigetto della politica (rilanciare la progettualità politica);

3)Dalla politica occupazione nella megamacchina all’impegno  politico e culturale (disoccupazione tecnologica e ritorno alle professioni umanistiche);

4)Upskilling e formazione continua (riforma della società e della cultura)

F)STRATEGIA INTERNAZIONALE

1)I moventi degli Stati (sovranismo vs. “Stati Civiltà”);

2)Il nuovo  Equilibrio del Terrore (l’Intelligenza Artificiale quale strumento centrale della Mutua Distruzione Assicurata);

3)Fallimento del ruolo regolatore dell’Europa quale “Trendsetter of the Worldwide Debate” (sproporzione fra le pretese di un “primato” e l’inconsistenza industriale e politica);

4)Disimpegno americano e Politica Estera e di Difesa (è possibile l’ autosufficienza dell’ Europa?)

5)La struttura dei nuovi accordi internazionali (Trattati e Istituzioni; organizzazione e principi)

G)INSUFFICIENZA DELLE PROSPETTIVE ATTUALI DI REGOLAMENTAZIONE

1)Incomparabilità con la società industriale (non basta estrapolare le norme sull’istigazione, sulla diffamazione, sulla privacy, sulla concorrenza);

2)Insufficienza delle “regole” senza le “virtù”;

3)Antiquatezza dei “valori”iper-moderni (religione dei diritti, diritto mite, egualitarismo);

4)La regolamentazione in un mondo multipolare (la “multi-level governance” è per sua natura differenziata a livello di società, di territori, di tradizioni).

In America, l’Antitrust non riesce a domare l’oligopolio dei GAFAM

III.AREE DI COMPETENZA DA COINVOLGERE:

A)BASI GENERALI

1.Antropologia

2.Linguistica

3.Psicologia

4.Informatica

B)PROGETTUALITA’ POLITICA

1.Big Data

2.Economia comparata

3.Modellizzazioni

4.Diritto comparato

C:PROGETTO CULTURALE

1.Filosofia

2.Pedagogia

3.Interfaccia uomo-macchina

4.Finanziamenti alla cultura

Come si vede, si tratta più che altro di una  “scaletta” di attività da avviarsi. Essa ci pare comunque intanto utile per sollecitare l’attenzione e l’impegno di coloro che sono disponibili, per curiosità, competenze, impegno civico, a partecipare al nostro sforzo in questo campo, con manifestazioni, scritti, partecipazione a dibattiti, per fornire elementi sul dibattito in corso..

“CULTURA DELLA PACE”?

Limiti concettuali delle retoriche pacifiste

I soliti discorsi natalizi oscillanti fra auguri e buoni propositi sono risultati, quest’anno, più improponibili che mai a causa delle immagini di Gaza e dell’Ucraina perennemente sui nostri televisori, che smentivano il sempre più surreale ottimismo dell’ “establishment” sulle “magnifiche sorti e progressive” dell’ Umanità.

Tuttavia, una seppur labile traccia di essi è rimasta nei discorsi d’occasione che sono stati comunque pronunziati dai rappresentanti delle Istituzioni.

Il nocciolo di questo discorsi è stato, come sempre, che la marcia del Progresso non si arresta, e che anche un qualche progresso verso la pace e si potrebbe comunque ottenere attraverso un’”educazione alla pace”, vale a dire l’ennesima iniziativa propagandistica basata sul lavaggio dei cervelli, avente come obiettivo quello di convincere tutti che, per risolvere gl’infiniti conflittiaperti, basterebbe educare a  dialogare con argomenti persuasivi, i quali sarebbero  fondati su un “utile generale” che nessuno sa definire.Qualcosa come la “Cura Federico” de “l’Arancia Meccanica”, con cui il teppista assassino veniva “rieducato” attraverso la somministrazione forzata di filmati di violenza. La stessa cosa che si vorrebbe fare per i femminicidi con la legge appena approvata.

Purtroppo, la realtà si è incaricata, da più di 2000 anni, di smentire l’efficacia di siffatti propositi, da sempre ripetuti con esiti catastrofici, sì che non c’è da stupirsi se questi discorsi dell’ “establishment” suscitino sempre  più scetticismo.

Gl’Indoeuropei si sono espansi in Europa con la guerra

1.Breve storia del pacifismo

La prima enunciazione ufficiale di un programma pacifistico la troviamo scolpita, nel 5° Secolo a.C, sulle tombe di Behistun e di Naqs-e-Rustam, ove le conquiste degli Achemenidi vengono “lette” come una missione divina, mirante ad instaurare la pace fra i popoli, sotto l’egida dell’ Impero Universale. Un’idea che sentiamo echeggiare ancor oggi, e ancor più di allora.

Gli Achemenidi furono sconfitti dai Greci, che Ippocrate, chiamandoli Europaioi, aveva giustamente definito come dei guerrieri “autonomoi”, che combattevano per acquisire terre e schiavi, non per il proprio Imperatore, bensì per se stessi. E dire che l’”establishment” vorrebbe fare dei Greci gl’”inventori della democrazia”.

Lontanamente ispirate all’ ideologia pacifistico-imperialistica  degli Achemenidi sono anche la profezia di Isaia, secondo cui “spezzeranno le loro spade per farne aratri, trasformeranno le loro lance in falci”, e le opere dei poeti augustei (“quis fuit horrendos primus qui protulit enses?”)

In quegli anni, il Discorso della Montagna parlava dei “Costruttori di pace”(riferendosi per altro al “Regno dei Cieli”; gl’imperatori Costantino e Cosroe avevano firmato, nel 532 un trattato per la “Pax Aeterna” fra Roma e la Persia, che fu per altro subito violato); la proposta di Giorgio Podiebrad ai sovrani d’Europa, del 1464, venne chiamata “Tractatus Pacis Fiundae”, mentre, nel 1495, l’imperatore Massimiliano I proclamava, alla Dieta di Worms, l’”Ewiger Landfriede” (la Pace Eterna nel Regno”), cioè l’abolizione delle faide feudali.

Il Progetto dell’ Abate di Saint Pierre (1708-1712), negoziatore della Pace di Utrecht, era intitolato “Trattato per la Pace Perpetua”, e Kant vi aveva imbastito una sua molto citata filosofia della Pace (1795). La Santa Alleanza, soprattutto nella sua versione russa, mirava a creare la pace fra le monarchie europee dopo le Guerre napoleoniche, e,  nel 1898, lo zar  Nicola  aveva proposto II la  prima Conferenza per la Pace.

Benedetto XV aveva definito la Ia Guerra Mondiale “un’inutile strage”, mentre il presidente americano Wilson l’aveva battezzata “la guerra per fare finire tutte le guerre”.

La Società delle Nazioni era stata creata proprio con lo scopo di evitare il ripetersi della Ia Guerra Mondiale, ma si sa come andò a finire, anche perché gli Stati Uniti, che l’avevano proposta, si erano rifiutati di aderirvi.Dopo la IIa Guerra Mondiale, anche la Carta Atlantica, le Nazioni Unite e il federalismo europeo si proponevano di garantire la pace mondiale, e i vari movimenti pacifistici del II° Dopoguerra si ripromettevano  anch’essi quest’ obiettivo.

Nella teorizzazione della “Fine della Storia” di Fukuyama (1992), si dava ancora per scontato che, una volta finita la contrapposizione con le ideologie “totalitarie” (socialcomunista e nazifascista), con la vittoria di quelle democratico-borghesi, non ci sarebbero più state guerre, perché, dalla Storia, si sarebbe passati alla “post-istoria”, dominata dall’ economia (Gehlen).

Nel nostro secolo, la retorica  che vorrebbe imminente una qualche forma di pace perpetua è divenuta sempre più ossessiva a mano a mano che l’impero americano si è ramificato nel mondo, e la pace  è stata concepita come uno strumento di consolidamento dell’ “America-Mondo”. Diego Fabbri ha infatti dimostrato, nel suo recente pamphlet “Geopolitica Umana”, che il pacifismo incondizionato imposto agli Europei è stato ed è strumentale a renderli inidonei a condurre una politica internazionale autonoma.

La prima menzione epigrafica di israele, la Stele di Meneptah:“Israele è stato distrutto”

2.Le smentite della storia

Come ci si poteva attendere, nel corso di questi 2.500 anni, il comportamento di quegli stessi soggetti collettivi (Stati, Chiese, imperi) che si erano ammantati nelle vesti dei pacificatori, ha sortito risultati opposti  a quanto progettato e promesso, in ossequio al principio puritano dell’ ipocrisia, che, secondo Nadia Urbinati, costituisce un elemento costitutivo della democrazia.Addirittura, più il tempo passa, più i conflitti più antichi ( Donbass, Gaza) tornano inesorabilmente a infuriare in un modo addirittura senza precedenti, mostrando una loro radice quasi superumana.

Il tanto pacifista Impero Persiano, che aveva invaso con più di un milione di uomini la Grecia che gli aveva rifiutato “terra e acqua”, cioè le basi militari,  fu sconfitto dagli Spartani, dagli Ateniesi e poi da Alessandro Magno. Gli antichi Ebrei non cessarono un istante di combattere contro i Macedoni, i Romani, i Persiani e i Romani le loro “Guerre del Signore”, aizzati da profeti che si affermavano ispirati da Dio ed esaltandole in tutto il Vecchio Testamento.

 I Romani si trovarono in uno stato di guerra permanente, che comportò un’estrema militarizzazione della società, che, dopo l’avvento del Cristianesimo, fu giustificata con la “Dilatatio Christianitatis”(Sant’Agostino), da cui derivarono poi l’ idea islamica della “Piccola Jihad” e la reazione speculare delle Crociate. Gl’ ideali cavallereschi e feudali, e le guerre di religione, costituirono la sublimazione di questa centralità del ceto militare nella società medievale (Laudatio Novae Militiae, Chanson de Roland, Nibelungenlied, Orlando Furioso).

L’introduzione delle armi da fuoco e i progressi nel settore dei trasporti ingigantì la micidialità delle guerre, che raggiunsero la loro massima ferocia con il colonialismo e le due Guerre Mondiali.

Dopo la IIa Guerra Mondiale, che avrebbe dovuto costituire “l’ultima delle guerre”, ci sono state guerre micidiali come quelle civile greca, coreana, vietnamita, palestinese, indo-pakistana, del Vietnam, russo-cinese, arabo-persiana, del Golfo, afgane, siriana, libica, ex jugoslave ed ex sovietiche.Oggi sono in corso due “guerre senza limiti”, che rischiano di trasformarsi nella Terza Guerra Mondiale: in Ucraina e in Palestina.Addirittura, queste ultime non sono mai cessate da 6000 anni.

Gli archeologi hanno infatti recentemente dimostrato che l’antico popolo Yamnaya, antenato degl’Indoeuropei era partito intorno al 4000 a.C., dall’area fra il Volga e il Don e, forte della sua tecnologia del cavallo, aveva sconfitto tutti i popoli della steppa pontica, sterminando completamente gli uomini e schiavizzando le donne, così creando la premessa per la conquista originaria dell’ Europa da parte degl’Indo-Europei. Qui combatterono gli Sciti e gli Argonauti, le Amazzoni e i Sarmati, i Romani e il Regnum Bospori, i Goti e gli Unni, gli Avari e i Bulgari, i Khazari, i Magiari, i Khazari, i Cumani, i Peceneghi, gli Unni e i Cosacchi. Qui si svolsero la battaglia del Principe Igor e quella di Ivan Donskoj, quelle di Stepan Razin e di Mazeppa, quelle di Pugaciov e del Khanato di Crimea, la Guerra di Crimea, la Rivoluzione d’Ottobre, l’Operazione Barbarossa e la guerra del Donbass.

Il Vecchio Testamento è sostanzialmente la narrazione della conquista e riconquista  della Palestina da parte degli Ebrei, con centinaia di battaglie ed assedi, concludentisi sempre con la distruzione delle città e un genocidio di Filistei e Cananei. A Gaza, capitale dei Filistei, Sansone uccisegli abitanti, morendo al contempo egli stesso.In memoria di ciò, l’esercito israeliano ha una sua “Dottrina Sansone”, per cui, nel caso in cui sue unità rischino di cadere prigioniere, vengono annientate (come pare sia accaduto il 7 ottobre).

Le lettere di Tell el-Amarna chiedevano sistematicamente aiuto al Faraone contro gli ‘Aperu (o ‘Apiru, o Hapiru, o Habiru), gli Ja’su e gli Jahu. Il Faraone Merneptah si vanta, nell’ omonima stele, “di avere sterminato Israele” (“ysrỉꜣ rfk.tbnpr.t=f”).

Dopo quell’ epoca, si erano combattuti in Palestina Egizi, Ittiti, Babilonesi, Assiri, Medi, Persiani, Macedoni, Romani, Nabatei, Ghassanidi, Bizantini, Persiani, Arabi, Selgiuchidi, Crociati,Mamelucchi, Mongoli,  Ottomani, Inglesi, Sionisti, Palestinesi.

E’ stupefacente che, dopo 2500 anni, il nostro establishment pretenda di avere “la bacchetta magica” per risolvere conflitti così risalenti e che neppure conosce. Ci dovrebbero spiegare com’è possibile che ciò che è stato impossibile per millenni divenga ora improvvisamente possibile. Non possono essere così ignoranti o presuntuosi da crederci in buona fede. Si tratta dell’ ennesimo messaggio trasversale: andiamo avanti così che va bene lo stesso, tanto nessuno ci chiederà conto delle promesse irrealistiche e non mantenute.

La battaglia delle Termpili, mito fondativo dell’Europa

3.Le religioni quali fonti di conflitto

La ragione prima di quella presunzione risiede nella pretesa che l’uomo moderno, in base alla sua superiore saggezza, abbia finalmente compreso che le religioni erano solo una forma di “Educazione dell’ Umanità”(Lessing), e che, una volta smesso di credere alle religioni dell’ Epoca Assiale (con la loro grande varietà), non ci sarebbero più state ragioni per nuovi conflitti, perché vi sarebbero stati dovunque gli stessi “valori”. Per questo s’ insiste molto sul fatto che le religioni non devono incitare i loro seguaci “all’ odio”, bensì promuovere la somiglianza reciproca, e, con ciò, lo spirito di collaborazione.

La realtà è invece che le religioni contemporanee costituiscono un motivo di conflitti ancora più grave di quelle del passato; questo perché una di esse, la “Religione del Mondo Industriale” per dirla con le parole del suo massimo promotore, Saint-Simon, dopo essersi sostituita di soppiatto a quelle tradizionali, ha la pretesa di essere l’unica “Religione Universale”, l’unica ad avere un collegamento reale con il Divino della Modernità, vale a dire con la potenza della Tecnica. Per questo, essa, a dispetto della conclamata “non dogmaticità” e “tolleranza” vuole imporsi con ogni mezzo su tutti gli altri credi (vedi Condorcet e Whitman) , suscitando una generalizzata reazione di ostilità. E’ per questo che le religioni”costituite” (cioè quelle dell’ Epoca Assiale) assumono di giorno in giorno un volto più aggressivo e dogmatico, ma non già verso le altre religioni “tradizionali”, bensì contro la religione del Progresso, che si propone come egemone in tutte le latitudini in modo quanto mai proteiforme (liberalismo, nazionalismo, socialismo, cristianesimo sociale, comunismo, islam politico).

Addirittura , le religioni tradizionali sono state  riformate, con “rivalità mimetica” rispetto alla Religione del Progresso”, come concezioni del mondo nuove, dogmatiche e burocratizzate, per poter servire direttamente da ideologie politiche anti-progressiste (come per esempio il Fondamentalismo Protestante, il Sionismo,l’Islam Politico e  il culto di Rama competendo con “rivalità mimetica”, in assertività e intolleranza, con la Religione della Scienza e della Tecnica.

L’astronauta disconnette il computer di bordo in “Odissea nello spazio”

4.Un progetto comune: la resistenza al Postumanesimo

Se c’è invece qualcosa che dovrebbe accomunare oggi, non solo  le “religioni tradizionali” , ma anche le concezioni del mondo dei grandi aggregati sub-continentali, è la loro volontà di bloccare l’avanzata della teo-tecnocrazia incarnata, oggi, dal culto del web. Solo facendo leva su questa comunanza si potranno stabilire relazioni pacifiche fra i grandi blocchi culturali  e politici del mondo. Manca però ancora un discorso culturale che permetta quest’ alleanza fra le varie visioni del mondo.L’Europa potrebbe, e dovrebbe, darsi il compito di elaborarne una.

Questa dovrebbe partire da una lettura adeguatamente contestualizzata del ruolo delle religioni nella storia, incentrata sulla relazione con il paradigma dell’ Apocalisse, che esse hanno fra di loro in comune.

Nel corso dell’ Epoca Assiale, e fino ad oggi, la guerra ha costituito e costituisce la normalità. Le guerre di Israele erano addirittura “le Guerre del Signore”, e Dio stesso era il Dio degli Eserciti. Per Democrito, la guerra era la struttura stessa della realtà, e per Tucidide è essa che stabilisce chi sia libero, chi schiavo. Per Il Bhagavad Gita, per il Corano, per la Laudatio Novae Militiae di  Bernardo di Chiaravalle e per l’Hagakure, la guerra è la forma suprema di ascetismo. Per Democrito e De Maistre  essa è eterna: un tribunale che seleziona i gruppi umani più solidi e motivati. Essa si rende necessaria per la pluralità di questi gruppi e delle loro visioni del mondo: ed è perciò da essa che, come scrivono Ippocrate e Tucidide, germoglia la libertà. Per Freud corrisponde a un istinto irrefrenabile dell’ Umanità.

A ben vedere, la stessa Apocalisse è la narrazione di una guerra cosmica, combattuta fra angeli e demoni, e solo per un lasso di tempo, il Millennio (Hazar) quando il dio del Male è incatenato, l’Umanità potrà godere di un periodo di pace.

Ed è proprio questo Millennio  lo spiraglio che rende possibile pensare, dopo molti millenni, un progetto di pace fra gli uomini.

Durante l’era dominata dall’Apocalisse, le regole del tempo profano, e quindi anche l’onnipresenza della guerra, sono abolite, se non altro perché si tratta non più di una guerra umana, bensì cosmica. E’ questo il motivo, da tutti sottaciuto, per cui diventa pensabile proporre la fine delle guerre. Come nella visione apocalittica, la transizione alla Società delle Macchine Intelligenti è un fatto nuovo che de-costruisce  il ruolo della guerra intesa come strumento di selezione fra visioni del mondo. Oggi, la ragione umana viene superata dall’ Intelligenza Artificiale, e la guerra diviene sta divenendo la vocazione per eccellenza delle Macchine Intelligenti (De Landa).Da un lato, viene meno il lato agonistico della guerra (cfr. l’attacco di Ariosto contro le armi da fuoco), e, dall’ altro, la guerra che conta è ormai quella fra gli Umani e le Macchine Intelligenti (cfr. p.es. 2001 Odissea nello Spazio).

La Terza Guerra Mondiale oramai avviata sarà comunque quella che vedrà il sorpasso dei guerrieri umani da parte della Armi Autonome, capaci anche di sopravvivere in ambiente di guerra chimico-batteriologica. La Terza Guerra Mondiale oramai iniziata sarà effettivamente l’ultima (almeno per l’Umanità).

Se così è, però, la Singularity Tecnologica, presentata dai post-umanisti come una Parusia, un mistico ritorno all’Uno attraverso la nascita di un unico ecosistema digitale mondiale, si avvicina pericolosamente alla figura dell’Anticristo (o del Dajjal o dello Pseudo-Messia): una pseudo-salvezza immanente (la “Quasi Immortalità”) che mima i miti delle escatologie occidentali, ma in realtà costituisce il manto ideologico della Fine dell’Umanità senza alcun “lieto fine” .

Occorreva da tempo approfondire questi temi

5.La “Guerra Mondiale a Pezzi”

Questa “escalation” della Guerra Mondiale è rapida e complessa. Ci limiteremo qui a riassumerne per sommi capi i momenti salienti.

Tutto era cominciato con l’idea, enunziata dai dirigenti di Google Schmidt e Cohen nel loro “New Digital Age”(avviato nella Baghdad bombardata e occupata), che la multinazionale “guidasse l’America alla conquistadel mondo”  grazie all’onnipervasività della rete, che tutto penetra e condiziona(“Googleization of the World”). Come scriveva Evgeny Morozov, l’informatica costituiva oramai l’ancora di salvezza a cui l’”establishment” occidentale si aggrappava per puntellare la sua traballante egemonia, erosa, come si sta vedendo, dalle sue stesse contraddizioni.

Alla presa del potere da parte del Complesso Informatico-Militare avevano risposto, proprio in nome delle stesse tradizioni  culturali occidentali, le disperate iniziative di Assange e di Snowden, che  avevano messo in evidenza il potere oramai illimitato di tale Complesso, creando allarme in  Cina per la propria sicurezza. Essa aveva perciò incominciato a favorire i propri “BAATX” per poter contendere agli USA il cyberspazio, concepito come l’area in cui si sarebbe potuto realizzare il superamento dell’America. Lo sviluppo senza precedenti dell’ informatica nella società cinese,  messo in evidenza dai meccanismi per la prevenzione e il controllo del Covid, aveva scatenato in America un’ondata di sinofobia e  portato alla creazione (sempre per iniziativa di Schmidt)del Comitato NSAI e dell’ Inflation Reduction Act, per “mettere fuori mercato il mondo intero”, secondo le parole del suo proponente, il Senatore Schumer, e delle “Rivoluzioni Colorate” quale strumento del “Régime Change”attraverso i nuovi mezzi di comunicazione.

A questa  pretesa americana di controllare il mondo attraverso un accerchiamento logistico dell’ Eurasia (basi militari all’ estero) e l’informatica (web, intelligenza artificiale) ha risposto la Russia con la sua “Operazione Militare Speciale”, mirante non tanto a piegare l’Ucraina e/o a proteggere gl’insorti russofoni del Donbass, bensì a sabotare  il sistema complessivo dell’ egemonia americana (dal signoraggio del dollaro alla catena di basi in tutta l’Eurasia, dal “soft power” alla satellizzazione dell’ Europa Centro-Orientale).Basta leggere a questo proposito i documenti recapitati  alle cancellerie occidentali prima dell’ “Operazione Militare Speciale”): un vero ultimatum con cui si intimava alla NATO di  abbandonare tutte le “conquiste” realizzate a partire dalla caduta del Muro di Berlino.Ultimatum non irrealistico se si pensa alla multiformità delle offensive lanciate da Mosca a partire dal 2022.

Proprio per gli obiettivi dichiarati da Mosca e perseguiti da tutto il Sud globale, l’Occidente non poteva non reagire per dimostrare la propria residua forza, e per questo ha garantito, fino ad oggi,  all’ Ucraina un appoggio senza precedenti. Giacché l’”Operazione Militare Speciale” si è trasformata così in una “guerra di attrito” di vecchio tipo, a sua volta, la Russia, non potendo stravincere sul campo,  ha attivato contro-misure a largo raggio, sulla falsariga del vecchio manuale cinese “Guerra Senza Limiti”: influenza su membri della UE come Ungheria e Slovacchia; aggiramento delle sanzioni e contro-sanzioni; colpi di Stato in tutta l’Africa. Il “Fronte del Rifiuto” ha approfittato della situazione per l’ attacco di Hamas del 7 Ottobre, a cui Israele ha risposto in modo ancor più energico, esponendosi però alle reazioni di tutto il mondo islamico e all’entrata nel conflitto degli Houthi.

Come si vede, un’escalation ininterrotta, che sta coinvolgendo gradualmente il mondo intero, e non si fermerà fintantoché non si giungerà a un nuovo equilibrio di forze complessivo a livello mondiale.

Impossibile quindi fermare le guerre in corso solo con le buone parole, senza intervenire a monte sulle cause prime dello scontro mondiale in atto.

I problemi si affrontano solo insieme
e a un livello adeguato

6.Qualche barlume di ragionevolezza?

In questo contesto, si comprende come l’invocare semplicemente l’”educazione alla pace”  costituisca veramente, contrariamente a quanto ha detto il Presidente della Repubblica, un atto di impotente buonismo.

Intanto, occorrerebbe abbandonare l’impostazione concettuale propria di buona parte del pensiero politico occidentale, che, nonostante lo storicismo, continua ad illudersi che la politica possa ridursi eternamente alla contrapposizione fra schemi ideali statici e fra loro escludentisi (democrazia contro tirannide; liberalismo contro socialismo; nazionalismo contro internazionalismo .

La Pace e la Guerra non sono stati, nella cultura europea, due principi statici fra loro contrapposti, perché “la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi(Clausewitz), e quindi hanno assunto significati diversi nelle varie epoche storiche.

Come abbiamo visto  in precedenza, l’alternanza di  pace e guerra ha avuto un peso decisivo  in tutta l’Epoca Assiale (dalla scoperta della scrittura fino ad oggi) perché costitutiva della dialettica dell’ alterità, che è il motore della storia, ed anzi della stessa vita.La guerra fra gli uomini continuerà ad imperversare fintantoché questi avranno idee diverse sul futuro del mondo, idee di fatto indecidibili con la “ragione”, a causa dell’imperfezione del pensiero umano. Lo stesso ruolo dell’ Intelligenza Artificiale costituisce, e costituirà sempre più, la causa prima dei conflitti, perché  incide profondamente sui fini e la fine della Storia. Il fronte “occidentale” dimostra una sostanziale connivenza con i GAFAM, mentre il Sud del mondo, nonostante i progressi fatti, ne diffida per una serie di ottimi motivi.

Nel momento in cui le macchine supereranno l’uomo, si potranno presentare tre scenari:

-l’uomo sarà in un modo o nell’ altro semplicemente cancellato;

-o saranno le macchine  a decidere al suo posto;

-o queste ultime saranno poste sotto il controllo di un’Umanità “enhanced” (vale a dire potenziata per reggere al confronto delle macchine..

Si avvicina quindi il momento in cui la guerra potrebbe finire, ma solo nel terzo scenario ciò potrà costituire un vantaggio per il genere umano, e soltanto se una nuova dialettica fra umanità e sistema macchinico garantirà anche il mantenimento di quella conflittualità creativa che è l’unica garanzia del libero arbitrio, e, in definitiva, della vita.

La scelta  del terzo scenario dipenderà dalla “virtus” di un’ Umanità, che sappia applicare, al rapporto uomo-macchina, gl’insegnamenti di tutte le tradizioni culturali, ivi comprese le qualità tradizionali del “guerriero”, quali espresse per esempio nella paideia greca, nell’arte della guerra di Sunzu, negli esercizi spirituali gesuitici, nell’ Hagakure…

In questo risiede oggi il vero dialogo interculturale.

Per fortuna, in gran parte su intuizione di Henry Kissinger, che per questo, prima di morire, era stato accolto in Cina come un imperatore, si è incominciato un seppur timido riavvicinamento fra USA e Cina, partendo proprio dal dialogo fra i rispettivi eserciti sull’ uso militare dell’ Intelligenza Artificiale, che ci ricorda l’apologo di Mozi che, parlamentando con il re nemico assediante, lo persuade a togliere l’assedio alla città presidiata dal filosofo-guerriero. Nello stesso modo ci Mozi, che dimostrò “a tavolimo” che la guerra sarebbe stata persa, anche oggi un’analisi spassionata del ruolo crescente dell’ IA soprattutto nel militare porterebbe alla constatazione che tutti i contendenti ne risulterebbero in definitiva sconfitti.

Sarebbe ora che il discorso pubblico, soprattutto in Europa, si allontanasse finalmente  dalla ripetizione coatta e totalitaria di slogan inneggianti alle “magnifiche sorti e progressive”(che ricordano lo stile del “socialismo reale”, da cui l’attuale “establishment” in gran parte deriva), e si calasse nei veri temi del dibattito attuale. Né la “cultura della pace”, né l’”educazione all’ affettività”, né altre forme di propaganda, devono diventare una forma generalizzata di lavaggio del cervello che nasconda la realtà effettuale, impedendo di risolvere i problemi.

Solo così l’Europa potrebbe sperare di essere rilevante nelle grandi scelte sul futuro del mondo, anziché assecondare ciecamente e passivamente le catastrofiche decisioni prese altrove, anche se ciò comporterebbe sicuramente un enorme sforzo intellettuale e un drammatico rivolgimento politico e sociale.

Ci chiediamo per esempio se, nonostante la discutibile scelta, già annunziata, di dedicare all’ automotive e all’ aerospaziale l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, con sede a Torino, non sarebbe il caso di tentare di allargarne le competenze  alla tematica geopolitica, in modo da fornire all’ Italia e all’ Europa argomenti  per la disciplina internazionale dell’ AI che possano inserirsi veramente nel dialogo da avviarsi  fra le Grandi Potenze, come promesso da Giorgia Meloni alle Nazioni Unite.

L’ITALIA NON PUO “USCIRE DALLA VIA DELLA SETA”

(Perché ne è sempre stata parte integrante ed essenziale)

La recente notifica ufficiale, da parte dell’ Italia, dell’“uscita dell’Italia dalla Via della Seta” costituisce l’ennesimo caso di dichiarazione formale dei successivi Governi italiani che non ha avuto  alcuna portata pratica, ma è servita unicamente a scopi propagandistici (e per calmare le pressioni internazionali).

1.”YI DAI, YI LU” (“Una rotta, una Via”)

Intanto, la “Nuova Via della Seta” non è un organismo giuridico da cui si possa “uscire”, bensì una situazione di fatto, in cui, grazie all’ impegno della Cina, si stanno migliorando, dal 2013, le comunicazioni all’ interno del “Vecchio Mondo”, e, in particolare, all’ Eurasia, in modo da assecondare il rapido sviluppo delle economie est-asiatiche, con reciproco vantaggio per quelle di altre parti del mondo. Quest’ impegno della Cina, che fa parte delle politiche strategiche del Partito Comunista Cinese (che l’ha menzionato perfino nel suo statuto), non è chiamato, in Cinese, “Via della Seta”, termine inventato nell’800 dal barone prussiano von Richthofen ed utilizzato nel 2010 da Hilary Clinton per designare un progetto americano, bensì “Yi Dai, Yi Lu” (“Una Rotta, una Strada”: l’una marittima, l’altra terrestre).La Cina non nasconde gli obiettivi geopolitici del progetto, che fa parte del più articolato sforzo oggi in corso per la sostituzione, all’ attuale Ordine Mondiale incentrato sugli USA, di un nuovo ordine multipolare, intorno ai BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation.

Uno strumento giuridico specifico per realizzare il progetto però esiste, ed è costituito dalla Asian Infrastructure Investment Bank, con sede a Pechino, al cui capitale partecipano praticamente tutti i Paesi del mondo (ivi compresa l’Italia, e tranne gli Stati Uniti), e da cui nessuno è uscito, tanto meno l’Italia.

2.Il Memorandum of Understanding

Il Memorandum of Understanding firmato nel 2019 da Di Maio, e ora non rinnovato, aveva un contenuto puramente programmatico, ed era simile a quelli firmati da buona parte dei Paesi del mondo, con la sola importante eccezione dei più stretti alleati degli USA. Per questo la firma italiana aveva suscitato tanto scandalo, essendo esso una delle rarissime “disobbedienze”, per quanto solo formali, ai desiderata USA, come l’ormai lontana operazione di Sigonella.

Di per sé, il MOU si limitava a indicare  alcuni generici progetti comuni, divenuti poi molto meno numerosi, e  meno interessanti, nel corso delle trattative, perché i progetti più seri, per esempio, nel settore delle nuove tecnologie, erano stati tolti, dall’ Italia, dal MOU, su pressione degli Stati Uniti. Oggi, è assurdo che coloro che attaccavano il protocollo perché “pericoloso” oggi lo critichino perché  non ha raggiunto risultati apprezzabili: in primo luogo perché non era orientato all’ export, bensì allo sviluppo globale della cooperazione, e, in secondo luogo, perché è stato boicottato proprio da quegli stessi che ora o criticano. Si noti che, contemporaneamente, altri Paesi occidentali (fra i primi, la Francia), pur senza firmare un MOU, avevano avviato programmi miliardari, molto concreti, come la vendita di molti Airbus alla Cina. Affari che sono tutt’ora in corso. La Germania ha con la Cina i rapporti economici più stretti visto che le sue maggiori imprese automobilistiche sono oramai proprietarie al 100% delle loro fabbriche cinesi, e realizzano in Cina la maggior parte del loro fatturato.

Più che l’”uscita dell’ Italia dalla Via della Seta”, sono stati disturbanti, per l’economia europea, gli ostacoli generali all’ interscambio euro-cinese, come il boicottaggio della tecnologia 5G, detenuta dalla Huawei, lo scombussolamento, apportato dal legislatore italiano, agli accordo con Huawei e ai patti fra Tronchetti Provera e il socio cinese di maggioranza nella Pirelli, l’indagine, in corso, della UE sugli aiuti di Stato all’ industria automobilistica cinese (che attualmente agevolano Mercedes, BMW e Volkswagen, fondamentali produttori cinesi,  e i componentisti italiani loro fornitori), e, che possono  preludere all’ abbandono di nuovi importanti investimenti cinesi in Italia.

3.La riduzione dell’ interscambio  con l’ Est: un pericolo mortale per l’economia europea

Gli ostacoli frapposti da sempre dal Governo americano all’ interscambio dell’Europa con l’Eurasia hanno provocato, e stanno provocando, effetti catastrofici per l’Europa, che si sono fatti sentire soprattutto con l’attuale crisi dell’industria tedesca, e, di riflesso, di quella italiana. Basti pensare che noi dell’ industria europea avevamo lavorato duramente  per ben 60 anni per costruire una nostra presenza nei Paesi ex comunisti, per vedercela poi distrutta in pochi anni dai diktat americani e dalla pusillanimità dei nostri governi. Tant’è vero che la Stellantis, controllata dal Governo francese, dopo essere stata costretta anch’essa a cedere praticamente gratis ai Russi la città-fabbrica di Togliatti, costruita dalla FIAT negli anni ’60, ha deciso  recentissimamente d’invertire la rotta sulla Cina: dopo avere disdetto un preesistente accordo, ha ora costituito una joint venture per la produzione e commercializzazione di auto elettriche (in modo da mettersi al sicuro contro possibili futuri dazi e sanzioni).

Il motivo per cui l’interscambio con l’Asia condiziona così pesantemente l’economia europea è la fossilizzazione dei mercati europei, stretti fra egemonia americana, ideologie rinunciatarie, retoriche liberistiche, crisi antropologica, denatalità, bassi salari, deindustrializzazione, crisi d’identità. In questa situazione, solo gli enormi sbocchi asiatici possono riportare  nel nostro mondo stagnante  un po’ di apertura delle menti, di stimolo all’ intraprendere, di occasioni di investimento,  di sbocchi d mercato, di tecnologie avanzate, di  rinnovamento delle classi dirigenti…

L’importanza dei rapporti economici con la Cina è vitale per l’Europa soprattutto per ciò che concerne i settori di alta tecnologia, da cui l’Europa è oramai in gran parte esclusa soprattutto per il boicottaggio americano dei progetti europei, di cui gli esempi più noti sono stati  le pressioni governative (già negli anni ’60 del ‘900) per la vendita alla General Electric della divisione elettronica dell’ Olivetti,  (negli anni ’90) per la non adesione dell’ Italia all’ EADS e, negli anni 10 di questo secolo,  per il boicottaggio della Huawei. Solo la Cina è infatti disponibile a condividere con gli Europei le nuove tecnologie in  cui essa è leader (come i 5G, i cui  brevetti sono stati realizzati in gran parte a Milano), mentre gli USA hanno sempre preteso che le imprese partner o controllate non abbiano accesso alle tecnologie-chiave delle multinazionali a base USA.

Il precedente tentativo americano di una sua” Via della Seta (nel 2010, al tempo dell’ occupazione dell’ Afghanistan), e l’attuale rilancio dello stesso insieme alla Ue (nella forma della EU Connectivity Initiative) non costituiscono una credibile alternativa, perché, lanciati solo per fare concorrenza a “Yi Dai, Yi Lu”, vanno in ogni caso a favore della strategia cinese del trasferimento verso Oriente del baricentro del mondo, favorito dallo sviluppo degli investimenti e delle infrastrutture in Asia Centrale e Meridionale. Per questo motivo, è poco prevedibile che gli Occidentali continuino a sostenere questa iniziativa, che, a prescindere dai suoi finanziatori, finisce per incrementare ancor di più le vie di comunicazioni fra Europa e Cina, favorendo la concorrenza asiatica, non solo dal punto di vista commerciale, ma anche da quello finanziario e da quello ideologico, facendo rivivere i fasti millenari del commercio eurasiatico.

4.Dagli Han Anteriori ai Gesuiti

Le vie di comunicazioni fra l’Est e l’Ovest dell’ Eurasia hanno costituito da sempre l’asse centrale della civiltà.

Gli “Agricoltori Medio Orientali”, il popolo Yamnaya, i Fenici, gli Ebrei, gli Unni, i Germani, gli Avari, gli Slavi, gli Arabi, i Bulgari, i Magiari, i Qipchak, i Mongoli, i Turchi,  si sono mossi per millenni dall’ Oriente verso l’ Europa. L’Impero Persiano ha costituito un formidabile ponte fra l’Europa e il nord della Cina, creando, con la Via Regia, la prima “Via della Seta”. Già gli Han e i Tang commerciavano, per mare e per terra,  con l’Impero Romano e quello bizantino, mentre Europa, India e Cina sono state governate in gran parte da popoli centro-asiatici immigrati (Unni, Avari, Eftaliti, Tuoba, Xianbei, Turchi, Magiari, Qidan, Mongoli, Mancesi). In particolare, i Mongoli avevano conquistato quasi tutta l’ Eurasia, facendone un’unica unità economica, come ben ci racconta il Milione di Marco Polo.

Soprattutto il Cristianesimo aveva attribuito da sempre il massimo interesse alle comunicazioni con l’Oriente. Innanzitutto, erano state le Chiese Orientali (e, in primo luogo, quella siriaca di San Tommaso e quella nestoriana) a convertire ampie aree dell’Oriente (dalla Persia, al Sud dell’ India, all’Asia Centrale, alla Cina Settentrionale). Poi, vennero le missioni verso i Mongoli, di Odorico da Pordenone, Giovanni da Pian del Carpine, Marco Polo e Giovanni da Montecorvino. Infine, i Gesuiti assunsero un ruolo determinante in India, nelle Filippine, in Giappone e in Cina, divenendo consiglieri dell’ Imperatore Cinese, sviluppatori della cultura scientifica  in Cina e promotori di un trend culturale filocinese, che si svilupperà fra le corti europee (Potsdam), e fra gl’illuministi (in primo luogo, Leibniz e Voltaire).

Anche i colonialismi spagnolo, portoghese, turco, olandese, inglese e russo contribuirono potentemente all’ interscambio est-ovest (basti pensare alla Compagnia delle Indie Orientali, alla teoria ariana di Jones, all’ Impero Anglo-Indiano, al Canale di Suez, alla Transiberiana, alle ferrovie indiane, allo Shanghai Express, al Partito Comunista Cinese..).

All’ interno di questo movimento, l’Italia ha avuto un ruolo determinante, con l’ Impero Romano, la Chiesa Cattolica, le Repubbliche Marinare, gli esploratori come Marco Polo e Matteo Ricci, considerati in Cina come degli eroi nazionali, e, infine, la Turandot.

Anticamente, si considerava che le antiche Vie della Seta partissero da Xi’an  e terminassero a Roma e Venezia: le Nuove Vie partono da molte città, a Est come a Ovest.

5.L’Europa e l’espansione dei BRICS

Attualmente, i rapporti fra Europa ed Estremo Oriente sono più stretti che mai, con l’alleanza fra Cina, Russia e Iran, con le linee ferroviarie che si protendono sempre più attraverso l’Eurasia, come  quelle che arrivano in Europa, con i porti, controllati dalla Cina, di  Duisburg, Pireo, Brema, Gwadar, Hanbantota, Leam; l’alleanza con la Russia; gl’investimenti reciproci; le Chinatowns; gl’Istituti Confucio; gli accordi con il Vaticano…

Nonostante gli sforzi incessanti dell’ America per soffocare l’Asia con la censura culturale, con i dazi vessatori, con le sanzioni a raffica, con sempre nuove coalizioni militari, questi rapporti sono destinati comunque ad ampliarsi nei prossimi anni grazie al tumultuoso sviluppo in corso delle società asiatiche (la ricchezza dei BRICS, la grande città saudiana nel deserto, l’espansione demografica dell’ India e l’”indizzazione” della sua cultura, l’avanzata della Cina nell’intelligenza artificiale, nell’ auto elettrica e nell’ industria verde).

Ovviamente, non si può pensare che, se si scatenasse un’ ennesima guerra nel Mar della Cina, questi fiorenti rapporti possano restarne totalmente indenni, anche se la vicenda delle sanzioni alla Russia dimostra che, da quando i rapporti di forza reali si sono oramai invertiti, ogni tentativo di discriminare il resto del mondo si ritorce, in realtà, come un boomerang, contro l’Occidente, che oggi paga, per esempio, direttamente o indirettamente, alla Russia, una fattura petrolifera più elevata che non prima delle sanzioni. Addirittura, il grande perdente della vicenda delle sanzioni alla Russia è stata proprio l’ Europa, che paga di più il gas e il petrolio russo triangolati dall’ India e il gas americano liquefatto, mentre la Russia si è appropriata gratuitamente delle imprese abbandonate dagli Europei per rispettare le sanzioni e gl’imprenditori russi si sono scatenati nell’ “import substitution” travolgendo la proprietà intellettuale degli Europei. Esempi tipici: i marchi del lusso e l’agroalimentare, riserve tradizionali degl’Italiani.

L’Europa ha mille e un motivo per essere fermamente ostile ai presenti e futuri conflitti in Eurasia. La principale ci sembra però il fatto che la crisi della civiltà mondiale, che ha avuto come epicentro l’Europa, e, oggi, l’ America, è andata di pari passo con l’egemonia culturale occidentale, che ha portato alla mediocrità, al conformismo, alla confusione mentale, al dubbio sistematico, alla politicizzazione, al moralismo, alla crisi della volontà. Le culture occidentali, espresse nella rigida logica indoeuropea e semitico-occidentale, non sono più in grado nemmeno di pensare l’attuale mondo della complessità (pensiamo anche soltanto al principio di indeterminazione e alla logica quantistica).Perciò, l’Europa non può più fare a meno delle culture orientali per rileggere la propria identità prima che sia troppo tardi. Lo dicevano già i Gesuiti, Fenollosa, Pannwitz, Jung, Pound, Guénon, Simone Weil ed  Evola, e oa lo dicono Panikkar e Frankopan. L’Europa deve apprendere dall’ Oriente l’arte del paradosso, dell’atemporalità, del sincretismo, dell’armonia.

Invece, gli autori e i politici del “mainstream”, che, a parole, esaltano il multiculturalismo, non solo alimentano l’isteria contro i “pericoli” islamico, russo e cinese, ma neppure hanno mai fatto il minimo sforzo per comprendere “dal di dentro” le singole culture dell’ Eurasia, che non possono essere valutate solo in base a formulette politiche. Non è semplicemente più ammissibile che ci parlino “ex cathedra” dell’ Islam, della Russia o della Cina personaggi che non ne sanno proprio nulla,  e ciononostante si permettono perfino di giudicarle, e addirittura di promuovere, in base ai loro pregiudizi, sempre nuovi,  catastrofici, conflitti.

Invece, solo con l’aiuto delle culture, e degli Stati, “orientali”, l’Europa potrebbe sottrarsi al destino, oggi segnato,  di soccombere  alla catastrofe che attende l’Occidente con la Terza Guerra Mondiale e l’avvento delle Macchine Intelligenti (cfr. il nostro libro “Da Qin”).